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    Notiziario Religioso della comunità italiana in Germania - redazione: T. Bassanelli - Webmaster: A. Caponegro IMPRESSUM

 

Notiziario religioso 16 aprile – 15 maggio 2024

 

Inhaltsverzeichnis

1.     Papa Francesco: “Nessuno deve minacciare l’esistenza altrui” 1

2.     Non siamo stati creati per la morte, ma per la vita. III Domenica di Pasqua  1

3.     Dignitas infinita. Don Patriciello: “La persona umana è il terreno sacro comune”  1

4.     Dialogo con mons. Birkhofer. Comunità, volto vivo della Chiesa  1

5.     Alle popolazioni del Medio Oriente il Papa dice: basta, fermatevi! 1

6.     Russia: condanna da parte di Wcc dell’affermazione “guerra santa” in Ucraina  1

7.     Papa Francesco nominerà l’arcivescovo Georg Gänswein nunzio apostolico  1

8.     Mons. Crociata: “Sopprimere una vita non può essere mai un diritto umano” 1

9.     "Sofferenza e malattia non vanno ridotte a tabù"  1

10.  Vangelo Migrante: Domenica 14 aprile – III di Pasqua (Lc 24, 35-48) 1

11.  Dignitas infinita. Un commento  1

12.  Sempre meno fedeli a messa. “Ripartire dalle parrocchie, approfondire la fede” 1

13.  Annuario Pontificio 2024, Papa Francesco torna ad essere il Patriarca di Occidente  1

14.  L’Udienza del 10 aprile, dedicata alla virtù della fortezza  1

15.  Due dicasteri in uno per la Cultura e l'Educazione  1

16.  Vaticano. La gestazione per altri “sia proibita a livello universale” 1

17.  Documento vaticano sulla dignità umana. Dignitas Infinita  1

18.  Dignitas infinita: “Dignità della persona è verità universale che va riconosciuta”  1

19.  Don Lavorato, nuovo missionario a Mannheim. A servizio di chi cerca Dio  1

20.  Ricevete lo Spirito Santo. II Domenica di Pasqua  1

21.  Intervista di Papa Francesco sul rapporto con Benedetto XVI 1

22.  Nuova Evangelizzazione, “Va riformata la spiritualità, non le strutture” 1

23.  Pasqua. Festa dei macigni rotolati 1

24.  Alcuni eventi che preparano il Giubileo del 2025  1

25.  Consiglio dei giovani del Mediterraneo. La visita al Parlamento europeo e alla Comece  1

26.  Udienza Generale. Il Papa parla della virtù della Giustizia  1

27.  Il Papa: “Alcuni cardinali volevano processarmi, Ratzinger mi difese” 1

28.  «Chi Siamo. GBV 2024”. La Giornata Bambini Vittime  1

29.  Il dicastero per il dialogo interreligioso frutto del Concilio Vaticano II 1

30.  Vangelo Migrante: Pasqua del Signore (Lc 24,13-35) 1

31.  Urbi et Orbi di Pasqua: “Attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova”  1

32.  Via Crucis a Ulm e Neu-Ulm. La partecipazione della Mci di Kempten  1

33.  Via Crucis. Quattordici volte il nome di Gesù  1

34.  Giovedì Santo, Papa Francesco: “La compunzione va chiesta nella preghiera”  1

35.  Papa Francesco ai cattolici di Terra Santa: “non siete soli e non vi lasceremo soli” 1

36.  “Mi cercherete e mi troverete… Storia breve di una conversione”  1

37.  Una fiction su Gesù. “The Chosen”, un racconto che funziona  1

38.  Nella croce la luce che vince la notte. Domenica delle Palme  1

39.  Domenica delle Palme, papa Francesco non legge l’omelia, lunghi silenzi 1

40.  I vescovi tedeschi cercano un confronto "sinodale" con Roma  1

41.  Il Cardinale Cantalamessa: "Lo Spirito parla al cuore, non alle orecchie" 1

42.  Dio esiste? La scienza lo dimostra, leggendo il libro di Bolloré e Bonnassies 1

43.  Fa’ la cosa giusta! La voce della sostenibilità, con il Cardinale Matteo Zuppi 1

44.  Conferenza stampa di mons. Baturi al termine del Consiglio Cei (18-20.3.) 1

45.  La virtù della prudenza. "Dio non ci vuole solo santi, ci vuole santi intelligenti!" 1

46.  «Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro»: uscito il 2° volume  1

47.  Cuore di Padre, chi era Giuseppe di Nazareth? E chi è adesso? Un film documentario  1

48.  Festa del papà. San Giuseppe, “l’uomo che passa inosservato” 1

49.  La vera morte è l'incapacità di amare. V Domenica di Quaresima  1

 

 

1.     Bischofskonferenz nimmt Bericht zur reproduktiven Selbstbestimmung mit Sorge wahr 1

2.     Nach Beschuss Israels: „Eskalationsdynamik vermeiden“  1

3.     Extremisten in Pfarreiräten unerwünscht 1

4.     Papstbotschaft zum Ende des Ramadan: „Wüsten können blühen“  1

5.     Ökumenische Woche für das Leben. „Menschen mit Behinderung müssen in unserer Gesellschaft integriert sein“  1

6.     Dignitas: Menschenwürde als Bezugspunkt für die Freiheit 1

7.     EU-Abtreibungs-Votum: „Deutschen Kompromiss beibehalten“  1

8.     Vatikan zum EU-Abtreibungs-Votum: Frauen und „Kultur des Wir" stärken  1

9.     „Gott im Säkularen entdecken“. Pastoralkommission der Deutschen Bischofskonferenz in den Niederlanden  1

10.  „Leidende menschenwürdig behandeln“ 1

11.  Familienbischof sieht Verantwortungsgemeinschaften positiv  1

12.  Bischof Meier beendet Reise in die Ukraine. „Christliche Hoffnung, die auch in schweren Zeiten trägt“ 1

13.  Caritas Europa fordert „Mission für Migranten im Mittelmeer“  1

14.  Vatikan-Erklärung zu Menschenwürde stößt auch auf Kritik  1

15.  Beraterin beim Kardinalsrat: Großes Interesse an der Frauenfrage  1

16.  Als Katholik beim Zentralrat der Juden in Deutschland  1

17.  Bischof Bätzing würdigt römische Erklärung Dignitas infinita  1

18.  „Kirche verurteilt Verfolgung wegen sexueller Orientierung“ 1

19.  Bischof Meier in der Ukraine eingetroffen. „Solidarität mit einem geschundenen Volk“  1

20.  Vatikan listet „schwere Verletzungen“ der Menschenwürde auf 1

21.  Erzbischof Bentz beendet Reise ins Heilige Land. „Der 7. Oktober 2023 hat alle Menschen traumatisiert“ 1

22.  Kontrovers diskutiert: Bistum Speyer behält Beichte für Kinder bei 1

23.  Für den Gläubigen ist jeder Mensch heilig  1

24.  Rheinland-Pfalz will dieses Jahr Islamverträge schließen  1

25.  Heiliges Jahr 2025: Vatikan gibt Hinweise zum Programm   1

26.  "Oster-Witz" während des Gottesdienstes ging viral 1

27.  Franziskus lobt Benedikt – und rechnet mit Gänswein ab  1

28.  Kirchenstatistik: Insgesamt weniger Priester und Ordensleute, mehr Diakone  1

29.  Organisierte Kriminalität. Orientierungspapier des Vorstands der Deutschen Kommission Justitia et Pax  1

30.  Neues Format für „Woche für das Leben“ angekündigt 1

31.  Theologe Lohfink verstorben  1

32.  „Ohne Gerechtigkeit kein Friede“ 1

33.  Erzbischof Bentz in Israel. „Was gibt den Menschen im Angesicht des Krieges Hoffnung?“  1

34.  Aachener Bischof verteidigt Strukturreform   1

35.  Franziskus über Benedikt XVI.: „Er war wie ein Vater für mich“  1

36.  Papst am Ostermontag: Geteilte Freude ist doppelte Freude  1

37.  Kirchen zu Ostern: Sehnsucht nach Gerechtigkeit 1

38.  Papst erneuert zu Ostern Appell für Frieden weltweit 1

39.  Kreuzweg am Kolosseum ohne Franziskus, aber mit seinen Texten  1

40.  Gründonnerstag: Papst feiert Abendmahlsmesse im römischen Frauengefängnis Rebibbia  1

41.  Unzumutbare Abschiebungen. Zahl der Kirchenasyle deutlich gestiegen  1

42.  Synodaler Weg der Kirche in Deutschland. Arbeitsgruppen für den Synodalen Weg  1

43.  „Wer liebt, wird nicht müde, ist nicht reizbar, stellt keine Ultimaten" 1

44.  Papst schreibt Brief an Katholiken im Heiligen Land  1

45.  Sachsen-Anhalt. Pfarrer verliert Stelle wegen AfD-Kandidatur 1

46.  Interview. Vor zehn Jahren: Die Causa Limburg  1

47.  „Synodaler Ausschuss kann weiterarbeiten“  1

48.  Papst-Brief an Jugend: Trotz schwieriger Weltlage Hoffnung haben  1

49.  Bistum Augsburg. Laien können Begräbnis leiten  1

50.  Gemeinsame Presseerklärung des Heiligen Stuhls und der Deutschen Bischofskonferenz  1

51.  Kirchenzeitungen kooperieren für neues Medienprojekt 1

52.  EU-Bischöfe: Viele Krisen zu bewältigen - Wählen gehen! 1

53.  Vatikan: Gespräch mit deutschen Bischöfen über Synodalen Weg  1

54.  Kommission zu Priesterausbildung: Sexualität darf kein Tabu sein  1

55.  Arbeitshilfe und Plakat zum Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreis 2024 veröffentlicht 1

56.  Erzbischof Bentz: Reformen gemeinsam und geduldig angehen  1

57.  Generation Z(ukunft): Gemeinsam. Verschieden. Gut. Digitale Broschüre zur Woche für das Leben 2024 veröffentlicht 1

58.  Studie der Bertelsmann Stiftung: Religiöse Menschen sind solidarischer 1

59.  Katholisches Auslandssekretariat digitalisiert historische Fotosammlung  1

60.  Autobiografie von Papst Franziskus nun offiziell im Handel 1

61.  Deutsche Bischofskonferenz veröffentlicht Rahmenordnung für Exerzitien  1

 

 

Papa Francesco: “Nessuno deve minacciare l’esistenza altrui”

 

“Ogni giorno siamo bombardati da mille messaggi. Parecchi sono superficiali e inutili, altri rivelano una curiosità indiscreta o, peggio ancora, nascono da pettegolezzi e malignità. Sono notizie che non servono a nulla, anzi fanno male. Ma ci sono anche notizie belle, positive e costruttive, e tutti sappiamo quanto fa bene sentirsi dire cose buone, e come stiamo meglio quando ciò accade. Ed è bello pure condividere le realtà che, nel bene e nel male, hanno toccato la nostra vita, così da aiutare gli altri”.

Così Papa Francesco prima del Regina Caeli da Piazza San Pietro: “Eppure c’è una cosa di cui spesso facciamo fatica a parlare. Facciamo fatica a parlare di che? Della più bella che abbiamo da raccontare: il nostro incontro con Gesù. Ognuno di noi ha incontrato il Signore e facciamo fatica a parlarne. Ciascuno di noi potrebbe dire tanto in proposito: vedere come il Signore ci ha toccato, e questo condividerlo, non facendo da maestro agli altri, ma condividendo i momenti unici in cui ha percepito il Signore vivo, vicino, che accendeva nel cuore la gioia o asciugava le lacrime, che trasmetteva fiducia e consolazione, forza ed entusiasmo, oppure perdono, tenerezza”. Per il Santo Padre, “così come fa bene parlare delle ispirazioni buone che ci hanno orientato nella vita, dei pensieri e dei sentimenti buoni che ci aiutano tanto ad andare avanti, anche degli sforzi e delle fatiche che facciamo per capire e per progredire nella vita di fede, magari pure per pentirci e tornare sui nostri passi”.

“Seguo nella preghiera e con preoccupazione, anche dolore, le notizie giunte nelle ultime ore sull’aggravamento della situazione in Israele a causa dell’intervento da parte dell’Iran. Faccio un accorato appello affinché si fermi ogni azione che possa alimentare una spirale di violenza col rischio di trascinare il Medio Oriente in un conflitto bellico ancora più grande”. Lo ha detto oggi il Papa al termine del Regina Caeli: “Nessuno deve minacciare l’esistenza altrui. Tutte le nazioni si schierino invece da parte della pace, e aiutino gli israeliani e i palestinesi a vivere in due Stati, fianco a fianco, in sicurezza. È un loro profondo e lecito desiderio, ed è un loro diritto! Due Stati vicini”.

Quindi Francesco ha chiesto che “si giunga presto ad un cessate il fuoco a Gaza e si percorrano le vie del negoziato, con determinazione”: “Si aiuti quella popolazione, precipitata in una catastrofe umanitaria, si liberino subito gli ostaggi rapiti mesi fa! Quanta sofferenza! Preghiamo per la pace. Basta con la guerra, basta con gli attacchi, basta con la violenza! Sì al dialogo e sì alla pace!”. Riccardo Benotti, sir 15

 

 

 

Non siamo stati creati per la morte, ma per la vita. III Domenica di Pasqua

 

Città del Vaticano. L’apparizione di Cristo risorto ai discepoli rinchiusi nel Cenacolo è l’esperienza che vive la comunità cristiana in ogni celebrazione della Santa Messa. Cristo viene in mezzo a noi perchè sa che abbiamo bisogno di Lui. Il Signore Gesù, infatti, ci invita a stare alla sua presenza non per umiliarci, ma per salvarci con l’infinita ricchezza del suo amore e renderci partecipi della sua stessa vita divina.

Anche a noi il Signore, come ha fatto con gli undici, affida una missione che non ha confini geografici e che coinvolge tutte le creature: “predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”. Tutto il mondo, dunque, è terra di evangelizzazione. E non può essere diversamente! La Chiesa, infatti, è mandata non a raccontare una notizia qualsiasi, un fatto tra i tanti, ma ad annunciare un avvenimento decisivo per la vita dell’uomo, che san Clemente di Alessandria qualifica come il “Canto Nuovo”’.

Egli parlando del Verbo Incarnato lo qualifica “Nuovo” perchè è venuto ad abitare tra noi per narrarci qualcosa di assolutamente diverso dalla comune narrativa in quanto si presenta come proposta di vera umanità. È “Canto” perché la sua presenza è in grado di rispondere alle aspirazioni di gioia, pace, libertà, amore presenti nel cuore dell’uomo. Solo da Gesù, vero uomo e vero Dio, noi apprendiamo che siamo stati creati non per la morte, ma per la vita, non per il dolore, ma per la gioia, non per l’odio, ma per l’amore. Infatti, Cristo risorgendo dalla morte annuncia che l’umanità non è incamminata verso la distruzione, l’annientamento, ma verso un compimento, una pienezza. Se questo è il destino dell’uomo allora anche noi possiamo dire con il salmista: “In pace mi corico e subito mi addormento, perchè tu solo Signore, fiducioso, mi fai riposare”. 

Il mandato del Risorto di Predicare a tutti i popoli la conversione ci porta anche a riconosce che l’azione missionaria non nasce dalla Chiesa e neppure è il frutto di un volontà di potere, ma è una necessità interiore. “È intrinseco alla nostra condizione di cristiani - scriveva il Card. Biffi - il desiderio che Gesù di Nazareth sia riconosciuto da tutti come il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, il Signore che è risorto ed è il principio di risurrezione” (Nota Pastorale “Guai a me” n° 16).

In altre parole, per un cristiano che ama veramente il Maestro diventa insopportabile non annunciare e testimoniare ai fratelli la vita bella che nasce dall’incontro con la Parola fatta carne. Pertanto, l’assenza dei cristiani dalla vita della società non è rispetto della libertà del mondo, ma indifferenza verso la sua rovina.

La missione che Gesù risorto affida ai discepoli comporta, quindi, l’impegno a mettersi insieme e testimoniare una fede incarnata in tutte le dimensioni della vita: dal lavoro alla cultura, dalla politica alla scienza perchè nulla sfugge alla ricapitolazione in Cristo. Il recente documento “Dignitas infinita” ricorda che, non si può separare la fede dalla difesa della dignità umana, l’evangelizzazione dalla promozione di una vita dignitosa e la spiritualità dall’impegno per la dignità di tutti gli esseri umani». A tutti deve essere data la possibilità di conoscere la Verità che è Cristo perchè, come mi scriveva un giovane, Egli porta gioia, ci rende migliori di quello che siamo e utili per il mondo. Parole che dovrebbero essere l’approdo del cammino di ogni persona. Mons. Francesco Cavina, Aci 14

 

 

 

Dignitas infinita. Don Patriciello: “La persona umana è il terreno sacro comune”

 

Quello del Dicastero per la Dottrina della Fede è “un documento importante non solo per la vita della Chiesa, perché risponde non solo a problemi all’interno della Chiesa, ma offre uno sguardo globale sull’umanità”, dice al Sir il parroco di Caivano - Gigliola Alfaro

 

Ciascuna persona umana ha una dignità infinita, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. Parte da questa consapevolezza la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede “Dignitas infinita circa la dignità umana”, pubblicata l’8 aprile. Questa dignità riguarda ogni sfaccettatura della persona, ma purtroppo subisce violazioni, quando è toccata da povertà, guerra, traversie che devono affrontare i migranti, tratta, violenze contro le donne, aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito, scarto dei diversamente abili, teoria gender, cambio di sesso, violenza digitale. Ne parliamo con don Maurizio Patriciello, parroco a Caivano.

La dichiarazione parla di “dignità infinita”

Un documento importantissimo, come dimostra anche il fatto che la riflessione sia stata in incubazione cinque anni. La Chiesa si pone in ascolto di tutte le sofferenze del mondo, anche di quelle che sono “fuori moda”, di cui il mondo non ama parlare. Ecco lo considero un documento importante non solo per la vita della Chiesa, perché risponde non solo a problemi all’interno della Chiesa, ma offre uno sguardo globale sull’umanità.

La Dichiarazione cita diversi tipi di violazioni…

Quando si parla delle violazioni della dignità, si parte dalla povertà: basti pensare a tutte le povertà indotte, le povertà che noi stessi abbiamo procurato per il nostro egoismo. Si parla delle guerre: noi oggi stiamo vivendo due guerre spaventose, terribili, a due ore di aereo dall’una e dall’altra guerra, quasi ci sembra di sentire fisicamente i lamenti dei bambini in Ucraina e nella Striscia di Gaza. Si parla dei migranti: sappiamo che dal punto di vista politico ci siamo schierati, quasi come se una persona che sta annegando in mare possa avere un colore politico. Si parla degli abusi sessuali e della violenza sulle donne: solo in Italia 100/120 donne vengono uccise in modo brutale dai loro partner ogni anno. Si tocca il dramma dell’aborto: nei giorni scorsi mi hanno portato una bambina, che era stata sul punto di essere gettata nella fogna. La mamma aveva già preso appuntamento per abortire, nessuno le era stato accanto. La prima parte della legge 194 non viene quasi mai osservata. Non ci sono dubbi: il corpo della donna le appartiene, ma dobbiamo avere uno sguardo più globale. Addirittura Facebook esclude le immagini sugli aborti. Io sono l’ultimo di cinque figli maschi. La mia mamma poteva dire: “Ho già quattro figli, mi bastano”. Il pensiero che sarei potuto finire in una fogna mi fa letteralmente inorridire e quindi non finirò mai di ringraziare i miei genitori anziani, poveri, che mi hanno voluto. Solo l’anno scorso nel mondo ci sono stati 42 milioni e 600mila aborti accertati, non sappiamo di quelli illegali. Sull’aborto si dicono tante bugie: le donne che lo fanno, per svariati motivi, si portano nella tomba questo dolore. E ancora altre violazioni: eutanasia, suicidi assistiti. E come dimenticare l’utero in affitto? La prima menzogna parte propria dalla terminologia. La donna non affitta un utero, quando c’è la gravidanza, è coinvolta tutta la donna, tutta la sua femminilità, la sua dignità. La maternità non è qualcosa di aggiunto, lo stesso corpo si deforma e si fa da parte per accogliere questa vita. Se anche la maternità diventa motivo di commercio siamo arrivati alla frutta. La cosa più terribile è si vuol far passare questa vergogna come atto di amore. Insomma, il documento ha messo il dito in tante piaghe.

E nessun aspetto è meno importante di un altro…

La Dichiarazione parla della dignità ontologica: il “pacchetto” o lo accogli nella sua totalità o cade tutto.

Se vai a manomettere le fondamenta della dignità ontologica, si può arrivare a fare di tutto a categorie di persone che erroneamente sono considerate senza dignità o che l’hanno persa: il feto con una malformazione, la nonna con l’Alzheimer, il vecchietto con la demenza senile, malati di patologie incurabili. L’altro giorno sono stato all’ospedale Monaldi nel reparto della Sla, dove ci sono persone che comunicano guardando un computer: non hanno dignità neppure loro? Ma allora cos’è la dignità? Il documento dice una cosa importante: la dignità non ti viene concessa da qualcuno, non è lo Stato che ti concede la dignità. No, viene riconosciuta la dignità ontologica di ciascuno, non è concessa.

Quali sono i rischi se non accogliamo questa verità?

Pensiamo a un gioco di fantasia. Prendiamo cento persone e ciascuno dica quale aspetto della dignità umana non considera importante. Come succede per i dieci comandamenti, dei quali ognuno potrebbe considerare 9 validi e un altro, che maggiormente lo scomoda, metterlo da parte, così nel nostro ipotetico gioco di fantasia, uno potrebbe non voler considerare l’aborto come un’offesa alla dignità, un altro vuole essere libero di morire nel momento che sceglie, altri hanno in odio l’immigrazione e non accettano neanche gli appelli del Papa a non lasciar morire in mare i migranti. E, man mano, ognuno toglie qualche aspetto che lede la dignità: alla fine lasciamo che cosa? Manomettiamo tutta la struttura della persona umana, passando dalla dignità umana a quella che potremmo definire una libertà personale, secondo la quale decido io che cosa è dignitoso e cosa non lo è. Ma allora sorge una domanda: tutto è così relativo? Decido io cosa è dignitoso per la mia vita? Indicare le violazioni della dignità non vuol dire non mettersi in ascolto della persona, del grido che viene dal singolo, ma ricordare che quando si comincia a manomettere la struttura non mancano i danni. Se un albero è molto alto deve avere radici profonde per non essere abbattuto dal vento, così un palazzo alto deve avere fondamenta molto solide, altrimenti diventa un pericolo. Andando a costruire presunti diritti, per esempio il diritto ad avere un figlio a tutti i costi, corriamo il rischio di ledere la dignità della persona, nella sua integrità. Ogni aspetto della dignità citato nel documento, che ha uno sguardo ampio, ha la stessa radice. Un’ultima osservazione.

Ci dica…

Ritorno alla mia visita nel reparto della Sla: una signora attraverso il computer mi ha detto pace e bene, mi ha fatto una grande tenerezza. Sono tornato dall’ospedale vergognandomi dei miei lamenti. Rimane il mistero, noi nuotiamo nel mistero: la sofferenza è un mistero, la vita è un mistero, nascere per morire è già un mistero. Dove trovare un punto d’incontro tra chi crede e non crede? Se non è la persona umana nella sua dignità il terreno comune su cui ci possiamo ritrovare credenti, miscredenti, diversamente credenti e atei, dove ci possiamo ritrovare? Non credo che esista un altro terreno comune:

la persona umana è quel terreno sacro davanti al quale ci togliamo le scarpe.

Chi crede è molto avvantaggiato perché nella persona umana vede l’immagine di Dio, ma anche per chi non crede la persona umana ha un immenso valore. Sir 13

 

 

 

Dialogo con mons. Birkhofer. Comunità, volto vivo della Chiesa

 

Mons. Peter Birkhofer è vescovo ausiliare nell’arcidiocesi di Friburgo in Brisgovia ed è membro della XIV commissione della Conferenza episcopale tedesca, quella della migrazione. Ha partecipato al Convegno nazionale della Delegazione MCI „Lontano da casa, essere a casa. Ovunque tu vada la Chiesa è con te“, che si è tenuto lo scorso ottobre a Palermo. È intervenuto nella giornata di convegno dedicata al dialogo con la Chiesa tedesca. Molto gentilmente ha messo a disposizione per la pubblicazione il suo intervento. Le domande, la moderazione e la traduzione, sono state curate da Paola Colombo. Pur parlando fluentemente italiano ha preferito interloquire in lingua tedesca.

 

Ridisegnare la territorialità delle parrocchie, la tendenza a togliere la missio cum cura animarum alle comunità di altra madrelingua, nel contempo l’aumento in percentuale dei cattolici senza passaporto tedesco, a fronte di tutto ciò come sta cambiando nelle diocesi in Germania e anche nella conferenza episcopale la percezione delle comunità di altra madrelingua nella chiesa tedesca?

Nell’arcidiocesi di Friburgo le oltre 1.000 parrocchie esistenti verranno sciolte come entità giuridiche e fuse per formare 36 nuove parrocchie. La parrocchia è il livello strutturale e amministrativo. D’ora in poi chiameremo comunità le parrocchie precedenti. Le comunità sono il volto vivo della Chiesa sul territorio. Finora le comunità di altra madrelingua hanno avuto un’esistenza di nicchia nel tessuto parrocchiale esistente. Tuttavia, a fronte delle misure di risparmio che sostanzialmente tutte le diocesi stanno affrontando, sta diventando sempre più chiaro che dobbiamo avvicinarci. In questo modo anche le missioni ricevono maggiore attenzione e sono più strettamente integrate nella vita parrocchiale. Le missioni potranno finalmente essere percepite da noi come Chiesa universale ed essere maggiormente integrate nella vita di comunità.

In futuro, le missioni avranno lo stesso livello di attenzione di una comunità tedesca nella nuova parrocchia. Il missionario riceverà la procura per il territorio di missione, che interessa in parte più parrocchie, il che corrisponde a una missio cum cura animarum. Spero che ci sarà un’unione più forte, un atteggiamento che riconosca e prenda sul serio i diversi carismi delle diverse comunità e che alla fine renderà anche le nostre parrocchie più interattive e più attrattive. E in ultimo ma non meno importante, grazie a un maggiore coinvolgimento delle missioni le parrocchie potranno anche parlare in modo molto più credibile di integrazione, migrazione, rifugiati e così via e avere un impatto diverso sulla società.

Come può allora la Chiesa tedesca favorire l’interculturalità, la reciprocità tra le comunità di lingua tedesca e quelle di altra madrelingua?

Innanzitutto è una questione di atteggiamento: non esiste uno stile di vita ecclesiale perfetto, ci sono solo persone diverse che vivono la propria fede in modi diversi e qui ci sono momenti e opportunità per imparare gli uni dagli altri e per modellare la comunità e la Chiesa in modo tale che siano interessanti, soprattutto per i più giovani, concentrandosi sulla comunità fornita da Cristo, e non perseguendo freneticamente questioni politiche. La strada dovrebbe essere quella, come è stato programmaticamente descritto dal Concilio Vaticano II, di “interpretare i segni dei tempi”. Siamo una comunità di credenti e, partendo da questa base, esaminiamo come possiamo essere lievito nel mondo.

Ma ciò significa anche che dobbiamo prima concordarci su come vogliamo vivere e lavorare come Chiesa e comunità interculturale. Solo così potremo volgerci in modo credibile verso l’ambiente spesso laico dell’Europa. È un po’ come per l’ecumenismo: finché ci sono ancora diverse confessioni che pensano tutte di dover parlare solo per sé, il messaggio cristiano perde di plausibilità. È quindi necessario lo scambio tra le diverse missioni di altra madrelingua ed è necessario il dialogo con le comunità di lingua tedesca nella parrocchia e oltre.

Spesso il problema è che l’uniformità semplicemente mette a tacere la voce delle missioni, contrapponendo una presunta maggioranza a una presunta minoranza. Ma in realtà accade il contrario: spesso le missioni crescono mentre le nostre comunità “tradizionali” si assottigliano. Ciò che serve, allora, è un processo di camminare insieme, di evangelizzazione e scambio. Così può avvenire uno intreccio effettivo e reciproco, che, come da noi richiesto, verifica il tutto e conserva il meglio, ma con l’obiettivo di crescere insieme in un’unica Chiesa, un’unica comunità.

La carenza di sacerdoti è una realtà. Il numero di seminaristi in Europa sta diminuendo più o meno drasticamente dappertutto. Nelle comunità, anche in quelle italiane, arrivano sacerdoti da molto lontano. Ci sono esempi meravigliosi di accoglienza e di comunione, ma anche comunità dove ci sono conflitti ed enormi differenze di mentalità che si manifestano anche nei rapporti con il personale assunto laico, in particolare con le donne. Che fare?

Innanzitutto vorrei sottolineare che al Synodale Weg c’erano solo due rappresentanti delle missioni di altra madrelingua, cioè solo circa l’1% dei sinodali, cosa che a mio avviso non riflette la realtà in Germania. L’interculturalità è un’opportunità: se posso sperimentare e imparare attraverso lo scambio perché atteggiamenti o mentalità differiscono, allora posso anche capire perché qualcuno affronti la questione delle donne nella Chiesa in modo diverso. Oppure ha una tradizione diversa dalla mia quando si tratta di questioni di fede. Non si tratta però di avere ragione – cosa che purtroppo spesso si è notato nel cammino sinodale – ma piuttosto di come possiamo realizzare insieme la Chiesa in modo tale che questa Chiesa annunci la buona novella di Cristo. Questo è innanzitutto amore. Questo tuttavia non significa ancora che si possa fare tutto, perché abbiamo visto come gli abusi sessuali e spirituali hanno causato grandi sofferenze alle persone, con la falsa pretesa di annunciare e condividere la buona novella.

Questa consapevolezza porta ad un’attenzione rispettosa tra comunità, preti e laici, uomini e donne, senza uniformarsi vicendevolmente. Abbiamo bisogno di una nuova evangelizzazione in cui possiamo parlare dei nostri punti di vista e anche dei nostri sentimenti. Ma deve anche essere chiaro che occorre qualcosa di più ampio delle emozioni, perché altrimenti non riusciamo ad avvicinarci perché di emozioni non si può discutere. È possibile discutere invece su argomenti, punti di vista, tradizioni, conoscenze ed esperienze. Dobbiamo trarne le giuste conclusioni. Ma anche questo richiede un atteggiamento di ricettività interiore: se qualcuno, in questo processo, crede di essere completamente nella ragione, in realtà rifiuta di prendere parte al processo. Non c’è apertura all’opera dello Spirito Santo. Dobbiamo, perdonatemi se la metto così, rimanere toccabili per la voce del vicino, l’altro. Solo così può avvenire una trasformazione, un cambiamento, una santificazione della quotidianità e della vita. Solo così possiamo sviluppare forza irraggiante e allo stesso tempo riuscire a chiarificare le nostre differenze. In questo modo si mostra che siamo sorelle e fratelli di Gesù Cristo, figli dell’unico Padre che è nei cieli, uno in Cristo (Gal 3).

L’universalità del cattolicesimo è oggi maggiormente messa alla prova dalla sfida dell’inculturazione?

No, cattolicità significa proprio abbracciare tradizioni e opinioni diverse. Naturalmente ci sono alcuni fondamenti incrollabili della nostra fede. Questi sono stati stabiliti, ad esempio, nei Concili. Se l’intera Chiesa universale ora concorda sulla necessità di fare alcuni ulteriori sviluppi, allora va bene ed è espressione dell’opera dello Spirito Santo, che ci accompagna fino alla venuta di Cristo nel tempo chiliastico.

L’inculturazione ha plasmato il cristianesimo fin dalle sue origini perché Cristo è venuto agli uomini e alle donne e quindi anche la fede deve essere portata loro. Ma ciò non vuol dire annacquare il messaggio né introdurre strettoie che mettano la propria fede contro l’altra. Si tratta piuttosto di essere, come credenti, in costante relazione come la stessa Trinità. Ci sono tanti cammini di fede quante sono le persone. Perché spesso siamo così arroganti e pensiamo di avere quello migliore, l’unico giusto? Questo è ciò che l’idea universale di fondo del cattolicesimo vuole superare. In essa l’unità può essere vissuta in ogni diversità. È una differenza riconciliata, non competitiva. Cattolico è unità nelle diverse lingue, culture, origini, mentalità e molto altro ancora. Nonostante la diversità, vi sperimentiamo un’unità che supera i confini e unisce le persone a modo proprio.

Tuttavia, anche questa è una sfida, perché non esiste una certezza definitiva nel vero senso della parola. Ma come può esserci certezza di fronte in un discorso su Dio, nella teologia, quando dobbiamo sempre mettere sottolineare l’onnipotenza e la grandezza di Dio, che ci viene messa davanti agli occhi nei Salmi, così ricchi nel linguaggio e pieni di immagini?

Come garantire le diverse sensibilità religiose senza rischiare la deriva verso Chiese parallele?

Una teologa protestante una volta mi chiese se tra noi cattolici ci sono così tante divisioni e fondazioni di nuove chiese. Le risposi che i cattolici restano sotto il tetto della Chiesa cattolica. Spesso i carismi hanno trovato posto nella fondazione di nuove congregazioni spirituali. L’essere cattolico non si esprime in Chiese parallele ma dovrebbe sempre far parte di un continuo processo di negoziazione. Abbiamo tante opportunità di vivere la nostra fede insieme, ma anche separatamente gli uni dagli altri. Molte persone in Germania e in Europa non sono nemmeno consapevoli di questo dono: non dobbiamo nasconderci, non dobbiamo preoccuparci di essere uccisi perché pratichiamo la nostra fede, abbiamo molta libertà. Noi stessi spesso limitiamo questa libertà perché abbiamo l’errata convinzione di dover dire agli altri cosa è cattolico e cosa non lo è. L’opposto conduce all’obiettivo di una maggiore unità con grande indipendenza: abbiamo bisogno di pregare, parlare e agire insieme, ma anche di momenti isolati di preghiera, conversazione e azione.

Per me, tuttavia, l’aspetto più rilevante è il numero sempre più esiguo di cattolici nelle parrocchie tedesche che si sono messe un po’ troppo a loro agio, appoggiandosi ai soldi delle entrate fiscali. Solo in comunione possiamo solo fare qualcosa per la Chiesa nel suo insieme, solo nella relazione con gli altri la mia particolare identità cattolica può arricchire gli altri e io posso essere arricchito. Ciò a volte può portare ad una reazione di rifiuto perché non riflette la mia idea di vivere la fede, ma dobbiamo continuare a parlarci. La nuova parrocchia con le tante comunità può diventare davvero luogo dove si vivono i diversi carismi, espressioni di un’unica fede in lingue e tradizioni diverse. Queste comunità si arricchiscono a vicenda e si rafforzano nella testimonianza e nel dialogo con il mondo.

Al tempo stesso posso capire che anche gli immigrati italiani e/o i loro figli e nipoti vogliano preservare un pezzo della propria identità. Come comunità tedesca dovrei riconoscere questo bisogno e assolutamente preservarlo come segno di diversità, di cattolicità. Tuttavia è necessaria un’idea complessiva di come io, come parrocchia o comunità in un paese o in una città, voglia parlare della fede cristiana sia internamente che esternamente.

Lo scorso anno (febbraio 2023) A Friburgo è stata aperta, riaperta una comunità di lingua italiana. Molti sono stati gli attori che hanno concorso a questo risultato per le persone di lingua italiana. Molti dei credenti che frequentano la comunità sono giovani famiglie immigrate in Germania, ma ci sono anche giovani nati in Germania i quali hanno un forte attaccamento alla lingua delle loro origini. Conoscendo queste realtà complesse, che tipo di collaborazione è auspicabile tra le due conferenze episcopali, tedesca e italiana?

Innanzitutto, il Cammino sinodale in Germania e la sua percezione all’estero mi hanno fatto capire che abbiamo fondamentalmente bisogno di più dialogo che travalichi i confini. Abbiamo bisogno di più incontri faccia a faccia, cuore a cuore. Dobbiamo lasciarci trasportare dalle esperienze degli altri e dobbiamo lasciare che gli altri condividano i nostri pensieri e le nostre esperienze. E condividere significa ascoltarsi a vicenda e agire di conseguenza.

Sarebbero sicuramente necessari ulteriori accordi, soprattutto considerando il problema che le comunità di altra madrelingua dovrebbero essere guidate da un prete madrelingua. Altrimenti è strano: come posso parlare apertamente e onestamente con le persone se non posso almeno condividere un po’ delle loro riserve, esperienze e desideri? Questo è esattamente ciò che ci mostra la fede cristiana e ciò che la rende così forte: Cristo è stato un essere umano come noi, ha sperimentato le nostre profondità più recondite, fino alla morte, e così ci ha redenti. Questa forma di partecipazione personale ed esistenziale è importante.

Le risposte le dobbiamo trovare qui, vista la carenza di preti anche in Italia. Forse alcuni sacerdoti italo-tedeschi potrebbero essere formati parte in Germania e parte in Italia e poi essere inseriti nelle missioni? Ma questo deve essere importante anche per la Conferenza episcopale italiana. Udep, CdI aprile

 

 

 

Alle popolazioni del Medio Oriente il Papa dice: basta, fermatevi!

 

Città del Vaticano. La fine del Ramadan a pochi giorni dalla Pasqua, una lieta ricorrenza, che "stride fortemente con la tristezza per il sangue che scorre nelle terre benedette del Medio Oriente". Papa Francesco lo ha scritto nel messaggio che ha inviato al network televisivo Al Arabiya.

"Dio è pace e vuole la pace. Chi crede in Lui non può che ripudiare la guerra, la quale non risolve, ma aumenta i conflitti. La guerra, non mi stanco di ripetere, è sempre e solo una sconfitta: è una via senza meta; non apre prospettive, ma estingue la speranza" Francesco è "angosciato per il conflitto in Palestina e Israele" chiede che cessi "il fuoco nella striscia di Gaza, dove è in corso una catastrofe umanitaria; possano arrivare gli aiuti alla popolazione palestinese che soffre tantissimo; si rilascino gli ostaggi rapiti a ottobre!" Nel cuore del Papa ci sono Siria, Libano, e tutto il Medio Oriente: "non lasciamo che divampino le fiamme del rancore, sospinte dai venti funesti della corsa agli armamenti! Non lasciamo che la guerra si allarghi! Arrestiamo l’inerzia del male!" E ripete: "Basta! – ripeto anch’io – a chi ha la grave responsabilità di governare le nazioni: basta, fermatevi! Per favore, fate cessare il rumore delle armi e pensate ai bambini, a tutti i bambini, come ai vostri stessi figli. Guardiamo tutti al futuro con gli occhi dei bambini. Loro non si chiedono chi è il nemico da distruggere, ma chi sono gli amici con cui giocare; loro hanno bisogno di case, parchi e scuole, non di tombe e fosse!"

Se possono fiorire i deserti, dice il Papa, possono farlo anche i cuori: "Ma dai deserti dell’odio spunteranno germogli di speranza solo se sapremo crescere insieme, l’uno a fianco dell’altro; se sapremo rispettare il credo degli altri; se sapremo riconoscere il diritto di esistere di ogni popolo e il diritto di ogni popolo ad avere uno Stato; se sapremo vivere in pace senza demonizzare nessuno. Io credo e spero in questo e con me i cristiani che, tra non poche difficoltà, vivono in Medio Oriente: li abbraccio e li incoraggio, chiedendo che abbiano sempre e ovunque il diritto e la possibilità di professare liberamente la loro fede, che parla di pace e fraternità". Il messaggio si chiude con un grazie e una benedizione:  Vi ringrazio per avermi ascoltato. Vi saluto con affetto, assicurandovi che porto il Medio Oriente nel cuore. A ciascuno di voi auguro ogni bene e benedizione dall’Altissimo. Shukran!". Angela Ambrogetti, Aci 13

 

 

 

Russia: condanna da parte di Wcc dell’affermazione “guerra santa” in Ucraina

 

“Gravi preoccupazioni”. È quanto esprime il Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc) in un comunicato diffuso oggi in merito al decreto approvato il 27 marzo scorso dal XXV Consiglio mondiale del popolo russo, sotto la presidenza del capo della Chiesa ortodossa russa, Sua Santità il Patriarca Kirill, in cui si definisce la guerra in Ucraina “una guerra santa”. Nel comunicato il Wcc sottolinea che il Consiglio mondiale del popolo russo è il più grande forum pubblico russo e, secondo i suoi statuti, il capo del consiglio è il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, sotto la cui presidenza si tengono le riunioni annuali del consiglio. Ad intervenire personalmente sulla questione è il segretario generale dell’organismo ecumenico della Chiese, il rev. Jerry Pillay. “Il Consiglio ecumenico delle Chiese – dice – non riesce a conciliare l’affermazione secondo cui ‘l’operazione militare speciale (in Ucraina, ndr) è una guerra santa’ con ciò che abbiamo sentito direttamente dallo stesso Patriarca Kirill”.

Il comunicato ricorda a questo proposito che, in un incontro con il segretario generale del Wcc a Mosca nel maggio 2023, il Patriarca Kirill ha affermato che qualsiasi riferimento alla “guerra santa” non era legato al conflitto armato in corso in Ucraina e che nessuna guerra di violenza armata può essere “santa”. “Il decreto contraddice questa posizione”, osserva Pillay. Il Patriarcato di Mosca è membro del Consiglio ecumenico delle Chiese. Il Consiglio ecumenico ricorda che, in più occasioni e ai livelli più alti di governo, il Wcc ha affermato “con forza la posizione secondo cui ‘la guerra è incompatibile con la natura stessa di Dio e la volontà per l’umanità e contro i nostri fondamentali principi cristiani ed ecumenici’”. Le Chiese membro hanno denunciato esplicitamente l’invasione dell’Ucraina come “illegale e ingiustificabile”. Inoltre, hanno respinto “qualsiasi uso improprio del linguaggio e dell’autorità religiosa per giustificare l’aggressione armata e l’odio”. “La Chiesa ortodossa russa – osserva il rev. Pillay – era rappresentata in entrambi gli incontri chiave dell’organo direttivo e nei processi che hanno portato all’adozione di queste dichiarazioni”.

Alla luce di queste posizioni, il Wcc “non può accettare” che il decreto approvato dal Consiglio mondiale del popolo russo presenti “l’illegale e ingiustificabile invasione da parte della Russia del suo vicino sovrano Ucraina” come “una nuova fase della lotta di liberazione nazionale del popolo russo contro il regime criminale di Kiev”. Così come non può accettare “la prospettiva che ‘tutto il territorio della moderna Ucraina dovrebbe entrare in una zona di influenza esclusiva della Russia’”. Il segretario generale del Wcc ha pertanto scritto al Patriarca Kirill chiedendo “chiarimenti se questo decreto debba essere inteso come espressione della posizione della Chiesa ortodossa russa, come tali posizioni possano essere mantenute da una chiesa membro del Consiglio ecumenico delle chiese e come possano essere inquadrate con quanto affermato direttamente dallo stesso Patriarca”. Il Wcc ha infine richiesto un incontro urgente per discutere la questione e per trovare modi in cui le preoccupazioni sollevate all’interno delle Chiese membro possano essere affrontate.  M. Chiara Biagioni, Sir 13

 

 

 

Papa Francesco nominerà l’arcivescovo Georg Gänswein nunzio apostolico

 

Dopo le tensioni degli ultimi tempi Bergoglio ha comunque deciso di mettere un punto e chiudere una polemica che ha finito col diventare imbarazzante per tutti - Gian Guido Vecchi

 

Nonostante le tensioni, Francesco «ha deciso» di fare punto e a capo e nominare l’arcivescovo Georg Gänswein come nunzio apostolico «da qualche parte nel mondo», un incarico prestigioso da ambasciatore della Santa Sede dopo l’«esilio» senza incarichi a Friburgo deciso l’estate scorsa. Lo scrive il quotidiano argentino La Nación in un articolo firmato da Elisabetta Piqué, biografa e amica del Papa che conosce da quando Jorge Mario Bergoglio era cardinale a Buenos Aires. Un gesto di «misericordia», per chiudere una polemica che ha finito col diventare imbarazzante per tutti.

Ancora in un libro intervista uscito nei giorni scorsi in Spagna, «Il Successore», Francesco era tornato a deplorare la pubblicazione del libro di Gänswein all’indomani dei funerali di Benedetto XVI, nel gennaio 2023, «l’ho vissuto come una mancanza di nobiltà e di umanità». Nel libro, intitolato «Nient’altro che la verità» il segretario storico Ratzinger ripercorreva gli anni vissuti accanto al Papa emerito durante il pontificato di Bergoglio. Tra l’altro aveva dato spunto per nuove polemiche intorno a un conflitto tra i due papi che nella realtà non c’era mai stato. Gänswein aveva respinto queste interpretazioni, «non ho mai voluto dividere», si diceva avesse cercato di rinviare la stampa. Ma Francesco non aveva apprezzato e ne aveva già parlato ai giornalisti di ritorno dal Sud Sudan, il 5 febbraio dell’anno scorso, con parole durissime: «La gente che, in un modo o in un altro, strumentalizza una persona così brava, così di Dio, quasi direi un santo padre della Chiesa, quella gente non ha etica, è gente di partito, non di Chiesa». 

L'esilio di Georg Gänswein

Di lì a qualche mese Gänswein era stato rimandato in Germania, nella sua vecchia diocesi. «Sono senza incarichi e senza lavoro, e questo è brutto», spiegava al Corriere lo scorso dicembre, quando era tornato a Roma per celebrare nelle Grotte Vaticane una messa di suffragio a un anno dalla morte di Benedetto XVI. Proprio in quell’occasione, secondo La Nación, l’arcivescovo ha ottenuto un’udienza con Francesco e «avrebbe comunicato al Pontefice la sua disponibilità a collaborare e il suo disagio per l'assenza di un incarico». E così il Papa si sarebbe ormai deciso a dargli un nuovo incarico e nominarlo «presto» nunzio apostolico, un’ipotesi che si era fatta l’anno scorso ma ormai sembrava tramontata: una scelta «inaspettata», scrive Elisabetta Piqué, ma «del tutto in linea con la misericordia, l'apertura di cuore e la mancanza di rigidità predicate dal primo papa gesuita fin dall'inizio del suo pontificato». CdS 12

 

 

 

Mons. Crociata: “Sopprimere una vita non può essere mai un diritto umano”

 

I vescovi dell'Unione europea esprimono “dispiacere” e “disaccordo” all’approvazione oggi in Parlamento europeo della Risoluzione che chiede di inserire il diritto all'aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Ue. “Non si può pensare di dichiarare che l’aborto sia un diritto umano perché la soppressione di una vita non può essere mai un diritto umano”, afferma mons. Crociata, presidente della Comece. “Qualcuno parla di un grumo di cellule – aggiunge -, in realtà è l’inizio di una nuova persona”. Don Manuel Barrios Prieto, segretario generale dell’organismo europeo, aggiunge: “Ci rattrista la posizione di alcuni partiti che si richiamano alla tradizione democratica cristiana come il Partito popolare europeo che su questo tema, oggi, si è spaccato” - M. Chiara Biagioni

 

“L’approvazione di questa Risoluzione da parte del Parlamento europeo ci reca molto dispiacere. Come Comece l’abbiamo espresso con una dichiarazione uscita in questi giorni. Non possiamo che esprimere il nostro disaccordo”. Così mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), commenta a caldo la Risoluzione approvata oggi, giovedì 11 aprile, in Parlamento europeo con 336 voti a favore, 163 contrari e 39 astensioni, nella quale i deputati hanno dichiarato la volontà di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. “Non si può pensare di dichiarare che l’aborto sia un diritto umano perché la soppressione di una vita non può essere mai un diritto umano”, afferma mons. Crociata.

“Qualcuno parla di un grumo di cellule – aggiunge -, in realtà è l’inizio di una nuova persona”.

La Risoluzione nasce con l’intento di garantire un’assistenza di alta qualità a tutte le donne. Anche su questo punto, mons. Crociata dissente. “Questo voto non aiuta la condizione delle donne”, afferma. “Ostacolare la maternità non è un modo per aiutare le donne, che vanno senz’altro sostenute e accompagnate sempre, e rispettate nelle loro scelte”. Il testo approvato oggi esorta i Paesi UE a rimuovere e combattere gli ostacoli all’aborto, invitando in particolare la Polonia e Malta ad abrogare le loro leggi e altre misure che lo vietano e lo limitano. “E’ qualcosa che va contro il diritto comunitario”, evidenzia il presidente dei vescovi Ue. “Perché non consente di rispettare gli orientamenti e le sensibilità delle varie nazioni e dei vari popoli che su questa materia hanno competenza. Dunque, la Risoluzione ha l’effetto oltre tutto di produrre divisione e divaricazione all’interno dell’Unione europea. E’ come andar contro l’identità, la storia, il compito e il futuro dell’Unione europea”. Riguardo, infine, alla clausola di “coscienza” posta da alcuni medici e che invece viene condannata nella Risoluzione perché causa ritardi e rischi alla salute, mons. Crociata afferma: “Non possiamo che considerare con grande preoccupazione la limitazione della libertà di coscienza che è uno dei principi fondamentali che garantiscono il rispetto della persona e della democrazia”. “La limitazione della libertà di coscienza è una minaccia alla libertà, un modo di agire che alla fine assomiglia molto ad un regime autoritario. Speriamo che il nostro Parlamento europeo non vada in questa direzione”.

Sulla questione entra in merito anche don Manuel Barrios Prieto, Segretario Generale della Comece. “Ci rattrista – dice – la posizione di alcuni partiti che si richiamano alla tradizione democratica cristiana come il Partito popolare europeo che su questo tema, oggi, si è spaccato. E’ vero che una buona parte ha votato contro ma bisogna dire anche che una buona parte ha votato a favore di questa mozione. Se ci pensiamo è un po’ scandaloso”. “A volte su questi temi si vota a favore o contro per una certa obbedienza di partito, altre per ignoranza e poca conoscenza della materia”, osserva il sacerdote. “Richiamiamo i partiti e i politici alla responsabilità mentre si avvicinano le elezioni europee”. “Speriamo che il nuovo Parlamento che uscirà dalle urne, abbia a cuore questi temi. Ma questo dipenderà dagli elettori”. Il segretario generale della Comece non nasconde il fatto che il voto “ci rattrista molto, anche se era aspettato”. I vescovi avevano espresso alla vigilia del voto il punto di vista della Chiesa cattolica in una Dichiarazione, ribadendo – ricorda don Barrios Prieto – che “l’aborto non può essere considerato un diritto. Il diritto umano fondamentale è il diritto alla vita. La morte evidentemente è la sua negazione”. La Chiesa si schiera sempre a favore della “difesa della vita, soprattutto quando è in situazione di vulnerabilità come è quella del bambino non ancora nato nel grembo di suo madre”. Don Manuel Barrios Prieto ricorda che i vescovi avevano anche sollevato la questione del “rispetto che l’Unione europea deve avere per le competenze nazionali così come per altre tradizioni culturali e legislative”. Insomma, conclude il sacerdote, i vescovi hanno proposto una chiara argomentazione sulla questione.

“Purtroppo constatiamo che il Parlamento continua a votare sulla stessa alinea e questo ci rattrista”. Sir 11

 

 

 

"Sofferenza e malattia non vanno ridotte a tabù"

 

Alla Pontificia Commissione Biblica il Papa ricorda che "il dolore e l’infermità, nella luce della fede, possono diventare fattori decisivi in un percorso di maturazione" - Di Marco Mancini

 

Città del Vaticano. “La sofferenza e la malattia sono avversarie da affrontare, ma è importante farlo in modo degno dell’uomo, in modo umano, diciamo così: rimuoverle, riducendole a tabù di cui è meglio non parlare, magari perché danneggiano quell’immagine di efficienza a tutti i costi, utile a vendere e a guadagnare, non è certamente una soluzione”. Lo ha detto il Papa, stamane, ricevendo in udienza i partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione Biblica.

“Tutti – ha ammesso Francesco - vacilliamo sotto il peso di queste esperienze e occorre aiutarci ad attraversarle vivendole in relazione, senza ripiegarsi su sé stessi e senza che la legittima ribellione si trasformi in isolamento, abbandono o disperazione. Sappiamo che il dolore e l’infermità, nella luce della fede, possono diventare fattori decisivi in un percorso di maturazione”.

Il Papa invita a guardare a Gesù che “ci esorta a prenderci cura di chi vive in situazioni di infermità, con la determinazione di sconfiggere la malattia; al tempo stesso, invita delicatamente a unire le nostre sofferenze alla sua offerta salvifica, come seme che porta frutto”.

Il Pontefice suggerisce due parole chiave: compassione e inclusione. “La compassione, indica l’atteggiamento ricorrente e caratterizzante del Signore nei confronti delle persone fragili e bisognose che incontra. Questa sua compassione si manifesta come vicinanza e porta Gesù a identificarsi con i sofferenti. Compassione che porta alla vicinanza. Tutto ciò rivela un aspetto importante: Gesù non spiega la sofferenza, ma si piega verso i sofferenti. Non si accosta al dolore con incoraggiamenti generici e consolazioni sterili, ma ne accoglie il dramma, lasciandosene toccare”.

“Cristo – ha aggiunto Papa Francesco - ha trasformato il nostro dolore facendolo suo fino in fondo: abitandolo, soffrendolo e offrendolo come dono d’amore. Non ha dato risposte facili ai nostri perché, ma sulla croce ha fatto suo il nostro grande perché”.

Per quanto riguarda l’inclusione che “non è un vocabolo biblico, questa parola esprime bene un tratto saliente dello stile di Gesù: il suo andare in cerca del peccatore, dello smarrito, dell’emarginato, dello stigmatizzato, perché siano accolti nella casa del Padre”.

“L’inclusione – ha spiegato il Papa - abbraccia anche un altro aspetto: il Signore desidera che si risani la persona tutta intera, spirito, anima e corpo. A poco gioverebbe una guarigione fisica dal male senza un risanamento del cuore dal peccato. C’è una risanazione totale: corpo, anima e spirito. Questa prospettiva di inclusione ci porta ad atteggiamenti di condivisione: Cristo, che è passato in mezzo alla gente facendo del bene e curando gli infermi, ha comandato ai suoi discepoli di aver cura dei malati e di benedirli nel suo nome, condividendo con loro la sua missione di consolazione. Attraverso l’esperienza della sofferenza e della malattia, noi, come Chiesa, siamo chiamati a camminare insieme a tutti, nella solidarietà cristiana e umana, aprendo, in nome della comune fragilità, opportunità di dialogo e di speranza”.

“La Parola di Dio – ha concluso - è un antidoto potente nei riguardi di ogni chiusura, astrazione e ideologizzazione della fede: letta nello Spirito in cui è stata scritta, accresce la passione per Dio e per l’uomo, innesca la carità e ravviva lo zelo apostolico. Perciò la Chiesa ha la costante necessità di abbeverarsi alle sorgenti della Parola”. Aci 11

 

 

 

Vangelo Migrante: Domenica 14 aprile – III di Pasqua (Lc 24, 35-48)

 

Secondo Luca, Gesù risorto si manifesta alla comunità riunita nello stesso giorno della visita delle donne al sepolcro vuoto e dell’apparizione ai due di Emmaus. Li sentiamo ancora intenti ad annunciare quanto sperimentato e riconosciuto nello spezzare del pane che, ecco, è lo stesso Gesù risorto a farsi presente in mezzo a loro, stavolta senza la dinamica di nascondimento/riconoscimento avvenuta lungo la via. Eppure, anche questa scena ci parla di una palese difficoltà dei discepoli a riconoscere nel Risorto il Nazareno, nonostante il saluto iniziale, «Pace a voi» (v. 37). In quell’augurio di pace, lontano da un banale convenevole, risuona la shalom biblica, l’invocazione della benedizione di Dio, il desiderio di bene per la vita dell’altro. Ma i discepoli sono ancora nel terrore e nella paura e non discriminano: credono di avere davanti uno spirito.

Per questo c’è bisogno addirittura di un supplemento di prove. Se per i due di Emmaus erano state le spiegazioni della Scrittura a scaldare il cuore e lo spezzare del pane ad aprire gli occhi, qui, per uscire dalla confusione, servono ulteriori concretezza e carnalità: «carne ed ossa», dice Gesù (v. 39). Questa espressione, per noi così familiare, riscatta il valore della corporeità umana a fronte di uno spiritualismo disincarnato e la riconsegna alla memoria come lo spazio, il tramite concreto dell’esperienza, delle relazioni, dell’amicizia. Poi Gesù mostra le mani e i piedi (v. 40). E, sebbene il racconto non parli di segni della crocifissione a differenza di quello giovanneo, quelle mani e quei piedi portano comunque le stigmate dell’esperienza vissuta, dall’inizio alla fine: strada, guarigioni, insegnamenti, moltiplicazioni, crocifissione. Com’è bello, in questa prima giornata di incontri con il Risorto, che tutto l’essere umano, corpo e anima, carne e ossa, intelligenza, pancia e cuore, vengano chiamati a riconoscere e testimoniare che la relazione sperimentata è ancora viva ed efficace e non è stata interrotta dalla morte!

Ma ancora non basta, perché stavolta è la gioia grande, segno lucano di un’esperienza di grazia, a stordire le donne e gli uomini riuniti nel cenacolo. Così Gesù passa al nutrimento, al cibo, a quel pesce arrostito mangiato davanti ai loro occhi chissà quante volte. E aggiunge, infine, la parola, che ricorda, spiega e che «apre la mente». Come fatto con quelli di Emmaus, Gesù riprende tutto quanto di lui era stato preannunciato nelle Scritture (nella “classica” tripartizione della tradizione di Israele, la legge, i profeti e gli altri scritti, qui rappresentati per sineddoche dai salmi), li rimette in sintonia con quella storia di salvezza per Israele e per tutte le genti che Luca ha cuore sin dagli esordi del suo vangelo (cfr. le parole dell’anziano Simeone in Lc 2,30-32). La passione, la morte, la resurrezione e l’annuncio di conversione e perdono esteso a tutti i popoli, iniziando da Gerusalemme (e proprio nel tempio lasceremo questi discepoli col cuore festante, cfr. Lc 24,52): di questo le donne e gli uomini del cenacolo, aiutati dallo Spirito, saranno chiamati ad essere testimoni quando, smesso di contemplare il cielo dell’ascensione, inizieranno a percorrere le strade del mondo portando il nome di Gesù (cfr. il libro degli Atti).

Tutto l’uomo – carne, ossa, occhi, viscere, mani, piedi – e tutta la sua storia – incontri, sequela, sofferenza, finanche la morte – vengono riscattati nel giorno del Signore. Come a dire: non si prende sul serio l’annuncio di Pasqua se non si prende sul serio l’Incarnazione. Così la mente si apre e il cuore si riempie di gioia. (Annalisa Guida) Migr.on.11

 

 

 

 

Dignitas infinita. Un commento

 

Già il titolo della Dichiarazione del Dicastero Vaticano per la dottrina della fede, pubblicata l’8 aprile 2024 merita una particolare attenzione. Il motivo non è tanto per la sua originalità, dal momento che esso rimanda ad una espressione già ricorrente in precedenti testi di magistero pontificio, quanto piuttosto per quell’interessante e provocatorio spazio evocativo creato dalla figura dell’infinito, racchiusa nell’aggettivo scelto a qualificare la dignità, di cui il documento vuole parlare.

Un filo rosso sul tema della dignità

Sul tema stesso della dignità umana la voce del magistero non è nuova. In particolare, con il Concilio Vaticano II (Dignitatis humanae) e in diversi pronunciamenti in epoca postconciliare, esso si era espresso a riguardo. L’odierno documento, dopo una lunga fase di preparazione che viene fatta risalire al 2019, riprende nella sua introduzione (Nr. 1-9) il filo rosso di tale insegnamento, quasi a volerlo ricapitolare e compattare, utilizzando anche la metodica dell’abbondante rinvio a testi magisteriali precedenti e inculcando l’idea di una continuità da non ignorare. Per entrare nel tema si fornisce anche una chiarificazione previa sull’ampiezza semantica del concetto di dignità, distinguendone le dimensioni ontologica, morale, sociale, esistenziale, con il chiaro indicatore di importanza fondativa dell’approccio ontologico. Questo fattore non è marginale, perché crea in realtà sia la cifra di lettura che l’opzione interpretativa in cui il documento intende collocarsi. Privilegiare il piano ontologico e mettere in connessione con esso gli altri piani esprime un chiaro orientamento fondativo da cui intenzionalmente si vuole ricavare solidità al ragionamento, ma dal quale ci si deve anche aspettare una inevitabile astrattezza nell’impianto teoretico e una caratteristica di staticità e di strettezza normativa nella considerazione dei problemi concreti affrontati nella parte finale del documento. A tali rischi non era impossibile sfuggire. Ma l’impianto rigidamente ontologico avrebbe dovuto essere integrato con uno sguardo fenomenologico, non meno rigoroso, ma di certo più calibrato, flessibile e promettente dal punto di vista ermeneutico. Proprio questo approccio, infatti, aiuta a contestualizzare anche una tematica così fondamentale, valorizzando sia il suo tenore personalistico, sia la dimensione storica in cui l’essere persona si svolge, la percezione della dignità si incarna e la declinazione dei diritti ad essa legati si evolve.

Le diverse parti della Dichiarazione

Nell’architettura della Dichiarazione, scandita in quattro parti, le prime tre sviluppano una lettura fondativa del concetto di dignità, non ignorandone la presenza sia nell’elaborazione della filosofia classica, sia nelle prospettive biblico-teologiche della tradizione cristiana. Il confronto con le correnti della filosofia moderna viene succintamente richiamato, senza tuttavia lasciar intendere la reale portata della valenza che esse hanno per l’antropologia e la morale. Questo porta (Nr. 22 e 25) a una considerazione piuttosto funzionale della libertà, senza esprimerne la densità fondativa del soggetto e della sua dignità e senza indicarne la risorsa emancipatoria, per costruire più umanità. Una maggiore attenzione alla percezione non sospetta della modernità starebbe in buona compagnia con la ricchezza di significato che la seconda e la terza parte del documento dedicano alla ricostruzione teologica del tema. L’intreccio tra creazione, incarnazione e risurrezione (Nr. 20) come luoghi rivelativi della dignità umana disegna un telaio di senso per la dignità, il cui substrato antropologico, dal canto suo, è fatto di reale valorizzazione della persona, della sua libertà e della sua responsabilità. Per non ricadere in rigurgiti antimoderni, il nesso dignità-libertà va doverosamente mantenuto nel suo regime di fattore imprescindibile e incondizionato.

Su quest’asse di pensiero il documento costituisce lo spunto per un prezioso strumento di dialogo con la cultura moderna, nelle sue articolazioni filosofiche ed antropologiche. Infatti, mettere al centro del confronto con il mondo secolare il tema della dignità è una formidabile occasione di reciproco arricchimento; stimare e valorizzare fattivamente il cammino che l’umanità fa nella percezione della dignità di ogni persona e dei suoi inalienabili diritti è una condizione irrinunciabile per la chiesa.

L’impegno della chiesa per la dignità e i diritti

Dall’altro lato è importante che la chiesa renda ragione – e il documento contribuisce intenzionalmente a questo – del cammino che essa stessa, lungo i secoli, ha fatto e intende ancora fare nel riconoscimento della centralità della dignità di ogni persona. Ma questo richiede anche consapevolezza critica nel non ignorare resistenze e lentezze con cui certi processi di emancipazione sono stati affaticati e ritardati dall’ottica di una antropologia cristiana astratta e avulsa dalla realtà. L’enfasi sicuramente significativa (Nr. 17-21) sul tema della dignità in connessione con l’idea dell’uomo come immagine di Dio acquista autenticità e forza, se non si dimentica il travagliato cammino che essa ha richiesto per essere considerata effettivamente attribuita ad ogni essere umano. L’aggettivo “infinita” presente nel titolo non sta a dire solo che la dignità non ha limiti e non ha condizioni, ma dice anche che il suo riconoscimento è legato a uno sforzo e a un compito che non sono ancora finiti e non lo saranno mai. In questo senso la categoria di dignità non afferisce alla sfera di una norma definita di valutazione morale, ma fonda un orizzonte aperto di senso e costruisce un’euristica di orientamenti per discernere creativamente il reale e per decidere sul come agire. Pensare alla dignità come ad un principio generativo di movimento e non come ad un argine definito una volta e per tutte nel suo rigore normativo vuol dire in realtà tenere aperto il ventaglio di ricognizione del reale e della sua complessità, sapersi orientare discorsivamente e dialogicamente per le scelte morali da compiere.

Nel tema della dignità vanno coniugati insieme il suo valore fondativo dell’orizzonte di senso e il suo apporto euristica per le decisioni morali, laddove l’anello di congiunzione è dato dalla densità/dignità della persona, dalla sua responsabilità per la propria e l’altrui libertà. Se si infrange questo equilibrio, il concetto di dignità diventa un postulato con cui si ritiene di poter risolvere, senza dovute mediazioni, le questioni morali incombenti.

Dove la dignità è messa a rischio

Il documento allinea ai primi tre capitoli di carattere fondativo un quarto capitolo nel quale diverse aree di tematiche etiche concrete vengono rapportate al tema della dignità. I tredici temi affrontati spaziano dalle problematiche della povertà, della guerra, delle migrazioni, degli abusi sessuali, della violenza contro le donne, della tratta delle persone, dell’aborto, della maternità surrogata, dell’eutanasia, del trattamento dei diversamente abili, della teoria del gender, del cambio di sesso, della violenza digitale. L’evidente ampiezza di compasso attesta una sensibilità etica molto larga, a cui il magistero di Papa Francesco ci ha saputo educare. Essa è capace di affacciarsi alle dimensioni personali, interpersonali sociali e strutturali delle questioni morali del nostro tempo, con l’intento di riportarle alla questione radicale della dignità umana minacciata o calpestata. Tuttavia, nel quarto capitolo del documento c’è una eterogeneità delle questioni – non solo in termini di dimensioni, ma anche di complessità – che induce a semplicemente sfiorarle nei brevi tratti dei paragrafi ad esse dedicati, al punto tale che sia l’impianto argomentativo che l’effetto delle formulazioni normative risultano mortificati. C’è una riduzione talvolta semplicistica delle problematiche e una mancanza di elaborazione discorsiva che fa risultare il giudizio morale apodittico. In ragione poi dell’opzione ontologica della fondazione della dignità di cui sopra abbiamo parlato, i giudizi normativi dell’ultima parte finiscono per essere costruiti con logica principialistica e deduttiva. Il ricorso a luoghi comuni, senza un adeguato approfondimento delle questioni impressiona negativamente e fa sorgere la domanda sul reale rispetto della condizione esistenziale – e quindi della dignità – propria dei soggetti interessati (come nel caso del passaggio sul cambio di sesso, al Nr. 60). Ma anche i paragrafi dedicati alla maternità surrogata (Nr. 48-50) e alla teoria del gender (Nr. 55-59) rivelano una limitata considerazione della complessità delle questioni. Per la prima ci si espone a un rifiuto morale a corto circuito argomentativo, senza alcuna differenziazione di tipologia del fatto in questione e con la richiesta di proibizione a livello universale (Nr. 48) che presta il fianco a disegni reazionari, ventilati nei programmi politici di tante parti del mondo. Per la questione del gender si rimane su una comprensione parziale di essa, chiusi a ogni sforzo di approfondimento delle articolazioni così diversificate che i Gender Studies da tempo e documentatamente ci forniscono. Il linguaggio rigido e severo con cui il documento si esprime (si pensi che è l’unico passaggio in cui si usa un aggettivo di valutazione morale al superlativo “teoria pericolosissima” – Nr. 56) fa pensare a una rigidità di giudizio definitivo e irriformabile. Sorprende questo a maggior ragione se si pensa che proprio in questi stessi frangenti di tempo esce l’ultimo libro di Judith Butler, l’autrice più rappresentativa degli studi di genere, con il titolo WHO’S AFRAID OF GENDER? (Farrar, Straus & Giroux, New York 2024). Ella si chiede come mai ci sia in giro tanta paura del tema gender e lancia l’appello a una possibilità di confronto e di dialogo su questi temi, proprio per non cadere in concezioni preconcette, costruite ed enfatizzate senza adeguata conoscenza delle questioni in oggetto.

Sarebbe un peccato se la Dichiarazione Dignitas infinita venisse presa a scudo per chiudersi a ogni dialogo. La posta in gioco della dignità di ogni persona rende più che doveroso l’approfondimento competente delle questioni e più che plausibile l’esercizio instancabile della pazienza argomentativa nell’affrontare i problemi morali del nostro mondo. Antonio Autiero, promundivita.it 9

 

 

 

Sempre meno fedeli a messa. “Ripartire dalle parrocchie, approfondire la fede”

 

"L'errore è stato ritenere che fosse possibile recuperare la pratica religiosa non attraverso un puntuale lavoro sulle coscienze, ma puntando su un approccio sicuramente attraente ma forse superficiale. La fede non ha bisogno di essere spettacolarizzata ma seguita e alimentata". Luca Diotallevi, docente di sociologia all’Università di Roma Tre, presenta il suo ultimo libro "La Messa è sbiadita" – di Riccardo Benotti

 

Sempre più anziani a partecipare alla messa, con le donne che tendono ad allontanarsi dalla chiesa e un calo del riavvicinamento alla pratica religiosa dopo l’età adulta. È un quadro preoccupante quello che esce da “La Messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019” (Rubbettino) a firma di Luca Diotallevi, docente di sociologia all’Università di Roma Tre.

Il calo delle persone che partecipano alla messa è drastico: dal 1993 al 2019, almeno un terzo di praticanti è sparito. Cosa sta succedendo?

I processi religiosi, a differenza di quelli finanziari, hanno una forte inerzia: se cresce l’inflazione ce ne accorgiamo il giorno dopo, se cala la partecipazione alla messa occorrono decine di anni per osservare gli effetti. Il punto di rottura sono gli anni Sessanta, ma il calo lo abbiamo iniziato a vedere quando le generazioni di allora e quelle successive hanno iniziato a prendere la scena. Non è un caso, poi, che all’inizio degli anni Ottanta inizi a crescere anche l’età media del primo figlio e dell’ordinazione presbiterale. Tutti elementi che certificano il classico esempio di ritardo del passaggio all’età adulta da parte di coloro che hanno “fatto” il Sessantotto.

Con quali conseguenze?

La secolarizzazione, ovvero la crescente inadeguatezza e mancanza di partecipazione rispetto alla formazione religiosa e a quella dei riti. Negli anni Sessanta venivamo dal Concilio Vaticano Secondo e dal pontificato di Paolo VI, entrambi avevano perfettamente compreso il fenomeno Sessantotto.

La modernità è un momento provvidenziale che richiede però una fede più profonda. Non audience, ma fede vera, che non si recupera con interventi improvvisati.

L’errore è stato ritenere che fosse possibile recuperare la pratica religiosa non attraverso l’approfondimento e un puntuale lavoro sulle coscienze, ma puntando su un approccio sicuramente attraente ma forse superficiale. La fede non ha bisogno di essere spettacolarizzata ma seguita, alimentata. Le Giornate mondiali della gioventù ad esempio, ci dicono di milioni di giovani infervorati da Cristo, presenti a un evento importante. Se guardiamo alla partecipazione alla messa, dove sono finiti i due milioni di ragazzi presenti a Tor Vergata per il Giubileo del 2000? Una cosa è assistere a un concerto per ascoltare il nostro cantante preferito, altra cosa è imparare a suonare. E per imparare a suonare non devi andare solo al concerto, ma al conservatorio. Dove si studia con fatica dieci anni e non basta pagare il biglietto.

Dalla metà dei primi anni Duemila si assiste a una ulteriore accelerazione dell’allontanamento dalla messa…

I fenomeni di interazione, che richiedono la presenza fisica delle persone, si riducono. Cerchiamo di capirci, non è che la gente non va più a messa perché frequenta la sezione del partito o altri luoghi di aggregazione: non va a messa perché resta a casa. Questa erosione della componente corporea ha avuto un’immediata ripercussione sulla celebrazione eucaristica. Non basta spettacolarizzare la liturgia o proporre celebrazioni televisive con milioni di persone. Al di là degli impedimenti personali, c’è chi ormai segue la messa in casa mentre fa altre cose oppure la vede registrata appena ha un attimo di tempo.

Insomma la messa non è più un rito sacro, che necessita un adeguato approccio prima e durante il suo svolgimento, ma un appuntamento come tanti altri. Il rischio è trasformare il sacramento in immagine.

È definitivamente in crisi la pratica religiosa confessionale?

È certamente in crisi la forma religiosa dominante nell’Europa continentale dal XVI al XX secolo. Alcuni si rifugiano nel neo-confessionalismo, cercando uno spazio dietro all’uomo forte di turno, che sia di destra o di sinistra. Poi c’è chi si affida alla commercializzazione, alla commodification of religion, ma la Chiesa su quel terreno è in difficoltà, perché si porta dietro venti secoli di tradizione. Infine c’è l’intuizione di Paolo VI che nella Evangelii Nuntiandi parlava già allora della complessità dell’azione evangelizzatrice. E in più tracciava la strada da seguire. A volte mi sembra, invece, che il generoso impegno profuso oggi dalla Chiesa vada in altre direzioni col rischio di disperdersi. Non stiamo buttando via una cosa andata a male, ma una ricchezza inestimabile.

La diminuzione della pratica religiosa ha conseguenze anche a livello sociale?

Negli anni Settanta andare o non andare a messa faceva la differenza in tante cose, dalla partecipazione politica alla cultura. Tutte queste correlazioni oggi sono venute meno. Il cristianesimo sta diventando un fenomeno ad altissima compatibilità, va bene con tutto e non è contraddistinto da niente.

Dunque è un’Italia che perde l’identità?

Se alla società italiana togli il contributo del cattolicesimo, il cambiamento è davvero epocale. L’acqua che esce dal rubinetto dei cattolici ha irrigato e continua ad irrigare il Paese. Si sta impoverendo la vita sociale, la partecipazione alla messa non ha più relazione neanche con le reti amicali.

Nel libro evidenzia che il calo dei laici è di gran lunga superiore alla crisi vocazionale dei sacerdoti…

Il carico di lavoro del prete è calato, i sacerdoti ordinati sono il 62% di quelli ordinati negli anni Novanta ma non c’è paragone con i laici che si recano in chiesa scesi al 23,7%. Dunque, magari bisogna riorganizzare le strutture e ottimizzare le parrocchie in base al numero di abitanti ma i preti ancora ci sono, di meno ma ci sono. Ciò invece cui andiamo incontro è una forte riduzione della platea dei praticanti, soprattutto perché una parte significativa di quelli attuali è costituita da persone anziane.

Le classi dei 40enni e dei 50enni di oggi che partecipano sono molto meno numerose. Nel giro di qualche anno assisteremo non tanto a un progressivo diminuire, ma a un vero e proprio tracollo. È un fatto fisiologico.

Inoltre, non avremo più una comunità prevalentemente femminile. Tra 10 o 15 anni, se la tendenza non cambia, le comunità saranno piccole e meno sbilanciate. Magari si potranno fare cose oggi impossibili.

L’unica relazione che regge è quella con il volontariato: chi va a messa, risulta essere più coinvolto nelle attività solidali…

Il nesso fra partecipazione alla messa e disponibilità alle azioni di carità è l’unica relazione che perdura. Ma spesso è un’azione di carità cieca e fine a se stessa perché, se non si sta dentro un’istituzione, non si percepisce la finalità di certe azioni. Tuttavia si è certamente più disponibili a compiere gesti di solidarietà personale.

Da dove ripartire?

Si può ripartire soltanto dalle parrocchie e dalle associazioni, che vivono nella parrocchia. Più attenzione all’operatore pastorale, il cosiddetto volontario che in parrocchia fa un po’ di tutto. Lì dove è stato adottato, come in Germania ad esempio, è risultato essere il killer dell’apostolato. Diventa l’unico laico di cui ti puoi fidare. Ma un laico che vive in pieno la sua laicità è un laico che di fatto non ha tempo, perché è impegnato nella professione, nella famiglia, nel sociale. Mi domando: se un laico ha tanto tempo, che laico è? Quando lavora, quando sta con il coniuge, quando fa politica, quando sta con gli amici? Se porti il laico dietro l’altare e gli metti la tunica, magari lo fai contento ma rischia di diventare l’impiegato di un ufficio postale di un paesino dove nessuno spedisce più lettere. Sir 10

 

 

 

Annuario Pontificio 2024, Papa Francesco torna ad essere il Patriarca di Occidente

 

Nel 2006, Benedetto XVI decise di sopprimere il titolo. Nel primo annuario dopo la morte del Papa emerito, il titolo compare di nuovo tra i titoli storici del vescovo di Roma - Di Andrea Gagliarducci

 

Città del Vaticano. Era dal 2006 che il Papa non figurava come Patriarca di occidente. E la decisione era stata giustificata da un comunicato dell’allora Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Ma, dall’Annuario Pontificio 2024, tra i titoli storici di Papa Francesco compare di nuovo quello di Patriarca d’Occidente. Ed è una novità di grande rilievo, se non altro perché con un colpo di penna cancella una delle prime innovazioni volute da Benedetto XVI.

Come sempre, l’Annuario Pontificio è una fotografia, e in questo caso si ferma al 31 dicembre 2023. Non c’è, né ci potrebbe essere, il ruolo di assessore del Papa per la Vita Consacrata attribuito al vescovo Daniele Libanori, già ausiliare di Roma, e sarebbe interessante vedere se questo incarico si inserisce tra gli incarichi di Curia o se invece, essendo una nomina personale, resti fuori dai ranghi di qualunque dicastero.

E non c’è, né ci potrebbe essere, l’improvvisa vacanza del Vicario del Papa per la diocesi di Roma - vacanza che potrebbe essere anche prolungata, considerando tra l’altro che secondo la nuova costituzione apostolica che regola il Vicariato di Roma il Vicario è parificato ad un vescovo ausiliare. Il Cardinale Claudio Piacenza, ormai in pensione, figura ancora come Penitenziere Maggiore, e il nuovo penitenziere, il Cardinale Angelo de Donatis, è ancora nell’Annuario come vicario del Papa. L’arcivescovo Rolandas Mackrickas è ancora commissario straordinario della Basilica di Santa Maria Maggiore, e non ancora arciprete coadiutore, dunque con diritto di successione.

La fotografia, tuttavia, permette di guardare dentro le decisioni del Papa, considerare come si sta ridisegnando la Curia dopo la promulgazione della costituzione apostolica Praedicate Evangelium di due anni fa. E dare uno sguardo alle nomine che ci sono, quelle che ci sono state, e quelle che verranno.

Papa Francesco Patriarca di Occidente

Tra i titoli storici del Papa, ricompare quello di Patriarca di Occidente. Il titolo era stato eliminato nel 2006, nel primo annuario pontificio pubblicato sotto Benedetto XVI, e la decisione era stata spiegata in un comunicato del Pontificio Consiglio dell’Unità dei Cristiani del 22 marzo 2006.

Nel comunicato, si spiegava che dal punto di vista storico gli antichi Patriarcati dell’Oriente erano relativi a “un territorio abbastanza chiaramente circoscritto”, mentre il territorio del vescovo di Roma rimaneva vago, ma era compreso come Patriarca d’Occidente nel sistema ecclesiastico imperiale di Giustiniano (527-565), mentre Roma privilegiò l’idea delle tre sedi episcopali petrine di Roma, Alessandria e Antiochia, e il Papa venne elencato come primo dei cinque patriarchi dal IV Concilio di Costantinopoli (869–70), dal IV Concilio del Laterano (1215) e dal Concilio di Firenze (1439).

Il titolo di Patriarca d’Occidente, usato da Papa Teodoro nel 642, fiorì nel XVI e XVII secolo, e l’Annuario Pontificio descrisse il Papa per la prima volta come Patriarca di Occidente nel 1863.

Ma – spiega il dicastero ecumenico vaticano – Occidente ormai richiamava un contesto culturale che “non si riferisce soltanto all’Europa Occidentale, ma si estende dagli Stati Uniti d’America fino all’Australia e alla Nuova Zelanda, differenziandosi così da altri contesti culturali”, e non può essere “adoperato come definizione di un territorio patriarcale” , mentre se si volesse attribuirgli un linguaggio giuridico ecclesiale potrebbe “essere compreso solo in riferimento alla Chiesa latina”.

Ma oggi – concludeva il comunicato – “il titolo «Patriarca d’Occidente», sin dall’inizio poco chiaro, nell’evolversi della storia diventava obsoleto e praticamente non più utilizzabile. Appare dunque privo di senso insistere a trascinarselo dietro. Ciò tanto più che la Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II ha trovato per la Chiesa latina nella forma delle Conferenze Episcopali e delle loro riunioni internazionali di Conferenze Episcopali, l’ordinamento canonico adeguato alle necessità di oggi”.

Insomma, niente cambiava riguardo al riconoscimento delle antiche Chiese patriarcali, né la soppressione del titolo “sottintende nuove rivendicazioni”, ma piuttosto “vuole esprimere un realismo storico e teologico e, allo stesso tempo, essere la rinuncia ad una pretesa, rinuncia che potrebbe essere di giovamento al dialogo ecumenico”.

Non è stato spiegato perché Papa Francesco abbia ripristinato il titolo di Patriarca di Occidente. Il reinserimento del titolo di Patriarca di Occidente non è comunque la prima modifica fatta all’Annuario da Papa Francesco. Nel 2020, il Papa veniva definito vescovo di Roma, e gli altri titoli che erano tradizionalmente attribuiti al pontefice avevano una variazione grafica e sostanziale.

Precedentemente questi titoli erano pubblicati sopra la breve biografia ecclesiastica di Jorge Mario Bergoglio. In cima e con caratteri più grandi quello di “Vicario di Gesù Cristo”, sotto gli altri: “Successore del Principe degli Apostoli”, “Sommo Pontefice della Chiesa Universale”, “Primate d’Italia”, “Arcivescovo e Metropolita della Provincia Romana”, “Sovrano dello Stato della Città del Vaticano” e “Servo dei Servi di Dio”.

Dal 2020, gli attributi del Papa sono sotto la biografia, tutti in carattere più piccolo e introdotti con il titoletto “Titoli storici”. Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede Matteo Bruni sottolineò che “titoli storici vuole indicare il legame con la storia del Papa”, e non c’era piuttosto l’intenzione di “storicizzare” i titoli, “altrimenti sarebbero stati cancellati, come avvenne all’inizio del pontificato di Benedetto XVI quando il titolo di ‘Patriarca d’Occidente’ venne espunto a partire dall’Annuario Pontificio 2006”.

Sinodo e Segreteria di Stato

Qualche curiosità nell’annuario pontificio 2024. La Segreteria Generale del Sinodo consta ora di 10 consultori, ed è una scelta di equilibrio tra i 18 consultori previsti nell’Annuario 2022, e i soli quattro che si trovano nell’Annuario Pontificio 2023.

Il Consiglio dei Cardinali è presente nella sua nuova composizione rinnovata.

Aci 10

 

 

 

L’Udienza del 10 aprile, dedicata alla virtù della fortezza

 

Il Papa ha dedicato l'udienza di oggi alla fortezza, la virtù che ci permette di "sconfiggere i nemici interni ed esterni". Al termine, un ennesimo appello per la pace: "la guerra è dappertutto" - M. Michela Nicolais

 

“Un cristiano senza coraggio, che non piega al bene la propria forza, che non dà fastidio a nessuno, è un cristiano inutile”. Ne è convinto Papa Francesco, che ha dedicato la catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro, alla fortezza, “la più combattiva delle virtù”. “Il mio pensiero va alla martoriata Ucraina, e alla Palestina e Israele”, l’appello al termine dell’udienza, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana.

“Che il Signore ci dia la pace, la guerra è dappertutto!”, l’invocazione del Papa: “Non dimentichiamo il Myanmar, ma chiediamo al Signore la pace”. “E non dimentichiamo questi nostri fratelli e sorelle che soffrono tanto in questi posti di guerra”, l’appello finale: “Preghiamo insieme e sempre per la pace”.

La fortezza “afforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale, rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni”, ha spiegato Francesco nella catechesi odierna: “Se la prima delle virtù cardinali, vale a dire la prudenza, era soprattutto associata alla ragione dell’uomo; e mentre la giustizia trovava la sua dimora nella volontà; questa terza virtù è spesso legata dagli autori scolastici a ciò che gli antichi chiamavano appetito irascibile”. “Il pensiero antico non ha immaginato un uomo senza passioni: sarebbe un sasso”, ha sottolineato il Papa: “E non è detto che le passioni siano necessariamente il residuo di un peccato; però esse vanno educate, indirizzate, purificate con l’acqua del battesimo, o meglio con il fuoco dello Spirito Santo”. “Gesù non è un Dio diafano e asettico, che non conosce le emozioni umane”, il monito: “Al contrario, davanti alla morte dell’amico Lazzaro scoppia in pianto; e in certe sue espressioni traspare il suo animo appassionato”.

Sconfiggere i “nemici interni” e i “nemici esterni”. E’ ciò che la virtù della fortezza permette di fare. “Ci sono nemici interni che dobbiamo sconfiggere, che vanno sotto il nome di ansia, di angoscia, di paura, di colpa”, l’analisi di Francesco: “tutte forze che si agitano nel nostro intimo e che in qualche situazione ci paralizzano”. “Quanti lottatori soccombono prima ancora di iniziare la sfida, perché non si rendono conto di queste virtù interne!”, ha esclamato: “La fortezza è una vittoria anzitutto contro noi stessi. La maggior parte delle paure che nascono in noi sono irrealistiche, e non si avverano per nulla. Meglio allora invocare lo Spirito Santo e affrontare tutto con paziente fortezza: un problema alla volta, come siamo capaci, ma non da soli! Il Signore è con noi, se confidiamo in lui e cerchiamo sinceramente il bene. Allora in ogni situazione possiamo contare sulla Provvidenza di Dio che ci fa da scudo e corazza”. Oltre alle prove interne, ci sono “nemici esterni, che sono le prove della vita, le persecuzioni, le difficoltà che non ci aspettavamo e che ci sorprendono”, ha proseguito il Papa, secondo il quale “noi possiamo tentare di prevedere quello che ci capiterà, ma in larga parte la realtà è fatta di avvenimenti imponderabili, e in questo mare qualche volta la nostra barca viene sballottata dalle onde. La fortezza allora ci fa essere marinai resistenti, che non si spaventano e non si scoraggiano”.

“No al male e no all’indifferenza, sì’ al cammino che ci fa progredire nella vita. E per questo ci vuole lottare”, l’invito finale a braccio a proposito della fortezza, “una virtù fondamentale perché prende sul serio la sfida del male nel mondo”. “Qualcuno finge che esso non esista, che tutto vada bene, che la volontà umana non sia talvolta cieca, che nella storia non si dibattano forze oscure portatrici di morte”, l’obiezione di Francesco: “Ma basta sfogliare un libro di storia, o purtroppo anche i giornali, per scoprire le nefandezze di cui siamo un po’ vittime e un po’ protagonisti: guerre, violenze, schiavitù, oppressione dei poveri, ferite mai sanate che ancora sanguinano”. “La virtù della fortezza ci fa reagire e gridare un ‘no’ secco a tutto questo”, ha garantito il Papa: “Nel nostro confortevole Occidente, che ha un po’ annacquato tutto, che ha trasformato il cammino di perfezione in un semplice sviluppo organico, che non ha bisogno di lotte perché tutto gli appare uguale, avvertiamo talvolta una sana nostalgia dei profeti. Ma sono molto rare le persone scomode e visionarie. C’è bisogno di qualcuno che ci scalzi dal posto soffice in cui ci siamo adagiati e ci faccia ripetere in maniera risoluta il nostro ‘no’ al male e a tutto ciò che conduce all’indifferenza”. Sir 10

 

 

 

Due dicasteri in uno per la Cultura e l'Educazione

 

Il Pontificio consiglio per la Cultura di Giovanni Paolo II e la Congregazione per l'Università di Sisto V - Di Angela Ambrogetti

Città del Vaticano. Quello che dal marzo del 2022 è il Dicastero per la Cultura e l' Educazione è il frutto di una serie di accorpamenti.

Nella Sezione per la Cultura è confluito l'ex Pontificio Consiglio della Cultura, che aveva creato Giovanni Paolo II con il cardinale Poupard nel 1982 trasferendo il Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti, che era stato creato da Paolo VI nel 1965. Benedetto XVI, con la nel 2012, vi aveva unito la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.

Le competenze riguardano ovviamente la promozione della cultura e le relazioni tra la Santa Sede e il mondo della cultura, ma anche la collaborazione affinché la Chiese locali tutelino e conservino il patrimonio storico e le culture etc. E anche il dialogo con coloro che, pur non professando una particolare religione, cercano l'incontro con la verità di Dio.

La Sezione per l'Educazione raccoglie l'eredità della Congregazione per l'Educazione Cattolica. Qui la storia è più antica e risale a Sisto V che nel 1588, crea la Congregatio pro universitate studi romani, che presiedeva agli studi della Università di Roma e di altre insigni Università. Leone XII, nel 1824, crea la Congregatio studiorum per le scuole dello Stato Pontificio. Dal 1870 tale Congregazione cominciò ad esercitare la sua autorità su tutte le università cattoliche; Benedetto XV, nel 1915, crea la Sacra Congregatio de Seminaris et Studiorum Universitatibus, unendo la Sezione dei Seminari, esistente presso la Congregazione Concistoriale, e la Congregatio Studiorum. Paolo VI nel 1967,  le conferì l'appellativo di Sacra Congregatio pro Institutione Catholica. A sua volta, la Costituzione Apostolica Pastor Bonus, del 28 giu. 1988, cambiò il nome del Dicastero in Congregazione per l'Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi). Infine Benedetto XVI, nel 2013, ha trasferito la competenza sui Seminari allora Dicastero per il Clero.

Lo scopo di questa sezione per la educazione è collaborare con le Chiese locali affinché i principi fondamentali dell'educazione, specialmente quella cattolica, siano recepiti ed approfonditi. È anche competente per il riconoscimento, da parte degli Stati, dei gradi accademici rilasciati a nome della Santa Sede e rilascia il nulla osta per l'insegnamento delle discipline teologiche.

Legate al dicastero sono le Accademie Pontificie: la Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia; la Pontificia Accademia di Teologia; la Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino; la Pontificia Accademia Mariana Internazionale; la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum; la Pontificia Academia Latinitatis.

Aci 9

 

 

 

Vaticano. La gestazione per altri “sia proibita a livello universale”

 

La Santa Sede, nel documento del Dicastero per la Dottrina della Fede “Dignitas infinita”, approvato dal Papa, elenca le “gravi violazioni della dignità umana”: aborto ed eutanasia. Ma anche “guerra e povertà, violenze su migranti e donne” - Domenico Agasso

CITTÀ DEL VATICANO. È un documento che diventa immediatamente un pilastro del pontificato di Francesco. Un testo che vuole conciliare le diverse sensibilità della galassia ecclesiastica. «Dignitas infinita circa la dignità umana», che il Dicastero per la Dottrina della Fede pubblica oggi con l’approvazione del Papa, vuole infatti contribuire «a superare la dicotomia tra quanti si concentrano in modo esclusivo nella difesa della vita nascente o morente dimenticando tanti altri attentati contro la dignità umana e, viceversa, coloro che si concentrano solo sulla difesa dei poveri e dei migranti dimenticando che la vita va difesa dal concepimento fino alla sua naturale conclusione». Lo scrive il direttore editoriale dei Media vaticani Andrea Tornielli nel suo commento su Vatican News.

«Dignitas infinita» ha richiesto «cinque anni di lavoro e include il magistero papale dell’ultimo decennio: dalla guerra alla povertà, dalla violenza sui migranti a quella sulle donne, dall’aborto alla maternità surrogata all’eutanasia, dalla teoria del gender alla violenza digitale». L’occasione è il 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e riafferma «l’imprescindibilità del concetto di dignità della persona umana all’interno dell’antropologia cristiana».

Il quarto capitolo è dedicato ad «alcune gravi violazioni della dignità umana». La principale novità infatti è «l’inclusione di alcuni temi portanti del recente magistero pontificio che affiancano quelli bioetici. Nell’elenco “non esaustivo” che viene offerto, tra le violazioni della dignità umana, accanto all’aborto, all’eutanasia e alla maternità surrogata compaiono la guerra, il dramma della povertà e dei migranti, la tratta delle persone».

Il Documento «mette in luce l’equivoco rappresentato dalla posizione di coloro che all’espressione “dignità umana” preferiscono “dignità personale”, “perché intendono come persona solo ‘un essere capace di ragionare’”. Di conseguenza, sostengono “non avrebbe dignità personale il bambino non ancora nato e neppure l’anziano non autosufficiente, come neanche chi è portatore di disabilità mentale. La Chiesa, al contrario, insiste sul fatto che la dignità di ogni persona umana, proprio perché intrinseca, rimane al di là di ogni circostanza”».

La Dichiarazione presenta quindi «l’elenco di “alcune gravi violazioni della dignità umana”, cioè “tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario”; ma anche “tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche”». E infine «”tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili”». Si cita pure «la pena di morte che “viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza”».

Si parla innanzitutto «del “dramma povertà”, una delle più grandi ingiustizie del mondo contemporaneo”». Uno dei fenomeni che «contribuisce considerevolmente a negare la dignità di tanti esseri umani è la povertà estrema, legata all'ineguale distribuzione della ricchezza». Come già evidenziato da San Giovanni Paolo II, «una delle più grandi ingiustizie del mondo contemporaneo consiste proprio in questo: che sono relativamente pochi quelli che possiedono molto, e molti quelli che non possiedono quasi nulla. È l'ingiustizia della cattiva distribuzione dei beni e dei servizi destinati originariamente a tutti». Secondo il Dicastero della Fede, sarebbe illusorio fare una distinzione sommaria tra «Paesi ricchi» e «Paesi poveri»: già Benedetto XVI riconosceva, infatti, che «cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. Continua “lo scandalo di disuguaglianze clamorose”», dove «la dignità dei poveri viene doppiamente negata, sia per la mancanza di risorse a disposizione per soddisfare i loro bisogni primari, sia per l'indifferenza con cui sono trattati da coloro che vivono accanto a loro». Con Francesco si deve pertanto concludere che «è aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che “nascono nuove povertà”. Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale». Di conseguenza, la povertà si diffonde «in molti modi, come nell'ossessione di ridurre i costi del lavoro, senza rendersi conto delle gravi conseguenze che ciò provoca, perché la disoccupazione che si produce ha come effetto diretto di allargare i confini della povertà». Tra questi «effetti distruttori dell'Impero del denaro», si deve riconoscere che «non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro». Se alcuni «sono nati in un Paese o in una famiglia dove hanno meno possibilità di sviluppo, bisogna riconoscere che ciò è in contrasto con la loro dignità, che è esattamente la stessa di quelli che sono nati in una famiglia o in un Paese ricco. Tutti siamo responsabili, sebbene in diversi gradi, di questa palese iniquità».

Poi c’è la guerra, «tragedia che nega la dignità umana» ed è sempre una «sconfitta dell’umanità», al punto che «oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”».

Si continua con il «travaglio dei migranti», la cui «vita è messa a rischio perché non hanno più i mezzi per creare una famiglia, per lavorare o per nutrirsi».

La Santa Sede si sofferma sulla «tratta delle persone», che sta assumendo «dimensioni tragiche» ed è descritta come «un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate», esortando «sfruttatori e clienti» a compiere un esame di coscienza.

Si invita a combattere contro fenomeni quali «commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato».

È citato «l’abuso sessuale», che provoca «profonde cicatrici nel cuore di chi lo subisce: sofferenze che possono durare tutta la vita e a cui nessun pentimento può porre rimedio».

C’è la discriminazione delle donne, e la violenza su di esse, tra cui «la costrizione all’aborto, che colpisce sia la madre che il figlio, così spesso per soddisfare l’egoismo dei maschi» e «la pratica della poligamia». È duramente condannato il «femminicidio». Le violenze «contro le donne sono uno scandalo globale, che viene sempre di più riconosciuto. Se nelle parole si riconosce l'uguale dignità della donna, in alcuni Paesi le diseguaglianze tra donne e uomini sono gravissime ed anche nei Paesi maggiormente sviluppati e democratici la realtà sociale concreta testimonia il fatto che spesso non si riconosce alle donne la stessa dignità degli uomini».

È fermamente ribadito il no all’aborto: «Fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile»; e si afferma che la «difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano».

Altrettanto netta è la disapprovazione della maternità surrogata. L'ex Sant'Uffizio riporta dure parole di papa Francesco: «Ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l'oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica».

Si legge anche di eutanasia e suicidio assistito - «confusamente definiti da alcune leggi “morte degna”, denuncia Vatican News - sottolineando che la «sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo intrinseco e inalienabile». Ecco l’importanza delle cure palliative e dell’impegno a scongiurare «ogni accanimento terapeutico o intervento sproporzionato: la vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata».

Inoltre, basta «scarto» delle persone diversamente abili.

Precisa Vatican News: «Dopo aver ribadito che nei confronti delle persone omosessuali va evitato “ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza”, denunciando “come contrario alla dignità umana” il fatto che in alcuni luoghi persone “vengano incarcerate, torturate e perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento sessuale”, il documento critica la teoria del gender, “che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali”». Nel testo della Dottrina della Fede si ricorda: la Chiesa sostiene che la «vita umana, in tutte le sue componenti, fisiche e spirituali, è un dono di Dio, che va accolto con gratitudine e posto a servizio del bene. Voler disporre di sé, così come prescrive la teoria del gender... non significa altro che cedere all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio». La teoria del gender «vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale». Dunque sono «da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna».

Parere contrario anche sul cambio di sesso, che «di norma, rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento» anche se «questo non significa escludere la possibilità che una persona affetta da anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si sviluppino successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica allo scopo di risolvere tali anomalie».

Trova spazio pure la «violenza digitale», con le «nuove forme di violenza» che «si diffondono attraverso i social media, ad esempio il cyberbullismo» e la «diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo» sul web.

La Dichiarazione è firmata dal prefetto della Fede cardinale Víctor Manuel Fernández, e dal segretario per la sezione dottrinale monsignor Armando Matteo. Spiegano nella presentazione: «Il Santo Padre Francesco ha approvato i Deliberata di questa Feria IV nel corso dell’Udienza a me concessa il 13 novembre del 2023. In questa occasione, mi ha inoltre chiesto di evidenziare nel testo tematiche strettamente connesse al tema della dignità, come ad esempio il dramma della povertà, la situazione dei migranti, le violenze contro le donne, la tratta delle persone, la guerra ed altre. Per onorare al meglio tale indicazione del Santo Padre, la Sezione Dottrinale del Dicastero ha dedicato un Congresso all’approfondimento della lettera enciclica Fratelli tutti, che offre un’originale analisi ed approfondimento della questione della dignità umana “al di là di ogni circostanza”». Con lettera datata 2 febbraio 2024, in vista «della Feria IV del successivo 28 febbraio, è stata inviata ai Membri del Dicastero una nuova bozza del testo, notevolmente modificata, con la seguente precisazione: “questa ulteriore stesura si è resa necessaria per andare incontro ad una specifica richiesta del Santo Padre. Egli ha esplicitamente sollecitato a fissare meglio l’attenzione sulle attuali gravi violazioni della dignità umana nel nostro tempo, sulla scia dell’enciclica Fratelli tutti. L’Ufficio Dottrinale ha provveduto così a ridurre la parte iniziale […] e ad elaborare più dettagliatamente quanto indicato dal Santo Padre”. La Sessione Ordinaria del Dicastero, in data 28 febbraio 2024, ha infine approvato il testo dell’attuale Dichiarazione». Nel corso nell’udienza concessa «a me insieme al Segretario della Sezione Dottrinale, monsignor Armando Matteo, in data 25 marzo 2024, il Santo Padre ha quindi approvato la presente Dichiarazione e ne ha ordinato la pubblicazione». LS 8

 

 

 

Documento vaticano sulla dignità umana. Dignitas Infinita

 

Città del Vaticano. L’essere umano non crea la sua natura. Questo è scritto nel documento che oggi è stato presentato ai giornalisti e firmato dal cardinale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede Victor Manuel Fernandez e controfirmato da Papa Francesco il 25 marzo scorso. E datato 2 aprile con un richiamo a Giovanni Paolo II. Dignitas infinita nasce in un cambio di governo. Tra Ladaria e Fernandez dal 2019 ad oggi. 

L’idea è mettere in chiaro che la dignità umana non riguarda solo inizio e fine vita, ma anche tutto quello che succede tra questi due momenti.

Se qualcuno si aspettava una rivoluzione, sarà deluso. Il Dicastero chiarisce sui temi più mediatici che ideologia gender, maternità surrogata ed eutanasia la posizione della Chiesa rimane la stessa. E del resto due giorni fa il Papa ha ricevuto una ragazza testimone di come la maternità surrogata sia devastante. Una partecipante al convegno della LUMSA esattamente dedicato a questa questione . 

Tornando al documento si affrontano temi come gli abusi sessuali, la tratta, la violenza sulle donne, le migrazioni, le guerre, la povertà, l’aborto e perfino la violenza digitale.

“Per chiarire meglio il concetto di dignità, è importante segnalare che la dignità non viene concessa alla persona da altri esseri umani” si legge nel testo, ma “è intrinseca alla persona, non conferita a posteriori, previa ad ogni riconoscimento e non può essere perduta. Di conseguenza, tutti gli esseri umani possiedono la medesima ed intrinseca dignità, indipendentemente dal fatto che siano in grado o meno di esprimerla adeguatamente”. Questa la chiave del documento, e del resto è la chiave stessa del cristianesimo. 

E ovviamente le Chiesa tutela la dignità umana che è la vera base di diritti e doveri. E in questo senso il documento ribadisce che c’è il rischio di usare la dignità per “giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definiti e non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita”. Però “la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale”. 

La dignità si basa sulla libertà, come già chiaro nella Dignitatis humanae, e per avere la libertà di agire come persone si deve combattere ogni forma di violenza ma anche confermare la verità sulla persona umana. 

E per il Dicastero è chiaro che “la storia dell’umanità mostra un progresso nella comprensione della dignità e della libertà delle persone, non senza ombre e pericoli di involuzione. Di ciò è testimonianza il fatto che vi è una crescente aspirazione – anche sotto l’influenza cristiana, che continua a essere fermento pure in società sempre più secolarizzate – a sradicare il razzismo, la schiavitù, l’emarginazione delle donne, dei bambini, dei malati e delle persone con disabilità. Ma questo arduo cammino è lungi dall’essere concluso”.

Segue un elenco di situazioni con richiami a documenti del Magistero pontificio pregresso.

E una esortazione conclusiva: “Ad ogni singola persona e, allo stesso tempo, ad ogni comunità umana spetta pertanto il compito della concreta e fattiva realizzazione della dignità umana, mentre agli Stati spetta non solo di tutelarla, ma anche di garantire quelle condizioni necessarie affinché essa possa fiorire nella promozione integrale della persona umana”. 

Nella sua introduzione "Tucho" ha parlato della Fiducia supplicans come se dovesse convincerci di qualcosa. Ha parlato con linguaggio "colorito di un sondaggio di cui non ha voluto rivelare la fonte, ha poi espresso opinoni personali su Magistero, omosessualità e altro creando disappunto e anche un po' di confusione. Ha raccontato aneddoti personali, ma non ha spiegato alcune questioni dottrinali che gli erano state poste. E siccome la confernza andava per le lunghe ha sgranocchiato qualche tarallo. Angela Ambrogetti, Aci 8

 

 

 

Dignitas infinita: “Dignità della persona è verità universale che va riconosciuta”

 

Dalla guerra alla povertà, dalla violenza sui migranti a quella sulle donne, dall’aborto alla maternità surrogata all’eutanasia, dalla teoria del gender alla violenza digitale, fino al cambio di sesso e alla tratta di persone. Sono i temi principali della Dichiarazione "Dignitas infinita", del Dicastero per la dottrina della fede, la cui ultima parte è dedicata ad “alcune gravi violazioni della dignità umana”, il cui elenco non è “esaustivo” - M. Michela Nicolais

 

Riaffermare “l’imprescindibilità del concetto di dignità della persona umana all’interno dell’antropologia cristiana”: una “verità universale, che tutti siamo chiamati a riconoscere, come condizione fondamentale affinché le nostre società siano veramente giuste, pacifiche, sane e alla fine autenticamente umane”. È questo – come spiega il prefetto, card. Victor Manuel Fernandez, nell’introduzione – l’obiettivo della dichiarazione “Dignitas infinita” del Dicastero per la Dottrina della fede, un documento che ha richiesto cinque anni di lavoro e fa memoria del 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Dalla guerra alla povertà, dalla violenza sui migranti a quella sulle donne, dall’aborto alla maternità surrogata all’eutanasia, dalla teoria del gender alla violenza digitale, fino al cambio di sesso e alla tratta di persone: questi i contenuti dell’ultima parte del documento, dedicata ad “alcune gravi violazioni della dignità umana”, il cui elenco non è “esaustivo”. Nelle prime tre parti, la Dichiarazione richiama fondamentali principi e presupposti teorici, al fine di offrire importanti chiarimenti che possono evitare le frequenti confusioni che si verificano nell’uso del termine “dignità”. Nella quarta parte, presenta “alcune situazioni problematiche attuali in cui l’immensa e inalienabile dignità che spetta ad ogni essere umano non è adeguatamente riconosciuta”.

“Uno dei fenomeni che contribuisce considerevolmente a negare la dignità di tanti esseri umani è la povertà estrema, legata all’ineguale distribuzione della ricchezza”, l’incipit della quarta parte del testo, in cui si mette l’accento sull’aumento delle disuguaglianze e si contesta la “distinzione sommaria tra Paesi ricchi e Paesi poveri”, sulla base dell’insorgere delle “nuove povertà”, tra cui la disoccupazione, dovuta all’ossessione di “ridurre i costi del lavoro, senza rendersi conto delle gravi conseguenze che ciò provoca”.

“Mai più la guerra!”, il grido sulla scorta del magistero dei pontefici e di quella che Papa Francesco ha definito “terza guerra mondiale a pezzi”. Sono i migranti, oggi, “le prime vittime delle molteplici forme di povertà”. La tratta delle persone “è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate, un crimine contro l’umanità”, si ribadisce nel documento: “sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a sé stessi e davanti a Dio!”, il monito, unito all’invito a “lottare contro fenomeni quali commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato”. “Porre fine ad ogni tipo di abuso, iniziando dal suo interno”, l’impegno da assumersi per contrastare un “fenomeno diffuso nella società” che “tocca anche la Chiesa e rappresenta un serio ostacolo alla sua missione”.

“Le violenze contro le donne sono uno scandalo globale, che viene sempre di più riconosciuto”, l’altra denuncia del Dicastero guidato dal card. Fernandez: “non si condannerà mai a sufficienza il fenomeno del femminicidio”.

“Molto ancora resta da fare perché l’essere donna e madre non comporti una discriminazione, l’analisi: “È urgente ottenere dappertutto l’effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri del cittadino in regime democratico”. Tra le forme di violenza, il documento cita anche “la costrizione all’aborto, che colpisce sia la madre che il figlio, così spesso per soddisfare l’egoismo dei maschi” e la pratica della poligamia, giudicata “contraria alla pari dignità delle donne e degli uomini e all’amore coniugale che è unico ed esclusivo”.

Netta la condanna dell’aborto, contro il quale “il magistero ecclesiale si è sempre pronunciato”, e della maternità surrogata, definita pratica “deprecabile” che “lede gravemente la dignità della donna e del figlio” e va proibita “a livello universale”.

“La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata”, il monito contro l’eutanasia, “un caso particolare di violazione della dignità umana, che è più silenzioso ma che sta guadagnando molto terreno”. No all’eutanasia e al suicidio assistito, sì invece alle cure palliative, il cui sforzo “è del tutto diverso, distinto, anzi contrario alla decisione di eliminare la propria o la vita altrui sotto il peso della sofferenza”. Per i fragili e le persone disabili, il Dicastero raccomanda l’inclusione, antidoto alla “cultura dello scarto”. Molte le “criticità” segnalate nell’ideologia del gender, che ”vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale”.

“Qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma, rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento”, si legge nella Dichiarazione. “Questo non significa – si precisa subito dopo – escludere la possibilità che una persona affetta da anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si sviluppino successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica allo scopo di risolvere tali anomalie”.

In questo caso, per il Dicastero guidato dal card. Fernandez, “l’intervento non configurerebbe un cambio di sesso nel senso qui inteso”. Infine, il “lato oscuro del progresso digitale”, che può favorire la “creazione di un mondo in cui crescono lo sfruttamento, l’esclusione e la violenza”. Sir 8

 

 

 

Don Lavorato, nuovo missionario a Mannheim. A servizio di chi cerca Dio

 

Don Salvatore Lavorato è arrivato lo scorso dicembre nella comunità cattolica di Mannheim, guidata negli ultimi anni da don Theo Hipp, parroco e cooperatore pastorale di Mannheim centro. Don Salvatore è un sacerdote della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea in Calabria. Ha studiato filosofia e teologia a Roma e il 6 aprile del 2002 è stato ordinato prete. Parliamo con lui della sua scelta per la Germania - a cura di Paola Colombo

 

I primi dodici anni sono stato in Calabria, parroco in diverse piccole comunità. Ma l’apertura di mente a cui mi aveva portato studiare a Roma, la mia predisposizione a lavorare con i più lontani e quelli che non frequentano molto la chiesa, la mia voglia di esplorare nuovi orizzonti mi hanno fatto osare. Quindi ho presentato la mia disponibilità all’ufficio Migrantes, a Roma e sono stato contattato per un colloquio. In realtà si prospettava il Belgio, ma bisogni impellenti dell’ultimo momento mi hanno portato prima in Svizzera. A Monaco di Baviera ho frequentato un corso intensivo di tedesco e poi ho cominciato subito il lavoro nel canton Zurigo. Per sei anni sono stato missionario per la comunità italiana di Uster, a circa 10 km da Zurigo e poi un anno come parroco a Winterthur, sempre nel canton Zurigo. Ma come per tutti gli italiani, ha continuato anche in me ad agire una sottile e silenziosa nostalgia della terra natìa, che mi ha portato a provare un rientro in Italia, nella mia diocesi calabrese, a fine 2021.

Pur essendo stato accolto e amato tantissimo dalla comunità di Sorianello, dove ho prestato il mio servizio, ho avuto subito la sensazione di aver fatto un errore. Mi mancava l’apertura e l’aria più progressista che avevo trovato in Svizzera e questo mi ha dato il coraggio, dopo non poche difficoltà, di ripresentare domanda a Roma e spiegare le mie motivazioni al vescovo.

Il resto è storia. Oggi le vocazioni vivono una grande crisi e le partenze per l’estero sono ormai quasi azzerate. Il mio desiderio di farlo e il fatto che già parlassi un po’ di tedesco, hanno spalancato le porte per la Germania. Mi sono messo in contatto con don Gregorio, responsabile nazionale delle missioni. Subito in sintonia con lui, mi ha presentato diverse possibilità. Il colloquio avvenuto all’inizio di dicembre con la diocesi di Friburgo ha avuto un ottimo esito ed eccomi qui, felicemente trasferito a Mannheim.

Conoscere la lingua tedesca è un grande vantaggio per te e per l’arcidiocesi di Freiburg. Che esperienza hai avuto con le comunità cattoliche italiane in Svizzera? Anche se sei da pochi mesi in Germania, noti delle differenze nel modo in cui le missioni di altra madrelingua sono inserite nella Chiesa e nel rapporto con le parrocchie locali?

Sono giunto qui sicuramente aiutato dall’esperienza fatta in Svizzera. Le due realtà ecclesiali sono molto simili ma presentano anche delle differenze. Lo è per esempio l’obbligo in Svizzera di seguire il cammino di formazione catechetica (in preparazione ai Sacramenti di Comunione e Cresima) nella parrocchia, quindi in missione e in lingua italiana non è permesso fare catechismo. È il loro modo di sottolineare l’integrazione necessaria di tutti gli immigrati nella parrocchia a cui si appartiene. Lo concedono però per i “ritardatari”, giovani che non hanno fatto il percorso consueto e chiedono il sacramento da adulti… così come anche per i corsi prematrimoniali, occasione per me di grandi incontri con coppie che tuttora seguo.

La Germania però mi ha fatto un regalo grande: l’integrazione linguistica, che mi sembra ogni giorno più indispensabile e forse spesso ancora trascurata. Credo di aver imparato più tedesco in questi mesi che in sette anni vissuti a Zurigo, dovendo celebrare anche in tedesco periodicamente e dovendo preparare un piccolo impulso (predica). Per il resto, credo che si segua un percorso molto simile nella collaborazione tra parrocchie locali e missioni di altra madrelingua.

L’arcidiocesi di Friburgo sta modificando l’assetto territoriale delle parrocchie (si legga l’intervista a mons. Birkhofer sopra), ci saranno 36 grandi parrocchie comprendenti diverse comunità, quelle locali tedesche e quelle di altra madrelingua. È un processo in atto in tutte le diocesi e che si compirà entro il 2030. È un passaggio che ti preoccupa? Preoccupa la comunità italiana?

A dire il vero non ho notato grande preoccupazione in merito. Anzi, è stato bello per me vedere come anche gli italiani siano interessati al progetto pastorale che si sta pian piano partorendo in attesa della data di inizio che per Mannheim – comunità pilota nel progetto diocesano – sarà già il prossimo gennaio 2026. Per questa data è previsto l’arrivo del nuovo decano che sarà il parroco di tutta la città, mentre noi tutti saremo suoi collaboratori. Ogni tanto un’immagine colora i miei pensieri ed è una immagine bella che mi dà gioia e speranza: probabilmente stiamo costruendo la nuova Chiesa, quella fondata sulla correzione dell’errore di Babele che ha portato alla divisione di tutti.

“Vogliamo essere la Chiesa di Cristo, una con tutti e per tutti”

Per quanto siano passati pochi mesi dal tuo arrivo, che impressione hai della comunità cattolica italiana di Mannheim? Quanto è grande? Ci sono giovani?

Hai ragione, sono pochi mesi e non mi sento di dare una risposta che potrebbe essere inadeguata. La mia considerazione iniziale però è che è una comunità molto grande, dove la presenza di alcuni giovani riempie il mio cuore e conferma la mia convinzione che tante persone, anche molti giovani, cercano Dio, lo cercano davvero. Purtroppo noi molte volte non abbiamo saputo comunicarlo e li abbiamo persi. Forse sono un po’ induriti nei confronti della chiesa, ma di sicuro sono alla ricerca di Dio. Su questo cercheremo di lavorare insieme. Per il resto, la comunità è davvero molto bella. Sicuramente presenterà i suoi problemi, ma non esiste comunità che non lo faccia. Intanto con grande stima e affetto sono stato accolto e spero di ricambiare con un servizio gioioso, leale nella verità.

Chi ti ha seguito al tuo arrivo?

Al mio arrivo ho trovato Pfarrer Theo Hipp, che è stato nominato Leiter, dirigente della comunità per un breve periodo trasformatosi invece in 5 anni. È difficile non voler bene a don Theo. È difficile non apprezzare le sue qualità umane e cristiane nonché le sue doti intellettuali. Con garbo e gentilezza ha sostenuto questa comunità che oggi, avendo visto il suo amore per gli italiani e per la Chiesa intera, lo stima ancora di più e non ha parole per ringraziarlo del suo instancabile servizio pastorale. Io sono stato nominato suo cooperatore per un momento iniziale. Insieme abbiamo trovato un buon equilibrio e da subito ho cercato di sostenerlo nel suo programma lodevole di creare ponti di collaborazione tra la missione e la comunità locale. Dal primo settembre lascerà la direzione della comunità italiana, ma non lascerà sicuramente i nostri cuori e la futura collaborazione è già desiderio manifestato da entrambi.

Quali sono le tue priorità quando la comunità sarà affidata a te a settembre?

Non sono un prete che sa fare grandi progetti pastorali. Dall’inizio del mio percorso ho sentito una indole particolare per i lontani, quelli delle periferie che non hanno molto a che fare con la comunità cattolica. Sicuramente saranno loro il mio primo pensiero, perché il Signore ci ha mandato a cercare le pecore perdute… ma cercando comunque di non trascurare quelle che sono già nell’ovile e che meritano allo stesso modo cura, amore e dedizione. La musica è il mio linguaggio preferito, con il quale cercherò di arrivare anche ai giovani e scoprire con loro come Dio parli a noi anche attraverso doni e carismi straordinari che tutti abbiamo.

Il mio sogno nel cassetto è diventata ora anche una priorità, perché la vita è bella ma è anche breve e dobbiamo cercare di vivere piacendo a Dio e non cercando il plauso del mondo. Tanti separati o divorziati risposati si sentono fuori dalla Chiesa, giudicati e condannati addirittura a non poter fare la comunione mai più… Tante persone appartenenti al mondo LGBT vivono lo stesso dramma di esclusione e giudizio… Tanti, cercando Dio in diversi modi e luoghi, hanno bisogno della sua parola ristoratrice e del suo abbraccio paterno, a volte in noi lo trovano, a volte, ahimè, no.Tutto questo mi sta particolarmente a cuore e sarà, con l’aiuto di Dio e la benedizione del suo popolo, il mio assillo quotidiano. Vi chiedo di accompagnare il mio servizio e questa bella comunità con la vostra preghiera. CdI aprile

 

 

 

Ricevete lo Spirito Santo. II Domenica di Pasqua

 

Carpi, domenica. Al centro dell’episodio del vangelo di questa domenica seconda Domenica di Pasqua sta la persona di Gesù. Ci troviamo nel Cenacolo, dove gli apostoli vivono reclusi per timore dei capi del popolo ebraico. Improvvisamente il Signore si rese presente in mezzo a loro. Egli è risorto dai morti e poiché è vivo può venire e fermarsi in mezzo ai suoi amici. Chi si manifesta non è un fantasma, ma lo stesso Gesù che due giorni prima avevano visto morire con atroci sofferenze sulla croce. E perché i discepoli non avessero alcun dubbio al riguardo, Egli "mostrò loro le mani e il costato". Le mani che erano state confitte sulla croce ed il costato che era stato aperto dalla lancia del soldato.

Dopo essersi presentato e fatto riconoscere, Gesù risorto compie un atto: alitò su di loro” e poi offre loro un dono: E disse: ricevete lo Spirito Santo”. Il gesto del Risorto ha un significato molto profondo in quanto ricorda il modo con cui venne creato il primo uomo (cfr. Gen 2,7), il quale prende vita perché Dio alita in lui il suo soffio vitale. Il gesto compiuto da Gesù dunque ricrea la persona umana. Con esso viene donato ai discepoli la Sua stessa vita. Quel giorno, dunque, nel cenacolo è accaduto qualcosa di veramente straordinario: il Signore risorto facendo dono del Suo Spirito ai discepoli li rigenera ad una vita nuova e costituisce la nuova comunità dei figli di Dio, la Chiesa.

Ma il dono comporta sempre un impegno, la grazia porta con sé un compito. Gesù Risorto dice: "come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi". Con il dono dello Spirito la comunità dei discepoli di Cristo diviene missionaria, si apre al mondo, va nei posti più lontani per portare la presenza salvatrice di Cristo.

Quanto è accaduto nel Cenacolo di Gerusalemme accade anche per noi ogni volta che partecipiamo alla Santa Messa. La celebrazione eucaristica, infatti, non ha al suo centro né il sacerdote né l’assemblea, ma la persona di Gesù. I cristiani, come i discepoli nel cenacolo, si riuniscono nei loro luoghi di culto non per ricordarsi di Gesù ma per incontrarlo, non per parlare di Lui solamente ma per parlare con Lui. E’ possibile questo incontro perché Egli è Risorto e vivo e si rende presente in mezzo a noi.

E noi come san Tommaso siamo chiamati a gettarci ai piedi del Risorto per confessare la nostra fede: "mio Signore e mio Dio!". Che equivale a dire: “Tu sei il Signore della mia vita a cui voglio rimanere fedele per sempre, perché con la tua resurrezione rimani l’incrollabile fondamento della pace, l’inesauribile fonte della gioia e l’unica via per umanizzare il mondo”. Mons. Francesco Cavina Aci 7

 

 

 

Intervista di Papa Francesco sul rapporto con Benedetto XVI

 

Un libro per ora solo in spagnolo, tra i temi anche un libro di Romano Guardini - Di Angela Ambrogetti

Città del Vaticano. Interviste, interviste, interviste e ancora interviste, sta di fatto che Papa Francesco rimarrà certo noto per le sue molte e diversificate interviste.

Una delle più recenti è quella pubblicata nel libro "Il Successore" curato da Javier Martinez Brocal di ABC. Il tema almeno non è consueto: si parla di Benedetto XVI.

A poco più di un anno dalla morte il tentativo è quello di mettere a confronto personalità e pensiero dei due Pontefici. I commenti alle anticipazioni del libro, che per ora esce solo in spagnolo e arriverà dopo l'estate in traduzione italiana, non sono stati profondi. Si è parlato soprattutto delle polemiche tra il Papa e l'ex segretario particolare di Benedetto XVI l'arcivescovo Georg Gänswein. Che tra i due non ci fosse grande sintonia era evidente da tempo, anche da molto prima del libro uscito il giorno del funerale del Papa tedesco. Ma certo quel libro ha peggiorato le cose. E ora Francesco rende pan per focaccia. Senza misericordia. E poi le eventuali nuove norme per il funerale, e altre cose marginali per la vita della Chiesa o per una vera riflessione sul rapporto tra Francesco e Benedetto,

E Francesco mette in evidenza molte negatività. Dal medico di Benedetto ai sui colleghi cardinali nel Conclave del 2005 velato di cospirazione.

Sembra che si salvi solo Benedetto XVI, gentile e signorile, gran pensatore, ma prigioniero del suo staff, inconsapevole di tante, troppe cose. Non sapremo mai la verità, perché sarà raccontata in modo diverso dai diversi testimoni. E quindi perché tirare ancora fuori certe questioni? Forse serve meno "chiacchiericcio" nella Chiesa? Papa Francesco lo dice spesso.

C'è invece un bel capitolo nel libro Il Successore. Riguarda uno scritto di Romano Guardini, L'Opposizione Polare. E' un testo giovanile del 1925, il fondamento del pensiero del teologo, di non facile lettura e interpretazione. Le idee opposte non necessariamente devono portare alla scelta di una o dell'altra. A Papa Francesco questo libro piace molto. Lo ha detto varie volte.

Questa è sicuramente la parte più interessante del libro, e sarebbe bello fare una "interrogazione" a Papa Francesco su questo libro che ama tanto. Magari con un confronto su quello che il teologo Ratzinger scriveva alla scuola di Guardini. Ma non è un lavoro da giornalista ovviamente. Aci 6

 

 

 

Nuova Evangelizzazione, “Va riformata la spiritualità, non le strutture”

 

Il teologo Tomas Halik, premio Templeton, già relatore al Ratzinger Schuelerkreis, definisce la necessità della nuova evangelizzazione. Un nuovo paradigma per un nuovo mondo - Di Andrea Gagliarducci

 

Lussemburgo. Serve una riforma della spiritualità, prima che una riforma delle strutture. Lo sottolinea Mons. Tomas Halik, teologo ceco vincitore del Premio Templeton e già relatore al Ratzinger Schuelerkreis, il cui pensiero ha avuto un grande impatto nello sviluppo della teologia moderna.

Halik ha parlato con ACI Stampa a margine di un simposio di due giorni che si è tenuto a Lussemburgo, organizzato dalla Luxembourg School for Religion and Society, sul tema “Cosa ci tiene insieme quando non siamo d’accordo”. Una conferenza che si inserisce nel cammino sinodale voluto da Papa Francesco, ma anche in un ampio dibattito teologico, che ha raggiunto livelli di polarizzazione molto alti specialmente di fronte al cammino sinodale in Germania e al pensiero teologico che lo sostiene e che, in fondo, non è condiviso nemmeno da Papa Francesco.

Halik, che della Scuola lussemburghese è diventato professore onorario, parla di una teologia che si deve sviluppare in un mondo ormai non più cristiano, di un passaggio dal cattolicesimo alla cattolicità, della necessità di guardare ai frutti spirituali prima che alle strutture. E lo fa con la sua esperienza di sacerdote sotterraneo, ordinato di nascosto, sotto osservazione del regime comunista.  

Lei ha sottolineato che non c’è bisogno di una riforma delle strutture, ma c’è bisogno prima di tutto di una riforma della spiritualità. Cosa intende?

Credo che dei cambiamenti in alcune strutture istituzionali siano necessari, ma che debbano andare insieme all’approfondimento teologico e spirituale, altrimenti sarebbe tutto molto superficiale. Credo che la sfida per questo cammino sinodale sia proprio questa. Papa Francesco ci ha dato molti buoni impulsi, ma devono essere ulteriormente sviluppati. Cosa ci dice Papa Francesco? Che possiamo trovare Dio in ogni cosa e che lo possiamo scoprire. È una esperienza tipica dei gesuiti e del loro discernimento spirituale.

E in che modo si deve applicare questo discernimento?

Ci deve essere un discernimento tra lo spirito del tempo e la scienza del tempo. Si deve definire quale sia l’eco dell’opinione pubblica, nonché in che modo abbiano un impatto le ideologie, alcuni pregiudizi, l’atmosfera morale delle nostre società. Tutte queste cose sono il linguaggio del mondo, nel senso del Vangelo di San Giovanni. Ma ci sono anche segni dei tempi che sono linguaggio di Dio negli eventi della nostra cultura e società. Credo che ci siano delle crisi e che abbiamo bisogno di un cambio di paradigma. Se ci sono troppe nuove informazioni e nuove esperienze, allora c’è bisogno di un cambio di paradigma. Dobbiamo allargare la nostra prospettiva. Dobbiamo comprendere più a fondo la nostra cattolicità, transitare dal cattolicesimo alla cattolicità.

Lei crede che manchi l’educazione o che manchi la volontà delle persone di approfondire la comprensione teologica?

L’educazione è sempre importante, ma abbiamo anche bisogno di un approccio contemplativo alla realtà. Ammiro molto questo approccio, di avere un momento di silenzio anche nelle conferenze, che è importante sia per il nostro lavoro teologico che per le nostre attività. Sarebbe persino utile avere lo stesso tipo di momento in Parlamento. Io lo uso in alcune conferenze, e mi sono accorto con sorpresa che la qualità delle discussioni è migliore dopo questo momento di silenzio. Credo che non solo il clima atmosferico, ma anche il clima culturale e morale di questo pianeta è in pericolo, e si deve fare qualcosa per liberarsi da questa accettazione superficiale delle situazioni.

Crede che ci sia ancora bisogno di religiosità in un mondo sempre più secolarizzato? Crede che le religioni possano ancora avere un impatto?

La parola religione ha molti significati. Io distinguo tra religione nel senso di re-ligio (dal verbo re-ligare, ovvero ricollegare) cioè religione come forza integrante della società, e religione nel senso di re-legere, di leggere di nuovo e comprendere più profondamente. Religione, in questo senso, è "una nuova ermeneutica", una nuova e più profonda comprensione della Scrittura e della tradizione, ma anche un segno dei tempi. Aci 5

 

 

 

Pasqua. Festa dei macigni rotolati

 

All’alba – quando la notte ancora si confonde con il giorno, quando tutto ancora dorme il sonno della sconfitta, quando il vuoto e il silenzio del sepolcro sembrano aver avuto l’ultima parola sulla vicenda umana di questo strano profeta di Nazareth, ribelle e rivoluzionario, amico dei poveri e compagno degli ultimi, narratore di un Dio poco creduto – ecco accadere un fatto straordinario: la morte, ora, è solo un abbraccio vuoto che non riesce a trattenere nulla, neanche se stessa, figuriamoci l’autore della vita. Essa è stata vinta da un gesto che l’ha superata, che l’ha ri-significata, trasfigurandola e trasformandola, lasciando in tal modo che il sepolcro restasse per sempre vuoto.

A Pasqua la morte, come dice S. Paolo, ha perso il suo pungiglione. Non fa più paura, dice Gesù: “Non temete coloro che hanno il potere di uccidere il corpo, temete piuttosto colui che puoi farvi morire dentro” (cfr. Mt 10, 28).

La morte è stata vinta da un gesto più grande: quello dell’amore. Per questo essa, ora, non può più usare il dolore come ricatto per farci smettere di amare, perché il Nazareno ha rovesciato il rapporto tra amore e morte. Come dice il Vangelo di Giovanni, Egli, avendo amato i suoi, li amò fino alla fine (cfr. Gv 13,1), cioè fino al compimento, fino in fondo, fino all’ultima goccia, riuscendo così a spingersi fin là dove la morte non ha il potere di arrivare, perché il fondo dell’amore, che la croce ci ha rivelato, è più abissale della stessa morte.

È inutile! Non serve amare, se non ami fino alla fine, fino in fondo, fino al non-amore di chi ti messo in croce, o della stessa morte. Il fondo dell’amore si trova molto più in profondità di quello della morte. Raggiuntala, non solo la supera, ma la trapassa e la trasforma, la trasfigura in “sorella morte”.

La filosofa Hannah Arendt disse che il Bene – e quindi l’amore – è più profondo del male, e quindi della morte! Chi ama sottrae alla morte l’amato, come Cristo ha fatto con ogni uomo, suo amato!

La Pasqua è la vittoria della vita sulla morte. Molti intendono, però, tale morte solo nella sua dimensione fisica, corporale. Invece, quando si parla di morte, bisogna allargare il suo orizzonte semantico, intendendo con essa le tante forme di morte che, spesso, ognuno di noi, in un certo qual modo, si trova a sperimentare proprio mentre ritiene di vivere.

Quali sono queste morti?

La prima è la morte interiore, che, per noia o per abitudine, ci impedisce di coltivare dentro di noi uno spazio in cui, ogni tanto, raccoglierci per mettere ordine nella nostra vita. Morte che fa di noi dei deserti aridi dai quali scappare, persi tra mille cocci vuoti, difficili da raccogliere e ricomporre. Pasqua, allora, è far rinascere l’uomo interiore dove ciascuno può trovare la leva per risollevare non solo se stesso dalle proprie cadute e sconfitte, ma addirittura il mondo intero.

La seconda è la morte culturale, che ci inchioda a ciò che pensiamo di sapere, impedendoci di cercare ancora. Morte che spegne la curiosità e il senso dello stupore, cristallizzando i saperi e le conoscenze in schemi rigidi e consolidati, a volte fatti di inutili citazioni, che sanno solo di autocelebrazione. Pasqua, invece, è riaccendere la passione per la verità, quella che rende liberi, e che sempre esige il confronto con i nuovi dubbi e le domande inedite.

La terza è la morte sociale, che dichiara morto il prossimo, considerato sempre e comunque come rivale o, peggio, come nemico da eliminare o da dominare, e non, al contrario, come fratello da amare e con cui camminare insieme. Morte che chiude ciascuno nel proprio triste egoismo e non ci aiuta a fare comunità. Pasqua, allora, è far rinascere il senso di appartenenza alla nostra città, perché ciascuno, secondo le proprie possibilità e talenti, possa, con la dovuta cura, contribuire alla costruzione del bene comune.

La quarta è la morte educativa, che impedisce agli adulti, spesso demotivati e inadeguati, di assumersi la responsabilità nell’aiutare le nuove generazioni a costruire la loro personalità con autonomia, a instaurare un buon rapporto con se stessi, con gli altri e con il mondo, affinché ciascuno diventi autore responsabile delle proprie azioni. Pasqua, in tal caso, è far rifiorire la passione educativa e superare quel senso di impotenza e di scoraggiamento che aleggia in molti luoghi educativi.

La quinta è la morte delle relazioni, specie quando ad esse mancano profondità e durata. Relazioni ferite che non durano perché il più delle volte sono costruite sull’effimero e sul proprio tornaconto emotivo. Pasqua, invece, è fa rinascere i rapporti, il cui senso è cercare, per non restare eternamente solo, qualcuno da amare, dopo che, a sua volta, si è stati amati. Che la Pasqua rigeneri le relazioni, per poterci approcciare gli uni agli altri con quel senso di delicatezza e di rispetto che fa di ognuno una terra sacra, non da calpestare o usare, ma da rispettare e custodire. Per non giocare con i sentimenti altrui, ma farsi carico ognuno del dolore altrui.

Insomma, Pasqua è rinascere da tutte queste morti – e da tante altre – di cui non vogliamo prendere coscienza e che rimuoviamo, ricorrendo a mille meccanismi di difesa, spesso inconsci, altre volte costruiti per paura o per fragilità, o anche per inerzia, adottando false tecniche di rassicurazione o di evitamento.

Il vescovo don Tonino Bello, pensando a tutte queste morti, affermava che “sembriamo notai dello status quo, dell’esistente, e non i profeti dell’aurora che irrompe, del futuro nuovo, dei cicli nuovi, delle terre nuove”. Sembriamo tanti sepolcri, tenuti chiusi da enormi macigni, dai quali difficilmente riusciamo a liberarci.

Ebbene, la Pasqua è liberare la vita da tutti questi sepolcri in cui ci troviamo incapsulati.

Sempre il vescovo di Molfetta augurava la Pasqua così: “Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. È la festa del terremoto. La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte”.

E in un altro messaggio concludeva: “Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di “amare”, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che non rotoli via. Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie della vostra prigione”.

Il Cristianesimo non è la religione dei ricordi, ma un esercizio di fede che attualizza il mistero dell’amore nella vita di tutti i giorni, sì da poter trasformare ogni alba e ogni mattino in un mattino di Pasqua! Michele Illiceto, CdI aprile

 

 

 

Alcuni eventi che preparano il Giubileo del 2025

 

Far conoscere e proporre la conoscenza di Cristo che spesso non è negato ma appunto ignorato - Di Angela Ambrogetti

Città del Vaticano. Concerti, mostre, cineforum, pellegrinaggi. Sono alcuni degli eventi culturali che accompagneranno il Giubileo del 2025 e che sono stati presentati alla stampa oggi.

Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo; Mons. Dario Edoardo Viganò, Vice Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali; e Don Alessio Geretti, Curatore della Mostra e collaboratore esterno del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo hanno elencato e spiegato le iniziative già in agenda. A cominciare dai pellegrinaggi come “In Cammino”, un pellegrinaggio moderno tra le 14 maggiori Abbazie d’Europa ideato e promosso da Livia Pomodoro, presidente dell’associazione culturale “No’hma – In cammino”. Il Pellegrinaggio, partito dall'Abbazia di Canterbury nel luglio del 2023, attraversa sette Paesi europei per giungere poi fino a Roma nel 2025.

Poi i tre concerti che segneranno i prossimi mesi. Il primo appuntamento è per Domenica 28 aprile alle ore 17.30 presso la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola dove verrà eseguito per intero il celebre Messiah di G.F. Handel.  3 Novembre 2024 alle ore 18 presso l’Auditorium di Via della Conciliazione vedrà protagonista l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ringrazio fin d’ora nella persona del Presidente Sovrintendente Michele dall’Ongaro per la sua pronta adesione all’iniziativa. L’Orchestra diretta dal Maestro Jader Bignamini, attualmente Direttore musicale della Detroit Symphony Orchestra, eseguirà la Quinta Sinfonia di Dimitri Shostakovich realizzata nel 1937. Alle ore 18.00 del 22 Dicembre 2024, presso la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, la Cappella Sistina si esibirà in diverse composizioni polifoniche di Palestrina, Perosi e Bartolucci.

E il cinema come ha spiegato Dario Edoardo Viganò da La porta del cielo (Vittorio De Sica e Cesare Zavattini,1945), in una copia recentemente restaurata cui collaborò anche Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI, allora sostituto alla Segreteria di Stato.

Fino a Silence (2916) di Martin Scorzese e a Cristo proibito (1951) di Curzio Malaparte.

L’iniziativa di svolge presso il Cinema delle Province, una delle Sale della Comunità della Diocesi di Roma. Le Sale della Comunità sono circa 500 disseminate nel territorio italiano e sono coordinate dall’ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema – www.acec.it). La Commissione nazionale valutazione film dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI offre schede ragionate sui film e serie Tv (www.cnvf.it).

Don Alessio Geretti presenta una serie di mostre, come quella ormai fissa dei 100 Presepi in Vaticano che nel 2024 sarà sostenuta dal Comune di Roma. Poi una mostra d' Icone orientali esposte grazie ai Musei Vaticani nella sagrestia di Sant' Agnese in Agone a Piazza Navona. Un modo per capire la spiritualità aiutata dal simbolismo che non cambia. La mostra sarà a novembre del 2024.

Due eventi in estate e a fine anno coinvolgono due artisti particolari: Salvator Dalì e Marc Chagall. Una delle sedi sarà la chiesa di San Marcello al Corso.

In preparazione anche la celebrazione dei 1700 anni del Concilio di Nicea, con una commissione ad hoc. Previsti eventi a Roma e a Nicea, oggi in Turchia non lontano da Istambul.

Lo sforzo centrale è far conoscere e proporre la conoscenza di Cristo che spesso non è negato ma appunto ignorato. Per questo la scelta di autori e personaggi degli eventi culturali non sono cristiani, ma persone che si sono interrogate. Aci 4

 

 

 

 

Consiglio dei giovani del Mediterraneo. La visita al Parlamento europeo e alla Comece

 

Si conclude oggi la visita alle Istituzioni europee, a Bruxelles, del Consiglio dei giovani del Mediterraneo, opera-segno nata a seguito dell’Incontro di Vescovi e Sindaci del Mediterraneo (Firenze, 23-27 febbraio 2022).

La delegazione, accompagnata da Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, è stata ricevuta dalla Dottoressa Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo, e da Mons. Mariano Crociata, Presidente della Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (Comece), insieme a Mons. Noël Treanor, Nunzio apostolico presso l’Unione Europea. La visita infatti prevedeva una doppia tappa: nella sede del Parlamento europeo e in quella della Comece.

L’incontro con la Presidente Metsola, osserva Mons. Crociata, è “la conferma di un rapporto che la Chiesa, attraverso la Comece, ha con il Parlamento europeo, e che merita di essere portato avanti perché permette alla Chiesa di svolgere la sua missione e al Parlamento di raccogliere voci che vengono dal mondo cattolico, che è parte importante del popolo europeo”.

La Presidente Metsola, afferma Mons. Baturi, “ha voluto conoscere meglio le motivazioni e la composizione del Consiglio dei giovani del Mediterraneo. Si è interessata anche della grande visione di Giorgio La Pira, chiedendo di poterla sviluppare in contesti storici che hanno bisogno di quella prospettiva profetica e ricordando che l’Unione europea è soprattutto un progetto di pace”. Il Segretario Generale della CEI esprime gratitudine alla Presidente del Parlamento europeo per “l’impegno a favore della cooperazione e della comprensione tra i popoli e il sostegno alla libertà, alla democrazia e ai diritti”. Con il Consiglio dei giovani del Mediterraneo, spiega Mons. Baturi, “abbiamo voluto scommettere sui giovani perché questo significa scommettere sull’educazione, sulla loro capacità di immaginare un futuro diverso. L’Europa non può non accorgersi di ciò che accade nel Mediterraneo, delle forze vive e della possibilità che esso ha di sviluppare un’azione di pace e di amicizia che avrà ripercussioni in tutto il mondo. Per questo, vogliamo da una parte che i nostri giovani di 18 Paesi conoscano le Istituzioni europee, dall’altra parte chiediamo che le Istituzioni europee tengano conto di queste forze vive e prospettiche capaci di determinare, speriamo, un futuro diverso”.

Fortemente voluto e sostenuto dalla CEI, il Consiglio mira infatti a curare la dimensione spirituale, a rafforzare l’azione pastorale davanti alle sfide odierne e a costruire relazioni fraterne, come racconta il portale www.giovanimediterraneo.org dove sono disponibili informazioni e notizie. Il 16 aprile, a Fiesole (Fi), inoltre, sarà inaugurata la sede del Consiglio. La fisionomia, la mission e le attività sono state presentate dal Direttivo, nell’ambito dell’evento odierno “Costruire ponti di dialogo, unità e pace tra popoli e culture”. Ai lavori, introdotti dall’europarlamentare Beatrice Covassi, sono intervenuti Mons. Baturi, Mons. Crociata e Patrizia Giunti, Presidente della Rete Mare Nostrum e della Fondazione La Pira. Cei 4

 

 

 

Udienza Generale. Il Papa parla della virtù della Giustizia

 

Città del Vaticano. Papa Francesco torna in Piazza San Pietro per l'Udienza Generale. "Buona Pasqua", dice subito Papa Francesco. Poi, il Papa, continuando il ciclo di catechesi su “I vizi e le virtù”, incentra la sua riflessione sul tema "La Giustizia".

Francesco nella catechesi spiega che la giustizia è "rappresentata allegoricamente dalla bilancia, perché si propone di pareggiare i conti tra gli uomini, soprattutto quando rischiano di essere falsati da qualche squilibrio".

"Tutti comprendiamo come la giustizia sia fondamentale per la convivenza pacifica nella società: un mondo senza leggi che rispettano i diritti sarebbe un mondo in cui è impossibile vivere, assomiglierebbe a una giungla. Senza giustizia, non c’è pace. Infatti, se la giustizia non viene rispettata, si generano conflitti. Senza giustizia, si sancisce la legge della prevaricazione del forte sul debole", commenta Papa Francesco.

"Le mezze verità, i discorsi sottili che vogliono raggirare il prossimo, le reticenze che occultano i reali propositi, non sono atteggiamenti consoni alla giustizia. L’uomo giusto è retto, semplice e schietto, non indossa maschere, si presenta per quello che è, ha un parlare vero. Sulle sue labbra si trova spesso la parola grazie: sa che, per quanto ci sforziamo di essere generosi, restiamo debitori nei confronti del prossimo. Se amiamo, è anche perché siamo stati prima amati", continua il Pontefice.

Ma soprattutto il giusto "aborrisce le raccomandazioni e non commercia favori. Ama la responsabilità ed è esemplare nel vivere e promuovere la legalità. Ancora, il giusto rifugge comportamenti nocivi come la calunnia, la falsa testimonianza, la frode, l’usura, il dileggio, la disonestà. Restituisce quanto ha preso in prestito, riconosce il corretto salario agli operai", aggiunge il Papa.

"I giusti non sono moralisti che vestono i panni del censore, ma persone rette che «hanno fame e sete della giustizia» (Mt 5,6), sognatori che custodiscono in cuore il desiderio di una fratellanza universale. E di questo sogno, specialmente oggi, abbiamo tutti un grande bisogno. Abbiamo bisogno di essere uomini e donne giusti e questo ci farà felici", conclude infine il Papa. Veronica Giacometti, Aci 3

 

 

 

 

Il Papa: “Alcuni cardinali volevano processarmi, Ratzinger mi difese”

 

Francesco parla del legame e dei ricordi con Benedetto XVI nel libro-intervista con Javier Martinez-Brocal “El sucesor”, in uscita domani 3 aprile. Il Pontefice: «Da Gaenswein mancanza di nobiltà e umanità» - Domenico Agasso

 

CITTÀ DEL VATICANO. Benedetto XVI «mi difese sulle unioni civili». Joseph Ratzinger era «un grande, non attaccato al potere, gli portavo doni dai viaggi». Il libro pubblicato da monsignor Georg Gaenswein il giorno del funerale «l’ho vissuto come una mancanza di nobiltà e di umanità». Papa Francesco lo afferma nel libro intervista con Javier Martinez-Brocal «El sucesor» (edizioni Planeta), in uscita domani 3 aprile. Il Pontefice rivela inoltre le novità che riguarderanno il suo rito funebre: alla morte Jorge Mario Bergoglio sarà esposto nella bara e non su un catafalco, «con dignità ma come ogni cristiano». Ci sarà una veglia e non due e nessuna cerimonia per la chiusura della bara. Così il Vescovo di Roma ha semplificato il rito funebre.

Ricordando i funerali di Benedetto XVI, Francesco dice: «Sarà l'ultima veglia funebre celebrata così, con il corpo del Papa esposto fuori dalla bara, su un catafalco. Ho parlato con il cerimoniere e abbiamo eliminato questo e tante altre cose, il rituale attuale era troppo sovraccarico».

Il Papa conferma anche che ha dato disposizioni per essere sepolto a Santa Maria Maggiore. Il Pontefice spiega che dopo la statua della Regina della Pace «c’è una stanza in cui conservavano i candelabri. È quello il luogo, mi hanno confermato che tutto è pronto» per la sua futura sepoltura.

Bergoglio racconta che la Basilica gli è cara da prima che diventasse Papa, e che si recava spesso lì a pregare. Narra poi un aneddoto: una volta un uomo lì cercò di truffarlo cercando di vendergli un orologio. «Per istinto» Bergoglio disse che non aveva soldi e poi «mi dissero che se avessi tirato fuori il portafogli mi avrebbe dato uno schiaffo e se lo sarebbe portato via. Impressionante».

Nel Conclave del 2013 il cardinale Jorge Mario Bergoglio ebbe voti fin dalla prima votazione, il 12 marzo; poi il 13 «molti» ma «li interpretai» come un modo di «depositare i voti». Francesco svela anche un altro fatto accaduto nel Conclave in quelle ore: «Ricordo che alcuni si avvicinarono a parlare con il cardinale Angelo Scola e gli chiesero qualcosa. Poi ho saputo che aveva detto loro: “Votate Bergoglio”».

Benedetto XVI difese papa Francesco dalle accuse di alcuni prelati in merito alle affermazioni che lo stesso Bergoglio aveva espresso sulle unioni civili tra omosessuali: «Alcuni andarono da Benedetto a dire che io dicevo eresie, lui li ascoltò e con autorevolezza li aiutò a distinguere le cose» tra matrimonio cristiano e unioni civili. «Disse loro: “Questa non è una eresia”. Come mi difese!».

Nel volume Francesco definisce Benedetto «un grande, non era attaccato al potere», e la sua rinuncia è stata segno di «onestà». Dice anche che Ratzinger non era sempre d'accordo con le sue decisioni ma «con il suo silenzio le ha sempre rispettate».

All'inizio del pontificato, in quel saluto a Castel Gandolfo, Francesco e Benedetto parlarono della questione degli abusi: «Cambiai alcune delle persone come lui mi aveva suggerito».

Il Papa replica alle critiche sulla gestione dei funerali di Benedetto XVI e afferma che ad occuparsene fu il segretario di Ratzinger, padre Georg. Francesco parla anche del libro di Gaenswein «Nient’altro che la verità» (pur senza citare direttamente il monsignore): lo «ha addolorato che Benedetto sia stato usato», e «ha avuto una grande pena» per il fatto che quel libro sia uscito proprio nelle ore delle esequie di Ratzinger; «che il giorno del funerale venga pubblicato un libro che mi ha messo sottosopra, raccontando cose che non sono vere, è molto triste. Naturalmente non mi colpisce, nel senso che non mi condiziona. Ma mi ha fatto male che Benedetto sia stato usato. Il libro è stato pubblicato il giorno del funerale, e l'ho vissuto come una mancanza di nobiltà e di umanità». LS 2

 

 

 

«Chi Siamo. GBV 2024”. La Giornata Bambini Vittime

 

In vent’otto anni abbiamo percorso strade irte e scoscese; terreni sacri oscurati e inquinati dal ‘sistematico male’ che attraverso l’abuso sui bambini è stato perpetrato, lacerando così l’innocente vita e interrompendo i sogni e le attese.

Quanto grido di dolore è stato ascoltato, accolto, accompagnato, sostenuto! Quante volte, insieme alle vittime, abbiamo alzato le mani verso il Cielo e “alzando gli occhi verso i monti” abbiamo supplicato ed elevato un grido: da dove mi verrà l’aiuto? (Cfr. Salmo 121)

Quanta sofferenza è stata lenita con il balsamo della consolazione e con le ‘attrezzature’ della guarigione!

Dentro questo abisso ‘infernale’, la presenza dei diaconi dell’infanzia (così desidererei chiamare chi ‘custodisce’ e si occupa delle ferite degli abusi sui minori e sulle persone deboli e vulnerabili) non solo ha fatto la differenza, ma ha manifestato la possibilità della guarigione e della speranza.

Dobbiamo continuare a fare di più e insieme, e questo operare insieme, è una vera e propria sfida per l’oggi che ci proietta a un domani maggiormente caratterizzato dalla tutela e dalla protezione dei bambini.

L’abuso è un trauma permanente; è una ferita invisibile con la quale si sopravvive, ma spesso anche visibile a causa delle autodifese che ogni persona mette in atto. Da qui la necessità di comprenderle, di accoglierle, di condividerle per permettere a quanti siano stati feriti di uscire fuori e di rivedere la luce della vita. Perché la vita, ogni vita, non merita alcuna violenza, in alcun modo e in alcun caso. Non esiste una violenza sui bambini, fin dal concepimento, che possa essere giustificata.

Non è possibile sostenere, anche ideologicamente, la ipersessualizzazione e l’erotizzazione dei bambini per fini assolutamente inaccettabili, quali il relativismo del corpo e la sua commercializzazione, anche attraverso il digitale.

La pedofilia on-line rappresenta una gamma di delitti, tra i più efferati, che si inquadrano nell’ambito della criminalità transnazionale e che non deve essere, come ancora accade, minimizzata e sottostimata.

La Giornata Bambini Vittime, ideata dall’Associazione Meter vent’otto anni fa, è pertanto un appuntamento che offre, a quanti stanno dalla parte dei minori, l’occasione per richiamare ad un impegno imprescindibile e non delegabile. Insieme. (don Fortunato Di Noto)

https://associazionemeter.org/chi-siamo/giornata-bambini-vittime/gbv-2024/

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Il dicastero per il dialogo interreligioso frutto del Concilio Vaticano II

 

Città del Vaticano. Nel 1964 Paolo VI creò il Segretariato per i non Cristiani, frutto del lavoro per la Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate che fu approvata nel 1965. Nel decreto istitutivo, il Papa dichiarava: “L’ardore della divina carità deve ispirare la Chiesa, che continua l’opera di Cristo, specialmente in questi giorni nei quali si sviluppano molte relazioni tra uomini di ogni razza, lingua e religione. Perciò, per nostra iniziativa… in virtù di questa lettera erigiamo e costituiamo uno speciale Consiglio o Segretariato per i non-Cristiani…”. L’evento di più alto profilo in cui fu coinvolto in questo tempo il Segretariato per i non Cristiani fu l’incontro di preghiera per la Pace ad Assisi nel 1986 voluto da Giovanni Paolo II. Nella città di san Francesco l’incontro di preghiera attirò 50 rappresentanti di comunità cristiane e 60 di altre religioni.

San Giovanni Paolo Il, con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 28 giu, 1988, ne cambiò la denominazione in Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso. 

Il modo peculiare di Benedetto XVI nel condurre il dialogo interreligioso era “riflettere con gli altri” (Korner) con “una distintiva enfasi sulla verità” (Howard). Scrive il Pontefice nell’enciclica Caritas in veritate: “La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede …  A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano. La rottura di questo dialogo comporta un costo molto gravoso per lo sviluppo dell’umanità”.

Oggi si chiama Dicastero per volere di Papa Francesco. Spesso accade che Papa Francesco nei suoi scritti e discorsi tratti tematiche attinenti al dialogo Interreligioso e alla fratellanza umana.

Lo scopo del Dicastero per il Dialogo Interreligioso è favorire e regolare "i rapporti con i membri e i gruppi delle religioni non cristiane, ad eccezione dell'ebraismo la cui competenza spetta al Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Tra gli altri compiti, opera affinché il dialogo con i seguaci di altre religioni si svolga in modo adeguato; promuove una vera ricerca di Dio; favorisce studi e conferenze per sviluppare informazioni vicendevoli e stima reciproca; aiuta le Chiese locali nell'impegno per il dialogo interreligioso". Del dicastero fa parte la Commissione per i Rapporti Religiosi con i Musulmani che fu istituita da San Paolo VI il 22 ott. 1974 come organismo distinto ma collegato al Segretariato per i non Cristiani, ora Dicastero per il Dialogo Interreligioso.

Il suo scopo è quello di promuovere e stimolare i rapporti religiosi tra musulmani e cattolici con l'eventuale collaborazione di altri cristiani. Nel quadro di tali competenze la Commissione è anche a disposizione degli organismi interessati per informarli e aiutarli a realizzare i loro compiti. Angela Ambrogetti, Aci 2

 

 

 

Vangelo Migrante: Pasqua del Signore (Lc 24,13-35)

 

Christos anesti… alitos anesti: Cristo è risorto, è veramente risorto!

Dopo aver assistito alla tragedia della Crocifissione risuona nella Chiesa il grande annuncio delle donne, le prime protagoniste della Pasqua. Gesù ha lasciato il sepolcro: è risorto! Veramente risorto! Questo è il saluto che la Chiesa orientale rivolge come scambio di pace nel giorno di Pasqua mentre ci si abbraccia. La gioia del trovare il sepolcro vuoto ci ricorda un evento straordinario: Cristo era morto ma ora è vivo e ci precede in Galilea. In questa domenica siamo chiamati a vedere oltre la morte e a proclamare la vittoria di Cristo sulle tenebre della morte e del peccato. Nessuno può dire che esiste la Resurrezione, ma alcuni ci hanno detto che è Risorto e che lo hanno incontrato. Maria di Magdala lo vede nel giardino e Lui la esorta a non piangere ma a rallegrarsi perché è risorto. A Pasqua non c’è spazio per i lutti e le lacrime. Pasqua è l’occasione felice per tirare un sospiro di sollievo: non siamo più nel buio della morte ma nella Luce della vita! Anche Cristo, risorto, è disceso agli inferi per chiamare e liberare Adamo affinché lui si risvegliasse dalla morte e prendesse parte alla vita nuova. “Io sono con fino alla fine del mondo” (Mt. 28, 20) dice Gesù e in questo orizzonte, in questo mondo lacerato da discordie, guerre e morti noi la vita.  La bella notizia del sepolcro vuoto, le apparizioni del Risorto, ci immergono in un clima di vera gioia in cui sentiamo risuonare l’Alleluia pasquale e le campane a festa. Siamo figli di un Dio che ci vuole vivi e pieni di speranza. La Pasqua ha un valore missionario, non basta sapere che Gesù è veramente risorto e non basta credere che non lo hanno trafugato come si pensava, occorre essere testimoni. Dobbiamo diffondere la speranza attraverso gesti di resurrezione: un sorriso, un abbraccio, un gesto di solidarietà con chi soffre. Possiamo farlo non solo spalancando le braccia ma anche aprendo le nostre frontiere agli stranieri, agli emarginati, e a tutti i poveri. Usciamo dai sepolcri fatti di egoismo e cinismo e rimettiamoci ad amare con cuore sincero. Come san Tommaso, tutti siamo chiamati, seppur nel dubbio, a credere senza vedere e a condividere con tutti i fratelli la gioia di essere cristiani risorti. Da morti viventi a uomini vivi. La Pasqua non abbatte la morte corporale, che fa parte dell’esistenza umana e terrena e che San Francesco chiama sorella, ma ci aiuta ad abbracciarla con   fede nella Luce di Colui che è il primo dei Risorti. In questo augurio Pasquale chiediamo allo Spirito che soffi sulle nostre ossa inaridite (Ezechiele 37) e ci aiuti a rinnovarci nel cuore e nella mente per essere uomini e donne nuovi trasformati dalla grazia Pasquale. Se Cristo è risorto, e lo è, non è vana la nostra fede anzi è sempre più vera e forte.  Il Cristo Risorto riempia le nostre famiglie di benedizioni e ci aiuti ad essere orgogliosi di avere un crocifisso appeso alla parete; non ci faccia dimenticare il valore di un segno di croce o di una preghiera fatta col cuore prima dei pasti; aumenti il desiderio di partecipare alla Santa Eucaristia e di compiere sempre gesti di fraternità e umanità. Buona Pasqua a tutti i lettori: Cristo è veramente risorto! (Andrea Fulco) Mig.on 31.3.

 

 

 

Urbi et Orbi di Pasqua: “Attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova”

 

La via della pace. La richiesta di uno scambio totale dei prigionieri in Ucraina. L’appello per Gaza. Lo sguardo all'Africa, al Myanmar, ad Haiti - Di Andrea Gagliarducci

Città del Vaticano. È attraverso il sepolcro vuoto di Gesù che passa “la via nuova”, ovvero, “la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”. Urbi et Orbi di Pasqua: in una piazza San Pietro decorata come al solito da fiori provenienti dall’Olanda, dopo aver celebrato la Messa di Pasqua, Papa Francesco, con la voce un po' arrochita e affaticata, si affaccia dalla loggia delle benedizioni per il consueto messaggio alla città di Roma e al mondo. È un messaggio che rappresenta anche il “termometro diplomatico” della Santa Sede, che racconta quali sono i luoghi su cui si sta guardando con maggiore attenzione.

Cosa c’è, dunque, in questa benedizione? C’è la richiesta di uno scambio di prigionieri totale tra Ucraina e Russia, un “tutti per tutti”, nelle parole del Papa, che riscuote un grande applauso dai 60 mila fedeli che sono accorsi ad ascoltarlo.  C’è la richiesta del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e soprattutto dell’accesso degli aiuti umanitari, anche questo accolta da un applauso. C'è un riferimento ai bambini che "hanno dimenticato come sorridere in quei territori di guerra", e una forte richiesta ai responsabili internazionali di combattere la tratta degli esseri umani, e il ricordo che ogni vita umana deve essere "accolta, protetta e amata". Lo sguardo alle regioni calde dell’Africa, in particolare il Sahel e il Nord Kivu e nella regione in Mozambico ormai preda dell’Isis, senza però menzione della situazione in Nigeria, dove pure i cristiani vengono rapiti e perseguitati. 

Ma tutto parte, come di consueto, dall’annuncio della Pasqua. Perché “la tomba di Gesù era stata chiusa con una grossa pietra”, e così “anche oggi massi pesanti, troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora”.

Da qui lo stupore che deriva dalla pietra rotolata, perché “attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova, quella che nessuno di noi, ma solo Dio ha potuto aprire: la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”.

Ed è lo stesso Gesù – dice Papa Francesco – ad essere “la Via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità”, e ad aprire “il passaggio umanamente impossibile, perché solo lui toglie il peccato del mondo e perdona i nostri peccati”.

Nota Papa Francesco: “Senza il perdono di Dio quella pietra non si toglie. Senza il perdono dei peccati non si esce dalle chiusure, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci, dalle presunzioni che sempre assolvono sé stessi e accusano gli altri”.

Papa Francesco guarda alle “vittime dei tanti conflitti che sono in corso nel mondo, a cominciare da quelli in Israele e Palestina e in Ucraina”, e chiede che “Cristo Risorto apra una via di pace per le martoriate popolazioni di quelle regioni”.

Afferma il Papa: “Mentre invito al rispetto dei principi del diritto internazionale, auspico uno scambio generale di tutti i prigionieri tra Russia e Ucraina: tutti per tutti!”

Quindi il Papa fa appello “a che sia garantita la possibilità di accesso agli aiuti umanitari a Gaza, esortando nuovamente a un pronto rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso e a un immediato cessate-il-fuoco nella Striscia”, chiedendo di non permettere “che le ostilità in atto continuino ad avere gravi ripercussioni sulla popolazione civile, ormai stremata, e soprattutto sui bambini”.

Papa Francesco ribadisce che “la guerra è sempre un’assurdità e una sconfitta,” chiede di non lasciare che “venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo,” invita a non cedere “alla logica delle armi e del riarmo”, perché “la pace non si costruisce mai con le armi, ma tenendo le mani e aprendo i cuori”.

Papa Francesco chiede anche di non dimenticare la Siria da 14 anni in guerra, guarda “in modo speciale” al Libano che è da tempo in blocco istituzionale e da una “profonda crisi economica e sociale, aggravate dalle ostilità alla frontiera con Israele”.

Importante l’accenno ai Balcani Occidentali – l’arcivescovo Gallagher è appena tornato dal Montenegro – “dove si stanno compiendo passi significativi verso l’integrazione nel progetto europeo: le differenze etniche, culturali e confessionali non siano causa di divisione, ma diventino fonte di ricchezza per tutta l’Europa e per il mondo intero”.

Il Papa incoraggia i colloqui tra Armenia e Azerbaijan, “perché, con il sostegno della Comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, soccorrere gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose e arrivare al più presto ad un accordo di pace definitivo”. Il riferimento è alla situazione in Nagorno Karabakh / Artsakh, un conflitto che ha portato ad una pace dolorosa per l’Armenia, e che ora si cerca di risolvere dopo che l’Azerbaijan ha preso il controllo di diversi territori e dopo che da più parti è stato messo in luce il rischio della perdita del patrimonio cristiano nella regione.

Papa Francesco, quindi, prega che Cristo risorto apra una via di speranza alle persone che in altre parti del mondo patiscono violenze, conflitti, insicurezza alimentare, come pure gli effetti dei cambiamenti climatici”, e che “doni conforto alle vittime di ogni forma di terrorismo”.

Nelle Americhe, il focus è su Haiti: il Papa prega che “cessino quanto prima le violenze che lacerano e insanguinano il Paese ed esso possa progredire nel cammino della democrazia e della fraternità”.

In Asia, il Papa mette in primo piano la crisi in Myanmar, e guarda in particolare al dramma dei Rohingya “afflitti da una grave crisi umanitaria”.

Per quanto riguarda l’Africa, Papa Francesco chiede che si aprano vie di pace “specialmente per le popolazioni provate in Sudan e nell’intera regione del Sahel, nel Corno d’Africa, nella Regione del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo e nella Provincia di Capo Delgado in Mozambico”, e prega che cessi “la prolungata situazione di siccità che interessa vaste aree e provoca carestia e fame”. Aci 31.3.

 

 

 

Via Crucis a Ulm e Neu-Ulm. La partecipazione della Mci di Kempten

 

Come l'anno scorso una parte della Comunità della Missione Cattolica Italiana di Kempten è partita nuovamente in treno per partecipare alla 19° Rappresentazione della Passione di Cristo a Ulm e a Neu-Ulm. Altri fedeli della città e dintorni hanno preferito raggiungere Ulm e Neu-Ulm con mezzi propri e si sono uniti al Gruppo e a Padre Bruno Zuchowski all'inizio della sacra Rappresentazione. La Segretaria della Missione, signora Giuseppina Baiano-Polverino, purtroppo, non ha potuto prendere parte alla Celebrazione per ragioni familiari. E anche il Presidente del Consiglio Pastorale, Signor Giampiero Trovato e Famiglia hanno deciso di seguire il Triduo Pasquale ad Assisi.

Il gruppo è partito dalla stazione di Kempten nel primo pomeriggio indossando i foulard con la Madonna della Pace. Per diverse ragioni la Comunità ha deciso di non portare con sé lo stendardo con l'effigie della Vergine. D'altro canto nei gruppi dei fedeli presenti non sono stati notati altri stendardi o altri segni distintivi. La Cerimonia è stata, come sempre, suggestiva e commovente ed è iniziata con il saluto di benvenuto da parte delle autorità civili e una breve preghiera da parte delle autorità religiose di Neu-Ulm e Ulm.

Tra i sacerdoti presenti: il Missionario italiano di Neu-Ulm e Ulm, Don Giampiero Fantastico, che, saltuariamente, celebra la S. Messa per la Comunità di Kempten, supportando fraternamente Padre Zuchovski, che, oltre a essere il Rettore delle Missioni di Kempten e Augsburg, celebra la S. Messa e si occupa dei fedeli in diverse altre località con cadenza mensile.

Purtroppo, a causa di un improvviso malore di una giovane partecipante la Comunità d Kempten ha dovuto anticipare la partenza da Ulm prima della fine della Commemorazione. Fernando A. Grasso, de.itpress

 

 

 

 

Via Crucis. Quattordici volte il nome di Gesù

 

Anche quest’anno senza Papa Francesco la Via Crucis al Colosseo. Ma le meditazioni portano la sua firma - Di Veronica Giacometti

Città del Vaticano. Questa è una Via Crucis speciale. Diversa dalle altre perchè per la prima volta è Papa Francesco, di suo pugno, ad aver scritto le meditazioni per la Via della Croce al Colosseo. Un evento in mondovisione, che si ripete anche quest'anno però, senza la partecipazione del Papa.

Il Papa segue tutto in collegamento da Casa Santa Marta. Per conservare la sua salute si è preferito così. Già lo scorso anno Francesco era reduce da un ricovero al Gemelli e per questo non fu presente al Colosseo. 

La Sala stampa fa sapere che sono presenti 25.000 fedeli.

“In preghiera con Gesù sulla via della Croce”, è il tema delle meditazioni 2024. 

Come ha sottolineato la Sala Stampa vaticana qualche giorno fa, "le meditazioni sono un atto di meditazione e spiritualità, con Gesù al centro. Lui che fa il cammino della Croce e ci si mette in cammino con Lui. È tutto molto incentrato su quello che Gesù vive in quel momento ed è chiaro che ci si allarga al tema della sofferenza".

Ed è proprio così che avviene questa sera al Colosseo, al centro di Roma: c’e’ Gesù sulla croce. "Signore Gesù, guardiamo la tua croce e capiamo che hai dato tutto per noi. Noi ti dedichiamo questo tempo. Vogliamo trascorrerlo vicini a te, che dal Getsemani al Calvario hai pregato. Nell’Anno della preghiera ci uniamo al tuo cammino di preghiera", questa l'introduzione sul libretto alle 14 stazioni. 

Tante le preghiere e le invocazioni. Guariscimi, Gesù! Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore! Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare! Nelle preghiere del Papa c'è tanta speranza.

Sono variegati i gruppi di coloro che portano la Croce per l’Anfiteatro più famoso del mondo. Ci sono un gruppo di suore di clausura, persone con disabilità, donne impegnate nella pastorale sanitaria, migranti, catechisti, parroci della Diocesi di Roma e persone impegnate nella Caritas.

Il Papa si può dire che in questi testi riassuma tutti i dolori del mondo. Ci sono i bambini non nati, le donne che subiscono oltraggi e violenze, gli scartati, coloro che soffrono per la follia della guerra.

Nella seconda stazione, in cui Gesù è caricato della croce, il Papa elenca anche le tanti croci quotidiane che riguardano tutti da vicino: una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca, una ferita interiore che non guarisce, il fallimento di un progetto. Gesù, come si fa a pregare lì? Come fare quando mi sento schiacciato dalla vita, quando un peso mi grava sul cuore, quando sono sotto pressione e non ho più la forza di reagire?", chiede il Papa nella meditazione.

La risposta è Venire a Lui. "Venire a te; io, invece, mi chiudo in me: rimugino, rivango, mi piango addosso, sprofondo nel vittimismo, campione di negatività. Venite a me: dircelo non è bastato e allora ecco che ci vieni incontro e ti carichi sulle spalle la nostra croce, per togliercene il peso. Tu questo desideri: che gettiamo in te fatiche e affanni, perché vuoi che ci sentiamo liberi e amati in te. Grazie, Gesù. Unisco la mia croce alla tua, ti porto la mia stanchezza e le mie miserie, getto in te ogni peso del cuore", continua il Papa nella seconda stazione.

Poi c'è la sesta stazione, quella della Veronica. "Basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze. Ma, mentre tanti urlano e giudicano, una donna si fa strada in mezzo alla folla. Non parla: agisce. Non inveisce: s’impietosisce. Va controcorrente: sola, con il coraggio della compassione, rischia per amore, trova il modo di passare tra i soldati solo per darti sul volto il conforto di una carezza. Il suo gesto passerà alla storia ed è un gesto di consolazione. Quante volte invoco consolazione da te, Gesù! Ma la Veronica mi ricorda che pure tu ne hai bisogno: tu, Dio vicino, chiedi la mia vicinanza; tu, mio consolatore, vuoi essere consolato da me. Rendimi testimone della tua consolazione!", scrive il Pontefice parlando degli hater, una piaga di questo secolo scandito dai social.

Nell'ottava stazione il Papa ricorda poi il momento drammatico delle guerre che stiamo vivendo. "Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie? Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare? Tu, Gesù, hai pianto su Gerusalemme, hai pianto sulla durezza del nostro cuore. Scuotimi dentro, dammi la grazia di piangere pregando e di pregare piangendo", questo il cuore della stazione "Gesù incontra le donne di Gerusalemme".

"Dio dell’impossibile, fai di un ladro un santo. E non solo: sul Calvario cambi il corso della storia. Fai della croce, emblema del supplizio, l’icona dell’amore; del muro della morte un ponte sulla vita. Tu trasformi le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza. Ma questi ribaltamenti li operi con noi, mai senza di noi. Gesù, ricordati di me: questa preghiera sincera ti ha permesso di operare prodigi nella vita di quel malfattore. Potenza inaudita della preghiera", la dodicesima stazione di quest'anno al Colosseo tocca il cuore di tutti.

Ma “la sofferenza con Dio non ha l'ultima parola”.

L'Invocazione conclusiva scritta da Papa Francesco ripete il nome di Gesù ben 14 volte. 

"Signore, ti preghiamo come i bisognosi, i fragili e i malati del Vangelo, che ti invocavano con la parola più semplice e familiare: con il tuo nome.

Gesù, il tuo nome salva, perché tu sei la nostra salvezza.

Gesù, sei la mia vita e per non perdere la rotta nel cammino ho bisogno di te, che perdoni e rialzi, che guarisci il mio cuore e dai senso al mio dolore.

Gesù, hai preso su di te il mio male e dalla croce non mi punti il dito contro, ma mi abbracci; tu, mite e umile di cuore, risanami dal livore e dal risentimento, liberami dal sospetto e dalla sfiducia.

Gesù, ti guardo in croce e vedo spalancarsi davanti ai miei occhi l’amore, senso del mio essere e meta del mio cammino: aiutami ad amare e perdonare, a superare l’insofferenza e l’indifferenza, a non lamentarmi.

Gesù, sulla croce hai sete, ed è sete del mio amore e della mia preghiera; ne hai bisogno per portare a compimento i tuoi progetti di bene e di pace.

Gesù, ti rendo grazie per quanti rispondono al tuo invito e hanno la perseveranza di pregare, il coraggio di credere e la costanza di andare avanti nelle difficoltà.

Gesù, ti presento i pastori del tuo popolo santo: la loro preghiera sostiene il gregge; trovino tempo per stare davanti a te, conformino il loro cuore al tuo.

Gesù, ti benedico per le contemplative e i contemplativi, la cui preghiera, nascosta al mondo e a te gradita, custodisce la Chiesa e l’umanità.

Gesù, porto davanti a te le famiglie e le persone che stasera hanno pregato dalle loro case, gli anziani, specialmente quelli soli, gli ammalati, gemme della Chiesa che uniscono le loro sofferenze alla tua.

Gesù, questa preghiera di intercessione raggiunga le sorelle e i fratelli che in tante parti nel mondo soffrono persecuzioni a motivo del tuo nome; coloro che patiscono il dramma della guerra e quanti, attingendo forza in te, portano croci pesanti.

Gesù, con la tua croce hai fatto di tutti noi una cosa sola: stringi nella comunione i credenti, infondi sentimenti fraterni e pazienti, aiutaci a collaborare e a camminare insieme; custodisci la Chiesa e il mondo nella pace.

Gesù, giudice santo che mi chiamerai per nome, liberami dai giudizi temerari, dai pettegolezzi e dalle parole violente e offensive.

Gesù, prima di morire dici: “è compiuto”. Io, nella mia incompiutezza, non potrò dirlo; ma confido in te, perché sei la mia speranza, la speranza della Chiesa e del mondo.

Gesù, ancora una parola voglio dirti e continuare a ripeterti: grazie! Grazie, mio Signore e mio Dio". Il Cardinale De Donatis benedice e congeda i fedeli presenti al Colosseo. Aci 30.3.

 

 

 

Giovedì Santo, Papa Francesco: “La compunzione va chiesta nella preghiera”

 

Papa Francesco stamane ha presieduto nella Basilica Vaticana la Messa Crismale del Giovedì Santo: "Nella vita spirituale chi non piange regredisce" - Di Marco Mancini

Città del Vaticano. Papa Francesco stamane ha presieduto nella Basilica Vaticana la Messa Crismale del Giovedì Santo in cui si procede alla benedizione dell’olio degli infermi, dell’olio dei catecumeni e del crisma e si rinnovano le promesse sacerdotali.

Nel momento del tradimento – osserva il Papa nell’omelia - gli occhi di Pietro “furono inondati di lacrime che, sgorgate da un cuore ferito, lo liberarono da convinzioni e giustificazioni fasulle. Quel pianto amaro gli cambiò la vita. Le parole e i gesti di Gesù per anni non avevano smosso Pietro dalle sue attese, simili a quelle della gente di Nazaret: anche lui aspettava un Messia politico e potente, forte e risolutore, e di fronte allo scandalo di un Gesù debole, arrestato senza opporre resistenza, dichiarò: «Non lo conosco!». Ed è vero, non lo conosceva: cominciò a conoscerlo quando, nel buio del rinnegamento, fece spazio alle lacrime della vergogna e del pentimento. E lo conoscerà davvero quando, addolorato che per la terza volta gli domandasse: Mi vuoi bene?, si lascerà pienamente attraversare dallo sguardo di Gesù. Allora dal «non lo conosco» passerà a dire: «Signore, tu conosci tutto»”.  

Si guarisce – osserva – “quando, feriti e pentiti, ci si lascia perdonare da Gesù” e il Papa propone una riflessione sulla compunzione che è “una puntura sul cuore, una trafittura che lo ferisce, facendo sgorgare le lacrime del pentimento”.

La compunzione – spiega il Pontefice – “non è un senso di colpa che butta a terra, non una scrupolosità che paralizza, ma una puntura benefica che brucia dentro e guarisce, perché il cuore, quando vede il proprio male e si riconosce peccatore, si apre, accoglie l’azione dello Spirito Santo, acqua viva che lo smuove facendo scorrere le lacrime sul volto. Piangere su noi stessi non significa piangerci addosso, come spesso siamo tentati di fare. Questa  è la tristezza secondo il mondo, opposta a quella secondo Dio. Piangere su noi stessi, invece, è pentirci seriamente di aver rattristato Dio col peccato; è riconoscere di essere sempre in debito e mai in credito; è ammettere di aver smarrito la via della santità, non avendo tenuto fede all’amore di Colui che ha dato la vita per me. È guardarmi dentro e dolermi della mia ingratitudine e della mia incostanza; è meditare con tristezza le mie doppiezze e falsità; è scendere nei meandri della mia ipocrisia. Per poi, da lì, rialzare lo sguardo al Crocifisso e lasciarmi commuovere dal suo amore che sempre perdona e risolleva, che non lascia mai deluse le attese di chi confida in Lui. Così le lacrime continuano a scendere e purificano il cuore”.

Il Papa sottolinea inoltre che “la compunzione richiede fatica ma restituisce pace; non provoca angoscia, ma alleggerisce l’anima dai pesi, perché agisce nella ferita del peccato, disponendoci a ricevere proprio la carezza del medico celeste. Il cuore senza pentimento e pianto, si irrigidisce: dapprima diventa abitudinario, poi insofferente per i problemi e indifferente alle persone, quindi freddo e quasi impassibile, come avvolto da una scorza infrangibile, e infine di pietra. Ma, come la goccia scava la pietra, così le lacrime lentamente scavano i cuori induriti. Si assiste così al miracolo della buona tristezza che conduce alla dolcezza”.

“La compunzione – dice ancora Papa Francesco è il rimedio, perché ci riporta alla verità di noi stessi, così che la profondità del nostro essere peccatori riveli la realtà infinitamente più grande del nostro essere perdonati. Ogni nostra rinascita interiore scaturisce sempre dall’incontro tra la nostra miseria e la sua misericordia, passa attraverso la nostra povertà di spirito che permette allo Spirito Santo di arricchirci”.

“Nella vita spirituale – è il monito del Papa - chi non piange regredisce, invecchia dentro, mentre chi raggiunge una preghiera più semplice e intima, fatta di adorazione e commozione davanti a Dio, matura. Si lega sempre meno a sé stesso e sempre più a Cristo, e diventa povero in spirito. In tal modo si sente più vicino ai poveri, i prediletti di Dio”.

Alla compunzione si lega – secondo il Papa – “la solidarietà. Un cuore docile, affrancato dallo spirito delle Beatitudini, diventa naturalmente incline a fare compunzione per gli altri: anziché adirarsi e scandalizzarsi per il male compiuto dai fratelli, piange per i loro peccati. Avviene una sorta di ribaltamento, dove la tendenza naturale a essere indulgenti con sé stessi e inflessibili con gli altri si capovolge e, per grazia di Dio, si diventa fermi con sé stessi e misericordiosi con gli altri. E il Signore cerca, specialmente tra chi è consacrato a Lui, chi pianga i peccati della Chiesa e del mondo, facendosi strumento di intercessione per tutti”.

A noi pastori Dio – spiega Francesco – “non chiede giudizi sprezzanti su chi non crede, ma amore e lacrime per chi è lontano. Le situazioni difficili che vediamo e viviamo, la mancanza di fede, le sofferenze che tocchiamo, a contatto con un cuore compunto non suscitano la risolutezza nella polemica, ma la perseveranza nella misericordia. Quanto abbiamo bisogno di essere liberi da durezze e recriminazioni, da egoismi e ambizioni, da rigidità e insoddisfazioni, per affidarci e affidare a Dio, trovando in Lui una pace che salva da ogni tempesta! Adoriamo, intercediamo e piangiamo per gli altri: permetteremo al Signore di compiere meraviglie. E non temiamo: Lui ci sorprenderà! Il nostro ministero ne gioverà”.

“La compunzione – conclude Francesco - non è tanto frutto del nostro esercizio, ma è una grazia e come tale va chiesta nella preghiera. Il pentimento è dono di Dio, è frutto dell’azione dello Spirito Santo”. E per facilitarne la crescita, il Papa suggerisce “di non guardare la vita e la chiamata in una prospettiva di efficienza e di immediatezza, legata solo all’oggi e alle sue urgenze e aspettative, ma nell’insieme del passato e del futuro. Riscopriamo la necessità di dedicarci a una preghiera che non sia dovuta e funzionale, ma gratuita, calma e prolungata. Torniamo all’adorazione e alla preghiera del cuore”. Aci 28.3.

 

 

 

Papa Francesco ai cattolici di Terra Santa: “non siete soli e non vi lasceremo soli”

 

“Non siete soli e non vi lasceremo soli, ma rimarremo solidali con voi attraverso la preghiera e la carità operosa, sperando di poter tornare presto da voi come pellegrini, per guardarvi negli occhi e abbracciarvi, per spezzare il pane della fraternità e contemplare quei virgulti di speranza cresciuti dai vostri semi, sparsi nel dolore e coltivati con pazienza”. A garantirlo è il Papa, nella lettera ai cattolici di terra Santa, in cui rinnova l’invito “a tutti i cristiani del mondo a farvi sentire il loro sostegno concreto e a pregare senza stancarsi, perché l’intera popolazione della vostra cara Terra sia finalmente nella pace”. “So che i vostri Pastori, i religiosi e le religiose vi sono vicini”, scrive Francesco: “li ringrazio di cuore per quanto hanno fatto e continuano a fare. Cresca e risplenda, nel crogiolo della sofferenza, l’oro dell’unità, anche con i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni cristiane, ai quali pure desidero manifestare la mia spirituale vicinanza ed esprimere il mio incoraggiamento. Tutti porto nella preghiera”. E proprio con i cattolici di Terra Santa il Papa prega così: “‘Signore, tu che sei la nostra pace (cfr Ef 2,14-22), tu che hai proclamato beati gli operatori di pace (cfr Mt 5,9), libera il cuore dell’uomo dall’odio, dalla violenza e dalla vendetta. Noi guardiamo te e seguiamo te, che perdoni, che sei mite e umile di cuore (cfr Mt 11,29). Fa’ che nessuno ci rubi dal cuore la speranza di rialzarci e di risorgere con te, fa’ che non ci stanchiamo di affermare la dignità di ogni uomo, senza distinzione di religione, di etnia o di nazionalità, a partire dai più fragili: dalle donne, dagli anziani, dai piccoli e dai poveri’”. (M.N.) aci 27.3.

 

 

 

“Mi cercherete e mi troverete… Storia breve di una conversione”

 

“Voi mi cercherete e mi troverete perché mi cercherete con tutto il vostro cuore”. (Geremia 29, 13)

Sono nato in una famiglia cattolica come tante altre. Quando ero piccolo, con mio padre arrivavamo sempre alla fine della messa, giusto in tempo per salutare il prete. Quasi un omaggio domenicale a quel presbitero. Non so perché.

Da bambino ho frequentato l’oratorio gestito dai buoni padri salesiani e poi, crescendo, gli scout. Il grande amore della mia vita.

Penso di essere stato sempre religioso e naturalmente cristiano. Dopo il liceo e appassionate letture dei padri della Chiesa, in particolare di Agostino d’Ippona, e di testi teologici e di storia delle religioni, sotto la guida amorevole del mio coltissimo e inquieto nonno materno, ho anche studiato teologia.

Da giovane avevo fame di mondo e di vita. E di vita e di mondo ne ho divorati tanti da allora. Sono anche diventato giornalista, mi occupavo soprattutto di Vaticano e questioni attinenti alla religione. Poi di mafia e di politica. Ho viaggiato molto, ho attraversato mondi.

Cercavo di essere un buon cristiano, un cittadino responsabile e impegnato, e pensavo di cercare sinceramente il Signore. Ma, in verità, lo cercavo con paura e con rabbia. Forse dentro di me Dio era come mio padre, un uomo di formazione militare. A Dio, come a mio padre, bisognava solo ubbidire e l’obbedienza non era mai perfetta. Ubbidivo a Dio ma non lo amavo. La mia obbedienza era puramente mentale. Dentro di me lo detestavo e lo maledicevo. Mi aveva dato un’esistenza difficile e, a tratti, orribile.

Mio padre era un uomo violento. E per me Dio era come lui. Per quanto mi sforzassi, non avrei mai meritato il suo amore. Lui avrebbe sempre trovato un motivo per punirmi con la stessa ferocia che avevo sperimentato da parte di mio padre la cui ira scoppiava all’improvviso, come una tempesta, e si placava solo dopo essersi scaricata con tutta la sua forza su di me. La sua violenza era anche psicologica. Raramente mio padre era fiero di me, ricordo solo pochi apprezzamenti, quasi sulle dita di una sola mano. Per il resto, solo rimproveri, insulti. Mi sono sentito spesso come un cane randagio che nessuno vuole, scacciato da tutti, venuto al mondo quasi per caso, che non si rassegna a morire, costretto a mendicare carezze e cibo. Così ero io. Solo e non voluto, non amato.

Quindi, pur pensando di cercarlo, in verità, fuggivo da Dio così come avevo passato l’infanzia e l’adolescenza a fuggire dall’umore capriccioso e imprevedibile di mio padre.

Uno scrittore un giorno ha detto che l’inferno sono gli altri. Per me l’inferno in terra era mio padre.

E così, pensavo di conoscere Dio, in fondo avevo studiato teologia! Ma lo conoscevo “per sentito dire” (cfr. Giobbe 42, 5). Solo a livello mentale. In verità, ero morto dentro. Mi ero allontanato da Dio, come avevo passato la vita ad allontanarmi a fuggire da mio padre. Pur essendo formalmente un buon cristiano, vivevo una vita disordinata. Priva di amore, in continua e sorda ribellione.

Come il figliolo della parabola, anch’io mi sono perso. E, mentre giacevo a terra, reso quasi impotente e stremato per le percosse della vita, il Signore mi ha messo nel cuore una grande nostalgia e la forza di volgere i miei passi e la mia speranza verso di Lui e la sua casa.

Estate 2018. Corso di esercizi spirituali. Meditazione sulla parabola del figliol prodigo. Ero nella mia stanza, ma mi sentivo soffocare. Il cuore mi batteva forte. Sono uscito in giardino e gli ho urlato contro tutta la mia rabbia. Basta! Adesso schiantami, gli ho detto, distruggimi, riprenditi questa vita che non voglio più perché è solo dolore e solitudine, annientami, riducimi in cenere e che il vento disperda per sempre anche il ricordo di me. Maledico Te e la mia vita!

Il cielo era terso. La luce del sole dorava il paesaggio: il mare davanti a me e le colline intorno. Silenzio. Un silenzio assoluto, solido, palpabile. Mi sono accorto all’improvviso della bellezza che mi circondava. Un dono. E ho sentito forte, avvolgente il suo amore che mi abbracciava e mi sanava il cuore. L’amore che spezza ogni parola. Che brucia i sensi di colpa. E il cuore quasi mi scoppiava di gioia!

Poco prima ero morto. E all’improvviso il Signore mi aveva riportato in vita. Mi aveva fatto sentire di essere figlio sempre amato, che Lui c’era sempre stato e che dovevo solo aprirgli la porta perché lui entrasse nella mia vita e prendesse tutto il mio dolore, la mia rabbia… il peso della mia intera esistenza.

Ero perduto e Lui mi aveva ritrovato. Pensiamo di cercare Dio e invece è Lui che non smette mai di cercare noi. Ognuno di noi.

“Gli sono venuto incontro da lontano e gli ho detto: ‘Ti ho sempre amato e per questo continuerò a mostrarti il mio amore incrollabile’” (Geremia 31,3).

Ho capito, ho sentito che Dio ama ognuno di noi di un amore speciale e unico. Per ognuno di noi, per la gioia dei nostri occhi, ricreerebbe ogni giorno il mondo con tutti i suoi profumi e colori e l’universo intero con tutte le sue galassie. Solo perché siamo figli amati e non servi chiamati a un’ubbidienza cieca. E, per quanto facciamo, nessuno di noi sarà mai lontano dal suo amore. (Cfr. Rm 8, 35-39)

Più di trent’anni fa, mio padre era spirato fra le mie braccia chiedendomi di perdonarlo per il male che mi aveva fatto, per tutte le sofferenze che mi aveva provocato. Lo avevo assistito, accompagnato fin sulla soglia della morte, combattuto da sentimenti contrastanti: la pietà nel vederlo soffrire in quel modo a causa di un brutto male che lo stava divorando e il ricordo del dolore che mi aveva fatto provare… Non ero stato capace di perdonarlo, quasi sottovoce gli avevo detto parole dure delle quali mi ero subito vergognato.

Solo oggi, a distanza di tanto tempo, posso di dire di averlo veramente perdonato e spero che, nel momento in cui è spirato, abbia consegnato la sua anima a Dio chiedendo anche il Suo perdono

Io da allora, da quel giorno, dal giorno della mia conversione, ho desiderato solo vivere e parlare di questo amore, servirlo con quello che rimane della mia vita. Non importa quanti giorni ancora il Signore mi concederà, desidero che ogni giorno che Lui mi donerà sia speso solo per la sua gloria e per servire i fratelli. Sia una piccola luce per chi ancora vive nelle tenebre della disperazione, un segno del suo amore.

“Un giorno nei tuoi cortili val più che mille altrove. Io preferirei stare sulla soglia della casa del mio Dio, che abitare nelle tende degli empi”. (Salmo 84, 10)

Davide Romano (de.it.press)

 

 

 

Una fiction su Gesù. “The Chosen”, un racconto che funziona

 

Una fiction su Gesù, in sette «stagioni», al momento ancora alla terza. Dal 4 marzo 2024 saranno trasmesse le prime due stagioni su TV2000.

A meno di non essere contrari per ragioni di principio (e c’è qualcuno che lo è), è una notizia già di per sé interessante. Ancor di più sapere che è già un successo mondiale, con oltre 200 milioni di spettatori e 770 milioni di visualizzazioni. Ciò significa che, dal punto di vista dello spettacolo, «funziona», e anche questo è, per alcuni, fonte di sospetto.

Libero accesso

Escludiamo, per cominciare, che sia una furba operazione di marketing intesa a sfruttare un soggetto che, in un modo o nell’altro, fa sempre audience. La produzione americana (piattaforma dedicata Angel Studios) non si appoggia a nessun colosso holliwoodiano e l’accesso alla serie è sempre free.

Netflix ha ospitato per un certo periodo la prima stagione, ma poi ha mollato l’osso, dato che si può vedere tutto senza piattaforme a pagamento, semplicemente scaricando unìapp gratuita.

L’impresa, inoltre, è stata finanziata tramite un crowdfunding di eccezionale successo (dieci milioni di dollari raccolti solo per la prima serie), proprio per evitare vincoli e veti di natura commerciale o ideologica. Aggiungiamo che non c’è pubblicità e solo si trova l’offerta di piccolo merchandising legata alla fiction (magliette e oggettistica varia col logo della serie).

Eliminate le fonti di sospetto che possono derivare dai perversi meccanismi del finanziamento e della distribuzione (primo elemento positivo), un secondo elemento positivo è la collaborazione tra evangelici (il regista Dallas Jenkins appartiene alla Chiesa evangelica) e cattolici con la consulenza di ebrei e mormoni. Questo fatto ha già del miracoloso.

Aspetti positivi

La serie è fatta tecnicamente bene e può piacere a molti, anche se non tutte le puntate sono allo stesso modo avvincenti e ben riuscite sul piano narrativo.

La figura di Gesù è una bella figura: non troppo ieratico, ma sempre composto, misurato, capace di ironia, simpatico senza essere piacione, senza aureola ma senza chitarra e jeans strappati, insomma. L’attore che lo interpreta, Jonhatan Roumie, di confessione cattolica, madre irlandese e padre egiziano, ha un volto non convenzionale, molto espressivo, capace di comunicazione intensa anche senza parola. Gesù pronuncia sempre alla lettera le parole presenti nei lòghia evangelici, mentre nelle altre circostanze ricostruite nella fiction naturalmente non è così, ma sempre le sue parole sono aderenti al significato del messaggio evangelico.

Tutte le vicende rappresentate sono tratte dalla narrazione evangelica, anche se è ovvio che gli elementi di contesto narrativo sono fiction: in una rappresentazione i personaggi e il contesto devono essere caratterizzati, mentre il racconto evangelico non ha questo intento.

Va però detto che la caratterizzazione dei personaggi è fatta con discrezione e credibilità, senza troppe concessioni al romanzesco e nessuna provocazione. La Samaritana al pozzo, per fare un esempio di facile controversia, è accompagnata nella rappresentazione prima e dopo l’incontro con Gesù con scene di fantasia, ma i suoi atti e la sua figura rimangono coerenti con la ricerca insoddisfatta prima e la gioia dell’incontro poi.

Usi e costumi dell’epoca sono ricostruiti con sostanziale fedeltà e accuratezza, con qualche incongruenza che vedremo.

La colonna sonora e la grafica sono pregevoli: molto bella la sigla iniziale e discreta la presenza musicale nel corso della narrazione.

Prospettiva

Il pregio maggiore però è un altro, e cioè che il punto di vista della narrazione è quello di coloro che incontrano Gesù di volta in volta e l’effetto su di loro del suo messaggio: si scava nelle loro aspirazioni e frustrazioni, si osserva come le loro debolezze vengono accolte da Gesù e come la loro vita ne viene trasformata.

Non c’è il racconto biografico della vita di Gesù, e infatti la narrazione comincia con l’inizio della sua vita pubblica, con qualche flashback sull’infanzia e sull’antica storia di Israele (per altro ben fatti).

Questa prospettiva suggerisce una riflessione sulle vicende di chi anche oggi viene in contatto col vangelo: il tormento della ricerca in Nicodemo (che alla fine non riesce a prendere una decisione radicale); la nevrosi di Matteo il pubblicano, salvato dalla marginalità in cui è confinato e profondamente capito e amato da Gesù; l’impulsività di Simone, da tutti ritenuto inaffidabile e da Gesù incaricato di essere responsabile degli altri (e, a modo suo, lo diventa); la dedizione di Maria di Magdala che, liberata dai sette demoni, deve tutto a Gesù e solo teme che il suo affetto possa essere mal interpretato dagli altri (ma di questo Gesù non ha paura!); e Maria, la madre e discepola, la quale parla e agisce con spontanea disinvoltura (il che non è ovvio).

Quanto detto fin qui basterebbe, a nostro avviso, a fare di The Chosen un’impresa apprezzabile.

Aspetti di limite

Dimenticatevi una lettura storico-critica dei vangeli. Tutto è preso letteralmente: dai miracoli (anche se non si indulge a rappresentazioni strabilianti e non ci sono effetti speciali) alla consapevolezza di sé che Gesù manifesta fin dall’inizio, con una pre-scienza e un’onniscienza a volte un po’ fastidiose (conosce la sua missione e l’evoluzione della sua storia, conosce da prima le persone che incontra…), alla stessa origine degli scritti evangelici (Matteo, Marco, Luca e Giovanni sono rappresentati, in un flashforward, mentre scrivono di loro pugno la narrazione degli eventi, dopo la Pasqua, e addirittura prendono appunti mentre si trovano con Gesù).

Insomma, il cosiddetto «filtro post-pasquale» (cioè la reinterpretazione che gli evangelisti danno della vicenda di Gesù a partire dagli eventi della Pasqua) è mantenuto pienamente. Non era pensabile diversamente, del resto, considerando i soggetti che hanno partecipato all’impresa.

Qualcuno ha eccepito riguardo le presenze femminili tra i discepoli di Gesù, ritenendole concessioni al femminismo contemporaneo, ma è certo, in realtà, che ci fossero donne al seguito di Gesù e che la loro presenza è stata successivamente occultata o ridimensionata da una mentalità patriarcale.

Un discorso in parte analogo può valere per la presenza di personaggi variamente coloured: non è impensabile che nella Palestina del tempo ci fossero anche degli africani, ma in ogni caso non è una presenza disturbante, se viene a significare l’universalità dell’annuncio evangelico.

Piuttosto, sul piano della ricostruzione storica, troviamo eccessivamente caricata la presenza dei Romani, che rappresentano il potere: si capisce che il loro ruolo sia importante in una fiction, ma nella realtà dei fatti i Romani non solo non si occupavano di quisquilie (come invece risulta da molti episodi), ma nemmeno circolavano sempre con l’elmo in testa, tutta l’armatura e il mantello rosso, anche se è molto scenografico (e di gusto maledettamente americano).

Anche i Farisei rappresentano, narratologicamente, gli antagonisti e la loro presenza di «cattivi» potrebbe sembrare caricata. Tuttavia nei vangeli i Farisei risultano i peggiori nemici di Gesù, con poche eccezioni che pure sono presenti: c’è il perverso Samuele, ma c’è anche Nicodemo, che cerca la verità.

Possiamo criticare anche l’eccessiva presenza della scrittura in un contesto culturale prevalentemente ancora orale e aurale: è poco credibile che Gesù avesse bisogno di preparare per iscritto il Discorso della Montagna o che i pescatori e tantomeno le donne avessero accesso alla scrittura.

Su piano più tecnico, da ultimo, è manchevole il doppiaggio: è disponibile in italiano soltanto nelle prime due «stagioni», ma soprattutto la seconda stagione è stata doppiata male, vuoi per fretta vuoi per risparmio. Un peccato.

A proposito di linguaggi

La cosa più importante è che il racconto funziona e che il messaggio passa.

Dobbiamo tornare ai cicli di affreschi delle antiche chiese per far conoscere a tutti il racconto biblico. Capita che un bambino di sei anni, nato e cresciuto in Italia, venga al battesimo della sorellina e mi chieda, guardando il crocifisso, quale strano uccello sia: anche da questo abbiamo la misura di quanto sia necessario uscire dal catechismo e dalle omelie per tentare forme nuove di trasmissione di una cultura religiosa di base, anche se si tratta sempre di operazioni delicate.

Oggi i cicli di affreschi sono le fiction, anche le fiction. E pazienza se non tutti sono Giotto o Michelangelo. Un risultato discreto, come questo, è già un’ottima cosa. Elisa Mascellani, Sett.News 6.3.

 

 

 

 

Nella croce la luce che vince la notte. Domenica delle Palme

 

Carpi. Con la Domenica delle Palme inizia la settimana più santa dell’anno, perchè riviviamo il mistero della nostra salvezza. La Chiesa ci fa meditare il racconto della Passione di Gesù secondo il Vangelo di san Marco. Ci soffermiamo al momento della crocifissione. L’evangelista non fa commenti, racconta i fatti nella loro cruda realtà. Le ore in cui Gesù rimane appeso alla croce trascorrono tra gli insulti e gli scherni. Tutto questo odio e questa violenza che si abbattono conto di Lui non devono scandalizzarci. Tutto era già stato predetto. San Marco divide i denigratori di Gesù in tre gruppi. Innanzitutto la folla che si unisce al coro di coloro che lo beffeggiano e lo deridono. Poi i capi del popolo ebraico i quali si godono la vittoria e, osservando dai piedi del Calvario l’agonia del crocifisso, lo provocano: “scendi dalla croce e crederemo in te”. Ma Gesù non scende dalla croce, Dio non lo salva, e quindi, secondo il loro modo di ragionare, Gesù non è Figlio di Dio. Non capiscono che Gesù non scende dalla croce non perchè gli è impossibile farlo, ma per amore degli uomini. Se Dio vuole mostrare la sua potenza, allora la croce è un fallimento. Se Dio vuole mostrare il suo amore, allora la croce è un trionfo, è una scuola meravigliosa di vita. A questi due gruppi di schernitori si aggiungono anche quelli che erano crocifissi con Lui. Gesù non trova un minimo di comprensione e di compassione nemmeno in coloro che dividono con Lui gli atroci dolori della crocifissione.

Il momento culminante della sofferenza morale e fisica di Cristo è manifestato dalla preghiera: Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato? Tradito dai suoi discepoli e abbandonato da tutti, Gesù rimane unito al Padre e, pur non riuscendo a percepire la sua presenza, crede in Lui, parla con Lui, chiede il suo aiuto. La sua preghiera muove a compassione un soldato il quale compie un gesto di umanità. Inzuppa una spugna nell’aceto, e dà da bere a Cristo, che a causa della grande perdita di sangue è ormai disidratato, alleviando così la sua sete. Gesù muore emettendo un forte grido. Il grido lanciato dalla croce è un segno della sua prossima vittoria, cioè della sua resurrezione. Esso, infatti, esce da Cristo quando ormai è giunto alla fine della vita e le forze lo hanno abbandonato. Questo grido è la dimostrazione che lui non è come gli altri uomini. E’ un segno che viene compreso perfettamente dal centurione romano, il quale nel vedere il modo con cui Gesù muore, lo riconosce come il Figlio di Dio. Gesù in croce non è un vinto, ma un vincitore.

Un poeta moderno, parlando della morte di Cristo, si è chiesto: “A cosa può servirmi che quell'uomo / abbia sofferto, se io soffro ora? (cfr Borghes). Si tratta di una domanda provocatoria che non è isolata. Molti, infatti, ritengono che la morte in croce di Gesù sia stato un sacrificio inutile perchè il peccato, la sofferenza, l’ingiustizia, la violenza e la morte continuano a regnare incontrastate nel mondo. A questa obiezione possiamo rispondere che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto non per risolvere i problemi dell’umanità, ma per svelarci il mistero della vita e dirci che siamo fatti per il cielo. Non va inoltre dimenticato che nella croce, Gesù si è caricato del dolore innocente, dell’ingiustizia subita, del non senso della vita, dell’abbandono e del tradimento degli amici, della morte, di ogni tipo di male morale e spirituale dell’umanità per dare un senso a tutto ciò che rende impossibile la vita. Egli si è fatto solidale con tutti. Questa solidarietà ci porta a riconoscere che non siamo soli nel cammino della vita, abbiamo al nostro fianco un amico che non solo ci soccorre e ci sostiene, ma che anche ci capisce perchè Egli ha vissuto prima di noi e per noi tutti i drammi dell’umanità, anche il mio.

La vita di Cristo, poi, non finisce lì, su quel legno. Non finisce neppure nel buio di una tomba. Va ben al di là. In quella croce è nascosta una luce che è capace di vincere la notte, cioè la luce sfolgorante della Resurrezione perchè come abbiamo ricordato chi muore non è uno qualsiasi. E’ il Figlio di Dio. Egli dopo tre giorni nel sepolcro, torna in vita per annunciare che va a prepararci un posto nel suo Regno eterno. Possiamo, allora, veramente dire che la Croce di Cristo è come un faro che ci permette di intravvedere, tra le nebbie più fitte del vivere, la luce della Resurrezione. Il grande scrittore inglese Chesterton ha affermato che cristiani sono coloro che vanno lieti nel buio. Possiamo camminare lieti nel buio perchè Cristo fa da “scia”. E’ la luce che si può scorgere anche nella notte più buia. E noi seguendo questa scia abbiamo la certezza di giungere alla fine della salita dove ci attende l’abbraccio del Padre che ci introduce nella pienezza della vita.

“L’Incarnazione e la Passione sono la follia dell’amore di Dio per farsi accettare dall’uomo peccatore. Dopo tale follia si capisce che il più grande peccato sia il non credere all’amore di Dio per noi” (P. Mazzolari)

Mons. Francesco Cavina, aci 24.3.

 

 

 

Domenica delle Palme, papa Francesco non legge l’omelia, lunghi silenzi

 

Papa Francesco non ha letto l'omelia che aveva preparato per la messa delle Palme. Introducendo i riti aveva mostrato una voce affaticata. Alla fine della lettura del Vangelo è seguito un momento di silenzio, poi direttamente il Credo senza l'omelia del Papa. E’ la prima volta che un pontefice non legge l’omelia della Domenica delle Palme.

Con lui concelebrano oltre 400 prelati: 30 cardinali, 25 vescovi e 350 sacerdoti. Oltre quattrocento persone hanno portato palme e ramoscelli d'ulivo. Secondo la sala stampa vaticana i fedeli presenti in piazza San Pietro sono stati 60mila.

L’Angelus

Il Pontefice ha poi pronunciato l’Angelus: "Assicuro la mia preghiera per le vittime del vile attentato terroristico compiuto l'altra sera a Mosca. Il Signore li accolga nella sua pace e conforti le loro famiglie. E converta i cuori di quanti proteggono, organizzano e attuano queste azioni disumane che offendono Dio, il quale ha comandato 'non ucciderai'".

Il pensiero corre anche all’Ucraina e a Gaza: "In modo speciale penso alla martoriata Ucraina dove tantissima gente si trova senza elettricità a causa degli intensi attacchi contro le infrastrutture che, oltre a causare morti e sofferenza, comportano il rischio di una catastrofe umanitaria. Pensiamo a Gaza che soffre tanto”, ha detto Francesco al termine della celebrazione.

Il ricordo dei due operatori di pace uccisi in Colombia

Il Papa all'Angelus ha ricordato i due operatori di pace uccisi alcuni giorni fa in Colombia. "Esprimo la mia vicinanza alla comunità di San José de Apartado, in Colombia. Alcuni giorni fa sono stati assassinati una giovane donna e un ragazzo. Questa comunità nel 2018 - ha ricordato Papa Francesco - è stata premiata come esempio di impegno per l'economia solidale, la pace e i diritti umani".

L’omelia non esiste se non viene pronunciata

La sala stampa del Vaticano si è limitata ad osservare che "l'omelia non essendo stata pronunciata non esiste", senza aggiungere altro. Ma la liturgia cosa prevede? Monsignor Claudio Magnoli, dottore in Sacra Liturgia, già consultore della Congregazione per il Culto divino e autore di tantissime pubblicazioni, all'Adnkronos, spiega: "Dal punto di vista liturgico, l'omelia è prevista per tutte le feste ed è raccomandata per i giorni feriali. E quindi non c'è una deroga normalmente".

Il liturgista spiega che si tratta di una regola "già dall'epoca del Concilio di Trento e poi ribadita con più forza nel Concilio Vaticano II, soprattutto nel legame tra omelia e parola di Dio ascoltata, vale a dire le letture bibliche". Sottolinea ancora mons. Magnoli: "La regola ordinaria è che in ogni festa, in ogni domenica, c'è il dovere dell'omelia da parte di tutti i sacerdoti, di tutti i vescovi, e da parte del Papa. La deroga deve avere, diciamo, una qualche sua ragione specifica".

LR 24.3.

 

 

 

I vescovi tedeschi cercano un confronto "sinodale" con Roma

 

Un comunicato conferma una giornata di incontri in Curia per cercare un dialogo - Di Angela Ambrogetti

Città del Vaticano. "Differenze e convergenze, secondo il metodo adottato nella Relazione finale di sintesi del Sinodo della Chiesa universale dell’ottobre 2023". Le hanno rilevate i vescovi della Conferenza Episcopale Tedesca che hanno incontrato in Vaticano alcuni rappresentati della Curia Romana.

Un comunicato della Santa Sede che non entra nel dettaglio di alcuna questione discussa, pubblicato a fine giornata, spiega che si tratta del seguito del dialogo "iniziato durante la Visita ad Limina dei Vescovi tedeschi nel novembre 2022 e proseguito con un primo scambio il 26 luglio 2023". Clima positivo e costruttivo" per "alcune questioni teologiche aperte e sollevate nei documenti del Cammino sinodale della Chiesa in Germania" senza entrare nel dettaglio.

Ovviamente le questioni aperte sono conosciute e sono sacerdozio femminile, matrimonio gay e Comunione ai divorziati risposati.

Metodo usato quello proposto dal Sinodo e si è "concordato uno scambio regolare tra i rappresentanti della CET e la Santa Sede sull'ulteriore lavoro del Cammino sinodale e del Comitato sinodale". Da parte dei vescovi tedeschi si "cercherà di individuare le forme concrete di esercizio della Sinodalità nella Chiesa in Germania, in conformità con l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, le disposizioni del Diritto Canonico e i frutti del Sinodo della Chiesa universale, sottoponendole poi all’approvazione della Santa Sede". Non è chiaro quindi quale sia la reale situazione.

Il prossimo incontro sarà prima dell’estate 2024. Segue l'elenco dei partecipanti: "Per la Curia Romana erano presenti i Cardinali Victor Fernandéz, Kurt Koch e Pietro Parolin, Robert F. Prevost, OSA, e Arthur Roche e l‘Arcivescovo Filippo Iannone, O.Carm. Per la CET sono intervenuti i Vescovi Georg Bätzing, Stephan Ackermann, Michael Gerber, Peter Kohlgraf, Bertram Meier, Franz-Josef Overbeck, rispettivamente Presidente della CET e Presidenti delle Commissioni Episcopali per la Liturgia, per le Vocazioni e i Servizi Ecclesiali, per la Pastorale, per la Chiesa Universale, per la Fede, nonché la Segretaria Generale, dott.ssa Beate Gilles, e il Portavoce della CET, Matthias Kopp".

La questione del cammino Sinodale della Chiesa cattolica in Germania si protrae da anni tra alti e bassi, con lettere di rimprovero da parte del Papa ai vescovi tedeschi, ma anche da parte di altri episcopati nazionali. Il presidente della CET Bätzing dice di non volere uno scisma, ma di fatto tenta di portare la Chiesa cattolica in Germania ad una condizione particolare che si distacca dal Magistero di Roma. Aci 23.3.

 

 

 

Il Cardinale Cantalamessa: "Lo Spirito parla al cuore, non alle orecchie"

 

Nella Predica di Quaresima il Cardinale sottolinea che "Gesù è la via e lo Spirito è la guida"- Di Marco Mancini

Città del Vaticano. Gesù rispondendo a Tommaso dice: “Io sono la via, la verità, e la vita nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Gesù è l’unico nell'universo che poteva pronunciare e ha pronunciato quelle parole perchè Cristo è la via ed è la meta del viaggio come Verbo eterno ed è la verità e la vita in quanto Verbo fatto carne”. Lo ha detto il Cardinale Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, nella predica di Quaresima offerta stamane al Papa e alla Curia Romana.

La sequela, a differenza della fede e dell'amore, non indica solo – ha spiegato il Cardinale – “un'attitudine dell'intelletto e della volontà, ma traccia un programma di vita, indica una condivisione totale nel modo di vivere, del destino e della missione del Signore”.

Seguire Cristo è diverso rispetto a seguire chiunque altro. “La legge – ha osservato il porporato, citando il Vangelo di Giovanni - fu data per mezzo di Mosè ma la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Per noi religiosi questo significa che la regola ci è stata data per mezzo del nostro fondatore, della nostra fondatrice ma la grazia e la forza di osservarla ci viene soltanto da Gesù Cristo. Per noi e per tutti i cristiani, religiosi o no, quella parola significa anche un'altra cosa ancora più radicale Il Vangelo ci è stato dato dal Gesù terreno, ma la capacità di osservarlo, di metterlo in pratica ci viene soltanto da Gesù risorto che opera attraverso lo Spirito Santo”.

Gesù ci dice che “lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Se Gesù dunque è la via, lo Spirito Santo è la guida”.

Lo Spirito – ha detto ancora il Predicatore della Casa Pontificia – è un suggeritore: “lo Spirito Santo che illumina tutto resta per così dire dietro le quinte e parla sotto voce. A differenza dei suggeritori umani, Egli non parla alle orecchie ma al cuore. Non suggerisce meccanicamente le parole del Vangelo come da un copione ma le spiega, le adatta, le applica alle situazioni. Stiamo parlando delle ispirazioni dello Spirito, le cosiddette buone ispirazioni. La fedeltà all'ispirazione è la via più breve e più sicura alla santità. Noi non sappiamo in partenza qual è in concreto la santità che Dio vuole da ognuno di noi, Dio solo la conosce e ce la rivela a mano a mano che il cammino prosegue. Non basta perciò avere un programma di perfezione ben chiaro per poi realizzarlo via via, non c'è un modello di perfezione identico per tutti Dio, non fa i santi in serie, non ama la clonazione. Ogni santo è una invenzione inedita dello Spirito”. Aci 22.3.

 

 

 

Dio esiste? La scienza lo dimostra, leggendo il libro di Bolloré e Bonnassies

 

Arrivato anche in Italia il libro “Dio. La scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione”, di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, che in Francia ha venduto 300mila copie e nel Bel Paese è già stato ristampato 2 volte, vendendo nella prima settimana 3mila copie grazie alle quali è nono nella classifica generale delle vendite e secondo in quella dei saggi, riuscendo ad incuriosire i lettori grazie ad un linguaggio accessibile con il quale vengono riportate le testimonianze di 20 specialisti che dimostrano come un’intelligenza creatrice non sia inconciliabile con l’evidenza scientifica. Abbiamo raggiunto gli autori per chiedere loro qualcosa di più su un libro così controverso, che non può evitarci di mettere provocatoriamente il punto interrogativo proprio sul titolo stesso: ma quindi Dio esiste? E voi credete in Dio? Marco Calvarese

Arrivato anche in Italia il libro “Dio. La scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione” (ed. Sonda), di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, che in Francia ha venduto 300mila copie e nel Bel Paese è già stato ristampato 2 volte, vendendo nella prima settimana 3mila copie grazie alle quali è nono nella classifica generale delle vendite e secondo in quella dei saggi, riuscendo ad incuriosire i lettori grazie ad un linguaggio accessibile con il quale vengono riportate le testimonianze di 20 specialisti che dimostrano come un’intelligenza creatrice non sia inconciliabile con l’evidenza scientifica. La prefazione del volume originale è dell’astronomo e fisico statunitense Robert Woodrow Wilson, vincitore del Premio Nobel per la fisica nel 1978, grazie alla scoperta fatta nel 1964 assieme ad Arno Penzias, della radiazione cosmica di fondo, considerata la prova più importante in favore della teoria del Bing Bang. Nella traduzione italiana la prefazione è affidata ad Antonino Zichichi, fisico al Cern e divulgatore scientifico italiano, specializzato nel campo della fisica delle particelle. Abbiamo raggiunto gli autori per chiedere loro qualcosa di più su un libro così controverso, che non può evitarci di mettere provocatoriamente il punto interrogativo proprio sul titolo stesso: ma quindi Dio esiste? E voi credete in Dio? “L’oggetto del libro è proprio quello di dimostrare che un Dio creatore esiste e che questa è una credenza razionale, è invece irrazionale il contrario. Quindi la risposta è sì, Io credo che Dio esista e io credo in Dio”, le parole di Michel-Yves Bolloré, ingegnere e direttore d’azienda, che fanno il paio con quelle di Olivier Bonnassies, politecnico e imprenditore, “Io penso che dal punto di vista della conoscenza e del sapere ci sono tutte le prove e tutti gli elementi necessari per concludere in modo molto razionale che Dio esiste, come dice la Chiesa cattolica. Con la luce naturale della ragione umana si può arrivare alla certezza dell’esistenza di Dio”. Un lavoro durato 3 anni e mezzo che ha superato le aspettative iniziali, un tempo necessario per realizzare un panorama completo di tutte le prove razionali ed esatte dell’esistenza di Dio, presentate con un linguaggio accessibile a tutti, dal ragazzo 15enne alla persona anziana, come sottolineano gli autori stessi. “Questo Libro non esisteva”, dichiara Bolloré, non nascondendo la fatica nel redarlo, ma anche la soddisfazione per aver portato a compimento un tale lavoro, grazie alla complicità di Bonnassies che aggiunge, “Era importante per noi fare un’opera di divulgazione, rendere accessibile questo sapere a tutti, perché siamo sorpresi dal fatto che più in quest’epoca esistono sempre più prove dell’esistenza di Dio, e sempre meno persone che credono”.

Un testo diviso in 12 temi tra i quali è difficile avere una preferenza per gli autori, dato che il valore del libro sta nel fatto che tutti si incrociano e portano alla stessa conclusione, venendo con una convergenza da discipline e da saperi molto diversi, anche se per Bolloré quello della biologia fornisce informazioni straordinarie. Potendo mettere da parte la domanda sull’esistenza di Dio, verrebbe quindi da domandarsi come sia fatto, ma secondo gli autori non arriveremo mai a questo, “nella tradizione cristiana San Tommaso d’Aquino, ad esempio, nella somma teologica parla della conoscenza di Dio senza la fede, e poi anche in un’altra opera parla dell’esistenza di Dio che si può leggere, che si può individuare soltanto come elemento negativo, quindi come causa che porta a degli effetti”, sono le parole di Olivier Bonnassies che aggiunge, “La conoscenza di Dio è molto limitata, ma se lui si rivela è possibile ampliarla moltissimo. E poi si potrebbe fare anche un’inchiesta su quali sono le ragioni per credere e nella verità della rivelazione nell’ambito della cristianità. Ma questo sarebbe un altro argomento, non è quello del nostro libro”. Guardando alle ere geologiche e riportando la riflessione alla contemporaneità, dove si assiste a tragedie sempre più legate al cambiamento climatico, viene da domandarsi quanto l’operato dell’uomo incida su quello di Dio. “Per quanto mi riguarda, la consapevolezza del funzionamento così straordinario della regolazione della terra è un aspetto positivo. Sappiamo oggi quanto questi parametri così sottili che sono stati definiti sono importanti e quanto l’uomo può arrivare a scombussolare, a stravolgere questo equilibrio così precario e così fragile”, dichiara Michel-Yves Bolloré che conclude, “questo ci consenta di capire ancora di più fino a che punto ci si è spinti in questa regolazione così sofisticata. Quindi questo ci aiuta a capire che, e nel libro lo diciamo, non è soltanto la regolazione del cosmo che è stata fatta in modo così raffinato, ma anche quella della terra, che fino a che punto questo equilibrio è fragile e quindi, fino a che punto dobbiamo stare attenti a non sconvolgerlo”. Una consapevolezza che, anche per chi parla di scienza, apre ad una riflessione che sembra rinnovare il principio fondamentale legato a Dio, il libero arbitrio, cioè quel concetto filosofico e teologico che lascia all’uomo la piena volontà e possibilità di scelta libera, senza origine esterne. “Abbiamo perso la consapevolezza collettiva della conoscenza di Dio. Cioè questo ha scombinato anche il concetto di bene o male. Non si sa più che cosa è giusto e cosa è sbagliato. Si può fare qualunque cosa”, racconta Bonnassies che conclude, “Io spero che la consapevolezza che abbiamo acquisito con tutte queste prove che la scienza si dà sull’esistenza di Dio, ci possa portare a modificare questo atteggiamento. Per questo noi abbiamo parlato dell’alba di una rivoluzione in questo libro. Speriamo che sia l’alba di una rivoluzione che cambierà la società”. Sir 21.3.

 

 

 

Fa’ la cosa giusta! La voce della sostenibilità, con il Cardinale Matteo Zuppi

 

“Rendere visibile l’essenziale” è il filo rosso dell’edizione di quest’anno della Fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. Apre il Cardinale Zuppi

Milano. “Rendere visibile l’essenziale” è il filo rosso dell’edizione di quest’anno della Fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. Apre il Cardinale Zuppi.

Inizia così “Dal dire al fare”, l’inedito glossario di Fa’ la cosa giusta! per festeggiare i suoi 20 anni e raccontare, attraverso 80 parole essenziali, come sono cambiate le idee e le prassi dal 2004 a oggi in fatto di sostenibilità ambientale e sociale. Per raccontare i comportamenti, le esperienze, i progetti e i prodotti che rendono visibile che “un altro mondo è possibile”. Fa’ la cosa giusta! festeggia 20 anni: il filo rosso di questa edizione - organizzata dalla casa editrice Terre di mezzo - è “Rendere visibile l’essenziale”.

Apre gli incontri di questa edizione l’appuntamento di venerdì 22 marzo (ore 11) con il Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, oltre che inviato speciale del Papa per la pace in Ucraina. Con lui parleremo del perdono come possibile strumento per costruire la storia. “Pace e partecipazione” è una delle 8 sezioni di Fa’ la cosa giusta che accompagnano la fiera fin dal suo esordio, si legge anche nel comunicato stampa ufficiale.

Un altro evento nell’evento è l’ormai famosa “Fiera dei Grandi Cammini”: "3 giorni di incontri e un’ampia esposizione di stand dedicati alle proposte di cammini, cicloviaggi e turismo consapevole che valorizzano le comunità, i patrimoni territoriali, culturali, naturali ed enogastronomici", spiega la nota.

La Fiera dei Grandi Cammini è l’occasione per raccontare per esempio i nuovi cammini per raggiungere Santiago de Compostela, come il Cammino d’Inverno e quelli del Primitivo e del Salvador, oppure novità assolute nell’ambito dei pellegrinaggi italiani, come il marchigiano Cammino dei Cappuccini e il calabrese Cammino di San Francesco di Paola, e ancora le strategie per affrontare percorsi impegnativi come l’epica competizione valdostana del Tor de Géants.

In questa edizione sono protagoniste anche diverse mostre, partendo da “100 Afriche”, che raccoglie centro immagini pubblicate da Africa Rivista per raccontare storie, di luci e di ombre, ignorate dalla stampa mainstream, invitando a guardare il “continente vero” con occhi nuovi.

“I Migranti mappano l’Europa” è una mostra che sposta il punto di vista sulle città europee, guardandole dalla prospettiva di chi sta cercando di abitarle. Milano, Napoli, Bologna, Parigi e tante altre: 200 mappe in tutto rappresentate attraverso lo sguardo dei migranti, che tratteggiano i luoghi più significativi, i percorsi più frequenti, gli spazi abitati, i punti scelti come riferimenti e quelli considerati inaccessibili. "Un invito all’accoglienza e uno spunto per ricostruire". Aci 21.3.

 

 

 

Conferenza stampa di mons. Baturi al termine del Consiglio Cei (18-20.3.)

 

“C’è preoccupazione e perplessità tra i vescovi per un allargamento delle differenze che possono far cadere in un particolarismo istituzionale”. Mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, ha risposto così alle domande dei giornalisti sull’autonomia differenziata, durante la conferenza stampa di chiusura del Consiglio episcopale permanente, svoltosi in questi giorni a Roma. “Presto svilupperemo una posizione unitaria su questo tema”, ha annunciato il vescovo, citando il documento “Chiesa italiana e Mezzogiorno”, del 2010, e rilanciando la “preoccupazione per la tenuta del sistema Paese” già denunciata dal presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, nella sua introduzione ai lavori. “Il nostro Paese – ha spiegato Baturi – deve poter reggersi secondo legami di solidarietà, intervenendo sulle disuguaglianze e prestando attenzione a dinamiche e meccanismi istituzionali che potrebbero allargare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi fondamentali”. “C’è preoccupazione, c’è perplessità”, ha ripetuto il segretario generale della Cei, “anche perché siamo in un momento in cui serve un rilancio dell’Europa: come hanno detto i vescovi europei, occorre rilanciare l’Europa come sistema di protezione delle persone e delle comunità. In quest’opera di rilancio, l’Italia deve poter intervenire come un Paese unito”.

Per i vescovi italiani, occorre mantenere alta l’attenzione “su scelte legislative non in linea con il Magistero e con i principi sanciti dall’articolo 11 della Costituzione”, ha ribadito mons. Giuseppe Baturi. “Il tema della corsa agli armamenti è un tema che ci sta a cuore, al di là delle contingenze”, ha detto Baturi, ricordando che “non si tratta di un tema nuovo: anche prima dell’invasione russa dell’Ucraina, nel Messaggio per la pace del 2020, Papa Francesco aveva fatto notare che in tutto il mondo si stavano superando gli stanziamenti del periodo relativo alla fine della guerra fredda, mentre diminuivano gli stanziamenti globali sull’educazione”. Altro tema che sta a cuore ai vescovi, ha proseguito il segretario generale della Cei, è quello della “trasparenza”, che implica la garanzia che “il commercio delle armi, che non ci può vedere favorevoli, comunque sia tracciabile”. “Tra i vescovi – ha reso noto Baturi – c’è preoccupazione per scelte legislative che possano rendere ancora meno legittimo questo processo. Sia i vescovi che il presidente della Cei hanno espresso molte perplessità a questo riguardo”. In quest’ottica, ha fatto notare Baturi, “l’obiezione di coscienza fa parte della tradizione della Chiesa, che ha portato anche a scelte profonde, forti, che è necessario ascoltare. Il tema fondamentale è educare alla è pace: per preparare alla pace bisogna educare gli uomini alla pace, come ha detto il cardinale Zuppi. Al di là delle questioni legislative, si tratta di un problema culturale: il primato della persona e la salvaguardia della vita, della giustizia e della libertà dovrebbero sempre venire prima rispetto ad atteggiamenti agonistici. L’obiettivo della pace richiede l’educazione alla pace e le scelte conseguenti”.

“Confidiamo che si possano chiarire gli elementi, ma potremmo intervenire con più consapevolezza quando avremo maggiore cognizione delle contestazioni”, ha continuato mons.Giuseppe Baturi sull’indagine giudiziaria riguardante la diocesi di Ozieri, e in particolare i fondi della Cooperativa Spes, nella quale risulta coinvolto anche il vescovo, mons. Corrado Melis. “Certamente c’è la massima attenzione, siamo vicini al confratello nella preghiera e con l’affetto”, ha aggiunto Baturi, rendendo noto ai giornalisti di aver incontrato in questi giorni il vescovo e ricordando che “sul versante della carità ci sono diversi filoni di finanziamento attraverso l’otto per mille, annuali e legati a specifici progetti”.

“La necessità del rispetto del fatto religioso e dell’identità delle comunità religiose, da parte dello Stato, è un fatto positivo, appartiene alla laicità tipica dello Stato italiano”, ha detto ancora mons. Giuseppe Baturi in merito alla scuola chiusa a Pioltello per il Ramadan. “La laicità all’italiana – ha ricordato il segretario generale della Cei citando una sentenza della Corte Costituzionale – non sopprime le identità religiose, ma le promuove in un contesto di rispetto vicendevole”. “Questo, però, deve avvenire dentro un contesto istituzionale di rispetto di norme e di procedure”, ha precisato Baturi: “Non so se nel caso specifico si sia rispettato tutto il percorso amministrativo, ma in generale vale il rispetto per ogni forma di libertà religiosa”.  M.Michela Nicolais, Sir 20.3.

 

 

 

 

La virtù della prudenza. "Dio non ci vuole solo santi, ci vuole santi intelligenti!"

 

Il Papa, continuando il ciclo di catechesi su “I vizi e le virtù”, incentra la sua riflessione sul tema "La prudenza". Vediamo le caratteristiche di questa virtù - Di Veronica Giacometti

Città del Vaticano. Il Papa, continuando il ciclo di catechesi su “I vizi e le virtù”, incentra la sua riflessione sul tema "La prudenza".

"Adesso sentiremo la catechesi di oggi, ho chiesto a Monsignore di leggerla perchè io ancora non posso", dice subito Papa Francesco che anche oggi non legge lui il discorso a causa di un raffreddore che lo affligge da un pò.

Il Papa passa quindi la parola a padre Pierluigi Giroli.

"Essa, insieme a giustizia, fortezza e temperanza forma le virtù cosiddette cardinali, che non sono prerogativa esclusiva dei cristiani, ma appartengono al patrimonio della sapienza antica, in particolare dei filosofi greci. Perciò uno dei temi più interessanti nell’opera di incontro e di inculturazione fu proprio quello delle virtù", questo il pensiero della catechesi letta in Piazza San Pietro.

"I teologi hanno immaginato il settenario delle virtù – le tre teologali e le quattro cardinali – come una sorta di organismo vivente, dove ogni virtù ha uno spazio armonico da occupare. Ci sono virtù essenziali e virtù accessorie, come pilastri, colonne e capitelli", continua il discorso del Pontefice.

Ma cosa è la prudenza. Per Francesco "essa non è la virtù della persona timorosa, sempre titubante circa l’azione da intraprendere. No, questa è un’interpretazione sbagliata. Non è nemmeno solo la cautela. Accordare un primato alla prudenza significa che l’azione dell’uomo è nelle mani della sua intelligenza e libertà. La persona prudente è creativa: ragiona, valuta, cerca di comprendere la complessità del reale e non si lascia travolgere dalle emozioni, dalla pigrizia, dalle pressioni, dall illusioni".

"È la capacità di governare le azioni per indirizzarle verso il bene; per questo motivo essa è soprannominata il “cocchiere delle virtù”. Prudente è colui o colei che è capace di scegliere: finché resta nei libri, la vita è sempre facile, ma in mezzo ai venti e alle onde del quotidiano è tutt’altra cosa, spesso siamo incerti e non sappiamo da che parte andare. Chi è prudente non sceglie a caso: anzitutto sa che cosa vuole, quindi pondera le situazioni, si fa consigliare e, con visione ampia e libertà interiore, sceglie quale sentiero imboccare", si legge ancora nel discorso.

"La persona prudente sa custodire la memoria del passato, non perché ha paura del futuro, ma perché sa che la tradizione è un patrimonio di saggezza. La vita è fatta di un continuo sovrapporsi di cose antiche e cose nuove, e non fa bene pensare sempre che il mondo cominci da noi, che i problemi dobbiamo affrontarli partendo da zero. E la persona prudente è anche previdente. Una volta decisa la meta a cui tendere, bisogna procurarsi tutti i mezzi per raggiungerla", ne è convinto il Papa nella catechesi letta da un collaboratore.

"Come dire che Dio non ci vuole solo santi, ci vuole santi intelligenti, perché senza la prudenza è un attimo sbagliare strada!", conclude il discorso di Francesco. Aci 20.3.

 

 

 

«Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro»: uscito il 2° volume

 

«Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro», volume 2°, è l’ultimo libro scritto da Massimo Pavanello per la Tau Editrice.

Si avvale della prefazione di Antonella Benedetta Ventre, giornalista della Rai, con esperienza di studi e di lavoro all’estero; e della postfazione di don Antonio Serra, da anni residente a Londra e coordinatore nazionale delle Missioni Cattoliche Italiane in Inghilterra e Galles.

Contenuti del libro

Il testo raccoglie una decina di interviste realizzate per la rubrica «Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro» proposta da Radio Mater. Una trasmissione ideata e condotta da Massimo Pavanello, con la consulenza della Fondazione Migrantes.

L’interesse giornalistico dà conto della vita di alcune Missioni Cattoliche Italiane. Dopo un primo volume, con testimonianze attinte all’interno del Vecchio continente, questo secondo offre microfono a voci che abitano fuori dall’Europa.

Preti, imprenditori, funzionari di Organizzazioni internazionali, giovani, hanno conversato con il conduttore raccontando la propria esperienza di italiani all’estero e il ruolo delle Missioni Cattoliche Italiane nel fare comunità.

Nei colloqui sono stati affrontati anche argomenti mutuati dalla cronaca: la guerra, con un cappellano militare; le migrazioni, con un missionario impegnato in Marocco; l’Estremo Oriente, con un imprenditore che lavora a Hong Kong; l’8xmille destinato ai progetti esteri; la scelta di trasferirsi fuori dall’Italia, con una giovane connazionale che ora vive in Canada. Senza dimenticare la presenza di carità che gli italiani testimoniano in questi contesti.

Il pensiero finale è quasi una dedica. Né la prima né la seconda edizione della rubrica radiofonica hanno potuto ospitare membri della vivace Comunità italiana di Mosca che si raduna presso la chiesa di San Luigi dei Francesi. Il contesto internazionale ha suggerito di custodire questo gruppo di fedeli. Il libro riporta, tuttavia, il sobrio messaggio di gratitudine che la comunità stessa ha reso noto dopo la visita, nella capitale russa, dell’inviato di pace di papa Francesco, il cardinale Matteo Maria Zuppi.

Dichiarazione dell’autore

«L’intuizione che ha portato a questo libro (frutto dell’omonima rubrica radiofonica) - dichiara Pavanello - parte da un dato: ci sono più italiani nel mondo che stranieri in Italia. Da quando l’emigrazione è un fenomeno, i connazionali all’estero hanno avuto al loro fianco una Chiesa dall’idioma familiare. Per tutti, anche i molti realizzati, è il bisogno e non il romanticismo a spingere verso nuovi lidi».

L’Autore, da questa ricognizione ad extra, individua anche una ricaduta interna. Infatti, chiosa: «Conoscere l’andamento vettoriale della emigrazione italiana, che include il dato spirituale, facilita anche la rilettura dell’immigrazione verso le coste domestiche».

Chi è l’autore

Massimo Pavanello, Dottore in teologia, per l’arcidiocesi di Milano è responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa e del Servizio per il turismo e i pellegrinaggi.

Ha frequentato corsi di cooperazione internazionale e sviluppo sostenibile presso l’ISPI di Milano. Ha pubblicato diversi lavori frutto di viaggi missionari. Sacerdote, affianca il ministero parrocchiale all’impegno giornalistico.

Per contatti: pavanellomassimo@gmail.com  (de.it.press)

 

 

 

Cuore di Padre, chi era Giuseppe di Nazareth? E chi è adesso? Un film documentario

 

Roma. Un film che racconta le testimonianze di coloro che hanno visto autentici miracoli compiuti per intercessione di San Giuseppe. Dalla ricostruzione dei matrimoni falliti all'aiuto ai morenti. Ma, chi era Giuseppe di Nazareth? E chi è adesso? Quest'uomo misterioso oggi è più attivo che mai.

Si tratta del film documentario “Cuore di Padre” diretto dal regista Andrés Garrigó, e prodotto dalla casa di produzione spagnola Goya Producciones, ha già raggiunto 85 città in Italia, suscitando un crescente interesse in prossimità della festa di San Giuseppe, il 19 marzo. Le proiezioni, iniziate l’anno scorso a Roma, continuano a riscontrare un eco positivo nel pubblico grazie al passaparola e all'impegno di molti volontari.

Secondo il regista Andrés Garrigó, l’intercessione San Giuseppe potrebbe cambiare la Chiesa e il mondo di oggi: “Sappiamo tutti che la Chiesa ha urgente bisogno dell’aiuto celeste. E quale patrocinio può essere più efficace, dopo quello di Gesù e Maria, di quello di colui che fu capostipite della Famiglia di Nazareth? Inoltre, ciò che gli chiediamo, Giuseppe lo trasmette alla sua Sposa, ed Ella al suo Figlio”

ll documentario raccoglie testimonianza attuali e straordinarie di persone semplici segnate dall'azione del santo, da Cotignac in Francia, passando per Toledo, Avila e Barcellona in Spagna, fino in Canada e nelle Filippine. Tra le tappe che costellano questo lungo camino ci sono quelle di San Giuseppe al Trionfale a Roma e di Tuscania in provincia di Viterbo, dove sorelle del Verbo Incarnato rievocano l’episodio dell’apparizione de San Giuseppe.

“Mi sembra, aggiunge Garrigó, che “Cuore di Padre” dimostra che oggi, più che mai, il mondo ha bisogno di San Giuseppe. E una delle cause è che la figura del padre, come la nozione di famiglia, viene attaccata con una furia mai vista prima. Ecco perché dobbiamo fidarci di lui. Lo diceva Santa Teresa: “Tutto quello che ho chiesto a San Giuseppe mi è stato concesso”.

Secondo Anna Lambiase, promotrice del film in Italia, “La cosa più importante è che quasi tutti escono dalle proiezioni, sia nei cinema parrocchiali che in quelli commerciali, molto entusiasti e fiduciosi. Molte persone hanno scoperto la figura di San Giuseppe e sono ricorse alla sua intercessione. Una persona di Terni ha ottenuto la guarigione della figlia, un'altra di Reggio Emilia un lavoro a tempo pieno per il figlio, e tante altre storie.”

Nei suoi 24 anni di vita, Goya Producciones è divenuta un punto di riferimento mondiale nella produzione e distribuzione di contenuti audiovisivi di valore. Le sue ultime opere hanno avuto un grande successo di critica e di pubblico: "Fatima, l'ultimo mistero", "Cuore Ardente" o il film "Terra Santa. L'ultimo pellegrino" sulle conversioni e le testimonianze nella terra di Gesù. Con "Petra di San Giuseppe" continua il suo impegno a portare sul grande schermo la vita di persone che hanno lasciato un segno profondo, come ha fatto con "Poveda - amico forte di Dio" e "Madre Soledad, al servizio degli infermi".

La promotorice ha organizzato quattro catechesi settimanali su San Giuseppe via zoom per i volontari che hanno sostenuto la diffusione del film. Se ci sarà interesse, si pensa di continuare con le catechesi mensili.

Per ulteriori informazioni e prenotazioni in Italia è possibile andare sul sito: www.cuoredipadre.it aci 19.3.

 

 

 

Festa del papà. San Giuseppe, “l’uomo che passa inosservato”

 

Papa Francesco nutre una speciale devozione per lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù, al quale ha dedicato una lettera apostolica, un anno speciale e un ciclo di catechesi. Ma le radici del suo rapporto di intimità spirituale con il "custode della Chiesa" risalgono alle origini della sua vocazione e del suo pontificato, iniziato undici anni fa - M. Michela Nicolais

“Padri non si nasce, lo si diventa”. Si conclude così la lettera apostolica Patris Corde, con la quale Papa Francesco – in piena pandemia, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021 – ha indetto uno speciale anno dedicato a quello che lui definisce “il custode della Chiesa” e per il quale nutre da sempre una particolare devozione, come ha rivelato fin dalla messa di inizio del suo ministero petrino, esattamente undici anni fa.  È a San Giuseppe, infatti, che il Papa argentino deve la data della sua vocazione sacerdotale: era il 19 marzo 1953 quando nella chiesa di San José di Buenos Aires il diciassettenne Jorge Mario Bergoglio scopre la vocazione al sacerdozio. Ed è con San Giuseppe che ha una consuetudine quotidiana di preghiera, anche grazie alla statuetta di San Giuseppe dormiente che è ora nel suo appartamento a Casa Santa Marta ma che risale all’epoca in cui risiedeva nel Collegio San Miguel, di cui era rettore. “Sulla mia scrivania ho un’immagine di San Giuseppe mentre dorme”, ha rivelato il Papa: “E quando ho un problema o una difficoltà io scrivo un biglietto su un pezzo di carta e lo metto sotto la statua di San Giuseppe affinché lui possa sognarlo. Ma come san Giuseppe, una volta ascoltata la voce di Dio, dobbiamo riscuoterci dal nostro sonno. Dobbiamo alzarci e agire”. Oltre alla Patris Corde, il Papa ha dedicato a San Giuseppe un ciclo di 12 catechesi, dal 17 novembre 2021 al 16 febbraio 2022.

“Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre”, la denuncia del Papa al termine della lettera apostolica: “Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di padri”.

“Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà”, assicura Francesco, secondo il quale “San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in ‘seconda linea’ hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.

Maestro di tenerezza e di obbedienza, San Giuseppe ci dimostra come la storia della salvezza si compie attraverso le nostre debolezze. “Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza”, il monito: “Giuseppe ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande”.

“In questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria”.

Così il Papa definisce la capacità di “accoglienza” di San Giuseppe nei confronti della sua futura sposa e della sua storia. “Se non ci riconciliamo con la nostra storia, non riusciremo nemmeno a fare un passo successivo, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e delle conseguenti delusioni”, il grido d’allarme: “Solo il Signore può darci la forza di accogliere la vita così com’è, di fare spazio anche a quella parte contradditoria, inaspettata, deludente dell’esistenza”, garantisce il Papa: “La venuta di Gesù in mezzo a noi è un dono del Padre, affinché ciascuno si riconcili con la carne della propria storia anche quando non la comprende fino in fondo”.

“La fede che ci ha insegnato Cristo è quella che vediamo in San Giuseppe, che non cerca scorciatoie, ma affronta ‘ad occhi aperti’ quello che gli sta capitando, assumendone in prima persona la responsabilità”.

L’accoglienza di Giuseppe ci invita “ad accogliere gli altri, senza esclusione, così come sono, riservando una predilezione ai deboli”. “Occorre deporre la rabbia e la delusione e fare spazio, senza alcuna rassegnazione mondana ma con fortezza piena di speranza, a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste”, l’invito del Papa sulla scorta di San Giuseppe: “La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente.

E non importa se ormai tutto sembra aver preso una piega sbagliata e se alcune cose ormai sono irreversibili. Dio può far germogliare fiori tra le rocce”.

San Giuseppe è “uno speciale patrono per tutti coloro che devono lasciare la loro terra a causa delle guerre, dell’odio, della persecuzione e della miseria”, sostiene inoltre Bergoglio: “Se certe volte Dio sembra non aiutarci, ciò non significa che ci abbia abbandonati, ma che si fida di noi, di quello che possiamo progettare, inventare, trovare”. Sir 19.3.

 

 

 

La vera morte è l'incapacità di amare. V Domenica di Quaresima

 

Carpi, domenica. Manca poco più di una settimana alla morte di Gesù e alcuni simpatizzanti ebrei di origine greca che si trovano a Gerusalemme rivolgono a Filippo e ad Andrea la richiesta di potere vedere Gesù. Questo gruppo di greci rappresentano i popoli della terra che saranno attirati a Cristo dalla fecondità del suo sacrificio. Gesù stesso, infatti, affermerà che una volta innalzato sul patibolo della croce, attirerà tutti a sè, perché l’uomo non rimane insensibile “a tanto amore” di Dio nei confronti dell’umanità.

Cristo paragona la sua vita a quella del chicco di grano che per portare frutto abbondante deve, una volta caduto nella terra, scomparire. Dice che la vera vita sta nel morire. Si tratta di parole che ci appaiono assurde, paradossali, ma in realtà rivelano una verità che è evidente per tutti coloro che amano. La vera morte non è quella fisica, ma l’incapacità di amare, di donare e di “perdere” sé stessi per coloro che si amano, perché questa è la legge della vita: morire al proprio egoismo, che rende sterile l’esistenza, per vivere nell’amore.

La certezza della fecondità dell’amore, del donare la vita non impedisce, però, a Gesù di sentire l’angoscia per la sua morte fisica. Il pensiero che per vivere in pienezza è necessario subire il destino del chicco di grano nella terra, lo turba profondamente. Gli evangelisti ci dicono che Gesù è stato tentato di fare ricorso alla sua divinità per non dovere sottostare alla condizione di fragilità della vita umana (cfr Mt 4,11; Mc 14,32). Ma Egli supera questa tentazione riaffermando ostinatamente la sua fedeltà alla volontà del Padre. Anche noi, come Cristo, di fronte all’enigma del dolore e della morte possiamo vacillare ed essere tentati di ripiegarci su noi stessi, ma la fede ci aiuta e ci insegna a volgere il nostro sguardo verso il Signore crocifisso e risorto perché Lui è l’aiuto, la compagnia e il sostegno per potere continuare a sperare nella prova. La morte e la sofferenza sono un male, ma Gesù dà ad esse un significato nuovo: uniti a Lui esse non sono distruzione e annientamento, ma via per partecipare alla sua gloria. Lui è il solo che dalla morte è capace di fare risorgere la vita.

Scriveva san Francesco di Sales: “Le notti sono dei giorni quando Dio è nel nostro cuore, e i giorni sono delle notti quando Egli non vi è”. Lasciamo che il Signore, con la sua presenza, illumini la notte del nostro dolore. Infatti, senza il Signore tutte le iniziative umane, per quanto ben organizzate, risultano inefficaci perché l’uomo porta con sé delle domande che conducono a riflettere non su che cosa fare, ma su chi siamo. Solo quando Cristo viene sulla riva del mare della nostra vita i nostri fallimenti, le nostre fragilità, i nostri peccati, la nostra stessa morte assumono una luce nuova. Se Lui ci custodisce non abbiamo nulla da temere, mentre se Lui è assente non abbiamo più nulla da sperare. Mons. Francesco Cavina, aci

 

 

 

 

Bischofskonferenz nimmt Bericht zur reproduktiven Selbstbestimmung mit Sorge wahr

 

Heute (15. April 2024) ist in Berlin der Bericht der Kommission zur reproduktiven Selbstbestimmung und Fortpflanzungsmedizin veröffentlicht worden. Dazu erklärt der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Georg Bätzing:

 

„Den heute veröffentlichten Bericht der von der Bundesregierung eingesetzten Kommission zur reproduktiven Selbstbestimmung und Fortpflanzungsmedizin und die in ihm enthaltenen Empfehlungen an den Gesetzgeber nimmt die Deutsche Bischofskonferenz mit großer Sorge wahr. Angesichts der mit den Empfehlungen aufgeworfenen fundamentalen Fragen, die die Grundlagen unserer Gesellschaft betreffen, halten wir eine intensive, grundlegende Auseinandersetzung mit dem Kommissionsbericht in ethischer und juristischer Perspektive für zwingend erforderlich. Die Ergebnisse zur Neukonzeption des Schwangerschaftsabbruchs betrachten wir als zu einseitig. Die geltende Rechtslage schützt sowohl Selbstbestimmung und Gesundheit der Frau als auch das ungeborene Kind.

 

Die Arbeitsgruppe 1 der Kommission empfiehlt eine umfassende Neukonzeption der gesetzlichen Regelung des Schwangerschaftsabbruchs. Mindestens in der Frühphase der Schwangerschaft soll nach dieser Empfehlung der Abbruch, ohne dass es einer Beratung bedarf, rechtmäßig und straffrei sein. In den ersten Wochen nach Nidation habe, so wird argumentiert, das Lebensrecht des Embryos/Fetus geringes Gewicht. Erst in der Spätphase der Schwangerschaft, und zwar erst ab dem Zeitpunkt, zu dem der Fetus ex utero lebensfähig ist, soll der Gesetzgeber den Abbruch grundsätzlich nicht erlauben.

 

Die Empfehlungen der Kommission beruhen auf der Annahme, ein Schwangerschaftsabbruch verletze das ungeborene Kind nicht in seiner Menschenwürde, wobei die Kommission meint, gute Gründe dafür anführen zu können, dass das ungeborene Kind überhaupt kein Träger von Menschenwürde sei. Ferner geht die Kommission davon aus, dass dem ungeborenen Kind lediglich ein abgestufter Lebensschutz zukomme. Sie bringt es auf die Formel, dass, je kürzer die Schwangerschaft bestehe, desto eher ein Schwangerschaftsabbruch zulässig sei, und dass je fortgeschrittener das Gestationsalter sei, desto gewichtiger die Belange des Ungeborenen seien. Erst ab extrauteriner Lebensfähigkeit sei demnach das Lebensrecht des ungeborenen Kindes derart erstarkt, dass es einen grundsätzlichen Vorrang vor den Grundrechten der Schwangeren habe. Ein vollwertiges Lebensrecht soll das Kind nach der Auffassung der Kommission schließlich erst mit Geburt erlangen.

 

Damit widerspricht die Kommission nicht zuletzt zentralen Ausführungen des Bundesverfassungsgerichts (BVG) zur Menschenwürde und zum Lebensschutz Ungeborener, auf denen die derzeit geltenden Regelungen zum Schwangerschaftsabbruch beruhen. Das BVG leitet aus den Grundrechten eine enge Verknüpfung der Würde des ungeborenen Kindes mit einem ihm zukommenden, vollwertigen Lebensschutz mit dem Zeitpunkt der Nidation ab. Wir halten diese Ausführungen des BVG nach wie vor für richtig. Eine Relativierung der fundamentalen Würde jedes Menschen, auch des ungeborenen Kindes, und eine Relativierung, Einschränkung oder Abstufung des damit verbundenen Grundrechts auf Leben halten wir für falsch.

 

Zu den zentralen anthropologischen Grundaussagen des christlichen Glaubens gehört die Heiligkeit und Unantastbarkeit jedes individuellen menschlichen Lebens, das es deshalb nach Kräften zu schützen und zu entfalten gilt. Christen setzen sich für eine Gesellschaft ein, in der das uneingeschränkte Lebensrecht aller Menschen gewahrt und so die Grundlage für ein menschliches und solidarisches Miteinander gelegt wird. Auch beim vorgeburtlichen Leben handelt es sich von Anfang an um individuelles Leben, das als menschliches Leben immer ein sich entfaltendes Leben ist. Es hat nach christlicher Auffassung Anspruch auf den gleichen Schutz seines Lebens und ihm kommt die gleiche Würde zu wie einem geborenen Menschen. Für hochproblematisch und in sich widersprüchlich halten wir, dass gerade die Schutzbedürftigkeit des Ungeborenen und das völlige Angewiesensein auf die werdende Mutter eine Begründung für eine verminderte staatliche Schutzpflicht gegenüber dem ungeborenen Kind darstellen sollten.

 

Die Arbeitsgruppe 2 der Kommission legt nahe, das Verbot der Eizellspende aufzugeben und diese gesetzlich zu regeln. Sie hält es ferner für rechtlich zulässig, unter engen Voraussetzungen auch eine Leihmutterschaft in Deutschland gesetzlich einzuführen. Allerdings erachtet sie es auch für rechtlich möglich, die bestehenden Verbote von Eizellspende und Leihmutterschaft aufrechtzuerhalten. Insbesondere die Leihmutterschaft werfe eine Reihe ethischer, rechtlicher und praktischer Fragen auf und berge selbst in altruistisch angelegten Modellen ein Potenzial für Umgehungen und Missbrauch.

 

Wir sind der Auffassung, dass die Praxis der Leihmutterschaft die Würde der Frau und des Kindes verletzt. Das Kind sollte nicht zu einem Objekt der Kommerzialisierung und die Frau, die das Kind austrägt, nicht instrumentalisiert werden. Auch die Kommission sieht das hohe Risiko, dass bei der Durchführung einer Leihmutterschaft Rechte der beteiligten Personen verletzt werden. Sie schlägt rechtliche Regelungen vor, die diese Risiken eindämmen sollen. Wir haben hingegen erhebliche Zweifel, dass rechtliche Regelungen, die in der Leihmutterschaft angelegten grundsätzlichen Probleme auflösen können. Zu Recht vermutet die Kommission, dass auch eine sogenannte altruistische Leihmutterschaft Teil eines Geschäftsmodells der Reproduktionsmedizin sein kann. Zudem erscheint es paradox, von der Leihmutter im Sinne des Ungeborenen eine hohe pränatale emotionale Bindung an das Kind und gleichzeitig eine möglichst problemlose nachgeburtliche Trennung von ihm zu erwarten. Wir sprechen uns daher dafür aus, an den Verboten von Eizellspende und Leihmutterschaft in Deutschland festzuhalten.“ DBK 15

 

 

 

 

Nach Beschuss Israels: „Eskalationsdynamik vermeiden“

 

Jede weitere Eskalation vermeiden und dem Gedanken des Friedens Raum geben: Wenige Stunden nach dem Beschuss Israels durch den Iran gemahnt der Vorsitzende der deutschen Bischöfe eindringlich an den Frieden.

In einer Erklärung bezeichnet Bischof Georg Bätzing den Angriff des Iran als „dramatische Eskalation der ohnehin furchtbaren Situation im Nahen Osten“ und als „Spiel mit dem Feuer, das nachdrücklich verurteilt werden muss“.

Es müsse „alles dafür getan werden, dass die Ereignisse der zurückliegenden Stunden den Nahen Osten nicht in einen regionalen Krieg mit unabschätzbaren Folgen hineintreiben. Dies wäre eine Katastrophe für diese Weltgegend und eine dramatische Gefährdung des Weltfriedens“, so Bätzing.

Eskalation vermeiden, Frieden Raum geben

Eindringlich appelliert er „an alle Verantwortlichen, auch in einer möglichen Antwort Israels, jede Eskalationsdynamik zu vermeiden, um weiteres Blutvergießen zu verhindern und dem Gedanken des Friedens Raum zu geben. Beten wir in dieser Stunde auch für alle Opfer der Gewalt, die angesichts von Terror und Krieg im Heiligen Land bereits jetzt zu beklagen sind“, so der deutsche Kirchenvertreter.

Der Iran hat Samstagnacht gut 300 Raketen auf Israel abgefeuert. Sie seien zu 99 Prozent von Israel, den USA, Großbritannien und Jordanien abgefangen worden, teilweise bereits über Syrien und Jordanien, meldeten israelische Medien.

„Gott sei Dank haben die funktionierende israelische Flugabwehr und die Unterstützung durch die USA und Großbritannien dafür gesorgt, dass nach jetziger Kenntnis nur ein Mensch verletzt wurde und große materielle Verwüstungen vermieden werden konnten“, schreibt Bischof Bätzing zu dem iranischen Angriff auf Israel weiter.

Aus der südisraelischen Stadt Arad wurde berichtet, ein zehnjähriges Beduinenkind sei durch Splitter verletzt worden. Andere Verletzte gab es offenbar nicht. Zudem soll ein Militärstützpunkt im Süden des Landes leicht beschädigt worden sein. Israel kündigte entschiedene Vergeltung an.

Weitere Reaktionen von religiöser und politischer Seite

Der Zentralrat der Juden in Deutschland forderte eine „klare und harte Position" gegenüber dem Regime in Teheran. Deutschland und die EU dürften keinen Zweifel an ihrer Haltung lassen, sagte ein Sprecher des Zentralrats der Katholischen Nachrichten-Agentur (KNA).Bereits seit dem Terrorangriff der radikalislamischen Hamas auf Israel am 7. Oktober ziehe der Iran „die Fäden des Terrors gegen Israel und die westliche Welt", so der Sprecher weiter. „Nun greift das radikale Regime direkt an." Israel befinde sich im Ausnahmezustand. Nun müssten die Sanktionen gegen Teheran „auf ein Maximum erhöht, die iranischen Revolutionsgarden endlich als Terrororganisation gelistet werden".

Deutschlands Bundeskanzler Olaf Scholz verurteilte die Attacke mit aller Schärfe und sagte, Deutschland stehe „eng an der Seite Israels“. US-Präsident Joe Biden machte klar, dass das Engagement der USA für die Sicherheit Israels gegen die Bedrohungen durch Iran und seine Stellvertreter „unumstößlich“ sei. 

Italien, derzeit Vorsitzende der G7, rief für Sonntagnachmittag eine Dringlichkeitssitzung der Staats- und Regierungschefs der sieben mächtigsten westlichen Industrienationen (G7) zum iranischen Angriff auf Israel ein. Zu den G7-Staaten gehören Deutschland, Frankreich, Großbritannien, Italien, Japan, Kanada und die USA. Europäische Union hat einen Beobachterstatus und ist deswegen bei den Treffen ebenfalls vertreten. Auch der UN-Sicherheitsrat plant eine Sondersitzung. 

Der Militärschlag des Iran erfolgte, nachdem Israel am 1. April auf ein Konsulargebäude neben der iranischen Botschaft in Damaskus, Syrien, geschossen hatte. Dabei waren ein hochrangiger Offizier der Islamischen Revolutionsgarden, Mohammed Reza Zahedi, sein Stellvertreter und weitere Militärs getötet worden. 

Im Iran und von Seiten der Hamas gab es triumphalistische Reaktionen auf den Beschuss Israels aus dem Iran. (vn 14)

 

 

 

Extremisten in Pfarreiräten unerwünscht

 

Ehrenamtliche, die extremistische oder AfD-Positionen vertreten, sollen in den Pfarreiräten des Bistums Münster künftig nicht mitwirken dürfen. Daher werde die Satzung der Pfarreiräte entsprechend überarbeitet.

Dies sagte die Geschäftsführerin des Diözesanrats, Lisa Rotert, dem Münsterschen Onlineportal „kirche-und-leben.de“ vom Samstag. Allerdings könne dies noch bis zur nächsten Pfarreiratswahl im Jahr 2025 dauern. Danach werde man auch auf Satzungen anderer Gremien schauen. Rotert war für die Durchführung der jüngsten Pfarreiratswahl im Jahr 2021 verantwortlich.

Wegen der Umstrukturierung im Bistum Münster und der Einrichtung Pastoraler Räume dort stehe ohnehin eine Überarbeitung der Pfarreirats-Satzung an, erläuterte Rotert. In der bereits vorliegenden Empfehlung einer Themengruppe zur künftigen Gremienstruktur fehlten allerdings Aussagen zu extremistischen Haltungen, berichtete kirche-und-leben.de. Ihre Arbeit sei aber auch abgeschlossen gewesen, bevor die Bischöfe ihre Erklärung zur AfD vorgelegt hätten.

Bischofskonferenz positionierte sich gegen die AfD

Die Deutsche Bischofskonferenz hatte bei ihrem Frühjahrstreffen in Augsburg die AfD als eine für Christen nicht wählbare Partei bezeichnet. „Völkischer Nationalismus und Christentum sind unvereinbar“, lautet der Titel einer einstimmig beschlossenen Erklärung. Der Kirchenrechtler Thomas Schüller aus Münster hatte daraufhin rechtssichere Regeln für Ehrenamtliche in kirchlichen Gremien gefordert.  (kna 14)

 

 

 

Papstbotschaft zum Ende des Ramadan: „Wüsten können blühen“

 

In seiner Botschaft zum Ende des muslimischen Fastenmonats Ramadan hat Papst Franziskus die Völker im Nahen Osten zu mehr Zusammenhalt aufgerufen. Mit Blick auf den Nahostkonflikt forderte er erneut einen Waffenstillstand im Gaza-Streifen sowie die sofortige Freilassung aller Geiseln.

Die Botschaft wurde über das mediale Netzwerk Alarabiya verbreitet und am Freitagabend veröffentlicht.

Franziskus erinnerte darin an den „glücklichen Zufall“, dass der heilige islamische Fastenmonat in diesem Jahr wenige Tage nach dem Osterfest endet, „dem wichtigsten Fest der Christen“. Jedoch, so das Kirchenoberhaupt weiter, stehe dieses „glückliche Ereignis“ im starken Widerspruch „mit der Trauer über das Blut, das in den gesegneten Ländern des Nahen Ostens fließt“.

Zum Nachhören - was der Papst geschrieben hat

Die „tödlichen Winde des Wettrüstens“ nicht zulassen

„Gott ist und will Frieden“ und wer an ihn glaube, der könne nicht anders, als den Krieg abzulehnen, der die Konflikte nicht löse, sondern sie verschärfe, mahnte der Papst weiter. Er äußerte seine Sorgen über den Krieg in Palästina und Israel und forderte eine sofortige Waffenruhe sowie die Freilassung der im Oktober 2023 entführten Geiseln. Zudem erinnerte Franziskus an das gemarterte Syrien, den Libanon, „den gesamten Nahen Osten: Lassen wir nicht zu, dass die Flammen des Grolls von den tödlichen Winden des Wettrüstens getrieben werden“, so sein Appell.

Seite an Seite wachsen

„Kinder brauchen Häuser, Parks und Schulen, keine Gräber und Gruben“

Der Papst forderte außerdem die Regierungsvertreter auf, an die Kinder zu denken: „Sie fragen sich nicht, wer der Feind ist, den es zu vernichten gilt, sondern wer die Freunde sind, mit denen sie spielen können; sie brauchen Häuser, Parks und Schulen, keine Gräber und Gruben“. Er glaube daran, dass Wüsten blühen könnten, doch aus den „Wüsten des Hasses“ könne nur dann Hoffnung sprießen, „wenn wir es verstehen, gemeinsam Seite an Seite zu wachsen; wenn wir es verstehen, die Überzeugungen der anderen zu respektieren; wenn wir das Recht eines jeden Volkes auf Existenz und das Recht eines jeden Volkes auf einen Staat anerkennen“, so das Kirchenoberhaupt am Ende seiner Botschaft.

(vn 13)

 

 

 

Ökumenische Woche für das Leben. „Menschen mit Behinderung müssen in unserer Gesellschaft integriert sein“ 

 

Mit einem Appell, Menschen mit Behinderung in voller Akzeptanz im Alltag zu begegnen, ist heute die ökumenische Woche für das Leben eröffnet worden. „Menschen mit Behinderung müssen in unserer Gesellschaft integriert sein. Jedes Leben ist lebenswert, daran wollen wir als Kirchen mit dieser Woche erinnern. Eine Gesellschaft darf weder selektieren noch diskriminieren, darum setzen wir uns für den Lebensschutz aller ein“, betonten zum Auftakt der Woche der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Georg Bätzing, und die amtierende Ratsvorsitzende der Evangelischen Kirche in Deutschland (EKD), Bischöfin Kirsten Fehrs. Das Motto der Woche für das Leben, die vom 13. bis 20. April 2024 dauert, stellt junge Menschen mit Behinderungen und ihre alltäglichen Herausforderungen in den Mittelpunkt: „Generation Z(ukunft): Gemeinsam. Verschieden. Gut.“ Bei einem inklusiven Gottesdienst in der Marien Kirche in Aulhausen (Rüdesheim am Rhein) wurden besonders Jugendliche angesprochen, die zusammen ihre Zukunft gestalten wollen – mit und ohne Behinderungen

Bischof Bätzing predigte frei und in Leichter Sprache vor den jungen Gottesdienstbesuchern zum Thema, wie Inklusion gemeinsam gelingen kann – mit allen Jugendlichen. Am Rande der Veranstaltung erinnerte er außerdem an die zentrale Grundaussage des christlichen Glaubens, dass es Heiligkeit und Unantastbarkeit jedes individuellen menschlichen Lebens nach Kräften zu schützen und zu entfalten gelte: „Diese Grundannahme ist untrennbar mit dem Glauben der Kirche verbunden und stellt den inneren Grund allen Engagements von Christinnen und Christen für den Schutz des menschlichen Lebens dar. Das an die Bibel angelehnte Wort ‚Gott ist ein Freund des Lebens‘ bringt die Bedeutung des Schutzes menschlichen Lebens bildlich und kraftvoll zum Ausdruck: Wenn Gott das Leben hochschätzt, wie könnten die Gläubigen, die ihre Hoffnung auf ihn setzten, dem nicht nachfolgen?“ Bischof Bätzing betonte gleichzeitig, „dass jede menschliche Gesellschaft auf lange Frist nur dann gedeihen kann, wenn sie auf Grundwerten aufgebaut wird, die die Hochachtung und den Schutz des menschlichen Lebens explizit mit umfassen. Diese Perspektive immer wieder neu in die gesellschaftlichen Diskurse einzubringen, gehört zum gesellschaftsbezogenen Grundauftrag von Kirche“.

Bischöfin Kirsten Fehrs betonte die Grundidee der Woche für das Leben: „Wir wollen den Lebensschutz in seiner gesellschaftspolitischen Vielschichtigkeit stark machen. Menschliches Leben muss immer dann besonders geschützt werden, wenn es verletzlich ist, vor allem an seinem Anfang und an seinem Ende. Genauso erheben die Kirchen aber auch dann ihre Stimme, wenn menschlichem Leben ein höherer oder geringerer gesellschaftlicher Nutzen zugesprochen wird. Darum ist es so wichtig, Inklusion zu ermöglichen und vorzuleben.“ Aus diesem Grund führte Kirsten Fehrs in Leichter Sprache in den Gottesdienst ein und hob das Besondere des barrierearmen und inklusiven Festaktes hervor. „Manchmal bedarf es gar keiner großen Worte und komplizierter Reden, um zu spüren, dass jede und jeder Einzelne von uns ein wertvolles Kind Gottes ist.“ An vielen Stellen würden junge Menschen mit Beeinträchtigungen durch ihre Umwelt und die gesellschaftlichen Bedingungen behindert, so Bischöfin Fehrs. „Lasst uns die inneren und äußeren Barrieren abbauen: Junge Menschen mit Behinderung gehören in die Mitte der Gesellschaft.“

Einige Jugendliche, Bischöfin Fehrs und Bischof Bätzing fügten im Gottesdienst verschieden gestaltete Puzzleteile aus Holz zu einer „Skulptur der Wünsche“ zusammen, die im Sankt Vincenzstift in Aulhausen einen dauerhaften Platz erhalten wird. Auch Gäste und Besucher hatten vor und nach dem Gottesdienst die Möglichkeit, ihre Wünsche zum Motto „Generation Z(ukunft): Gemeinsam. Verschieden. Gut.“ auf bereitgestellten Puzzleteilen zu hinterlassen.

Nach dem Gottesdienst bestand bei einem Fest der Begegnung im Innenhof des Sankt Vincenzstifts die Möglichkeit zum Austausch. Dabei interviewten die Kölner Filmemacher Ilka aus der Mark und Christoph Goldbeck die junge Marie Zilske aus Leichlingen, die durch den WDR-Vierteiler „Marie will alles – durchstarten mit Down-Syndrom“ bekannt geworden ist. Die Reihe wurde von einer Fachjury mit dem Katholischen Medienpreis 2023 ausgezeichnet.

 

Hintergrund. Über 30 Jahre hinweg haben sich die beiden großen christlichen Kirchen mit der Woche für das Leben gemeinsam für die Anerkennung der Schutzwürdigkeit des menschlichen Lebens in all seinen Phasen eingesetzt. Um das bisherige Konzept in die Zukunft zu überführen, haben beide Kirchen eine Evaluation in Auftrag gegeben. Diese hat gezeigt, dass die Woche für das Leben über einen langen Zeitraum hinweg sehr erfolgreich war. Gleichzeitig hat die detaillierte Auswertung ergeben, dass das Format angepasst werden muss, um auch in Zukunft die Menschen zu erreichen. Daher findet die diesjährige Woche für das Leben ein letztes Mal in dem bekannten Format statt. Die katholische und die evangelische Kirche in Deutschland arbeiten gemeinsam an einer neuen Struktur, um sich mit einem zeitgemäßen Format auch zukünftig und weiterhin gemeinsam den Fragen der Bioethik zu widmen und für den Schutz menschlichen Lebens einzutreten.

Unter dem Motto „Generation Z(ukunft): Gemeinsam. Verschieden. Gut.“ stellt die Woche für das Leben 2024 die Situation junger Menschen mit Behinderungen und ihre Lebenswirklichkeiten in den Mittelpunkt. Gemeinsam treten die katholische und die evangelische Kirche in Deutschland für eine umfassende gesellschaftliche Teilhabe von Menschen mit Behinderungen ein. Ihr gesellschaftlicher Beitrag stellt durch ihre jeweils eigene Lebensgestaltung und Wahrnehmung von Lebenswirklichkeit eine Bereicherung für alle dar. Das gilt besonders für Jugendliche und junge Erwachsene und ihren Start in ein eigenständiges Leben. Dbk 13

 

 

 

Dignitas: Menschenwürde als Bezugspunkt für die Freiheit

 

Vor 75 Jahren verabschiedeten die Mitgliedsstaaten der Vereinten Nationen die Erklärung der Menschenrechte. Die Präambel leitet die Geltung dieser Rechte von der Menschenwürde her. Ein jetzt erschienenes Dokument „Dignitas infinita" (Unendliche Würde) aus dem Vatikan entfaltet den Bedeutungsgehalt dieser weltweiten Verpflichtung. Das ist auch deshalb sinnvoll, weil die unbe-grenzte Würde - nur erkannt, nicht aber bewiesen werden kann. von Eckhard Bieger

Vatikan unterstützt die Vereinten Nationen

„Da die Anerkennung der angeborenen Würde und der gleichen und unveräußerlichen Rechte aller Mitglieder der Gemeinschaft der Menschen die Grundlage von Freiheit, Gerechtigkeit und Frieden in der Welt bildet, da die Nichtanerkennung und Verachtung der Menschenrechte zu Ak-ten der Barbarei geführt haben, die das Gewissen der Menschheit mit Empörung erfüllen, und da verkündet worden ist, dass einer Welt, in der die Menschen Rede- und Glaubensfreiheit und Freiheit von Furcht und Not genießen, das höchste Streben des Menschen gilt,… verkündet die Generalversammlung diese Allgemeine Erklärung der Menschenrechte.“

Aus der Präambel der Erklärung vom 10.12.1948

Menschenwürde – ein Erkenntnis-Prozess

Da die Menschenwürde, wie die Freiheit, nicht bewiesen werden kann, muss sie nicht abschließend definiert werden. Sie eröffnet mit ihrer Entfaltung ein tiefes Verstehen des Menschen. Weil sie nicht etwas statisches in der menschlichen Person ist, gibt sie dem menschlichen Zusammenleben bis hin zur Rechtsordnung den zentralen Bezugspunkt vor. Das Dokument „Dignitas infinita“ entfaltet in ihrem ersten Teil die Entwicklung des Verständnisses der Menschenwürde bis zu der Erkenntnis, dass sie Bezugspunkt für das Zusammenleben und dessen Strukturierung durch die Rechtsordnung ist. Die Menschenrechte sind aus einem vertieften Verständnis der Menschenwürde formuliert worden. Das Dokument des Konzils über die Religionsfreiheit bezieht sich in seinem Titel „Dignitatis humanae“ – Würde des Menschen auf diese Herleitung. Menschenwürde stellt sich darin als ein Prozess ihrer Entfaltung dar.

Die Würde ist mit dem Menschsein gegeben.

Die Würde kann der Mensch, wie die DNA, nicht selber herstellen. Sie kann dem Menschen nicht genommen werden und wird ihm weder durch den Staat noch von den Eltern zugesprochen. Die Anderen können diese Würde anerkennen und sich an diesem letztgültigen Maßstab orientieren. Daraus folgt, dass die menschliche Gemeinschaft Bedingungen bereitstellen muss, in denen die Würde anerkannt wird und gelebt werden kann. Diese Verankerung der Würde in jedem Men-schen benennt das Dokument mit dem philosophischen Begriff "ontologisch". Das griechische "On", das Sein, besagt, dass die Würde im Sein des Menschen verankert ist. Sie ist mehr als eine Eigenschaft, die ein Mensch auch nicht haben könnte.

Die Physik findet die Materie vor, die Philosophie den Menschen. Beide können erforscht werden, der Mensch sowohl naturwissenschaftlich in seiner Körperlichkeit wie auch geistig. Durch Freiheit und Vernunft wird er als Person konstituiert. Die Menschenwürde ist dem/ der Einzelnen selbst anvertraut und soll sich durch sittliches Handeln und Mitgestaltung der Menschenwelt entfalten. Damit bleibt die Würde nicht nur ein Gedanken.

Bezugspunkt für die Freiheit

Als soziales Wesen beinhaltet Würde, Verantwortung zu übernehmen, um das menschliche Zusammenleben so zu gestalten, so dass die Würde des Einzelnen nicht beeinträchtigt wird. Da ein Mensch sich auch gegen die eigene Würde verhalten, sich blamieren oder straffällig werden kann, gewinnt die Freiheit in der Würde jedes Einzelnen ihren Bezugspunkt. Dieser ermöglicht, die eigene Freiheit und die der Anderen als letzten Maßstab im Blick zu behalten. Für ein Dokument aus dem Vatikan überraschend wird die Ausübung der eigenen Freiheit gefordert. Die Konsequenz, die das Dokument ableitet, lässt alle Einschränkungen der eignen Freiheit wie die der Anderen als Verletzung der Menschenwürde erkennbar werden

Beeinträchtigung und Verletzung der Menschenwürde

Weil die Menschenwürde jedes Menschen sich im Zusammenleben entfaltet, braucht sie die Anerkennung der Anderen. Diese Achtung können Andere verweigern. Dazu werden im zweiten Teil des Dokuments 14 solcher Formen der Missachtung benannt. Das sind u.a. die Todesstrafe, Ar-mut, Menschenhandel, Gewalt gegen Frauen, Gewalt in der digitalen Welt. Es gibt darunter Punk-te, die in der Gesellschaft diskutiert und auch durch Gesetze entschieden werden. Leihmutterschaft, Euthanasie und assistierter Selbstmord, Abtreibung, Gendertheorie, Geschlechtsumwandlung. Diese Themen werden meist unter dem Aspekt der Freiheit des Einzelnen diskutiert und entschieden. Das Lehrschreiben dekliniert diese Fragestellungen in ihrem Bezug zu der Menschwürde durch. Unter diesem Gesichtspunkt entspricht dann eine Gesetzgebung zwar dem Moment einer größeren Freiheit aber damit nicht notwendig dem Kriterium „Menschenwürde“. Fazit: lesenswert und ergänzungsbedürftig Der kurze Aufriss legt die Lektüre des Dokumentes „Dignitas infinita" auch deshalb nahe, weil das Dokument die Entfaltung der Menschenwürde nicht nur in den Menschenrechten nachvoll-zieht, sondern auch eine dynamische Sicht für die Verwirklichung der Würde aufzeigt. Die Beeinträchtigungen dieser Würde schließen sich an. Sie werden nicht nur als Verletzung der Menschen-rechte, sondern als auch der Würde jedes Einzelnen.

Wie jede Annäherung an das Wesen des Menschen bleibt die vom Vatikan formulierte Annäherung auch unvollständig. Eines kann sich jedoch die Zentrale einer weltumspannenden Religions-gemeinschaft nicht leisten: Die Beschränkung auf die Kultur nur eines Erdteils.

Das Vatikandokument gesteht zwar ein, dass sich die Ausführungen auf die europäische Geistes-geschichte beschränken. Aber Afrika gehört nicht nur deshalb in die Überlegungen, weil es mit einem Konzept „Ubuntu“ (Verbundenheit) einen eigenen Zugang gefunden hat. Afrikaner:innen sagen, dass die Menschenrechte eine große Herausforderung sind. Ebenso leisten die asiatischen Kulturen einen wichtigen Beitrag zur Ausfaltung der Menschenwürde. Mit deren Aufnahme in „Dignitas infinita" würde die Herausstellung der Menschenwürde nicht fälschlicherweise nur auf eine europäische Tradition begrenzt.

Hier kann das Vatikan-Dokument in deutscher Übersetzung im Wortlaut nachgelesen werden: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240402_dignitas-infinita_ge.html. Eckhard Bieger S.J. kath.de. 12

 

 

 

 

EU-Abtreibungs-Votum: „Deutschen Kompromiss beibehalten“

 

Die Katholische Kirche hat sich für die Beibehaltung der derzeitigen Regelung zur Abtreibung in Deutschland ausgesprochen. Der Sozialethiker Lob-Hüdepohl warnt davor, dass ein Abweichen vom deutschen Kompromiss auch Frauen schadet.

„Wir werben dafür, dass dieser mühsam errungene Kompromiss bleibt“, sagte der Leiter des Katholischen Büros in Berlin, Prälat Karl Jüsten, am Freitag in Berlin. Insgesamt habe man damit eine „befriedete Situation“ erreicht. Alle Rechtsgüter seien gut abgewogen. Jüsten äußerte sich bei einer Veranstaltung der „Christen in der SPD“.

Auch der katholische Theologe und Sozialethiker Andreas Lob-Hüdepohl warnte vor einem Aufschnüren des geltenden deutschen Abtreibungsrechts. „Wenn mühsam gefundene politische und gesellschaftliche Kompromisse in dieser Frage aufgekündigt werden, wird darunter nicht nur das ungeborene Leben zu leiden haben, sondern am Ende auch Frauen selbst“, sagte er der „Neuen Osnabrücker Zeitung“ vom Freitag.

Rollenzuweisungen... und brüchige Grundannahmen

Fragen der menschlichen Fortpflanzung seien in der Geschichte immer wieder dazu missbraucht worden, Frauen bestimmte Rollen zuzuweisen, so das Mitglied des Deutschen Ethikrats. Die bisherige Regelung in Deutschland, dass Schwangerschaftsabbrüche innerhalb der ersten zwölf Wochen zwar illegal, aber straffrei sind, sei ein „sinnvoller Ausgleich zwischen dem Lebensrecht des Kindes und dem Selbstbestimmungsrecht der Frau“, der nicht zunichtegemacht werden sollte.

„In der Gesellschaft sind die Grundannahmen der bisherigen Kompromissregelung brüchig geworden“, so Lob-Hüdepohl. „Wer Embryonen nur für einen Zellverband hält, der kann kein Verständnis dafür haben, dass das Recht des Embryos auf Schutz moralisch genauso schwer wiegen könnte wie das Recht der Frau auf Selbstbestimmung. Der kann kein moralisches Dilemma sehen.“

Auch in den modernen Humanwissenschaften gebe es immer lautere Stimmen, die den Beginn menschlichen Lebens nicht bereits für die Verschmelzung von Ei- und Samenzelle ansetzten, sondern erst zu einem deutlich späteren Zeitpunkt. „Selbst in den großen Weltreligionen gibt es unterschiedliche Auffassungen. Und auch die UN-Kinderrechtskonvention kennt keine pränatalen Kinderrechte“, gab der Theologe zu bedenken.

Stellungnahme einer Expertenkommission in Berlin erwartet

Nach Paragraf 218 im Strafgesetzbuch ist ein Schwangerschaftsabbruch in Deutschland rechtswidrig. Er bleibt aber bis zur zwölften Schwangerschaftswoche straffrei, wenn es zuvor eine Beratung gab und ein Beratungsschein ausgestellt wurde. Zwischen Beratung und Abtreibung müssen mindestens drei Tage vergehen. Eine Expertenkommission der Regierung in Berlin soll am Montag eine Stellungnahme zu der Thematik vorlegen. Laut Medienberichten wird das Gremium eine Liberalisierung der Gesetzeslage empfehlen. (kna/kap 12)

 

 

 

Vatikan zum EU-Abtreibungs-Votum: Frauen und „Kultur des Wir" stärken

 

Als „ideologische“ und „rückwärtsgewandte Entscheidung“ hat der Vatikan den Vorstoß des EU-Parlamentes bezeichnet, ein Recht auf Abtreibung in die Europäische Grundrechte-Charta aufnehmen zu wollen. In Brüssel stimmte am Montag eine Mehrheit von 336 Abgeordneten für diesen Schritt.

„Ich halte es für eine völlig ideologische Entscheidung im negativen Sinne des Wortes“, kommentierte der Präsident der Päpstlichen Akademie für das Leben gegenüber Radio Vatikan. In kultureller und sozialer Hinsicht sei es „sehr bedenklich“, dass bei der Entscheidung das Recht des ungeborenen Kindes nicht berücksichtigt werde, so Erzbischof Vincenzo Paglia: „In diesem Fall ist das ungeborene Kind schwächer, es kann nicht sprechen, kann nichts einfordern, und es ist zu einfach, die Rechte des Stärkeren durchzusetzen und den Schwächeren zu vergessen. Es ist eine falsche Entscheidung, ein Recht nur für eine Partei einzufordern, nicht für beide.“

Für den Vatikanvertreter würde ein Recht auf Abtreibung zudem die notwendige Unterstützung für Frauen untergraben: viele Schwangere trieben „aus Verzweiflung“ ab, gab Paglia zu bedenken. „In diesem Sinne scheint es mir eine Entscheidung zu sein, die rückwärts und nicht vorwärts geht“, so der Erzbischof.

„Es ist eine falsche Entscheidung, ein Recht nur für eine Partei einzufordern, nicht für beide.“

In Brüssel stimmten am Montag 336 Abgeordnete für die Verankerung eines Abtreibungsrechtes in der Europäische Grundrechte-Charta, 163 waren dagegen, 39 enthielten sich. In der Resolution vom 11. April werden die Mitgliedsstaaten dazu aufgerufen, das „Recht auf körperliche Selbstbestimmung und auf einen freien, informierten und umfassenden Zugang zu sexueller und reproduktiver Gesundheit“ - wozu auch Abtreibung gehören soll - in die Charta aufzunehmen.

Definition von Leben ist Schlüsselfrage

„Wenn es ein Leben ist, mit welchem Recht schließe ich es aus oder beseitige es?“

Schlüsselfrage bei der Frage der Abtreibung sei die Definition von Leben, so Vatikanvertreter Paglia: „Ist der Mensch, der gezeugt wurde, ein Leben oder nicht? Wenn es ein Leben ist, mit welchem Recht schließe ich es aus oder beseitige es? Das Recht desjenigen, der geboren werden soll, zugunsten der Rechte eines anderen völlig außer Acht zu lassen, zumal wenn er dann nichts entscheiden kann, scheint mir eindeutig ein kultureller Rückschritt zu sein.“ Der Präsident der Päpstlichen Akademie für das Leben erinnert an die jüngste Erklärung der Glaubenslehre zur Menschenwürde „Dignitas infinita“, die hervorhebt, dass jedem Menschen eine unendliche Würde zukommt, die niemanden ausschließt.

„Deshalb muss die Kirche das Leben verteidigen: Wir sind gegen die Todesstrafe, gegen den Krieg, gegen die Abtreibung, gegen die Ungerechtigkeit, gegen das Fehlen von Rechten am Arbeitsplatz, das Fehlen des Schutzes des Lebens auch für diejenigen, die unter schrecklichen Bedingungen arbeiten. Das ist es, was wir unbedingt fördern sollten: die Verteidigung des Lebens im Ganzen, angefangen bei dem der Schwächsten.“

„Plural-Sein“ als Substanz des Menschlichen

„In diesem Sinne müssen wir auch die Mitverantwortung für das Leben, das geboren wird, wiederentdecken.“

Für den Vatikanvertreter ist das Votum des EU-Parlamentes für ein Recht auf Abtreibung nicht einfach nur eine politische Entscheidung. In dem Willen, ein „Recht auf Abtreibung“ zu verankern, spiegelt sich für Paglia der Vormarsch des Individualismus wider, die Tendenz einer „totalen Wiederbelebung individueller Rechte auf Kosten der Pflichten gegenüber anderen“. Diese „Trunkenheit des Individualismus“ lasse vergessen, „dass wir alle miteinander verbunden sind“, gibt der Erzbischof zu bedenken.

Das „Wir“ oder „Plural-Sein“ des Menschen komme gerade in der Mutterschaft und Geburt zum Ausdruck. „In diesem Sinne müssen wir auch die Mitverantwortung für das Leben, das geboren wird, wiederentdecken“, appellierte der Präsident der Päpstlichen Akademie für das Leben. Die Fürsorge für die Frauen, die dieses Leben in sich tragen, gehöre wesentlich dazu, insistiert Paglia:

„Mutter Teresa richtete eine Aufnahmestelle für solche Frauen ein, wo sie den Schwangeren sagte: ,Lasst die Kinder zur Welt kommen, ich kümmere mich um sie‘. – So viele Frauen treiben ab, weil sie Probleme haben, vielleicht wirtschaftliche oder auch psychologische oder anderer Art. Sie treiben ab, weil sie allein sind und keine Hilfe bekommen. Deshalb müssen wir – statt eine Kultur, die weiterhin das ,Ich‘ verherrlicht – eine Kultur des ,Wir‘ anstreben. Dieses ,Wir‘ ist die Substanz des Menschlichen, der Solidarität, der Geschwisterlichkeit und damit auch der Gerechtigkeit.“

Was meint Förderung von Frauen?

Wie der Vatikan kritisiert auch die Vertretung der katholischen Bischöfe in Brüssel den Vorstoß des EU-Parlamentes vom Montag. Das Recht auf Leben sei der Grundpfeiler aller anderen Menschenrechte, erklärte die EU-Kommission der Bischofskonferenzen (COMECE) am Dienstag. Eine Erleichterung der Abtreibung gehe zudem in eine „entgegengesetzte Richtung zur wirklichen Förderung der Frauen und ihrer Rechte“.

Fragen der menschlichen Fortpflanzung seien in der Geschichte immer wieder dazu missbraucht worden, Frauen bestimmte Rollen zuzuweisen, warnte der deutsche katholische Theologe und Sozialethiker Andreas Lob-Hüdepohl mit Blick auf die geforderte Verankerung eines Abtreibungsrechtes. Er äußerte sich an diesem Freitag gegenüber der ,Neuen Osnabrücker Zeitung'.

In seiner Reaktion auf das EU-Parlamentsvotum verwies das Mitglied des Deutschen Ethikrates positiv auf die bisherige rechtliche Regelung in Deutschland: Dass Schwangerschaftsabbrüche dort innerhalb der ersten zwölf Wochen zwar illegal, aber straffrei sind, sei ein „sinnvoller Ausgleich zwischen dem Lebensrecht des Kindes und dem Selbstbestimmungsrecht der Frau“. Dieser Ausgleich sollte nicht zunichtegemacht werden, so Lob-Hüdepohl, der vor einem Aufschnüren des geltenden deutschen Abtreibungsrechts warnte.

„Wenn mühsam gefundene politische und gesellschaftliche Kompromisse in dieser Frage aufgekündigt werden, wird darunter nicht nur das ungeborene Leben zu leiden haben, sondern am Ende auch Frauen selbst."

Das Interview mit Erzbischof Paglia führte Francesca Sabatinelli. (vn/kap 12)

 

 

 

„Gott im Säkularen entdecken“. Pastoralkommission der Deutschen Bischofskonferenz in den Niederlanden

 

Heute (12. April 2024) beendet die Pastoralkommission der Deutschen Bischofskonferenz eine Studienreise in die Niederlande. Seit dem 8. April 2024 war sie im westlichen Nachbarland, um sich zu informieren, wie die Kirchen in den Niederlanden auf Prozesse einer fortschreitenden Säkularisierung reagieren. Mehr als 60 Prozent der Niederländerinnen und Niederländer sind heute religionslos. Diese Gruppe steigt deutlich an, während die Katholiken als größte Religionsgemeinschaft in den Niederlanden mit 18 Prozent auf dem zweiten Platz liegen und wie die Protestanten kontinuierlich weiter rückläufig sind.

„Die Säkularisierung ist in den Niederlanden noch weiter fortgeschritten als in Deutschland“, betont der Utrechter Pastoraltheologe Prof. Dr. Jan Loffeld, der auch Berater der Pastoralkommission ist. „Dies schlägt sich aber auch in der Mentalität und Kultur der Niederländer nieder. Daneben sind aber auch immer wieder Spuren des Religiösen und Aufbrüche des Glaubens zu entdecken – und oft dort, wo man es nicht erwartet.“

Deshalb suchte die Pastoralkommission den Austausch in verschiedenen niederländischen Diözesen, aber auch mit Vertretern anderer Konfessionen wie Altkatholiken und Reformierten in den Niederlanden, um zu erfahren, welche Wege die Kirche in den Niederlanden als Reaktion auf die Prozesse der Säkularisierung beschreiten. Auf dem Programm standen unter anderem der Austausch mit Bischöfen der (Erz-)Diözesen Utrecht, Haarlem-Amsterdam und 's-Hertogenbosch und Vertretern weiterer Konfessionen, Besuche der internationalen Gemeinschaft von Sant’Egidio, missionarischer Initiativen und von „Pionierorten“ der protestantischen Kirche in den Niederlanden sowie das Gespräch mit niederländischen Theologen aus dem Fachgebiet der praktischen Theologie.

„Ziel unserer Reise war zu sehen, zu hören und zu lernen, welche Erfahrungen die Niederländer mit kirchlichen Transformationsprozessen in einer säkularen Gesellschaft machen. Die Niederlande gibt uns vielleicht eine Ahnung, was auch auf die Kirche in Deutschland zukommen wird“, erklärt Bischof Dr. Peter Kohlgraf, Vorsitzender der Pastoralkommission. „Wir haben eine große Vielfalt unterschiedlicher Weisen gesehen, wie die christlichen Gemeinschaften auf eine nachchristliche Gesellschaft reagieren, wie sie in ihr leben und sich zu ihr positionieren. Und es gibt viele Punkte, besonders zum Thema Synodalität, die mich zum Nachdenken angeregt haben. Mir wurde aber auch bewusst, wo aufgrund unserer unterschiedlichen Geschichten und kulturellen Hintergründe Grenzen der Vergleichbarkeit liegen.“ Die Erfahrungen werden in die Arbeit der Pastoralkommission einfließen.

An der Reise der Pastoralkommission nahmen neun Bischöfe sowie elf Beraterinnen und Berater teil. Die Kommission befasst sich mit den unterschiedlichen Feldern der Seelsorge, Verkündigung und Gemeindeentwicklung. Sie besteht aus bischöflichen Mitgliedern sowie berufenen Beratern aus der Wissenschaft, aus Diözesen und kirchlichen Verbänden. Dbk 12

 

 

 

„Leidende menschenwürdig behandeln“

 

Zu einer menschenwürdigen Behandlung von Kranken und Leidenden hat Papst Franziskus aufgerufen. Das Thema liege ihm sehr am Herzen, sagte der 87-Jährige an diesem Donnerstag bei einer Audienz. Stefan von Kempis – Vatikanstadt

„Leiden und Krankheit sind Widersacher, denen man sich stellen muss, aber es ist wichtig, dies auf eine menschenwürdige Art und Weise zu tun, auf eine menschliche Art und Weise, um es einmal so auszudrücken. Es ist sicher keine Lösung, sie auszublenden, sie zu Tabus zu machen, über die man besser nicht spricht, vielleicht weil sie das Bild der Effizienz um jeden Preis beschädigen, das nützlich ist, um zu verkaufen und Geld zu verdienen.“

Franziskus äußerte sich gegenüber der päpstlichen Bibelkommission, die sich bei ihrer jährlichen Vollversammlung mit dem Thema „Leid und Krankheit in der Heiligen Schrift“ auseinandergesetzt hat. „Wir alle schwanken unter der Last dieser Erfahrungen, und wir müssen uns selbst helfen, sie durchzustehen, indem wir sie in Beziehung zueinander leben, ohne dass wir uns gegen uns selbst wenden und ohne dass die legitime Rebellion in Isolation, Verlassenheit oder Verzweiflung umschlägt.“

Der „Filter des Leidens“

Viele Kranke und Leidende hätten die Erfahrung gemacht, dass sie „im Licht des Glaubens“ durch ihre Einschränkungen gereift seien, so der Papst. Durch den „Filter des Leidens“ erkenne man leichter, „was wirklich wichtig ist“. Franziskus fuhr fort, indem er betonte, welch große Rolle Mitgefühl im Neuen Testament, namentlich bei den Wundern Jesu, spiele.

„All dies offenbart einen wichtigen Aspekt: Jesus erklärt das Leiden nicht, sondern beugt sich dem Leiden. Er begegnet dem Schmerz nicht mit allgemeiner Ermutigung und sterilem Trost, sondern er nimmt seine Dramatik an und lässt sich von ihr berühren. In diesem Sinne ist die Heilige Schrift erhellend: Sie hinterlässt uns kein Handbuch der guten Worte oder ein Rezeptbuch der Gefühle, sondern zeigt uns Gesichter und konkrete Begegnungen.“

„Das menschliche Leiden mit der eigenen Hand berühren“

Wer sich die Heilige Schrift zu eigen mache, „reinigt seine religiösen Vorstellungen von falschen Prämissen und lernt, dem von Jesus aufgezeigten Weg zu folgen: das menschliche Leiden mit der eigenen Hand zu berühren“, so der Papst. „Nicht theoretisch, sondern mit der Hand berühren.“

Eine genaue Lektüre der Heiligen Schrift führe außerdem vor Augen, wie wichtig Inklusion sei. Jesus sei es immer um ganzheitliche Heilung gegangen: „an Körper, Seele und Geist“. „Deshalb sind wir als Kirche aufgerufen, durch die Erfahrung von Leid und Krankheit mit allen zusammenzugehen, in christlicher und menschlicher Solidarität, und im Namen der gemeinsamen Zerbrechlichkeit Möglichkeiten des Dialogs und der Hoffnung zu eröffnen.“ (vn 11)

 

 

 

Familienbischof sieht Verantwortungsgemeinschaften positiv

 

Ab 2025 sollen so genannte Verantwortungsgemeinschaften rechtlich möglich sein. Sorgen vor einer „Ehe light“ teilt der Berliner Erzbischof Heiner Koch in diesem Zusammenhang nicht mehr. Er hält das Modell auch für Priester und Haushälterinnen denkbar.

Die von der Bundesregierung geplanten Verantwortungsgemeinschaften bedeuten nach Ansicht des katholischen „Familienbischofs“ Heiner Koch keine Einführung einer „Ehe light“. „Die Befürchtung hatte ich, ich muss allerdings sagen, dass die vorliegenden Eckpunkte dies nicht bestätigt haben“, sagte der Berliner Erzbischof der Katholischen Nachrichten-Agentur (KNA). „Dieses Gesetz könnte ein Fortschritt sein.“ Füreinander Verantwortung zu übernehmen, sei ja grundsätzlich etwas sehr Positives. „Und dass es dafür einen rechtlichen Schutz geben soll, das halte ich für unterstützenswert.“

Ein kritischer Punkt ist seines Erachtens aber: „Was ist, wenn sich eine Verantwortungsgemeinschaft wieder auflöst - ist der Hilfsbedürftige dann auch ausreichend geschützt und abgesichert? Wer trägt die Konsequenzen?“ Auch dafür müsse Sorge getragen werden. Erwägungen von Bundesjustizminister Marco Buschmann (FDP), auch Regelungen zur Pflege einzubeziehen, begrüßte Koch, der in der Deutschen Bischofskonferenz die Familien-Kommission leitet. „Wir müssen auf jeden Fall den Bereich Pflegende und zu Pflegende stärker regeln. Das ist derzeit unbefriedigend geregelt.“

Modell für Priester und seine Haushälterin

Eine Verantwortungsgemeinschaft könnte laut Koch auch ein Modell für einen Priester und seine Haushälterin sein, gerade mit Blick aufs Alter: „Prinzipiell halte ich das für denkbar. Es muss aber natürlich den besonderen Charakter der Beziehung zwischen Pfarrer und Haushälterin beachten. Aber ja, zum Beispiel das Auskunftsrecht im Krankheitsfall kann da sehr sinnvoll sein.“

Mit der Verantwortungsgemeinschaft soll eine Möglichkeit geschaffen werden, um sich auch außerhalb von Ehe und Verwandtschaftsbeziehungen rechtlich verbindlich umeinander zu kümmern. Buschmann hat bislang Eckpunkte vorgelegt, und will das neue Modell bis 2025 einführen. Bis zu sechs Menschen sollen demnach eine solche Gemeinschaft beim Notar beurkunden lassen können. Im Blick hat der Minister etwa Senioren-WGs und Alleinerziehende, die sich gegenseitig unterstützen.

Geplant ist ein Stufenmodell, das individuell angepasst werden kann. Geregelt werden können etwa die rechtliche Betreuung, Organspende, Auskunftsrecht in medizinischen Notfällen und die gemeinsame Haushaltsführung. In Abgrenzung zur Ehe soll die Verantwortungsgemeinschaft keine Auswirkungen auf das Sorge-, Namens- und Erbrecht haben und nicht mit Steuererleichterungen einhergehen.

(kna 10)

 

 

 

Bischof Meier beendet Reise in die Ukraine. „Christliche Hoffnung, die auch in schweren Zeiten trägt“

 

Heute (10. April 2024) endet die fünftägige Reise des Vorsitzenden der Kommission Weltkirche der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Bertram Meier (Augsburg), in die Ukraine. Stationen waren die Hauptstadt Kiew (Kyjiv) und Lemberg (Lviv). Neben Vertretern der Kirchen kam der Bischof auch mit dem ukrainischen Minister für Religionsangelegenheiten zusammen.

Im Mittelpunkt des Besuchs in Kiew (7.–8. April 2024) stand ein ausführliches Gespräch mit dem Großerzbischof der Ukrainischen griechisch-katholischen Kirche, Sviatoslav Shevchuk. Dieser Kirche gehören etwa acht Prozent der ukrainischen Bevölkerung an. Der Großerzbischof dankte der Deutschen Bischofskonferenz und den Katholiken in Deutschland für die seit Jahren andauernde geistliche, materielle und politische Solidarität mit der Ukraine, insbesondere seit dem russischen Großangriff vor zwei Jahren. Er erwähnte in diesem Zusammenhang auch die Bemühungen bei der Aufnahme einer großen Zahl von Flüchtlingen in Deutschland. Auch würden die Verlautbarungen der deutschen Bischöfe zur Ukraine und das grundlegende friedensethische Wort „Friede diesem Haus“ (Februar 2024) als wertvolle Unterstützung der Kirche in der Ukraine wahrgenommen. Großerzbischof Shevchuk berichtete von dem Leben seiner Kirche in Zeiten des Krieges, vor allem von dem stetigen Bemühen, den Opfern der Gewalt nahe zu sein und die Resilienz der Bevölkerung angesichts der andauernden Aggression in einer vom Glauben getragenen Weise zu stärken. So wenig ein „radikaler Pazifismus“ die Antwort auf die militärischen Angriffe Russlands sein könne, so sehr komme es doch darauf an, dass die Kirche stets, gerade auch in den Situationen eines aufgezwungenen Kampfes, an das christliche Ethos erinnere. Sowohl Großerzbischof Shevchuk als auch Bischof Meier brachten ihre Wertschätzung für die Vermittlungsaktivitäten des päpstlichen Beauftragten Kardinal Matteo Zuppi zum Ausdruck. 

Einblicke in die konkrete pastorale und soziale Arbeit der Kirche für die Not leidende Bevölkerung konnte Bischof Meier in Gesprächen mit Verantwortlichen der Stiftung „Wise Cause“ und der Caritas der griechisch-katholischen Kirche gewinnen. Deren Projekte dienen zum einen der Unterstützung von Menschen, die durch den Krieg ihre materielle Lebensgrundlage verloren haben, zum anderen umfassen sie psychologische Hilfe für diejenigen, die Traumata erlitten haben. Die diakonische Arbeit der Kirche ist dabei besonders von dem Gedanken geleitet, das soziale Umfeld der vom Krieg materiell oder an Leib und Seele Geschädigten zu stabilisieren. Anschaulich wurde dies im Bericht über ein Projekt der Caritas, das den Bau provisorischer Unterkünfte unmittelbar am Ort zerstörter Wohnhäuser ermöglicht: So können die Betroffenen weiterhin in ihren Gemeinschaften bleiben und sozialen Zusammenhalt erleben. Die diakonischen Projekte der Kirche werden u. a. von Renovabis und der deutschen Caritas (Caritas international) finanziert.

Der Militärseelsorge kommt in Zeiten des Krieges eine herausgehobene Bedeutung zu. Über deren Arbeit informierte sich Bischof Meier im Austausch mit dem stellvertretenden Leiter der griechisch-katholischen Militärseelsorge, Pater Andriy Zelinsky SJ. Die internationalen Standards entsprechende Professionalität der laut Angabe von Pater Zelinsky SJ 800 christlichen Militärgeistlichen (180 davon katholisch) ist auch dadurch gewährleistet, dass deren Ausbildung im westlichen Ausland erfolgt. Angesichts der konfessionellen Vielgestaltigkeit der Ukraine kommt der ökumenischen Abstimmung im Bereich der Militärseelsorge eine große praktische Bedeutung zu.

Am eindrücklichsten erlebte Bischof Meier die Leiden des Krieges und die Herausforderungen, die sich der Seelsorge stellen, beim Besuch eines Soldatenfriedhofs in Brovary (in der Nähe der ukrainischen Hauptstadt). Der Vorsitzende der Kommission Weltkirche begegnete dort einer Gruppe von Angehörigen, deren Söhne und Ehepartner im Krieg gefallen sind, und dem sie betreuenden örtlichen Pfarrer. Den von Leid, fortdauernder Erschütterung und Trauer bestimmten Gesprächen folgte das von Bischof Meier geleitete Gebet an den einzelnen Gräbern. „Dies war der tiefste, wichtigste und ergreifendste Moment der Reise“, fasste der Bischof seinen Eindruck vom Besuch des Friedhofs zusammen. „Jeder abstrakte Blick auf den Krieg verblasst im Angesicht der weinenden Ehefrauen und Eltern, die das Wichtigste in ihrem Leben verloren haben. Und zugleich ist mir einmal mehr deutlich geworden, wie sehr Kirche gerade in diesen Situationen gebraucht wird und gefordert ist.“

Das Verhältnis von Staat und Kirchen sowie den anderen Religionsgemeinschaften in der Ukraine war Thema beim Treffen mit dem Apostolischen Nuntius in der Ukraine, Erzbischof Visvaldis Kulbokas, und dem Minister für Religionsangelegenheiten, Viktor Yelensky. Minister Yelensky machte deutlich, dass eine kooperativere Ausgestaltung des Verhältnisses von Religion und Staat auf der Grundlage der Trennung beider Sphären angestrebt werde. Das schließe Spannungen im Einzelfall nicht aus, wie sie etwa in den Diskussionen um ein neues Rekrutierungsgesetz für Soldaten deutlich werden: Die Kirchen wollen sicherstellen, dass Priester und Priesteramtskandidaten bzw. Pastore nicht zum Dienst an der Waffe herangezogen werden dürfen. Während die kirchlich-staatlichen Beziehungen trotz solcher Fragen allgemein als zufriedenstellend angesehen werden, bildet die ukrainisch-orthodoxe Kirche, die in ungeklärtem Verhältnis zum Moskauer Patriarchat steht, eine Ausnahme. Sie wird – trotz gegenteiliger Bekundungen dieser Kirche – von vielen in der Gesellschaft und auch von der Regierung als weiterhin dem Moskauer Patriarchen Kyrill zugewandt betrachtet. Dies führt zu Spannungen mit dem Staat, was etwa im Verbot der Militärseelsorge dieser Kirche Ausdruck findet. Bischof Meier erörterte diese Situation auch mit dem Metropoliten Kliment Vetcherya der ukrainisch-orthodoxen Kirche, der bemüht war, die komplizierte kirchenrechtliche Situation seiner Kirche innerhalb der Orthodoxie zu erläutern. Ein Gespräch mit einem Repräsentanten der orthodoxen Kirche der Ukraine, die keinerlei Beziehungen zur russischen Orthodoxie unterhält und das Wohlwollen der staatlichen Behörden genießt, kam während des Besuchs von Bischof Meier nicht zustande.

Anders als im Juni 2022, als Bischof Meier bei seiner Reise in die Ukraine eine hoch angespannte, aber grundlegend optimistische Stimmung vorfand, dominierte dieses Mal in fast allen Begegnungen eine tristere Atmosphäre. Die in den zurückliegenden Monaten neu gewonnene Stabilität des russischen Militärs, Misserfolge der Ukrainer an einzelnen Frontabschnitten, die aktuell unzureichende Waffenhilfe der westlichen Partner und nicht zuletzt eine wachsende Zahl ukrainischer Kriegsopfer haben die Hoffnung auf einen baldigen Erfolg schwinden lassen. Probleme bei der Rekrutierung von Soldaten und eine viel beklagte Korruption, die das Gerechtigkeitsempfinden vieler Menschen empört, sind Ausdruck einer auch im Inneren des Landes schwierigen Situation. „In meinen Gesprächen“, so Bischof Meier, „wurde immer wieder glaubhaft berichtet, dass die Ukrainer auch weiterhin entschlossen sind, die Freiheit ihres Landes zu verteidigen. Gerade die Brutalität des russischen Militärapparats und die willkürliche Beschießung und Bombardierung von Zivilisten bestärken die politischen Verantwortlichen und große Teile des Volkes in der Auffassung, dass es keine vertretbare Alternative zum Verteidigungskrieg gibt. Die Hoffnung, dass die Ukraine als freies Land überlebt, besteht weiter. Aber sie ist überschattet von den politischen und militärischen Widrigkeiten. Auch und gerade in dieser schwierigen Lage ist die Solidarität der Deutschen und der Europäer mit den bedrängten Ukrainern gefordert!“

Der Besuch in Lemberg (Lviv) am 9. und 10. April 2024 galt besonders der lateinischen katholischen Kirche, einer kleineren Kirche, der ca. zwei Prozent der ukrainischen Bevölkerung angehören, der aber in den westlichen Teilen des Landes eine große Bedeutung zukommt. Bischof Meier traf dort mit Erzbischof Mieczys?aw Mokrzycki zusammen, mit dem er gemeinsam eine neue Kirche in der Diözese einweihte. „Ich bin dankbar, dass ich zum Abschluss der Reise an einem solchen Kirchenereignis mitwirken konnte. Die festliche Stimmung, auch die Fröhlichkeit der Gläubigen, die ich erlebt habe, zeigt ein Durchhaltevermögen in der Krise. Nichts Aufgesetztes, kein durchsichtiger, zur Schau getragener Optimismus ist hier am Werk, sondern christliche Hoffnung, die auch in schweren Zeiten trägt.“ Dbk 10

 

 

 

Caritas Europa fordert „Mission für Migranten im Mittelmeer“

 

Seit 2014 sind mindestens 20.000 Migranten im Mittelmeer gestorben und die Zahl steigt von Tag zu Tag, während weltweit 108 Millionen Menschen aufgrund von Kriegen, Verfolgung, Gewalt und Menschenrechtsverletzungen gezwungen sind, ihre Heimat zu verlassen. Darauf weist Caritas Europa jetzt hin.

„Das Thema der Migration über das Mittelmeer nimmt in den europäischen Medien immer weniger Raum ein, aber das kann nicht akzeptiert werden und muss sich ändern“, so der Präsident von Caritas-Europa, Michael Landau. Der Österreicher plädiert für eine gemeinsame europäische Such- und Rettungsmission im Mittelmeer. Dies sagte Landau an diesem Dienstag in Grado bei Gorizia. Der Präsident von Caritas Europa sprach am zweiten Tag der 44. Nationalen Konferenz der diözesanen Caritas, die bis zum 11. April dauert.

„Während viele nichts mehr haben, ganze Generationen unter kompliziertesten Bedingungen leben und aufwachsen müssen, hat die internationale Gemeinschaft noch keinen Weg gefunden, den Schutz von Flüchtlingen vollständig und unverzichtbar anzuerkennen und umzusetzen, und bekämpft nicht die Ursachen“, so der ehemalige Leiter von Caritas-Österreich. Die meisten Flüchtlinge würden „mit der nötigen Entschlossenheit“ ihr Land verlassen, sagte der Präsident von Caritas Europa und erinnerte auch an „die dramatische Situation im Heiligen Land, die die gesamte Region sowie die ganze Welt betrifft“. Auch der langwierige Krieg in der Ukraine und die Situation im Sudan und in Haiti seien für die steigende Zahl von Flüchtlingen mitverantwortlich.

Kriege und Krisen

Zusammen „mit anderen anhaltenden Kriegen und Krisen, die zunehmend fast vergessen werden“ sei eine beunruhigende Weltlage entstanden. Nicht vergessen dürfe man auch die Klimakrise, die Millionen von Umweltflüchtlingen hervorbringt. „Die Unzulänglichkeit des politischen Systems, auf diese Herausforderungen zu reagieren, ist besonders dramatisch geworden“, bemerkte Landau. Letztlich müsse es möglich sein, beides zu tun: Menschen zu helfen und Grenzen zu schützen. Darüber hinaus könne man das Migrationsproblem im Mittelmeer „natürlich nicht reduzieren“, gab Landau zu. Die europäischen Grenzen seien „lang und vielfältig“.

Der Präsident von Caritas Europa betonte, dass „in vielen europäischen Ländern vielfältige Defizite im Flüchtlingsmanagement bestehen, etwa bei den Herausforderungen für die Vertriebenen aus der Ukraine, oft aber auch bei der Grundversorgung allgemein oder bei der Marktintegration der Arbeitskräfte“. Abschließend sagte der Österreicher: „Wir stehen vor einem gravierenden Arbeitskräftemangel, der nicht mehr nur qualifizierte Arbeitskräfte betrifft, etwa im Pflegebereich.“ Ein Umdenken sei dringend erforderlich. (sir 9)

 

 

 

Vatikan-Erklärung zu Menschenwürde stößt auch auf Kritik

 

Bis 1963 sah die katholische Kirche mit Skepsis auf den Begriff der Menschenrechte. Ein neues Vatikan-Dokument stellt nun die Menschenwürde in den Mittelpunkt. Aus Sicht von Fachleuten bleibt manches unklar.

Die Erklärung des Vatikans zur Menschenwürde stößt bei Theologen in Deutschland auch auf Kritik. Es sei „Augenwischerei, so zu tun, als habe Würde immer im Zentrum kirchlicher Argumentation gestanden", sagte die Dogmatikerin Gunda Werner dem Portal katholisch.de am Dienstag. Historisch gesehen habe sich die Kirche kaum auf die Würde aller Menschen bezogen, „stattdessen ging es vor allem um die Würde des Mannes".

Das am Montag veröffentlichte Dokument „Dignitas infinita" (Unendliche Würde) des Dikasteriums für die Glaubenslehre enthält eine ausführliche Darstellung von Verstößen gegen die Menschenwürde aus Sicht der katholischen Kirche. Dazu zählen die Ausbeutung von Arbeitern, der Menschenhandel, die Zerstörung der Umwelt, sexueller Missbrauch innerhalb und außerhalb der Kirche, Gewalt gegen Frauen, Krieg und die Todesstrafe. Der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Georg Bätzing, begrüßte es, dass der Vatikan die „unverzichtbare, unverletzliche und nicht zu reduzierende (,infinita') Würde des Menschen" unterstreiche und einschärfe.

Werner kritisierte, dass etwa sexualisierte Gewalt in wenigen Sätzen abgehandelt werde. „Missbrauch wird als Hindernis für die Sendung der Kirche erkannt, aber dass es innerhalb der Kirche vielleicht Strukturen gibt, die Missbrauch begünstigen, kommt nicht vor.“ Das eigene Handeln der Kirche bleibe „unreflektiert“, so die in Bochum lehrende Theologin. Ebenso klafften die Aussagen zu homosexuellen Menschen und Transpersonen auseinander: Einerseits würden Staaten ermahnt, nicht gegen diese vorzugehen, andererseits werde „nach innen jede homosexuelle Handlung" verurteilt. Unklar bleibe zudem, gegen welche Gender-Theorien sich das Lehramt konkret wende.

Gender-Theorien als Verstöße gegen Menschenwürde?

Für den Mainzer Moraltheologen Stephan Goertz ist die Einordnung von Gender-Theorien als schwere Verstöße gegen die Menschenwürde „ein echtes Ärgernis": „Menschenrechtliche Ansprüche sexueller Minderheiten werden mit keiner Silbe der Würdigung für wert erachtet", kritisierte Goertz in einem Gastbeitrag auf kirche-und-leben.de. „Wie soll unter diesen Vorzeichen eine auch nur ansatzweise seriöse Auseinandersetzung stattfinden?"

Ebenso bleibe es ein „moraltheologisches Rätsel", wie es mit der Menschenwürde in Einklang zu bringen sei, wenn Homosexuellen die Fähigkeit abgesprochen werde, ihre Sexualität auf humane Weise auszuleben. Zudem falle an dem Dokument auf, „dass für die Begründung der Würde des Menschen dessen Freiheit keinen zentralen Stellenwert besitzt". Angesichts globaler Angriffe auf freiheitliche Gesellschaften hätte Goertz es für sinnvoll gehalten, „die demokratische, rechtsstaatliche politische Ordnung nachdrücklicher als die relativ beste staatliche Garantie des Schutzes von Menschenwürde christlich zu verteidigen". (kna 9)

 

 

 

Beraterin beim Kardinalsrat: Großes Interesse an der Frauenfrage

 

Die italienische Ordensfrau Linda Pocher registriert waches Interesse und Lernbereitschaft in der Frauenfrage bei Papst Franziskus und den Kardinälen seines Beratungsstabs. Sie organisiert im Auftrag von Franziskus eine Vortragsreihe über die Rolle der Frau in der Kirche für den Kardinalsrat, die auch als Vorbereitung für die zweite Sitzung der Synode dient.

„Ich hoffe, dass diese Begegnungen den Kardinälen helfen können, die Dinge aus anderen Perspektiven zu sehen, als sie es gewohnt sind“, sagte die Schwester im Interview mit der Jesuitenzeitschrift „America“ Anfang des Monats. In der aktuellen Phase des synodalen Prozesses gehe es nicht um „vorschnelle Entscheidungen“, sondern um eine „Öffnung für andere Gedanken und Perspektiven als die unseren“. Bei Synode gilt die Beschäftigung mit der Rolle der Frau als transversales Thema, das Gläubige aus allen Kontinenten beschäftigt, wenn auch auf unterschiedliche Weise.

Pocher kündigte für Juni ein Buch an, das einige Überlegungen der K9-Kardinäle zur Frauenfrage bündelt. Nach der ersten Vortragsrunde war ein Werk mit den Beiträgen der drei Fachleute erschienen, die vor den Kardinälen und dem Papst gesprochen hatten; neben Pocher waren das die Fundamentaltheologin Lucia Vantini und der Priester und Seminaristenausbilder Luca Castiglione. Papst Franziskus hatte für das Buch mit dem Titel „Smaschilizzare la Chiesa?“ (etwa: „Die Kirche entmännlichen?“) das Vorwort beigesteuert und darin von einer „Verblüffung“ gesprochen, die entstehe, wenn Männer der Kirche Frauen zuhörten und sich ihren Blickwinkel schildern ließen. Was in den Ohren der Männer anfangs „absurd“ klinge und sie einschüchtere, sei heilsam: „Diese Verblüffung ist gesund, sie lässt uns wachsen“, so der Papst in dem Vorwort.

Papst war überrascht über Kritik an Theologie

Die erste Vortragsrunde galt dem marianischen und dem petrinischen Prinzip in der Kirche. Das Konzept geht auf den Schweizer Theologen Hans Urs von Balthasar (1905-1988) zurück und erhielt in den vergangenen Jahren mehr Aufmerksamkeit, weil Papst Franziskus es einige Male nutzte, um Reformideen zur Rolle der Frau in der Kirche zu illustrieren. Die drei Theologen hätten hinterfragt, ob das marianische und das petrinische Prinzip „wirklich geeignet sind, die gegenwärtige Situation der Kirche zu begleiten, die sich stark unterscheidet von derjenigen vor 50 Jahren“, als Balthasar schrieb. Besonders kritisch gesehen würde heute eine zu starke Idealisierung der Frau und eine zu starre Rollenverteilung in dieser Theologie. Franziskus sei von dieser Kritik überrascht gewesen, so Pocher.

Papst und Kardinäle zeigten „viel Interesse“

Die zweite Vortragsreihe vor dem Kardinalsrat galt dem Thema Frauen und Ämter, sagte Pocher „America“. Dazu waren die anglikanische Bischöfin Jo Mailey Wells, verheiratet, zwei Kinder, und die Liturgiewissenschaftlerin Giuliva Di Berardino eingeladen. Sie habe versucht, Menschen mit unterschiedlichem Hintergrund auszuwählen, die „zugleich etwas Interessantes über das vorgeschlagene Thema zu sagen hätten“, so die Ordensfrau. Der Papst und die Kardinäle hätten viel Interesse gezeigt, mit Eifer zugehört und danach „freimütig ihre Standpunkte und Bedenken geäußert.“

Pocher, die Dogmatik an der Hochschule ihrer Ordensgemeinschaft in Rom lehrt, war zum ersten Mal bereits 2022 eingeladen, vor dem Kardinalsrat über das marianische und das petrinische Prinzip in der Kirche zu sprechen. Die Idee zur Vortragsreihe zwischen den beiden Synodensitzungen sei von Papst Franziskus selbst gekommen, erklärte die Ordensfrau. Zum Thema der bevorstehenden dritten Vortragsrunde wollte sie sich nicht äußern. (vn 9)

 

 

 

Als Katholik beim Zentralrat der Juden in Deutschland

 

Lorenz Hegeler ist katholisch, wohnt in Berlin und arbeitet in der interreligiösen „Denkfabrik Schalom Aleikum“ des Zentralrats der Juden in Deutschland. Wir haben den Kultur- und Religionswissenschaftler getroffen und mit ihm über seine Arbeit in der Denkfabrik gesprochen.

Herr Hegeler, Sie sind Kultur- und Religionswissenschaftler, Sie sind Katholik, leben in Berlin und arbeiten beim Zentralrat der Juden in Deutschland. Sie arbeiten dort in der interreligiösen „Denkfabrik Schalom Aleikum“. Wie ist die interreligiöse Denkfabrik entstanden und was sind ihre Aufgaben?

Die „Denkfabrik Schalom Aleikum“ ist aus einem jüdisch-muslimischen Dialogprojekt, das 2019 gegründet wurde, entstanden. Die Denkfabrik wurde in der Form 2022 gegründet und ist eine Initiative des Zentralrats der Juden in Deutschland. Mit dem Wandel von einem Dialogprojekt zu einer Denkfabrik ist die Institution etwas analytischer geworden, arbeitet mehr wissenschaftlich und erforscht jüdische, muslimische und christliche Identitäten und Lebensrealitäten aktuell in verschiedenen Kontexten. Sie hat zum Ziel, gegenseitige Vorurteile und Stereotype abzubauen, Begegnungen zu schaffen und so zum Zusammenhalt der Gesellschaft beizutragen. Die Denkfabrik macht das mit verschiedenen Formaten. Das eine ist die wissenschaftliche Forschung. Wir geben zu verschiedenen Themen Bücher heraus und politische Handreichungen. Das war im letzten Jahr zum Thema „Jüdische, muslimische und christliche Lebensrealitäten in Ostdeutschland“. Dieses Jahr dreht sich das Thema um Hassrede und religiöse Identitäten im Netz. Dazu werden wir wissenschaftlich und publizistisch arbeiten. Die Denkfabrik führt außerdem Bildungsworkshops durch. Vor allem in den letzten Monaten war uns der Bildungsbereich sehr wichtig, mit jungen Erwachsenen aus dem jüdischen, muslimischen und christlichen Umfeld gemeinsam zu sprechen, gemeinsame Begegnungen zu haben, um abseits der medialen Aufmerksamkeit gemeinsam über aktuelle Thematiken und Probleme zu sprechen und sich in dieser Form einfach kennenzulernen.

„Sich für Juden einzusetzen, für die jüdische Gemeinschaft in Deutschland, heißt auch immer, sich für andere marginalisierte Gruppen einzusetzen und für eine gute Gesellschaft, für einen starken Zusammenhalt“

Sie arbeiten als katholischer Kultur- und Religionswissenschaftler in der interreligiösen Denkfabrik. Was war Ihre Intention dort zu arbeiten?

Ich habe mich in den letzten Jahren, insbesondere in meinem Studium der Religions- und Kulturwissenschaften, sehr intensiv mit interreligiösen Beziehungen beschäftigt. Mein Fokus lag dabei auf den jüdisch-christlichen Beziehungen und in diesem Kontext war es für mich spannend, diesen Einblick in eine jüdische Institution zu bekommen. Es gibt von Rabbiner Jonathan Sacks die Aussage „The hate that begins with Jews never ends with Jews”, also „der Hass, der mit Juden beginnt, endet nicht mit ihnen“, und insofern war für mich die jüdische Gemeinschaft vor allem in Deutschland immer auch ein Lackmustest für die Stimmung in Deutschland. Sich für Juden einzusetzen, für die jüdische Gemeinschaft in Deutschland, heißt auch immer, sich für andere marginalisierte Gruppen einzusetzen und für eine gute Gesellschaft, für einen starken Zusammenhalt.

Sie arbeiten in der interreligiösen „Denkfabrik Schalom Aleikum“ zusammen mit Muslimen und Juden und sind quasi die christliche Komponente der Denkfabrik. Wie ist es für Sie, dort eine christliche Perspektive zu vertreten?

Es ist wahnsinnig spannend mit Personen verschiedener Religionen und verschiedener kultureller Hintergründe zu arbeiten. Es gibt für jede Religion, für jede religiöse Strömung gewissermaßen einen Experten direkt vor Ort. Ich brauche nur ins nächste Büro zu gehen und zu fragen und habe dort meine jüdischen Kollegen, meine muslimischen Kollegen und das ist einfach sehr hilfreich. Es ist eine sehr große Vielfalt und davon leben wir und davon lebt auch unsere Arbeit und davon profitieren wir enorm in unserer Arbeit.

„Der Dialog ist schwieriger geworden“

Der brutale Angriff der islamistischen Terrorgruppe Hamas am 7. Oktober 2023 und die anschließende Gegenoffensive Israels hatten sicher auch Auswirkungen auf die Arbeit der Denkfabrik. Können Sie uns ein bisschen erzählen, ob oder wie sich Ihre Arbeit in den letzten Monaten verändert hat?

Es war auf jeden Fall sehr intensiv in den letzten Monaten. Es war sehr viel mehr los, es gab viele Anfragen, viel zu tun in diesem Bereich. Die interreligiöse Landschaft hat sich wahnsinnig stark verändert. Der Dialog ist schwieriger geworden. Wir hätten uns von muslimischen Verbänden eine stärkere Positionierung und Solidarität gewünscht. Wir merken, dass die Stimmung in diesem Bereich sehr viel rauer geworden ist. Wir erleben, dass in Berlin – wo wir beheimatet sind als Zentralrat der Juden in Deutschland – die Stimmung eine ganz andere ist. Das betrifft auch vermehrt linke Gruppen, die sich radikalisieren und sehr stark antiisraelisch und antisemitisch äußern. Und wir sehen fast täglich die Demonstrationen in Berlin und wir sehen die Aufrufe, die es täglich gibt. Da merkt man sehr stark, dass sich die Stimmung nicht nur zu einer antiisraelischen, sondern auch insgesamt zu einer antijüdischen Stimmung geändert hat. Und das hat natürlich einen riesigen Einfluss auf unsere Arbeit in einem dialogischen und trialogischen Umfeld.

Noch eine etwas persönliche Frage zum Schluss. Sie leben als Katholik in Berlin und sind gerade in Rom – wie erleben Sie die Stadt?

Katholischsein in Berlin ist sehr, sehr anders. Katholisch sein in Berlin heißt vor allem eine diasporische Kultur zu pflegen. Also eine Kultur, in der Katholischsein gewissermaßen nicht normal ist. Es ist eine Minderheitenposition, die gleichzeitig dazu führt, dass man Katholizismus sehr stolz lebt und auch sehr bewusst lebt. Das finde ich sehr spannend im Vergleich dazu hier in Rom zu sehen. Der Katholizismus ist hier sehr viel normaler, alltäglicher. Die Personen, die man auf der Straße sieht, da gibt es viel mehr Leute hier, die mit Priesterkragen herumlaufen, es gibt ganz viele Mönche und Nonnen, die man hier öffentlich erkennbar sieht. Das gibt es so in Berlin nicht. Also diese Alltäglichkeit erlebe ich hier sehr stark und ich schätze es sehr, wie präsent diese Themen hier sind.

Vielen Dank für Ihre Zeit und weiterhin gute Arbeit für Sie im Zentralrat der Juden in Deutschland!

Vielen Dank, dass ich hier sein durfte! Es hat mich sehr gefreut und ich freue mich auf meine Zeit hier in Rom.

Die Fragen stellte Valerie Nusser. (vn 8)

 

 

 

Bischof Bätzing würdigt römische Erklärung Dignitas infinita

 

„Bestärkung für alle, die sich für die Achtung der Menschenwürde einsetzen“

 

 

Im Vatikan ist heute (8. April 2024) die Erklärung des Dikasteriums für die Glaubenslehre „Dignitas infinita über die menschliche Würde“ veröffentlicht worden. Der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Georg Bätzing, erklärt zu diesem römischen Dokument:

Nach eingehenden Vorarbeiten hat das Dikasterium für die Glaubenslehre mit Datum vom 2. April 2024 die von Papst Franziskus approbierte Erklärung Dignitas infinita über die menschliche Würde heute (8. April 2024) veröffentlicht. Gerade angesichts der Tatsache, dass wir in einer Welt leben, in der die Menschenwürde tagtäglich auf vielfache Weise missachtet, untergraben, ausgehöhlt und relativiert wird, ist es höchst begrüßenswert, dass das Dikasterium für die Glaubenslehre unter Leitung seines Präfekten, Kardinal Víctor Manuel Fernández, in seiner Erklärung die unverzichtbare, unverletzliche und nicht zu reduzierende („infinita“) Würde des Menschen unterstreicht und einschärft: „Die Kirche verkündet, fördert und macht sich zum Garanten der Menschenwürde“ (Überschrift zu Kapitel 2). Vor diesem Hintergrund bietet die Erklärung in sachlicher und angemessener Sprache und Argumentation eine Bestärkung für alle, die sich für die Achtung der Menschenwürde und die sich daraus ergebenden fundamentalen Menschenrechte einsetzen.

In seinem Grundlagenteil bietet der Text zunächst eine Anerkennung und Fundierung der Menschenwürde aus der Perspektive des christlichen Glaubens: „Die Kirche bekräftigt und bestätigt im Licht der Offenbarung in absoluter Art und Weise diese ontologische Würde der menschlichen Person, die nach dem Bild und Gleichnis Gottes geschaffen und in Christus Jesus erlöst wurde“ (Nr. 1). Als sehr hilfreich und klärend für den Sprachgebrauch des Würdebegriffs stellt sich die vierfache Differenzierung von ontologischer Würde, sittlicher Würde, sozialer und existenzieller Würde dar. In sittlichen, sozialen und existenziellen Fragestellungen wird auf ganz unterschiedliche Weise von Würde gesprochen. Entscheidend ist dabei die Feststellung, dass der Aspekt, der hier ontologische Würde genannt wird, sich auf jenen auch philosophisch-anthropologisch zentralen Begriff von Würde bezieht, der dem Menschen als Mensch zuzusprechen ist: der schlechthin fundamentale Anspruch auf Achtung, der der menschlichen Person von niemandem und unter keinen Umständen genommen werden kann und der deshalb unverlierbar und unantastbar ist. Von diesem Begriff von Würde, der im „Fortschritt der menschlichen Reflexion über das Thema Würde“ (Nr. 13) herausgearbeitet wurde, geht die Erklärung in ihrer Befassung mit verschiedenen Fragestellungen aus. Es ist sicher nicht nur aus deutscher Perspektive erfreulich, dass der Text einen positiven Bezug nicht nur zu René Descartes, sondern auch zu Immanuel Kant herstellt (vgl. Nr. 13). Gerade im Hinblick auf die Menschenwürde wird hier eine Offenheit über den katholischen Binnenraum hinaus signalisiert, die im Dialog in einer postsäkularen Gesellschaft weiterhilft.

Insgesamt zeichnet sich die Erklärung zudem durch einen sehr konsequenten Argumentationsstrang aus, der ethische Überlegungen und Handlungsorientierungen aus dem Grundkonzept der Menschenwürde ableitet, ohne sich dabei, etwa im Stil älterer Erklärungen, immer wieder auf eine auch in ihren detaillierten Normierungen nicht zu hinterfragende natürliche Sittenordnung zu beziehen. Dieser konsequente Rückbezug auf die Menschenwürde wird nicht ohne Weiteres dazu führen, dass die Lehraussagen der Kirche allseits und in allen Gesellschaften dieser Welt ungeteilte Zustimmung erfahren. Aber er stärkt ganz sicher die Anschluss- und Diskursfähigkeit der vorgebrachten Argumente.

 

Unter Rückbezug auf die Konzilskonstitution Gaudium et spes weist die Erklärung auf eine Reihe von schweren Verletzungen der Menschenwürde hin, die von bleibend dramatischer Aktualität sind: Mord, Völkermord, Abtreibung, Euthanasie, freiwilliger Suizid, auch Verstümmelung, körperliche oder seelische Folter, psychischer Zwang und schließlich unmenschliche Lebensbedingungen, willkürliche Verhaftung, Verschleppung, Sklaverei, Prostitution, Mädchenhandel und Handel mit Jugendlichen, unwürdige Arbeitsbedingungen, unwürdige Haftbedingungen und auch die Todesstrafe.

Als Themen von besonderer Aktualität werden hervorgehoben: Armut und ungerechte Güterverteilung, Krieg, die Leiden der Migranten und der Menschenhandel. Auch der sexuelle Missbrauch wird, nicht zuletzt als Problematik der Kirche selbst, angesprochen. Unter der Überschrift Gewalt gegen Frauen werden neben physischer und sexueller Gewalt gegen Frauen die mangelnde Rechtsgleichheit für Frauen, ungleiche Entlohnung und Berufsaussichten, sexuelle Ausbeutung und Zwang zur Abtreibung angeprangert. Es wird auf die Gerechtigkeitsproblematik der Polygamie und auf das Verbrechen der Frauenmorde hingewiesen. Eigene Abschnitte gehen auf Abtreibung, Leihmutterschaft, Euthanasie und assistierten Suizid, den Ausschluss von Menschen mit Behinderung, die Gender-Theorie, das Thema Geschlechtsumwandlung und nicht zuletzt Gewalt in der digitalen Welt ein. Ausdrücklich wird als Verstoß gegen die Menschenwürde angeprangert, dass Menschen allein aufgrund ihrer sexuellen Orientierung inhaftiert, gefoltert oder sogar ermordet werden.

Diese recht heterogene Themenliste, die weder Anspruch auf Vollständigkeit noch auf systematische Geschlossenheit erhebt, wird jeweils durch knappe Hinweise im Sinne der bereits erwähnten Argumentation erläutert. Natürlich gäbe es zu den einzelnen Themen noch weitaus mehr und weiter Differenzierendes zu sagen. Aber der Charakter der Erklärung als überblickartiger Hinweis auf den relevanten Argumentationsfaden lässt es angeraten sein, keine bis ins letzte Detail ausgearbeiteten Einzelnormen aufzustellen. Gerade dadurch kann mit diesem Dokument in den jeweiligen Einzelthemen weitergearbeitet werden.

Wichtig scheint dies insbesondere etwa im Hinblick auf die Problematik der sexualisierten Gewalt und ihrer Vertuschung in der Kirche. Dass in dieser Hinsicht auch nach missbrauchsbegünstigenden strukturellen und systemischen Aspekten gefragt werden muss, ist eine Perspektive, die in der Kirche noch stärkere Berücksichtigung finden muss. Dieser Problematik, die mit einer massiven Verletzung der Würde aller Betroffenen einhergeht, wird man anders nicht nachhaltig entgegentreten können.

Gerade angesichts dessen muss der Einsatz der Kirche für die Würde des Menschen, für den sich Dignitas infinita so vehement und überzeugend ausspricht, immer auch von einem Aspekt der Selbstkritik begleitet sein. Die Erkenntnis, dass die Kirche hinter dem Anspruch, Garantin der Menschenwürde zu sein, in der Vergangenheit immer wieder auch zurückgeblieben ist, kann heute zur besonderen Achtsamkeit in dieser Perspektive beitragen. Zu Recht zitiert die Erklärung ein Wort von Papst Franziskus, mit dem er die Allgemeine Erklärung der Menschenrechte als Königsweg bezeichnet, „auf dem viele Fortschritte gemacht wurden, wo aber noch sehr viele weitere Schritte fehlen, und manchmal machen wir leider auch Rückschritte. Der Einsatz für die Menschenrechte ist nie zu Ende!“ (Franziskus, Angelus vom 10. Dezember 2023: L’Osservatore Romano, 11. Dezember 2023, S. 12, zit. in: Nr. 63)

Dass Dignitas infinita die Würde der menschlichen Person so dezidiert ins Zentrum der Moralverkündigung der Kirche stellt, ist deshalb in mehrfacher Hinsicht verdienstvoll und zugleich perspektivreich. Wie im Brennpunkt einer Linse kommen hier die anthropologischen Prinzipien der Kirche, die Fundamente jeder menschlichen Sozialgestalt und die Zukunftsfragen der gesamten Menschheit zusammen. Von daher kann man gar nicht anders als dieser Erklärung eine lebhafte Aufnahme und Diskussion und eine segensreiche Wirkungsgeschichte zu wünschen.

Hinweis: Die von dem Dikasterium für die Glaubenslehre veröffentlichte Erklärung Dignitas infinita über die menschliche Würde ist auf der Internetseite des Vatikans verfügbar. Dbk 8

 

 

 

 

„Kirche verurteilt Verfolgung wegen sexueller Orientierung“

 

Der Vatikan verurteilt Gesetzgebungen, mit denen Menschen wegen ihrer sexuellen Orientierung verfolgt werden. Das hat der Präfekt des vatikanischen Glaubensdikasteriums, Kardinal Victor Manuel Fernández, bei der Vorstellung der Erklärung zur Menschenwürde „Dignitas infinita“ an diesem Montag im Vatikan bekräftigt. Christine Seuss - Vatikanstadt

Er sei einmal „fast gestorben“, als er ein Dokument gelesen habe, in dem sich selbst als Katholiken bezeichnende Verfasser einem Militärregime dafür dankten, eine repressive Gesetzgebung gegen homosexuelle Menschen eingeführt zu haben, so Kardinal Fernández bei der Pressekonferenz auf die Nachfrage einer Journalistin. Auch wenn für die Kirche eine Ehe zwischen gleichgeschlechtlichen Partnern niemals der Verbindung zwischen Mann und Frau gleichgestellt werden könne, so heiße dies keinesfalls, dass sie die Verfolgung von Menschen wegen derer sexuellen Orientierung gutheiße, so der Glaubenspräfekt in seinen Erläuterungen zum Dokument. 

„Der Text unterstreicht, dass es im Gegensatz zur Menschenwürde steht, wenn eine Person verfolgt, gefoltert, eingesperrt oder auch getötet wird nur wegen der Tatsache, dass sie gay ist, nur wegen ihrer sexuellen Orientierung, was in vielen Ländern der Welt auch auf legale Weise geschieht. Man spricht zu wenig von dieser Verletzung der menschlichen Würde, von diesem Angriff auf die Menschenrechte!" 

Doch auch auf die Kritik an der im vergangenen Dezember veröffentlichten Erklärung des Glaubensdikasteriums, Fiducia supplicans, ging der Argentinier, der als Vertrauter von Papst Franziskus gilt, vor den Journalisten ein.

So sei das Dokument, mit dem sich der Vatikan unter bestimmten Bedingungen gegenüber einer Segnung homosexueller Paare öffnet, laut einer unveröffentlichten Studie bereits Milliarden Mal im Internet aufgerufen worden, während ein Großteil, nämlich 75 Prozent, der unter 30-jährigen befragten Italiener mit den Inhalten der Erklärung einverstanden sei, erläuterte Fernández. Die Daten seien vom Vatikan nicht veröffentlicht worden, weil die Erhebung von einer externen Agentur vorgenommen worden und dem Vatikan kulanzhalber zur Verfügung gestellt worden sei, so der Präfekt des Glaubensdikasteriums zu den Hintergründen der Datenerhebung. Ob die Studie schließlich veröffentlicht werde, liege in der Hand der erhebenden Institute. Es handle sich bei dem Thema nicht um ein „Herzensanliegen“ des Papstes, doch es sei ihm wegen der seelsorgerischen Dimension wichtig gewesen, dazu eine Erklärung zu veröffentlichen, um den Segensbegriff auszuweiten, unterstrich Fernandez.

Der Papst hatte das Recht dazu

Zwar sei er dafür von einigen Liturgie-Experten kritisiert worden, doch habe Franziskus die Änderung gewollt und habe als Papst auch das Recht dazu gehabt, sie einzuführen. Grundsätzlich gelte die Pflicht zum Gehorsam dem Papst gegenüber auch, wenn er nicht „ex cathedra“ spreche, erteilte Fernández anderslautenden Interpretationen eine Absage. Geistlichen sei es nun möglich, außerhalb des liturgischen Rahmens einen Segen zu erteilen, ohne dass die Gesegneten in vollem Einklang mit den Lehren der katholischen Kirche leben müssten.

Der heutige Präfekt des Glaubensdikasteriums hatte während seiner Zeit in Argentinien einmal selbst – im Auftrag seines Bischofs, wie er erläuterte – einen kurzen Text dazu geschrieben, warum die Segnung homosexueller Paare durch die Kirche nicht möglich sei. Überhaupt, so Fernández weiter, werde Franziskus seiner Einschätzung nach „niemals ex cathedra“ sprechen, ein neues Glaubensdogma einführen oder eine endgültige Erklärung abgeben wollen. Er glaube jedoch, dass der Papst jenseits des Charismas der Unfehlbarkeit auch „den Beistand des Heiligen Geistes dabei habe, die Kirche zu führen und zu erleuchten“.

Erhobenen Hauptes durchhalten

Was wiederum die hier und da aufgekommene Kritik an seiner Person betreffe, so wisse er den Papst hinter sich, so Fernández. Der Kardinal ließ auch durchblicken, dass Papst Franziskus ihn mit seinem Spitznamen „Tucho“ anspricht: Bei einem Treffen habe ihm der Papst „fest und mit Wertschätzung“ gesagt, er müsse durchhalten und erhobenen Hauptes mit seiner Arbeit weitermachen, könne ihm doch keiner seine ureigene Würde nehmen.

„Diese wenigen Worte haben mich für immer gezeichnet, und ich würde mir wünschen, dass diese Botschaft für jeden von euch gilt“, so der Kardinal mit Blick auf die unauslöschliche Würde, die auch im Zentrum der aktuellen Erklärung der Glaubensbehörde stehe.

Ein Papstzitat aus Osnabrück

Die Erklärung ist mit ausdrücklicher Billigung des Papstes und unter Einbeziehung verschiedener Experten in fünfjähriger Arbeit verfasst und in Zusammenhang mit dem 75. Jahrestag der Menschenrechtscharta der Vereinten Nationen veröffentlicht worden. Der Titel des Dokumentes, so Fernández unter Rückgriff auf ein oft gebrauchtes Zitat des Papstes, hätte auch sein können: „Al di la di ogni circostanza“ – zu deutsch in etwa „Ohne Ansehen der äußeren Umstände“ - ein Ausdruck des Gedankens, dass jeder Mensch, egal unter welchen Umständen er geboren sei und lebe, die gleiche angeborene „unendliche Würde“ besitze. Stattdessen habe man sich letztlich jedoch, was den Titel angehe, für ein Zitat von Johannes Paul II. entschieden, der 1980 in Osnabrück bei einer Begegnung mit behinderten und kranken Menschen von der „unendlichen Würde“ eines jeden Menschen gesprochen hatte (Angelus 16.11.1980).

„Die anderen können mich zu einem unwürdigen Leben zwingen. Aber sie werden mir niemals die immense persönliche Würde nehmen können, die ich als menschliches Wesen besitze. Ich habe dieselbe Würde, ob ich in Italien oder in Äthiopien geboren bin. Ich habe dieselbe Würde, ob ich in Israel oder im Gaza geboren bin. Es ist genau dieselbe, unveräußerliche, immense Würde,“ so Fernández.

Besonders ungerecht sei es beispielsweise, zu beobachten, dass Kinder mit völlig verschiedenen Chancen für ihr künftiges Leben aufwüchsen, wenn sie auf verschiedenen Seiten eines Grenzzaunes geboren worden seien, so Fernández weiter.

Heikle moralische Fragen

Großes Gewicht räumten die anwesenden Journalisten in ihren Fragen dem Thema von Homosexuellen und Transgender-Menschen ein. Diese seien in der Kirche willkommen, bekräftigte Fernández mit Blick auf die Aussage des Papstes, dass „alle, alle, alle“ in der Kirche willkommen seien. Zwar lehne die katholische Kirche die Geschlechtsumwandlung als solche ab, doch gelte diese Ablehnung nicht für die Betroffenen. Allerdings sei aktuell eine Tendenz zu beobachten, nach der die Menschen sich ihre Wirklichkeit scheinbar selbst erschaffen wollten, in der Illusion von Allmacht, die sie ihrer Intelligenz und ihrem Willen zuschrieben, als hätte es vor ihnen nichts gegeben. Doch beim Thema Geschlechtsumwandlung, insbesondere wenn diese Minderjährige betreffe, gebe es noch weitaus tiefere Fragen zu bedenken, die nicht sofort sichtbar seien, mahnte der Glaubenspräfekt.

Ähnlich äußerte er sich zum Thema Leihmutterschaft. Nicht das Kind, das aus einer solchen Transaktion geboren werde, sei abzulehnen, vielmehr müssten sich die Menschen mit Elternwunsch fragen, ob sie ihre Wünsche über die menschliche Würde des zu erzeugenden Kindes – das letztlich eine Art Vertragsgegenstand darstelle - stellen könnten. (vn 8)

 

 

 

 

Bischof Meier in der Ukraine eingetroffen. „Solidarität mit einem geschundenen Volk“

 

Der Vorsitzende der Kommission Weltkirche der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Bertram Meier (Augsburg), ist heute Morgen (7. April 2024) in Kiew (Kyiv) eingetroffen. Der Besuch in der kriegserschütterten Ukraine wird bis zum kommenden Mittwoch (10. April 2024) dauern. Neben Kiew wird Bischof Meier auch Lemberg (Lviv) bereisen.

 

„Ich hatte das Privileg, bei einer Reise in die Ukraine wenige Monate nach dem Beginn des russischen Großangriffs vielen mutigen Menschen zu begegnen. Niemand war bereit, diesen illegalen Akt gegen die Freiheit der ukrainischen Nation zu akzeptieren. Auch meine intensiven Gespräche mit den Oberhäuptern der Kirchen sind mir noch gut im Gedächtnis. Wenn ich nach knapp zwei Jahren jetzt wieder in der Ukraine bin, dann ist das für mich ein selbstverständlicher Ausdruck der fortdauernden Solidarität der katholischen Kirche in Deutschland mit einem geschundenen Volk und der Zusammenarbeit mit unseren kirchlichen Partnern, die gerade in Zeiten der Krise von herausragender Bedeutung ist“, erklärte Bischof Meier nach seiner Ankunft.

 

In Kiew sind Gespräche mit dem Oberhaupt der ukrainischen griechisch-katholischen Kirche, Großerzbischof Sviatoslav Shevchuk, und weiteren hochrangigen Vertretern dieser Kirche und deren Caritas vorgesehen. Bei einem Besuch des von der griechisch-katholischen Kirche getragenen Projekts „Wounds healing Center“ sollen Maßnahmen der humanitären Hilfe und der psychologischen Unterstützung sowie pastorale Aktivitäten in Zeiten des Krieges vorgestellt werden. Geplant sind darüber hinaus Begegnungen mit dem Apostolischen Nuntius in der Ukraine, Erzbischof Visvaldis Kulbokas, und Bischöfen der orthodoxen Kirchen. Das Programm in Kiew wird ein Besuch des Friedhofs in Brovary abschließen. Bischof Meier und seine kleine Delegation treffen dort mit Verwandten gefallener Soldaten zusammen. Am Dienstag wird der Vorsitzende der Kommission Weltkirche in Lemberg erwartet, wo er dem dortigen Erzbischof der lateinischen katholischen Kirche, Mieczysaw Mokrzycki, begegnet.

Auf dem Weg in die Ukraine machte Bischof Meier gestern eine Station in Markowa, wo er am Schrein der Familie Ulma betete. Die Eheleute Ulma und ihre Kinder wurden im Jahr 1944 von der Militärpolizei der deutschen Wehrmacht ermordet, nachdem entdeckt wurde, dass die Familie Juden geholfen und versteckt hat. Die gesamte Familie wurde am 10. September 2023 seliggesprochen. „Die zutiefst menschliche Haltung der Ehepaars Ulma legt Zeugnis ab von der Gottesebenbildlichkeit aller Menschen. Ich verneige mich vor ihrem Glauben und ihrem Mut“, sagte Bischof Meier.

Bischof Meier war wenige Monate nach Beginn des russischen Angriffskriegs auf die Ukraine vom 2. bis 4. Juni 2022 in Kiew und an weiteren Orten. Dbk 8

 

 

 

 

Vatikan listet „schwere Verletzungen“ der Menschenwürde auf

 

Fünf Jahre lang hat das Dikasterium für die Glaubenslehre am Dokument „Dignitas infinita“ (Unendliche Würde) gearbeitet. An diesem Montag wurde es veröffentlicht. ANDREA TORNIELLI

Die Erklärung bringt auf 26 Seiten das päpstliche Lehramt der letzten zehn Jahre zum Thema Menschenwürde auf den Punkt. Die drei ersten Kapitel bilden eine Grundlage für das vierte, das einige schwerwiegende Verletzungen der Menschenwürde auflistet: vom Krieg bis zur Armut, von der Gewalt gegen Migranten bis zur Gewalt gegen Frauen, von der Abtreibung über die Leihmutterschaft bis zur Euthanasie, von der Gender-Theorie bis zur digitalen Gewalt.

„Bekenntnis zur UNO-Menschenrechtserklärung“

„Dignitas infinita“ erinnert eingangs an den 75. Jahrestag der ‚Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte‘ und bekräftigt „die Unausweichlichkeit des Konzepts der Würde der menschlichen Person innerhalb der christlichen Anthropologie“ (Präsentation). Doch die wichtigste Neuerung des Dokuments besteht darin, dass Menschenwürde nicht nur im bioethischen Bereich behandelt wird, sondern auch anhand einer Reihe von Schlüsselthemen des jüngsten päpstlichen Lehramtes. In der „nicht erschöpfenden“ Liste erscheinen unter den Verletzungen der Menschenwürde neben Abtreibung, Euthanasie und Leihmutterschaft auch Krieg, das Drama der Armut und der Migranten sowie der Menschenhandel.

Der neue Text trägt somit dazu bei, eine Dichotomie zu überwinden: Da stehen auf der einen Seite diejenigen, die sich ausschließlich auf den Schutz des werdenden oder sterbenden Lebens konzentrieren und dabei viele andere Angriffe auf die Menschenwürde vergessen. Und auf der anderen Seite diejenigen, die sich nur auf den Schutz der Armen und Migranten konzentrieren – und dabei vergessen, dass das Leben von der Empfängnis bis zu seinem natürlichen Ende verteidigt zu werden verdient.

Grundlegende Prinzipien

Die ersten drei Kapitel der Erklärung aus der obersten kirchlichen Glaubensbehörde erinnern an die Grundprinzipien. „Die Kirche bekräftigt und bestätigt im Licht der Offenbarung in absoluter Art und Weise diese ontologische Würde der menschlichen Person, die nach dem Bild und Gleichnis Gottes geschaffen und in Christus Jesus erlöst wurde“ (1). Eine „unveräußerliche Würde, die der menschlichen Natur unabhängig jeden kulturellen Wandels zukommt“ (6); nichts Selbstgeschaffenes, sondern ein dem Menschen gemachtes „Geschenk“, das auch „z. B. bei einem ungeborenen Kind, bei einem bewusstlosen Menschen, bei einem alten Menschen im Todeskampf“ (9) anzutreffen ist.

„Die Kirche verkündet die gleiche Würde aller Menschen, unabhängig von ihren Lebensumständen und ihren Eigenschaften“ (17), und sie tut dies, wie das Dokument ausführt, auf der Grundlage der biblischen Offenbarung. Frauen und Männer sind nach dem Bild Gottes geschaffen. Christus hat durch seine Menschwerdung „die Würde des Leibes und der Seele bekräftigt“ (19). Und durch seine Auferstehung hat er offenbart, dass „der erhabenste Aspekt der Würde des Menschen in seiner Berufung zur Gemeinschaft mit Gott besteht“ (20).

Die Würde eines jeden Menschen

Dann kommt das Dokument des Glaubensdikasteriums auf ein Missverständnis in Sachen Menschenwürde zu sprechen. Gemeint ist die Position einiger Denker, die lieber von der „persönlichen Würde“ als von der „Menschenwürde“ sprechen, „weil sie unter einer Person lediglich ‚ein vernunftbegabtes Wesen‘ verstehen“. „Das ungeborene Kind hätte demnach keine persönliche Würde, ebenso wenig wie ein unselbstständig gewordener alter Mensch, oder jemand mit einer geistigen Behinderung. Die Kirche besteht im Gegenteil auf der Tatsache, dass die Würde jeder menschlichen Person, gerade weil ihr untrennbar verbunden, ‚jenseits aller Umstände‘ bleibt“ (24).

Darüber hinaus werde der Begriff „Menschenwürde“ manchmal missbraucht, „um eine willkürliche Vermehrung neuer Rechte zu rechtfertigen, (…) als ob die Möglichkeit, jede individuelle Präferenz oder jede subjektive Befindlichkeit zu äußern und zu verwirklichen, garantiert werden müsste“ (25).

Eine Liste von Rechtsverletzungen

Die Erklärung listet schließlich ganz konkret „einige der vielen schweren Verletzungen der Menschenwürde in der heutigen Welt“ auf. Zunächst einmal alles, „was zum Leben selbst in Gegensatz steht, wie jede Art Mord, Völkermord, Abtreibung, Euthanasie und auch der freiwillige Selbstmord“. Außerdem alles, „was immer die Unantastbarkeit der menschlichen Person verletzt, wie Verstümmelung, körperliche oder seelische Folter und psychischer Zwang“. Und schließlich „was immer die menschliche Würde angreift, wie unmenschliche Lebensbedingungen, willkürliche Verhaftung, Verschleppung, Sklaverei, Prostitution, Mädchenhandel und Handel mit Jugendlichen, sodann auch unwürdige Arbeitsbedingungen, bei denen der Arbeiter als bloßes Erwerbsmittel und nicht als freie und verantwortliche Person behandelt wird“ (die drei letzten Zitate entstammen dem Konzilstext ‚Gaudium et spes‘).

Auch die Todesstrafe wird hier angeführt, weil sie „unter allen Umständen die unveräußerliche Würde eines jeden Menschen verletzt“ (34).

Armut, Krieg und Menschenhandel

Im einzelnen beschäftigt sich „Dignitas infinita“ im vierten Kapitel, das einige konkrete Verletzungen der Menschenwürde in unserer Zeit behandelt, zunächst mit dem „Drama der Armut“: Es bedeute „eine der größten Ungerechtigkeiten in der Welt von heute“ (36, ein Zitat des hl. Papstes Johannes Paul II.‘). Dann wird der Krieg genannt, „eine weitere Tragödie, die die Menschenwürde verleugnet“ und die „immer eine ,Niederlage der Menschlichkeit‘ ist“ (38). „Angesichts dieser Tatsache ist es heute sehr schwierig, sich auf die in vergangenen Jahrhunderten gereiften rationalen Kriterien zu stützen, um von einem eventuell ‚gerechten Krieg‘ zu sprechen“ (39).

Weiter geht’s im Text mit den Leiden der Migranten, die ihr Leben in Gefahr bringen, „weil sie nicht mehr die Mittel haben, eine Familie zu gründen, zu arbeiten oder sich zu ernähren“ (40). Und das Vatikanpapier geht auch auf das Phänomen des Menschenhandels ein, der „tragische Dimensionen“ annehme; es definiert ihn mit einem Zitat von Papst Franziskus als „eine niederträchtige Aktivität, eine Schande für unsere Gesellschaften, die sich als zivilisiert bezeichnen“, und fordert „Ausbeuter und Kunden“ zu einer eingehenden Gewissenserforschung auf (41). Entschieden wird dann zum Kampf gegen „Handel von menschlichen Organen und Geweben, sexuelle Ausbeutung von Knaben und Mädchen, Sklavenarbeit einschließlich Prostitution, Drogen- und Waffenhandel, Terrorismus und internationale organisierte Kriminalität“ (42) aufgerufen.

„Sexueller Missbrauch – ein Leid, das durch keine Reue geheilt werden kann“

Das Dokument beschäftigt sich auch ausdrücklich mit sexuellem Missbrauch: Er hinterlasse „tiefe Narben im Herzen“ der Betroffenen und bedeute „ein Leid, das ein Leben lang andauern und durch keine Reue geheilt werden kann“ (43). Ebenso geht es auf die Diskriminierung von Frauen ein und verurteilt das Phänomen der Femizide sowie die Gewalt gegen Frauen generell. Wobei zur Gewalt gegen Frauen auch, unter anderem, die Praxis der Polygamie gezählt wird. Oder der „Zwang zur Abtreibung, der sowohl die Mutter als auch das Kind betrifft und der so oft der Befriedigung des männlichen Egoismus dient“.

Abtreibung und Leihmutterschaft

Die Verurteilung der Abtreibung ist in „Dignitas infinita“ eindeutig: „Unter allen Verbrechen, die der Mensch gegen das Leben begehen kann, weist die Vornahme der Abtreibung Merkmale auf, die sie besonders schwerwiegend und verwerflich machen“ (erneut ein Zitat Johannes Pauls II.‘); die Verteidigung des ungeborenen Lebens sei „eng mit der Verteidigung jedes beliebigen Menschenrechtes verbunden“ (47).

Nachdrücklich wird auch die Leihmutterschaft abgelehnt, „durch die das unermesslich wertvolle Kind zu einem bloßen Objekt wird“. Die Praxis der Leihmutterschaft bedeute eine schwere Verletzung der Würde von Frau und Kind gleichermaßen: „Sie basiert auf der Ausnutzung der materiellen Notlage der Mutter. Ein Kind ist immer ein Geschenk und niemals ein Vertragsgegenstand“ (48).

„Das Leben ist ein Recht, nicht der Tod“

Auch auf Euthanasie und die Beihilfe zum Suizid geht die Liste aus dem Vatikan ein; es sei irreführend, wenn sie in einigen Gesetzen als „würdevolles Sterben“ definiert würden. Das Leiden führe keineswegs dazu, „dass der kranke Mensch die ihm innewohnende und unveräußerliche Würde verliert“ (51). Das Dokument betont dann, wie wichtig Palliativmedizin sei, und dass es „jeden therapeutischen Übereifer oder unverhältnismäßige Maßnahme zu vermeiden“ gelte. „Das Leben ist ein Recht, nicht der Tod, der angenommen werden muss und nicht verabreicht werden darf“ (52). Nicht zuletzt wird auch „der Ausschluss von andersfähigen Menschen“ als schwerer Verstoß gegen die Menschenwürde gewertet.

Gender-Theorie

„Dignitas infinita“ ist die bisher höchstrangige Auseinandersetzung des Lehramts mit der Gender-Theorie. Den Autoren des Dokuments ist es ein Anliegen, zunächst hervorzuheben, „dass jeder Mensch, unabhängig von seiner sexuellen Orientierung, in seiner Würde geachtet und mit Respekt aufgenommen werden soll und sorgsam zu vermeiden ist, ihn in irgendeiner Weise ungerecht zurückzusetzen oder ihm gar mit Aggression und Gewalt zu begegnen“. Es verletze auf schwerwiegende Weise die menschliche Würde, dass „mancherorts nicht wenige Menschen allein aufgrund ihrer sexuellen Orientierung inhaftiert, gefoltert und sogar des Lebens beraubt werden“ (55).

Doch auf diese Prämisse folgt eine Kritik an der Gender-Theorie, „die sehr gefährlich ist, weil sie mit ihrem Anspruch, alle gleich zu machen, die Unterschiede auslöscht“ (56). Das Dokument erinnert an die kirchliche Lehre, „dass das menschliche Leben in all seinen Bestandteilen, körperlich und geistig, ein Geschenk Gottes ist, von dem gilt, dass es mit Dankbarkeit angenommen und in den Dienst des Guten gestellt wird. Über sich selbst verfügen zu wollen, wie es die Gender-Theorie vorschreibt, bedeutet (…) nichts anderes, als der uralten Versuchung des Menschen nachzugeben, sich selbst zu Gott zu machen“ (57). Die Gender-Theorie setze außerdem alles daran, „den größtmöglichen Unterschied zwischen Lebewesen zu leugnen: den der Geschlechter“ (58); doch aus der Sicht der obersten Glaubensbehörde „sind alle Versuche abzulehnen, die den Hinweis auf den unaufhebbaren Geschlechtsunterschied zwischen Mann und Frau verschleiern“ (59).

„Geschlechtsumwandlung läuft Gefahr, die einzigartige Würde des Menschen zu bedrohen“

Ähnlich negativ fällt auch das Urteil zum Thema Geschlechtsumwandlung aus. Jeder Eingriff dieser Art berge die Gefahr, „die einzigartige Würde zu bedrohen, die ein Mensch vom Moment der Empfängnis an besitzt“. An dieser Stelle folgt allerdings eine Differenzierung: „Damit soll nicht ausgeschlossen werden, dass eine Person mit bereits bei der Geburt vorhandenen oder sich später entwickelnden genitalen Anomalien sich für eine medizinische Behandlung zur Behebung dieser Anomalien entscheiden kann“ (60).

Digitale Gewalt

Sie ist der letzte Punkt auf der Liste: die „Gewalt in der digitalen Welt“. „Neue Formen der Gewalt breiten sich über die Sozialen Medien aus, wie z. B. Cybermobbing; das Internet dient auch als Kanal zur Verbreitung von Pornografie und der Ausbeutung von Menschen für sexuelle Zwecke oder durch Glücksspiel“ (61).

„Die Würde des Menschen achten - unabhängig von allen Umständen“

Die Erklärung, die von Kardinal Víctor Manuel Fernández unterzeichnet und vom Papst approbiert worden ist, schließt mit der Aufforderung, „dass die Achtung der Würde der menschlichen Person unabhängig von allen Umständen in den Mittelpunkt des Einsatzes für das Gemeinwohl und jeder Rechtsordnung gestellt wird“ (64). (vatican news 8)

 

 

 

Erzbischof Bentz beendet Reise ins Heilige Land. „Der 7. Oktober 2023 hat alle Menschen traumatisiert“

 

Der Vorsitzende der Arbeitsgruppe Naher und Mittlerer Osten der Deutschen Bischofskonferenz, Erzbischof Dr. Udo Markus Bentz (Paderborn), hat gestern Abend (6. April 2024) seine Reise ins Heilige Land beendet. „Besonders beeindruckt hat mich ein Gespräch mit einer Ordensschwester in der Altstadt von Jerusalem. Ihre Gemeinschaft sieht die Berufung darin, an den Krisenherden dieser Welt unter den Menschen zu leben. Sie will ganz an ihrer Seite stehen und die Not teilen, ohne sich dabei auf eine Seite des Konfliktes ziehen zu lassen. So schaffen die Ordensfrauen im Alltag Voraussetzungen für Frieden. Dieses Zeugnis hat mich sehr beeindruckt. Doch nach allen Gesprächen, die ich geführt habe, scheint dieser Frieden in weiter Ferne zu liegen. Denn ein Ende der militärischen Gewalt bedeutet noch lange keinen Frieden. Die Frage, wie dieser entstehen kann, habe ich mit meinen Gesprächspartnern diskutiert“, so Erzbischof Bentz.

 In Jerusalem traf er sowohl den Apostolischen Nuntius in Israel und Delegat in Jerusalem und Palästina, Erzbischof Adolfo Tito Yllana, als auch den Lateinischen Patriarchen von Jerusalem, Kardinal Pierbattista Pizzaballa OFM. Aus diesen Gesprächen ging hervor, dass Frieden nur durch ein gleichwertiges und gleichberechtigtes Miteinander von Israelis und Palästinensern, Juden, Christen und Muslimen entstehen kann: „Unser Auftrag ist in erster Linie, Anwalt der Würde aller Menschen zu sein – und nicht politischer Akteur.“

 Mit dem Botschafter der Bundesrepublik Deutschland in Israel, Steffen Seibert, erörterte Erzbischof Bentz die politische Vorstellung, die radikalislamische Terrororganisation Hamas könne ausgelöscht werden. „Wir können die Hamas nicht nur als Organisation sehen. Vielmehr ist Hamas eine Idee, eine Ideologie. Auch wenn die Organisationsstruktur militärisch weitgehend zerstört sein mag, bleibt die Frage: Wie geht es weiter? Wie entzieht man der Ideologie der Hamas und anderen Formen des Extremismus den Nährboden“, so der Erzbischof. Dieser Aspekt war auch Thema im Austausch mit dem Leiter des Vertretungsbüros der Bundesrepublik Deutschland in Ramallah, Oliver Owcza. Bei diesem Austausch wurde außerdem deutlich, dass die politische Situation äußerst komplex ist. Hier in Schablonen wie „gut“ und „böse“ zu denken, spiegelt die Realität nicht annähernd wieder.

Erzbischof Bentz betont: „Fakt ist: Der 7. Oktober 2023 hat alle Menschen traumatisiert. Schon am Flughafen in Tel Aviv habe ich die Plakate mit den Bildern der Vermissten und Geiseln gesehen. Dann habe ich die Berichte gehört über die humanitäre Situation der Menschen in Gaza. Das ist erschütternd und immer wieder wird auch in diesem Konflikt die Frage nach der Verhältnismäßigkeit als ein wichtiges völkerrechtliches Kriterium in Kriegssituationen gestellt. Und ich habe erfahren: Im Schatten des Krieges in Gaza haben die völkerrechtswidrigen Siedlungsaktivitäten, aber noch schlimmer auch die Siedlergewalt im Westjordanland, zugenommen.“

Dies ist auch in den verschiedenen Gesprächen mit Vertretern der Zivilgesellschaft betont worden. Sie haben von ihren täglichen Erfahrungen berichtet. Geändert hat sich nach dem 7. Oktober 2023 für sie alles. Misstrauen ist vielmals in Hass umgeschlagen. „Das hat mir vor Augen geführt, dass Frieden nur in kleinen Schritten wachsen kann. Er kann nicht von oben aufgezwungen werden, sondern nur im gemeinsamen Dialog und im gegenseitigen Verständnis entstehen“, betonte Erzbischof Bentz. Besonders junge Menschen seien dabei Hoffnungsträger für eine friedlichere Zukunft in der Region.

 

Auch bei den Feierlichkeiten zum 50-jährigen Jubiläum des Theologischen Studienjahres in der Dormitio-Abtei in Jerusalem wurden diese Aspekte erörtert. Vor Beginn des Festaktes hatte Erzbischof Bentz gemeinsam mit dem Präsidenten des Bundesverfassungsgerichtes, Prof. Dr. Stephan Harbarth, die internationale Holocaust-Gedenkstätte Yad Vashem besucht. Mit einer Kranzniederlegung gedachten sie der jüdischen Opfer des Nationalsozialismus. Gleichwohl war auch die aktuelle Situation in der Festrede von Prof. Dr. Harbarth und in den Gesprächen am Rande der Feierlichkeiten Thema. „Dass junge Menschen die eigene Komfortzone verlassen und Brückenbauer über ethnische, kulturelle und religiöse Grenzen hinweg sind, ist ein starkes Zeichen. Mich haben die Begegnungen während meiner Reise sehr bewegt und ich nehme die drängende Sehnsucht der Menschen nach Frieden, Stabilität und Sicherheit mit nach Hause. Klar ist: Die Gewalt muss auf allen Seiten ein Ende finden“, so Erzbischof Bentz.

Weitere Informationen zur Situation im Nahen Osten und zu den Äußerungen der Deutschen Bischofskonferenz seit dem 7. Oktober 2023 stehen auf der Themenseite Krieg im Heiligen Land bereit. Informationen zum Theologischen Studienjahr in der Dormitio-Abtei sind unter www.studienjahr.de zu finden.

Dbk 7

 

 

 

 

Kontrovers diskutiert: Bistum Speyer behält Beichte für Kinder bei

 

Im Bistum Speyer werden Kinder auch weiterhin vor der Erstkommunion beichten - allerdings freiwillig. Das traditionelle Ritual wird nach dem Missbrauchsskandal kritisch gesehen.

In der katholischen Kirche sollen Kinder vor ihrer Erstkommunion das erste Mal beichten. Das wird seit einiger Zeit kontrovers diskutiert. Eine Gemeinde im Erzbistum Freiburg verzichtet beispielsweise inzwischen komplett auf die Kinderbeichte. Ein Grundschulkind allein mit einem Pfarrer in einem Raum - das sei etwas, dass man den Eltern besser ersparen sollte, fand auch die dortige Kommission zur Aufarbeitung des sexuellen Missbrauchs.

Bistum: Kinderbeichte schult Selbstreflexion

Das Bistum Speyer hält dem entgegen, dass es wichtig sei, mit Kindern über Versöhnung zu sprechen. Nach Angaben einer Sprecherin lernen Kinder durch die Beichte, Geschehenes zu reflektieren und auch auszudrücken, was sie beschäftigt. Das Bistum Speyer biete also weiterhin die Erstbeichte für Kommunionkinder an, aber: Die Kinderbeichte sei freiwillig. Und die Kinder sprechen mit dem Pfarrer nicht im Beichtstuhl statt, sondern in einem Raum mit gläsernen Türen. Davor würden die anderen Kinder mit Erwachsenen die Zeit überbrücken, bis sie an der Reihe sind. In der Regel werden die Kinder von denjenigen begleitet, die die Vorbereitungsseminare geleitet haben, so eine Bistumssprecherin auf SWR-Anfrage.

Kinderbeichte wird auch im Bistum Speyer diskutiert

Dennoch werde auch im Bistum weiter darüber diskutiert. Nach Angaben der Sprecherin werde zur Zeit gemeinsam von mehreren Bistümern ein Leitfaden dazu erarbeitet. Swr.de 5

 

 

 

Für den Gläubigen ist jeder Mensch heilig

 

Jedes menschliche Geschöpf wird von Gott geliebt und ist daher Träger unveräußerlicher Rechte. Dies bekräftigte Papst Franziskus an diesem Samstagmorgen bei seiner Audienz vor der Delegation des Italienischen Roten Kreuzes anlässlich des 160-jährigen Jubiläums seiner Gründung. Mario Galgano – Vatikanstadt

 

Der „Strom der Liebe“ des Roten Kreuzes habe seit seiner Gründung nie aufgehört: Heute wie gestern sei die Präsenz der Hilfsorganisation wirksam und wertvoll, „vor allem in all jenen Kontexten, in denen der Lärm der Waffen den Schrei der Völker, ihre Sehnsucht nach Frieden und ihren Wunsch nach Zukunft erstickt“, erinnerte der Papst in seiner Ansprache an die Delegation, die im Vatikan anwesend war. Dann erinnerte er daran, dass die humanitäre Organisation vor allem den Schwächsten nahe sei:

 „Was die Schwächsten betrifft, möchte ich Ihnen etwas sagen: es sind vor allem die Kinder. Hier in Italien sind so viele Kinder durch den Krieg in der Ukraine angekommen, und wissen Sie was? Diese Kinder können nicht lächeln, sie haben die Fähigkeit zu lächeln verlernt... das ist schlimm für ein Kind. Denken Sie darüber nach..."

„Überall und für jeden“

Es sei kein Zufall, dass der Slogan, den das Italienische Rote Kreuz zu seinem 160-jährigen Bestehen gewählt habe, folgendermaßen laute: „Überall und für jeden“. Dieser Spruch sei universell, erinnerte der Papst. Es sei ein Ausdruck, der nicht nur ein Engagement beschreibe, sondern auch „einen Stil, eine Art zu sein und da zu sein“:

„Überall, denn kein Umfeld kann behaupten, frei von Leiden zu sein, frei von den Wunden des Körpers und der Seele, ob in kleinen Gemeinschaften oder in den vergessensten Winkeln der Erde. Die Solidarität muss globalisiert werden... Überall und für alle, denn unsere Gesellschaft ist eine Gesellschaft des ´Ich´ und nicht des ´Wir´, der kleinen Gruppe und nicht aller. Es ist eine Gesellschaft in diesem egoistischen Sinne. Das Wort 'jeder' erinnert uns daran, dass jeder Mensch seine Würde hat und unsere Aufmerksamkeit verdient: Wir können ihn nicht wegen seines Zustands, seiner Behinderung, seiner Herkunft oder seines sozialen Status abweisen oder ausschließen.“

Der Papst schloss mit dem Wunsch, dass „wir in dieser Osterzeit um die Gnade bitten, Werkzeuge der Geschwisterlichkeit und des Friedens zu sein, Protagonisten der Nächstenliebe und Erbauer einer brüderlichen und geeinten Welt“. (vn 6)

 

 

 

Rheinland-Pfalz will dieses Jahr Islamverträge schließen

 

Islamische Verbände per Vertrag binden, das ist Ziel der Ampel-Regierung von Ministerpräsidentin Malu Dreyer. In Rheinland Pfalz wird über Unterricht und Feiertage verhandelt. Noch 2024 soll ein Vertrag stehen.

Islamische Bestattungen, Religionsunterricht, Seelsorge und Feiertage sollen in Rheinland-Pfalz vertraglich geregelt werden. Dafür will das Bundesland noch in diesem Jahr Gespräche mit vier Islamverbänden abschließen, wie das Ministerium für Wissenschaft und Gesundheit auf Anfrage der Katholischen Nachrichten-Agentur mitteilte.

Verhandlungen mit Vertreterinnen und Vertretern der islamischen Verbände

Die Gesprächspartner des Landes seien Ditib Rheinland-Pfalz, Schura Rheinland-Pfalz - Landesverband der Muslime, Landesverband der Islamischen Kulturzentren Rheinland-Pfalz und Ahmadiyya Muslim Jamaat. „Zurzeit verhandelt die Landesregierung mit den Vertreterinnen und Vertretern der islamischen Verbände in Rheinland-Pfalz über eine Vielzahl von Punkten", so eine Sprecherin des Ministeriums in Mainz.

Basis des Vertrags solle eine Bekräftigung der freiheitlich-demokratischen Grundordnung als gemeinsame Wertegrundlage sein. Die künftigen Vertragspartner sollten auf den verschiedenen Feldern der Zusammenarbeit Rechte und Pflichten erhalten. Wie bei anderen Verträgen werde dabei die jeweilige Seite auf deren Einhaltung achten, so die Sprecherin. Auch eine mögliche Kündigung schloss sie als letztes Mittel nicht aus, sollten die Verträge nicht den Erwartungen entsprechen.

Ministerpräsidentin Dreyer spricht zuversichtlich über Vertragsverhandlungen

Zuletzt sprach Ministerpräsidentin Malu Dreyer (SPD) im Rahmen eines Fastenbrechens im islamischen Fastenmonat Ramadan in der Yunus-Emre-Moschee in Mainz von kritischen Punkten, die in den Gesprächen mit den Verbänden offen angesprochen würden. „Ich bin zuversichtlich, dass wir am Ende auch das Ziel eines Vertrags mit vier islamischen Verbänden erreichen werden", betonte sie.

Staatsverträge mit islamischen Verbänden gibt es bislang nur in einigen wenigen Bundesländern. Als erstes hatte 2012 der Stadtstaat Hamburg Verträge mit drei Islamverbänden und mit der islamischen Glaubensgemeinschaft der Aleviten geschlossen. Kurz darauf folgte ein Vertrag mit islamischen Verbänden in Bremen. Rheinland-Pfalz hatte 2019 als erstes Flächenland einen Vertrag mit den Aleviten geschlossen.

Islamverband Ditib

Zur Türkisch-Islamischen Union (Ditib) gehören bundesweit mehr als 900 Ortsgemeinden. Die größte islamische Organisation in Deutschland vertritt nach eigenen Angaben über 70 Prozent der in Deutschland lebenden Muslime. Gegründet wurde der Dachverband, der in Köln sitzt, 1984 als eingetragener Verein. ( kna 6 )

 

 

 

Heiliges Jahr 2025: Vatikan gibt Hinweise zum Programm

 

Hinweise zu geistlichen Angeboten und Kultur-Events rund um das Heilige Jahr 2025 hat der Vatikan am Donnerstag bekanntgegeben. In einer Pressekonferenz erläuterte Erzbischof Rino Fisichella Details zum Rahmenprogramm. Er ist Pro-Präfekt des Dikasteriums für Evangelisierung.

Im Februar 2022 übertrug Papst Franziskus die Vorbereitung und Durchführung des Heiligen Jahres 2025 dem Dikasterium für Evangelisierung. In einer Pressekonferenz hat einer der beiden Pro-Präfekten des Dikasteriums, Erzbischof Rino Fisichella, das Programm dazu bekannt gegeben.

Ankündigungsbulle und Programm im Mai

Fisichella bestätigte, dass der Papst das verbindliche Ankündigungsdokument (genannt „Bulle") für das Heilige Jahr am 9. Mai, dem Fest Christi Himmelfahrt, in Kraft setzen will. Darin werden auch die Regeln für den Nachlass kirchlicher Sündenstrafen, den sogenannten Ablass, für die Pilger festgelegt. Er fügte hinzu, dass das Motto des Heiligen Jahres „Pilger der Hoffnung“ auf gute Resonanz stoße.

Ebenfalls im Mai will der Vatikan das Programm mit den Großveranstaltungen des Jahres veröffentlichen. Darin werden unter anderem zentrale Gottesdienste und Veranstaltungen für bestimmte Pilgergruppen, Berufsgruppen, religiöse Vereinigungen und ähnliche Events enthalten sein.

Mehr als 30 Millionen Pilger für 2025 erwartet

Für das gesamte Jahr werden nach vatikanischen Schätzungen mehr als 30 Millionen Rom-Touristen erwartet.

Der Erzbischof gab bekannt, dass in das Programm für das Heilige Jahr geistliche und kulturelle Elemente eingebaut wurden. Von den frühen Planungstagen an sei eine Kulturkommission eingerichtet worden, die Wege gesucht habe, um der Erfahrung des Heiligen Jahres Tiefe zu verleihen. Das Heilige Jahr lädt die christliche Gemeinschaft ein, die pastorale Fülle der Kirche zu erleben, geht jedoch auch über das Gebet hinaus und umfasst die gesamte menschliche Existenz.

Chagall und Dalí, De Sica und Ikonen  

Bereits im laufenden Jahr sind einige kulturelle Ereignisse geplant, die Fisichella am Donnerstag vorstellte. Unter anderem sollen einzelne religiöse Kunstwerke von Marc Chagall (1887-1985) und Salvador Dalí (1904-1989) in römischen Kirchen gezeigt werden. Der Surrealist Dalí hatte sich nach 1948 wieder dem katholischen Glauben zugewandt und unter anderem Dantes „Göttliche Komödie" mit Aquarellen illustriert.

Auch eine filmische Rückschau ist geplant. Unter anderem soll der weitgehend in Vergessenheit geratene Film „La porta del cielo" (Die Himmelstür) von Vittorio De Sica gezeigt werden. Er wurde 1944 trotz deutscher Besatzung auf dem Gelände der Basilika Sankt Paul vor den Mauern gedreht, die zum Vatikangebiet gehört. Er erzählt die Geschichte einer Pilgerfahrt. Der einzige Film von Schriftsteller Curzio Malaparte „Il Cristo proibito" (Der verbotene Christus) aus dem Jahr 1951 ist auch Teil des Programms. Darin geht es um das Thema Schuld und Sühne im Kontext der italienischen Nachkriegszeit.

Ferner sind eine Ausstellung mit Ikonen aus Russland und der Ukraine sowie eine Reihe von Konzerten geplant. Das letzte davon gibt der Chor der Sixtinischen Kapelle zwei Tage vor Eröffnung des Heiligen Jahres, also am 22. Dezember 2024, in der römischen Kirche Sant'Ignazio.

Glaube, Dialog und gemeinsame Werte

Der Pro-Präfekt zählte weitere Initiativen auf, die darauf abzielen, eine Glaubenserfahrung zu bieten und Dialog und gemeinsame Werte zu fördern.

Darunter befindet sich das Projekt „In Cammino" (übersetzt etwa: Unterwegs). Dabei handelt es sich um eine Pilgerreise zu Europas historischen Klöstern, die einen Weg des Glaubens, der Vernunft und des Umweltschutzes symbolisiert.

Baumaßnahmen-Abschluss bis Jahresende 

In Rom selbst wird zurzeit an vielen Baustellen gearbeitet, um den Pilgern im kommenden Jahr eine möglichst gute Erfahrung in der ,Ewigen Stadt' zu gewährleisten. Fisichella gab bekannt, dass die Baumaßnahmen bis Dezember dieses Jahres abgeschlossen sein sollen.

Das Heilige Jahr ist ein einjähriges, weltweites Pilgerevent der katholischen Kirche mit Rom als Zentrum. Es findet regulär alle 25 Jahre statt. Papst Franziskus eröffnet das Heilige Jahr 2025 voraussichtlich am 24. Dezember 2024. vn/kna 5

 

 

 

"Oster-Witz" während des Gottesdienstes ging viral

 

Ein Witz des Passauer Bischofs Oster während des Ostergottesdienstes wurde in kurzer Zeit zum Internet-Hit mit über einer Million Aufrufen bei YouTube. User freuten sich, dass die Kirche Humor zeigt. Der Bischof selbst ist überrascht von dem Erfolg.

Über dieses Thema berichtet: BR24 im Radio am 01.04.2024 um 19:30 Uhr.

Ein österlicher Witz des katholischen Passauer Bischofs Stefan Oster entpuppt sich als Klick-Bringer. Bis Ostermontagabend gab es rund 400.000 Aufrufe, mittlerweile sind es über eine Million Klicks. Zudem gab es begeisterte Kommentare. Sie reichten von "Einfach klasse", "Es tut der Kirche gut, ein Lachen zuzulassen" bis "der Humor in diesen Kreisen der Kirche hat mich doch angenehm überrascht".

Bischof Oster ist - ein paar Tage später - selbst überrascht, dass das Video so viral ging. Schon in den Vorjahren waren die "Oster-Witze" [externer link] gut geklickt: 2023 gab es über 435.000 Klicks und 2021 über 437.000.

Bischof wird selbst von Lachanfällen gebeutelt

Oster hatte im diesjährigen Ostergottesdienst im Passauer Stephansdom erneut für große Heiterkeit gesorgt. Grund war ein von ihm vorgetragener Witz am Ende der Feierlichkeiten in der Tradition des Osterlachens "Risus Paschalis", den er aus dem Werk "Das neue kleine Buch vom Osterlachen" vorlas.

Im Mitschnitt auf dem Youtube-Kanal des Bistums ist nicht nur das Lachen der Gottesdienstbesucher zu hören, sondern auch zu sehen, wie der Bischof selbst und sein Altardienst immer wieder von Lachanfällen gebeutelt werden. Bevor Oster zu lesen begann, hatte er entschuldigend gesagt: "Wenn der Witz vielleicht ein bisschen anstößig ist - ich finde ihn echt witzig - dann bitte ich, mir zu verzeihen."

"Anstößiger" WC-Witz

Die vorgetragene Anekdote erzählt von einer Frau aus der Stadt, die in den 1920er-Jahren im Bayerischen Wald Urlaub machen möchte. Weil dort der Tourismus gerade erst seinen Anfang nahm und noch nicht überall fließend Wasser üblich war, erkundigte sie sich vorsorglich in einem Schreiben an die Landgemeinde, ob dort auch ein "WC" zur Verfügung stünde.

Da Bürgermeister und Gemeinderat mit der eigenartigen Abkürzung nichts anzufangen wussten, fragten sie den Dorfgeistlichen. Der vermutete, dass es sich um das Waldkapellchen handeln dürfte, das die "neumodischen Städter" mittlerweile nicht mehr mit "K", sondern mit "C" schrieben.

In einem Antwortschreiben wurde die Dame dann unter anderem damit beruhigt, dass es in dem Ort seit über 300 Jahren ein WC gebe – mitten im idyllischen Wald gelegen und bequem in einer Viertelstunde zu Fuß zu erreichen. Es habe etwa 30 Sitzplätze, sei tagsüber ständig geöffnet. Meist werde das WC von den Menschen alleine aufgesucht, an Fest und Feiertagen auch von mehreren – dann unter sachkundiger Anleitung des "Herrn Pfarrer".

Den ganzen Witz mit weiteren erheiternden Erläuterungen gibt es hier [externer Link] zum Nachschauen und Nachhören.

Bischof Oster bekommt Witz-Vorschläge für nächstes Jahr

Bischof Stefan Oster gibt sich positiv überrascht, dass sein "Oster-Witz" im Internet zum Klick-Hit wurde: "Über eine Million Klicks hätte ich nicht erwartet. Aber dass es im Netz ganz gut laufen würde, das schon. Die Witze aus den Ostergottesdiensten der letzten Jahre hatten ja zum Teil auch schon mehrere Hunderttausend Aufrufe erzielt", so Oster auf BR-Anfrage.

Auf verschiedenen Kanälen gehen bereits Vorschläge für das kommende Jahr ein, teilte der Bischof ein paar Tage nach Ostern mit. Ein Glück für Bischof Oster – denn die Suche nach einem guten Witz werde immer schwieriger, findet er. Er hatte schon mehrfach auf Facebook zu einem Witzewettbewerb aufgerufen und Mitarbeitende nach Witzen gefragt.

Der Klick-Hit aus diesem Jahr kommt aber aus einem Buch des Benno-Verlags. "Ganz viele dieser Kirchenwitze kenne ich ja inzwischen. Und sie müssen einfach geeignet und für mich auch erzählbar sein für so einen Kontext. Zudem gibt es inzwischen eine gewisse Erwartungshaltung. Dann habe ich diese Geschichte gelesen, die für mich wirklich neu war, und eigentlich sofort gewusst, dass sie laufen würde", sagte Oster.

Bischof Stefan Oster pflegt seit zehn Jahren die alte kirchliche Tradition des Osterlachens und trägt am Ende der Osterfeierlichkeiten einen Witz vor.

Osterwitze in der Kirche haben lange Tradition

Auch das Bistum Bamberg zeigte sich an Ostern von seiner heiteren Seite: Zum 1. April, an dem auch das Cannabis-Gesetz in Kraft trat, bot es eine Weihrauchmischung der Marke "Cannabistum" an – bestellbar allerdings ausschließlich am 1. April, am Tag der Aprilscherze.

Osterwitze haben eine lange Tradition: Sie sind seit dem 9. Jahrhundert in der Liturgie der katholischen Kirche belegt. Aus Sicht der Kirche ist die Auferstehung Jesu als höchstes Fest der Kirche ein Grund für überschwängliche Freude. Diese Freude sollen auch die Osterwitze verbreiten.

In der Geschichte sind Osterwitze oft ins Obszöne abgeglitten. Deshalb wurden sie von den Reformatoren wie Martin Luther bekämpft. Auch im 19. Jahrhundert, der Zeit der Aufklärung, gab es scharfe Kritik an Witzen in den Ostermessen. Prominenter Fürsprecher der Osterwitze war dagegen der verstorbene Papst Benedikt XVI. Br.de 5

 

 

 

 

Franziskus lobt Benedikt – und rechnet mit Gänswein ab

 

In dem Buch "El sucesor" kritisiert Papst Franziskus offen das Verhalten des ehemaligen Privatsekretärs Georg Gänswein. Er habe Benedikt XVI. in seinen letzten Lebensjahren instrumentalisiert und bewusst von der Außenwelt abgeschottet. Von Jörg Seisselberg

Es ist eine Abrechnung, die Papst Franziskus offensichtlich lange auf der Seele lag. Über ein Jahr, nachdem er Georg Gänswein ohne neue Aufgabe zurück ins Erzbistum Freiburg versetzt hat, sagt das Oberhaupt der katholischen Kirche erstmals offen, was er am Verhalten des ehemaligen Privatsekretärs Benedikt XVI. unakzeptabel fand.

"Gänswein fehlt es an Menschlichkeit"

Franziskus kritisiert unter anderem, dem deutschen Erzbischof fehle es an Menschlichkeit. Und er erhebt den schwerwiegenden Vorwurf, Gänswein habe Benedikt XVI. in dessen letzten Lebensjahren instrumentalisiert, bewusst von der Außenwelt abgeschottet und gegen den amtierenden Papst in Stellung bringen wollen.

Franziskus äußert sich ausführlich über das Verhältnis zu seinem Vorgänger Benedikt und zu dessen Privatsekretär Gänswein im am Mittwoch erscheinenden Interviewbuch "El sucesor" (Der Nachfolger) des spanischen Vatikanjournalisten Javier Martinez-Brocal, aus dem die Zeitung La Repubblica zahlreiche Stellen vorab veröffentlicht. Unter anderem erinnert der Papst erneut daran, dass Benedikt sich nicht von konservativen Kritikern vereinnahmen ließ, als diese Franziskus 2017 Häresie, also Ketzerei, vorwarfen wegen dessen Umgang mit Homosexuellen in der katholischen Kirche. Mit Blick auf Benedikts Verhalten sagt Franziskus in dem Buch: "Und wie er mich verteidigt hat!"

Namen der Verschwörer nennt Franziskus nicht

Benedikt habe ihn auch unterstützt, als Kurienmänner vor allem "aus der zweiten Reihe" eine Verschwörung gegen den heutigen Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin angezettelt hätten. Dieses Komplott sei aufgedeckt worden durch Dokumente, die Benedikt ihm, Franziskus, 2013 überreicht habe. Namen der Verschwörer nennt Franziskus nicht.

So gut sich Franziskus in dem Interviewbuch über Benedikt äußert, so harsch kritisiert er in "El sucesor" dessen Privatsekretär. Als Beispiel nennt der Papst unter anderem Gänsweins Verhalten rund um Benedikts Tod und Beerdigung. Bereits vor gut einem Jahr hatte Franziskus bemängelt, allerdings noch ohne Namen zu nennen, Benedikt sei damals von "Leuten ohne Ethik" instrumentalisiert worden. Jetzt macht der Papst deutlich, dass Gänswein der Adressat seiner Kritik ist. "Dass am Tag der Beerdigung ein Buch veröffentlicht wird, das schlecht über mich redet, das Sachen erzählt, die nicht stimmen, ist sehr traurig", sagt Franziskus.

Benedikt habe in der Nähe Gänsweins nicht offen gesprochen

Gänswein hatte kurz nach Benedikts Beerdigung das Buch "Nient‘altro che la verità" ("Nichts als die Wahrheit") veröffentlicht, in dem er angebliche Differenzen zwischen Benedikt und Franziskus schildert. Einige Medien veröffentlichten Auszüge aus dem Buch allerdings vorab. Franziskus macht jetzt deutlich, dass ihn dieses Buch und speziell der Veröffentlichungszeitpunkt schwer enttäuscht haben: "Natürlich berührt es mich nicht, im Sinne, dass es mich nicht beeinflusst. Aber es tat mir leid, dass man Benedikt benutzt hat", so die Kritik des Papstes an die Adresse Gänsweins. Er habe die Buchveröffentlichung "erlebt als ein Mangel an Noblesse und Menschlichkeit".

Nach Darstellung von Franziskus habe Benedikt sogar Angst gehabt, sich offen zu äußern, wenn Gänswein in seiner Nähe war. Der Papst nennt als Beispiel eine Episode, in der Benedikt zu seinem früheren Privatsekretär, Josef Clemens, gesagt habe: Jetzt könne er telefonieren, "weil Don Georg rausgegangen ist". Benedikt, sagt Franziskus, "war ein Mann von großem Sanftmut. In einigen Fällen aber haben dies einige Personen ausgenutzt, vielleicht ohne schlechte Absichten, und haben seine Bewegungen eingeschränkt".

Ein Klima der Abschottung

Der Versuch, Benedikt zu isolieren und zu instrumentalisieren, hat sich nach Franziskus‘ Darstellung bis kurz vor dessen Tod fortgesetzt. Unter anderem erzählt der Papst von seinem Besuch beim zu diesem Zeitpunkt bereits schwer kranken Benedikt. Ein Krankenpfleger habe sich mit ihm, Franziskus, unterhalten. Daraufhin habe ein Arzt, der sich um Benedikt kümmerte, dem Pfleger in abwertendem Ton vorgeworfen, er sei "ein Spion". Es sei ein Klima der Abschottung gewesen. Er habe verstanden, sagt der Papst, "dass sie Benedikt in Obhut hielten. Verstehen Sie mich richtig, ich sage nicht eingesperrt oder eingeschlossen, aber in Obhut".

Dafür, wie Benedikt von seinem Umfeld, namentlich von Gänswein, in seinen letzten Lebensjahren instrumentalisiert worden sein soll, nennt Franziskus ein weiteres Beispiel. Es sei um die Absetzung eines Dikasteriumsleiters gegangen. Die von Franziskus entschiedene Personalie habe kirchenintern für Diskussionen gesorgt. Mitten in dieser Debatte habe dann Gänswein dafür gesorgt, so die Darstellung des Papstes, dass ein Foto des bisherigen Dikasteriumsleiters mit Benedikt verbreitet wird, "als wenn Benedikt gegen meine Entscheidung sein würde". Dies habe nicht den Tatsachen entsprochen. "Benedikt war ein Kavalier", urteilt der Papst, "dagegen, das sage ich Ihnen mit Bedauern, hat mir sein Sekretär häufig Schwierigkeiten bereitet".

Franziskus wünscht sich eine schlichtere Trauerfeier

Franziskus äußerte sich auch zu den Umständen der Beerdigungsfeier für Benedikt. Die Planung der Zeremonien nach dem Tod seines Vorgängers habe er "vollständig an Monsignor Georg Gänswein delegiert". Zu allen Fragen rund um die Beerdigung habe er stets geantwortet: "Der, der entscheidet, ist der Sekretär Benedikts". Gleichzeitig macht Franziskus in "El sucesor" deutlich, dass er für sich selbst sehr viel schlichtere Trauerfeierlichkeiten will.

Nach dem Tod Benedikts sei es das letzte Mal gewesen, dass der Leichnam des Papstes aufgebahrt, also im offenen Sarg ausgestellt wird. Er sei dabei, verriet Franziskus, mit dem Zeremonienmeister des Vatikans die vorgeschriebenen Rituale nach dem Tod des Papstes zu überarbeiten. Die Päpste, findet Franziskus, sollten eine Totenwache und eine Beerdigung bekommen "wie jedes andere Kind der Kirche".

"Die Päpste haben die Erlaubnis, es zu verraten"

Franziskus bestätigt in dem am Mittwoch (3. April 2024) erschienenen Buch auch seit längerem bekannte Hintergründe zur Wahl Benedikts im Konklave 2005. Demnach hätten einige Kardinäle für ihn, Bergoglio, gestimmt, um eine Wahl Joseph Ratzingers zu verhindern. Der heutige Papst Franziskus soll damals die zweitmeisten Stimmen erhalten haben. Die Kardinäle müssen zwar vor dem Konklave schwören, nichts über die Wahl zu verraten. Franziskus aber begründet seine Offenheit mit den Worten: "Die Päpste haben die Erlaubnis, es zu verraten". Br.de 5

 

 

 

Kirchenstatistik: Insgesamt weniger Priester und Ordensleute, mehr Diakone

 

Die Gesamtzahl der Katholiken steigt weltweit weiter, aber die Zahl der Priester sinkt, vor allem in Europa. Rücklauf gibt es auch bei Ordensleuten, eine Zunahme hingegen bei ständigen Diakonen – und zwar überall. Das geht aus Daten des Zentralamtes für kirchliche Statistik hervor, das Daten für den Zweijahres-Zeitraum 2021-2022 veröffentlichte.

Dabei handelt es sich um Statistiken aus dem kirchlichen Jahrbuch 2022 sowie dem Päpstlichen Jahrbuch 2024.

Mehr Katholiken vor allem in Afrika

Die Gesamtzahl der getauften Katholiken stieg laut der Daten weltweit weiter, von 1.376 Millionen im Jahr 2021 auf 1.390 Millionen im Jahr 2022, was einem relativen Anstieg von 1 Prozent entspricht. Vor allem in Afrika gab es einen Zuwachs, um 3 Prozent: die Zahl der Katholiken stieg dort von 265 Millionen auf 273 Millionen. In Amerika nahm die Katholikenzahl im Einklang mit der demografischen Entwicklung um 0,9 Prozent zu, in Asien um 0,6 Prozent. In Europa blieben die Zahlen hingegen gleich, sowohl 2021 als auch 2022 lagen sie bei 286 Millionen. Auch in Ozeanien blieben sie stabil.

Mehr Priester und Bischöfe in Afrika und Asien 

Abgenommen haben hingegen weiter die weltweiten Priesterzahlen, womit sich der Abwärtstrend der letzten zehn Jahre fortsetzt: 2022 gab es insgesamt 407.730 Priester, 142 weniger als im Vorjahr 2021. Ihre Zahl nahm besonders in Europa (um 1,7 Prozent) und in Ozeanien (um 1,5 Prozent) ab, in Amerika blieb die Statistik stabil. Dieser weltweiten Entwicklung entgegen steht die Lage in Afrika und Asien, wo Priesterzahlen zunehmen: im Vergleich zum Vorjahr stiegen sie 2022 in Afrika um 3,2 Prozent, in Asien um 1,6 Prozent.

In Afrika und Asien wurden auch neue Bischöfe geweiht, es gab einen Zuwachs um 2,1 und 1,4 Prozent – anders als bei stabilen Zahlen in Amerika und Ozeanien sowie einem leichten Rückgang in Europa. Mit 5.353 Oberhirten weltweit gab es 2022 insgesamt mehr Bischöfe als im Vorjahr, was im Zweijahreszeitraum 2021-22 einem Anstieg von 0,25 Prozent entspricht. Allein ein knappes Drittel residiert in Nord- und Südamerika (2.000), in Europa sank die Zahl um 0,6 Prozent auf 1.666.

Weniger Ordensfrauen vor allem in Ozeanien, Europa und Nordamerika

Ein differenziertes Bild zeigt sich hinsichtlich von Ordensfrauen weltweit. Ihre Zahl ist weltweit insgesamt rückläufig, vor allem in der westlichen Welt, in einigen Weltregionen gibt es aber einen Zuwachs.

Afrika ist auch hier der Kontinent mit einem Plus, entgegen dem weltweiten Trend: So stieg die Zahl der Ordensfrauen von 81.832 im Jahr 2021 auf 83.190 im Jahr 2022, was einem relativen Anstieg von 1,7 Prozent entspricht. Es folgt Südostasien, wo die Zahl der Ordensfrauen 2022 allerdings nur leicht auf 171.930 anstieg (Zunahme von 0,1 Prozent). In Süd- und Mittelamerika war dagegen ein Rückgang zu verzeichnen: die Zahl sank um 2,5 Prozent, nämlich von 98.081 im Jahr 2021 auf 95.590 im Jahr 2022. Schließlich gab es drei kontinentale Regionen, wo die Zahlen stark sanken: Ozeanien (um 3,6 Prozent), Europa (um 3,5 Prozent) und Nordamerika (um 3,0 Prozent).

Fast doppelt so wiele Ordensfrauen wie Priester weltweit

Insgesamt gab es auch 2022 weitaus mehr Ordensfrauen als Priester, ihre Zahl überstieg die der Priester um fast 47 Prozent. Global gesehen sank die Zahl der Ordensfrauen im Zeitraum 2021-22 aber weiter, nämlich von 608.958 auf 599.228, was einem relativen Rückgang von 1,6 Prozent entspricht. Auch die Gruppe der nichtpriesterlichen Ordensmänner geht weltweit zurück: sie sank von 49.774 in 2021 auf 49.414 in 2022, vor allem in Europa, gefolgt von Afrika und Ozeanien. In Asien zeigte sich ein anderer Trend: Dort nahmen sie zu, ebenso geringfügig auch in Amerika.

Mehr ständige Diakone - überall

Während die weltweiten Zahlen der Priester und Ordensleute abnehmen, zeigt die Zahl der ständigen Diakone weltweit hingegen eine gewisse Dynamik, und zwar auf allen Kontinenten. Ihre Zahl nahm im Jahr 2022 im Vergleich zum Vorjahr um 2 Prozent zu und stieg von 49.176 auf 50.150. In Afrika, Asien und Ozeanien, wo ihr Anteil an der Gesamtzahl der Diakone immer noch unter 3 Prozent liegt, stiegen die Zahlen um 1,1 Prozent auf 1.380 im Jahr 2022. Auch in den Gebieten, in denen Ständige Diakone zahlreich sind, nimmt ihre Zahl zu. In Amerika und Europa, wo 97,3 Prozent der Gesamtbevölkerung leben, ist die Zahl der Diakone in den letzten zwei Jahren um 2,1 Prozent bzw. 1,7 Prozent gestiegen.

Priesterliche Berufungen gehen zurück

Von den weltweit 108.481 Seminaristen im Jahr 2022 ist Afrika mit 34.541 auch der Kontinent mit der größten Zahl an Priesteramtskandidaten. Es folgen Asien mit 31.767, Amerika mit 27.738, Europa mit 14.461 und schließlich Ozeanien mit 974 Seminaristen.

Priesterliche Berufungen gehen allerdings weltweit - außer in Afrika und Ozeanien – zurück. 2022 betrug die Zahl der Priesteramtskandidaten nur noch 108.481, was einem Rückgang von 1,3 Prozent gegenüber dem Vorjahr entspricht. Vor allem Europa ist seit 2008 von einer Berufungskrise betroffen, die sich bis in die jüngste Zeit fortsetzt: so ging allein im Zweijahreszeitraum 2021-2022 die Zahl der Seminaristen in dieser Weltregion um 6 Prozent zurück. Auch in Amerika sind Rückgänge (um 3,2 Prozent) zu verzeichnen, ebenso in Asien (um 1,2 Prozent). In Afrika nahm die Zahl der Priesteramtskandidaten hingegen um 2,1 Prozent zu. Auch Ozeanien steht mit einem Zuwachs um 1,3 Prozent nicht schlecht da.

Hintergrund. Das vom Zentralamt für kirchliche Statistik verfasste Jahrbuch 2022 enthält die aktualisierten Daten zur Kirche weltweit. Anhand der Daten des Päpstlichen Jahrbuchs 2024 kann man sich hingegen über das Leben der katholischen Kirche in der Welt vom 1. Dezember 2022 bis zum 31. Dezember 2023 informieren. Beide Statistiken werden vom Vatikanverlag veröffentlicht und sind im Buchhandel erhältlich. (vn 4)

 

 

 

Organisierte Kriminalität. Orientierungspapier des Vorstands der Deutschen Kommission Justitia et Pax

 

Berlin. Im Schatten sich verstärkender und überlappender Krisen und Konflikte unserer Zeit wachsen friedens- und sicherheitspolitische Risiken, die leicht aus dem Blick geraten können. Eine dieser Herausforderungen stellt die organisierte Kriminalität dar, die – je nach Kontext – mehr oder weniger offensichtlich zutage tritt.

Aus diesem Grund legt der Vorstand der Deutschen Kommission Justitia et Pax ein Orientierungspapier zur organisierten Kriminalität als Herausforderung für Gesellschaft und Kirche vor. Im Hintergrund steht die Überzeugung, dass diese Thematik sowohl in Deutschland als auch international im friedensethischen Diskurs zu wenig Beachtung findet. Auch wenn das Orientierungspapier eine in-

ternationale Perspektive einnimmt, ist es dem Vorstand der Deutschen Kommission Justitia et Pax wichtig, dass von der organisierten Kriminalität auch in Deutschland eine nicht zu unterschätzende Gefahr ausgeht. Daher braucht es nicht nur eine gesamtgesellschaftliche Auseinandersetzung mit

diesem Phänomen, sondern auch ein breites Engagement gegen alle Formen der organisierten Kriminalität. Das Orientierungspapier will hierfür Impulse setzen, aufklären und sensibilisieren.

Zusammenfassend erklärt der Vorsitzende der Deutschen Kommission Justitia et Pax, Bischof Dr. Heiner Wilmer SCJ: „Der Kampf gegen die organisierte Kriminalität erfordert nicht allein ein länderübergreifendes politisches und polizeiliches Engagement. Wenn wir der toxischen Wirkung der

organisierten Kriminalität, die sich aus Gewalt, Gier und Gleichgültigkeit nährt, entgegenwirken wollen, dann braucht es ein breites Bündnis verschiedener gesellschaftlicher Kräfte. Daher schlagen wir als ersten Schritt der Bundesregierung und den Landesregierungen die Einrichtung von „runden

Tischen“ vor, die aus unterschiedlichen Perspektiven über notwendige Maßnahmen und Initiativen gegen die organisierte Kriminalität beraten.“

Das Orientierungspapier ist unter www.justitia-et-pax.de abrufbar. JeP 4

 

 

 

Neues Format für „Woche für das Leben“ angekündigt

 

Bereits zum 30. Mal findet dieses Jahr die Aktionswoche der beiden christlichen Kirchen statt. Die Veranstalter kündigten zugleich an, dass bereits Gespräche über „ein neues Format zu Fragen der Bioethik und einem gemeinsamen Einsatz für das Leben“ begonnen hätten.

Die diesjährige Aktionswoche werde „in dieser Form“ „die letzte Woche für das Leben der beiden Kirchen sein“, heißt es in einer Pressemitteilung der Deutschen Bischofskonferenz von diesem Mittwoch. Eine Evaluation habe gezeigt, dass das Format angepasst werden müsse, um auch in Zukunft die Menschen zu erreichen, ist einer Pressemitteilung auf der Website der Aktionswoche weiter zu entnehmen: „Die katholische und die evangelische Kirche in Deutschland arbeiten bereits gemeinsam an einer neuen Struktur“. Auch künftig wolle man sich gemeinsam den Fragen der Bioethik widmen und für den Schutz menschlichen Lebens eintreten.

Wie ein neues Format aussieht, dazu gebe es noch keine Details, erklärten der Sprecher der Bischofskonferenz und eine Sprecherin der Evangelische Kirche gleichlautend auf Anfrage. Es solle aber möglichst „öffentlichkeitswirksam“ weitergehen.

Aktionswoche vom 13. bis 20. April

Die Woche für das Leben findet vom 13. bis zum 20. April statt. Die offizielle Eröffnung wird mit einem ökumenischen Festgottesdienst im Sankt Vincenzstift im hessischen Rüdesheim am Rhein gefeiert. Das Motto der diesjährigen Aktionswoche lautet: „Generation Z(ukunft): Gemeinsam. Verschieden. Gut.“ Im Mittelpunkt sollen die Lebenswirklichkeiten Jugendlicher und junger Erwachsener mit Behinderungen stehen. (pm/kna 3)

 

 

 

Theologe Lohfink verstorben

 

Der Theologe Gerhard Lohfink ist tot. Er starb, wie der Herder Verlag mitteilt, am Dienstag im Alter von 89 Jahren.

Der Priester und Neutestamentler Lohfink war einer der bekanntesten theologischen Autoren Deutschlands. Der Verlag würdigt „seine direkte und zugängliche Sprache, seine Kunst, auch komplexe theologische Zusammenhänge luzide darzustellen, und sein Ernstnehmen der Glaubensnöte seiner Mitchristen“.

Promotion bei Schnackenburg

Lohfink, geboren am 29. August 1934 in Frankfurt am Main, entstammt einem katholischen Elternhaus. Nach dem Abitur studierte er ab 1955 Philosophie und Theologie an der Philosophisch-Theologischen Hochschule Sankt Georgen und an der Ludwig-Maximilians-Universität München. 1960 empfing er vom Bischof seiner Heimatdiözese, Wilhelm Kempf, die Priesterweihe; es folgte 1961–63 eine Zeit als Kaplan in Oberursel. 1964 schickte ihn sein Bischof zum Promotionsstudium an die Universität Würzburg; wo Gerhard Lohfink 1971 bei Rudolf Schnackenburg zum Dr. theol. promovierte. 1973 folgte die Habilitation.

1973 wurde Lohfink zum Wissenschaftlichen Rat für das Fach Neues Testament an der Eberhard-Karls-Universität Tübingen ernannt, 1976 folgte ebenda der Ruf als Ordinarius für Neues Testament. 1987 schied er auf eigenen Wunsch aus dem Universitätsdienst aus, um in der Katholischen Integrierten Gemeinde (KIG) leben und arbeiten zu können (2020 in der Erzdiözese München aufgelöst). Neben seinem Engagement in der Gemeinde widmete er sich einer intensiven Vortragstätigkeit und erwarb sich dadurch eine treue Hörer- und auch Leserschaft.

(herder verlag 3)

 

 

 

„Ohne Gerechtigkeit kein Friede“

 

Gerechtigkeit ist „von grundlegender Bedeutung für das friedliche Zusammenleben in der Gesellschaft“. Darauf hat Papst Franziskus an diesem Mittwoch bei seiner Generalaudienz hingewiesen.

 „Eine Welt ohne Gesetze, die das Recht regeln, wäre eine Welt, in der es unmöglich ist zu leben, sie würde einem Dschungel ähneln“, sagte ein aufgeräumt wirkender Papst vor mehreren tausend Pilgern und Besuchern auf dem Petersplatz. „Ohne Gerechtigkeit gibt es keinen Frieden! Denn wenn das Recht nicht geachtet wird, entstehen Konflikte. Ohne Gerechtigkeit herrscht das Recht des Stärkeren über den Schwächeren, und das ist nicht gerecht.“

„Die soziale Tugend schlechthin“

Der Zyklus von Papst-Ansprachen bei seinen Mittwochsaudienzen hat derzeit Laster und Tugenden zum Thema, und Franziskus nahm die Gerechtigkeit als zweite der sogenannten Kardinaltugenden in den Fokus. Sie sei „die soziale Tugend schlechthin“, eine Kunst des Ausgleichs, deren letztes Ziel darin bestehe, jeden Menschen seiner Würde entsprechend zu behandeln. Das gelte im Großen wie im Kleinen, also im Gerichtssaal wie im Alltag.

Ohne Maske

„Sie schafft aufrichtige Beziehungen zu den anderen; sie verwirklicht das Gebot des Evangeliums, wonach die christliche Rede sein muss: ‚Ja ja, nein nein; was darüber hinausgeht, stammt vom Bösen‘ (Mt 5,37). Halbwahrheiten, raffinierte Reden, die darauf abzielen, den Nächsten zu täuschen, Zurückhaltung, die die wahren Absichten verschleiert, sind keine Haltungen, die der Gerechtigkeit entsprechen. Der Gerechte ist aufrecht, einfach und geradlinig, er trägt keine Maske, er zeigt sich so, wie er ist, er sagt die Wahrheit.“

Und er kümmere sich nicht nur um sein eigenes Fortkommen und Wohlergehen, sondern arbeite für das Wohl der ganzen Gesellschaft. „In manchen Situationen geht er so weit, sein persönliches Wohl zu opfern, um es der Gemeinschaft zur Verfügung zu stellen. Er wünscht sich eine geordnete Gesellschaft, in der die Menschen den Ämtern Glanz verleihen und nicht die Ämter den Menschen.“

„Die Gerechten sind keine Moralisten“

Wer Arbeitern keinen gerechten Lohn zahle, der sei sicher kein Gerechter, fuhr Franziskus fort. Zugleich gelte: „Die Gerechten sind keine Moralisten, die das Gewand des Zensors tragen, sondern Menschen, die ‚nach Gerechtigkeit hungern und dürsten‘ (vgl. Mt 5,6), Träumer, die in ihrem Herzen den Wunsch nach universaler Geschwisterlichkeit hegen“. Das war nicht weit von Martin Luther Kings „I had a dream“ entfernt.

Leichtfüßige Überlegungen

Franziskus‘ Überlegungen kamen einigermaßen leichtfüßig daher, verzichteten weitgehend auf biblische Schlenker. So hätte der Papst beispielsweise ausführen können, was das Alte und Neue Testament unter einem „Gerechten“ verstehen. Dass sich sein Satz „Ohne Gerechtigkeit kein Friede“ auf Jesaja bezieht (32,17), wurde nicht eigens markiert.

Wer nach profunderen Überlegungen dieses Papstes zum Thema Gerechtigkeit sucht, der wird in der letzten Enzyklika „Fratelli tutti“ aus dem Covid-Jahr 2020 fündig. Dort lotet Franziskus vor allem im siebten Kapitel das Spannungsfeld von Gerechtigkeit, Vergebung, Strafe und Barmherzigkeit aus. (vn 3)

 

 

 

 

Erzbischof Bentz in Israel. „Was gibt den Menschen im Angesicht des Krieges Hoffnung?“

 

Heute Morgen (3. April 2024) ist der Vorsitzende der Arbeitsgruppe Naher und Mittlerer Osten der Deutschen Bischofskonferenz, Erzbischof Dr. Udo Markus Bentz (Paderborn), im Heiligen Land eingetroffen. Anlass der Reise sind die Feierlichkeiten zum 50-jährigen Jubiläum des Theologischen Studienjahres am 5. April 2024 in Jerusalem. Angesichts des Krieges im Gazastreifen wird Erzbischof Bentz die Tage in Jerusalem auch nutzen, um Gespräche mit kirchlichen und politischen Repräsentanten zu führen. Darüber hinaus sind Begegnungen mit jungen Menschen sowie Vertretern der palästinensischen und israelischen Zivilgesellschaft geplant.

 

„Dass seit 50 Jahren junge Menschen aus Deutschland zum Theologiestudium nach Jerusalem kommen, um für ein Jahr in einen Ort einzutauchen, der Juden, Christen und Muslimen gleichermaßen heilig ist, ist für mich Grund zur Freude und gerade jetzt von großer Strahlkraft“, so der neue Erzbischof von Paderborn mit Blick auf die anstehenden Jubiläumsfeierlichkeiten zum Studienjahr.

 

Zugleich zeigt sich der Vorsitzende der Arbeitsgruppe Naher und Mittlerer Osten besorgt angesichts der Lage in der Region: „Terror, Krieg und die humanitäre Katastrophe im Gazastreifen überschatten den freudigen Anlass. Noch immer befinden sich israelische Geiseln in den Händen der Hamas und bangen täglich um ihr Leben. Der palästinensischen Zivilbevölkerung im Gazastreifen fehlt mittlerweile das Nötigste zum Überleben. Vor diesem Hintergrund reise ich nicht nur als Teilnehmer der Jubiläumsfeierlichkeiten nach Jerusalem. Ich komme vor allem als jemand, dem die derzeitige Situation im Heiligen Land nahegeht und dem das Schicksal der hier lebenden Menschen – Israelis wie Palästinensern – am Herzen liegt.“

 

Im Austausch mit kirchlichen Repräsentanten und Vertretern der Zivilgesellschaft möchte Erzbischof Bentz erfahren, wie sie die aktuelle Lage vor Ort erleben und welche Perspektiven sie für das Zusammenleben von Israelis und Palästinensern sehen: „Ich möchte versuchen, die Lage vor Ort noch besser zu verstehen: Was bedeutet der Krieg für die Zukunft der Christen im Heiligen Land? Was braucht es für einen gerechten Frieden zwischen Israelis und Palästinensern? Was gibt den Menschen im Angesicht des Krieges Hoffnung?“

 

Zum Auftakt heute steht zunächst ein Gespräch mit dem Leiter des Vertretungsbüros der Bundesrepublik Deutschland in Ramallah, Oliver Owcza, an. Danach besucht Erzbischof Bentz das „Rossing Center for Education and Dialogue“. Die von einem israelisch-palästinensischen Team geleitete Einrichtung setzt sich für Verständigung und Begegnung zwischen Juden, Christen und Muslimen im Heiligen Land ein. Gegen Mittag trifft Erzbischof Bentz mit dem Lateinischen Patriarchen von Jerusalem, Kardinal Pierbattista Pizzaballa zusammen, bevor am Nachmittag ein Besuch des armenischen Viertels in Jerusalem und eine Begegnung mit Studentinnen und Studenten des Theologischen Studienjahres ansteht.

 

Am Donnerstag (4. April 2024) wird Erzbischof Bentz neben Vertretern der palästinensischen Zivilgesellschaft auch den Apostolischen Nuntius, Erzbischof Adolfo Tito Yllana, und den Botschafter der Bundesrepublik Deutschland in Israel, Steffen Seibert, treffen. Vor Beginn des eigentlichen Festaktes des Theologischen Studienjahres am Vormittag ist eine Kranzniederlegung in Yad Vashem geplant, um der jüdischen Opfer des Nationalsozialismus zu gedenken. Mit dabei sein werden der Präsident des Bundesverfassungsgerichtes, Prof. Dr. Stephan Harbarth, sowie der Präsident des Deutschen Akademischen Austauschdienstes (DAAD), Prof. Dr. Joybrato Mukherjee. Dbk 3

 

 

 

Aachener Bischof verteidigt Strukturreform

 

Im Jahr 2028 sollen acht Großpfarreien das Bistum Aachen bilden. Dagegen hat eine Initiative aus dem Bistum eine Beschwerde in Rom eingelegt. Bischof Helmut Dieser weist die Kritik der Initiative zurück und verteidigt das vorgesehene Modell.

Er sei verwundert über die Behauptung der Initiative „Kirche bleibt hier“, das geplante Modell sei ohne Beteiligung entwickelt worden, sagte Dieser der Katholischen Nachrichten-Agentur (KNA). „Das Gegenteil ist der Fall: Die Regionen sowie die Kirchengemeinden waren im vergangenen Jahr intensiv in die Diskussion einbezogen, und sie haben am Ende mit großer Mehrheit votiert“, so der Bischof.

Acht statt wie bisher 326 Pfarreien

Im Jahr 2028 soll es in der Diözese anstatt der bisherigen 326 Pfarreien nur noch acht Großpfarreien geben. Dieser erklärte, dies sei jedoch nur der Zielpunkt einer länger angelegten Entwicklung. „Zunächst geht es erst mal nur darum, 44 pastorale Räume als soziale Einheit für die Seelsorge zu bilden“, so Dieser. Auf der Ebene der Vermögensverwaltung seien es hingegen zwei und teils drei Kirchengemeinden pro pastoralem Raum.

Bistum ist in engem Kontakt mit Rom

Aus Sicht der Initiative „Kirche bleibt hier“ dient die geplante Strukturreform nur dazu, die Wirtschaftlichkeit des Bistums zu stabilisieren. „Reformen im Sinne der Glaubensvermittlung und dessen Weitergabe an zukünftige Generationen sind sie aber gewiss nicht“, so die Kritiker. Deshalb haben sie in Rom eine Beschwerde eingelegt. Laut dem Bischof ist das Bistum jedoch mit Rom in engem Kontakt: „Bereits im vergangenen Jahr haben wir im Vatikan unsere Vorschläge vorgestellt“. Der Vatikan habe mitgeteilt, dass die Strukturreform schrittweise umzusetzen sei und nichts vom grünen Tisch aus umgesetzt werden solle. Dazu sagte Dieser: „Das haben wir getan. Und werden das weiterhin tun. So auch in weiteren Gesprächen mit der Initiative“.

„Wir werden unterschiedlich starke vitale Orte haben. Es wird weiße Flächen, und es wird Hotspots geben“

Die Kirche sei am Ende einer Ära, in der sich das Bisherige nicht einfach mehr verlängern lässt, erklärte der Bischof. „Die klassische Pfarrei - mit eigenem Pfarrer, Pfarrkirche, Pfarrheim oder Kirchenchor und so weiter - ist in der jungen Generation nur noch eingeschränkt anschlussfähig“. Die Pfarrei, die entsprechend dem Kirchenrecht von einem Priester geleitet werden müsse, solle künftig die übergeordnete Verwaltungseinheit für vielfältige Seelsorgeangebote sein, die noch weiter zu entwickeln seien. „Klar ist: Wir werden unterschiedlich starke vitale Orte haben. Es wird weiße Flächen, und es wird Hotspots geben.“

(kna 2)

 

 

 

Franziskus über Benedikt XVI.: „Er war wie ein Vater für mich“

 

„Er hat mich immer verteidigt, er hat sich nie eingemischt“. So äußert sich Franziskus über seinen Vorgänger Benedikt XVI. in einem neuen Interview-Buch mit dem Titel „El Sucesor“, das diesen Mittwoch erscheint. Der spanische Journalist Javier Martínez-Brocal hat mit dem amtierenden Papst gesprochen.

 „Benedikt war ein Mann von großer Sanftmut. In einigen Fällen haben einige Leute ihn ausgenutzt, vielleicht ohne Böswilligkeit, und seine Bewegungsfreiheit eingeschränkt. Leider haben sie ihn in gewisser Weise eingekreist. Er war ein sehr feinfühliger Mann, aber er war nicht schwach, er war stark. Aber mit sich selbst war er bescheiden und zog es vor, sich nicht aufzudrängen. So hat er viel gelitten.“

Mit diesen Worten erinnert sich Papst Franziskus an seinen Vorgänger Benedikt XVI. in einem Interview mit dem Journalisten Javier Martínez-Brocal. Das Buch mit dem Titel „El Sucesor“, das beim Verlag Editorial Planeta herauskommt, erscheint diese Woche Mittwoch, am 3. April.

Freiheit zum Wachsen

„Er ließ mich wachsen und gab mir die Freiheit, Entscheidungen zu treffen“

„Er ließ mich wachsen", erklärt darin Franziskus, „er war geduldig. Und wenn er etwas nicht gut fand, dachte er drei oder vier Mal nach, bevor er es mir sagte. Er ließ mich wachsen und gab mir die Freiheit, Entscheidungen zu treffen“. Der argentinische Papst erzählt von der Beziehung, die ihn mit dem Emeritus verband – während einer fast zehnjährigen Koexistenz im Vatikan. „Er ließ mir Freiheit, er hat sich nie eingemischt. Einmal, als es eine Entscheidung gab, die er nicht verstand, bat er mich auf sehr natürliche Weise um eine Erklärung. Er sagte mir: ,Schau, ich verstehe das nicht, aber die Entscheidung liegt in deinen Händen‘. Ich erklärte ihm die Gründe, und er war zufrieden.“

Franziskus erklärt in dem Buch, dass sein Vorgänger nie gegen eine seiner Entscheidungen opponiert habe: „Er hat mir nie seine Unterstützung entzogen. Vielleicht gab es etwas, das er nicht teilte, aber das hat er nie gesagt“.

Der Papst erinnert auch an die Umstände seines Abschieds von Benedikt am Mittwoch, den 28. Dezember 2022, als er ihn zum letzten Mal lebend sah: „Benedikt lag im Bett. Er war noch bei Bewusstsein, aber er konnte nicht sprechen. Er sah mich an, schüttelte meine Hand, verstand, was ich sagte, konnte aber kein Wort sprechen. Ich blieb noch eine Weile bei ihm, sah ihn an und hielt seine Hand. Ich erinnere mich lebhaft an seine klaren Augen... Ich sagte ein paar liebevolle Worte zu ihm und segnete ihn. So haben wir uns verabschiedet.“

Benedikt XVI. verteidigte Franziskus

Franziskus erzählt in dem Interview zudem von einem konkreten Fall, in dem er von Benedikt XVI. verteidigt wurde.

„Ich hatte ein sehr nettes Gespräch mit ihm, als einige Kardinäle zu ihm kamen, die von meinen Worten zur Ehe überrascht waren, und er war sehr deutlich zu ihnen. Eines Tages sind sie zu ihm nach Hause gekommen, um mir praktisch den Prozess zu machen, und sie beschuldigten mich vor ihm, die homosexuelle Ehe zu fördern. Benedikt regte sich nicht auf, denn er wusste sehr wohl, was ich denke. Er hörte ihnen allen zu, einem nach dem anderen, beruhigte sie und erklärte ihnen alles“, so Franziskus. Und er fuhr fort:

„Einmal habe ich gesagt, dass die Ehe ein Sakrament ist, das homosexuellen Paaren nicht gespendet werden kann, aber dass es irgendwie notwendig ist, die Situation dieser Menschen zu sichern oder zivil zu schützen. Ich sagte, dass es in Frankreich die Formel der zivilen Lebensgemeinschaften gibt, die auf den ersten Blick eine gute Option sein kann, weil sie nicht auf die Ehe bezogen ist. Ich dachte, dass man zum Beispiel drei Rentnerinnen (in ein Register) aufnehmen kann, die sich die medizinische Versorgung, das Erbe, die Wohnung usw. teilen können. Ich wollte damit sagen, dass mir dies eine interessante Lösung zu sein schien“, so der amtierende Papst über den Kontext seiner Äußerung.

„Er hörte ihnen zu und half ihnen mit sehr viel Größe, die Dinge zu unterscheiden.“

„Einige Kardinäle gingen zu Benedikt und sagten, ich würde Ketzerei betreiben. Er hörte ihnen zu und half ihnen mit sehr viel Größe, die Dinge zu unterscheiden... Er sagte ihnen: ,Das ist keine Ketzerei‘. Wie er mich verteidigt hat!... Er hat mich immer verteidigt.“

Franziskus kritisiert Buchpublikation  

„Es hat mich verletzt, dass Benedikt benutzt wurde.“

Papst Franziskus antwortete auch auf die Frage eines Journalisten nach den Büchern, die im Zusammenhang mit dem Tod des emeritierten Papstes veröffentlicht wurden.

Franziskus antwortete: „Sie haben mir großen Schmerz bereitet: dass am Tag der Beerdigung ein Buch veröffentlicht wird, das mich (meine Worte, Anm.) auf den Kopf stellt und Dinge erzählt, die nicht wahr sind, ist sehr traurig. Natürlich berührt mich das nicht - in dem Sinne, dass es mich nicht beeinflusst. Aber es hat mich verletzt, dass Benedikt benutzt wurde. Das Buch wurde am Tag der Beerdigung veröffentlicht, und ich empfand es als einen Mangel an Edelmut und Menschlichkeit.“

Änderungen am päpstlichen Begräbnis

Schließlich verrät der Papst dem Journalisten Javier Martínez-Brocal, dass er bereits eine Überprüfung des päpstlichen Begräbnisses angeordnet hat. Die Totenwache für Benedikt XVI. sei die letzte gewesen, bei der der Körper des Papstes außerhalb des Sarges auf einem Katafalk aufbewahrt worden sei, erklärt Franziskus. Päpste „sollten wie jedes andere Kind der Kirche bewacht und beerdigt werden. Mit Würde, wie jeder Christ“, so Franziskus. (vn 2)

 

 

 

Papst am Ostermontag: Geteilte Freude ist doppelte Freude

 

Papst Franziskus hat am Ostermontag die Gläubigen dazu aufgerufen, die Freude von Ostern zu teilen. Dies lasse die Angst verschwinden und die Osterfreude zunehmen, erklärte Franziskus mit immer noch etwas heiserer Stimme bei seinem Mittagsgebet auf dem Petersplatz in Rom. Silvia Kritzenberger – Vatikanstadt

 

Franziskus leidet seit etlichen Wochen an einer Atemwegsinfektion und ließ sich beim Verlesen seiner Ansprachen zuletzt häufiger von Mitarbeitern vertreten. Die Teilnahme am Karfreitags-Kreuzweg am Kolosseum sagte er ab, doch sein übriges Osterprogramm einschließlich großer Auferstehungsmesse und Urbi et Orbi-Segen fand wie vorgesehen statt.

Beim Regina Coeli - so heißt das Mittagsgebet der Kirche in der Osterzeit - ging der Papst von dem Bericht im Matthäus-Evangelium (28,8-15) aus, der die Reaktion der Frauen nach der Erscheinung des Engels am Grab beschreibt. Die Verkündung von der Auferstehung Jesu und den Auftrag, dies den Jüngern mitzuteilen, nehmen sie zunächst mit Furcht wahr, die dann aber einer großen Freude weicht: Der Freude über die Wende vom grausamen Kreuzestod zur Auferstehung des Gekreuzigten. Und unterstrichen wird dies noch durch die Eile der Frauen, die es gar nicht erwarten können, den Jüngern die Botschaft zu verkünden.

Die Freude über die Auferstehung

„Heute, am Montag der Osteroktav, hören wir im Evangelium von der Freude der Frauen über die Auferstehung Jesu. So heißt es im Text, dass sie, nachdem sie das Grab verlassen hatten, mit „großer Freude zu seinen Jüngern eilten, um ihnen die Botschaft zu verkünden“. Diese Freude, die aus der lebendigen Begegnung mit dem Auferstandenen erwächst, ist ein überwältigendes Gefühl, das sie dazu antreibt, das, was sie gesehen haben, weiterzugeben und zu erzählen,“ leitete der Papst seine Auslegung des Tagesevangeliums ein.

Jeder von uns habe wohl schon einmal die Erfahrung gemacht, dass geteilte Freude doppelte Freude ist, betonte Franziskus und forderte seine Zuhörer auf, sich an ein Glücksgefühl zu erinnern, von dem man den anderen sofort habe erzählen wollen.

„Genau das erleben die Frauen am Ostermorgen, nur in einem viel größeren Ausmaß. Warum?,“ fragte der Papst. „Weil die Auferstehung Jesu nicht nur eine wunderbare Nachricht oder das glückliche Ende einer Geschichte ist, sondern etwas, das unser Leben vollkommen und für immer verändert! Es ist der Sieg des Lebens über den Tod, der Hoffnung über die Verzagtheit. Jesus hat die Dunkelheit des Grabes durchbrochen und lebt für immer: Seine Gegenwart kann alles mit Licht erfüllen. Mit ihm wird jeder Tag zur Etappe einer ewigen Reise, jedes "Heute" kann auf ein "Morgen" hoffen, jedes Ende auf einen neuen Anfang, jeder Augenblick wird über die Grenzen der Zeit hinaus auf die Ewigkeit projiziert.“

Vergebung, Gebet und tätige Nächstenliebe

Die Freude der Auferstehung sei uns am Tag unserer Taufe geschenkt worden, so das Kirchenoberhaupt. Mit der Osterfreude im Herzen könnten wir auch in dunklen Zeiten ein Licht sehen.

„Wie aber kann man diese Freude nähren? Wie es die Frauen getan haben: durch die Begegnung mit dem Auferstandenen, denn er ist die Quelle einer Freude, die nie versiegt. Verlieren wir also keine Zeit und beeilen wir uns, ihm in der Eucharistie zu begegnen, in seiner Vergebung, im Gebet und in der tätigen Nächstenliebe! Die Freude wächst, wenn sie geteilt wird. Teilen wir die Freude des Auferstandenen.“ (vn 1)

 

 

 

Kirchen zu Ostern: Sehnsucht nach Gerechtigkeit

 

Die christlichen Kirchen in Deutschland sehen in der Osterbotschaft ein starkes Signal dafür, dass die Sehnsucht nach einer Welt der Gerechtigkeit und des Friedens wachbleibt. Mitten in einer Welt voller Krieg und Not halte die Osternacht die große Erzählung von der Freiheit einer kommenden gerechten Welt wach, sagte der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Georg Bätzing, im Limburger Dom.

 „Und damit hält sie uns wach in unserem Einsatz für diese künftige Welt, wie Gott sie will." Die „unfassbare Botschaft" von der Auferstehung Jesu sei nicht mehr aus der Welt zu schaffen. "Auch mit Gewalt und Verfolgung ist sie nicht mehr kleinzuhalten bis auf den heutigen Tag", sagte der Limburger Bischof.Die kommissarische Ratsvorsitzende der Evangelischen Kirche in Deutschland (EKD), Bischöfin Kirsten Fehrs, rief die Christen auf, Zeichen der Hoffnung zu sein. Sie müssten aufstehen und dabei klar und deutlich Haltung zeigen für ein Leben in Würde, das ausnahmslos jedem Menschen zustehe. Hass und Gewalt müsse die Stirn geboten werden. Die Auferstehung zeige, „dass nicht die Aussichtslosigkeit die Macht über uns gewinnt, sondern Zuversicht sich durchsetzt", so die Hamburger Bischöfin.

Der Münchner Kardinal Reinhard Marx rief Christinnen und Christen dazu auf, sich dem Wiederaufflammen überwunden geglaubter Konflikte, Hass und Gewalt entgegenzustellen. Angesichts einer Wiederkehr von Gewalt und Krieg, von Hass, Polarisierung und Verschwörungstheorien könne leicht das Gefühl aufkommen, dass sich die „Geister der Vergangenheit" niemals abschütteln ließen, räumte der Erzbischof von München und Freising ein: „Der Lauf der Weltgeschichte ist nicht immer nur ein Fortschritt zum Besseren hin." Die österliche Botschaft sei eine der Hoffnung: Durch den Tod und die Auferweckung Jesu von Nazareth sei „eine Dynamik in die Geschichte eingetragen, die nie wieder zurückgenommen werden kann", sagte Marx im Münchner Liebfrauendom. Auch der Kölner Kardinal Rainer Maria Woelki rief zum Einsatz für Frieden auf. Ostern fordere die Christen heraus, die Welt besser, gerechter und friedlicher zu machen, so der Erzbischof in seiner Osterpredigt. Der Friede, der an Ostern vom Auferstandenen ausgehe, könne Konflikte lösen, neues Leben schaffen und die Menschen glücklich machen - nicht Kriege, Terror und Gewalt. „So tragen wir die Botschaft von der Auferstehung in unsere Welt, die von Angst und Resignation, von Krieg, Terror und brutaler Gewalt gezeichnet ist", so Woelki. Auch der neue Paderborner Erzbischof Udo Markus Bentz betonte, dass von Ostern eine Botschaft von Mut und Kraft ausgehe.

„Der Blick auf den weiten Horizont, den uns der Auferstandene eröffnet, lässt uns aufrecht, mit Hoffnung und Entschiedenheit durch diese Welt gehen", sagte Bentz im Paderborner Dom. Das Fest bringe eine veränderte Perspektive. Trotz des Elends, das „uns in unsrer Welt niederdrückt", feierten Christen Auferstehung und glaubten: „Die Macht der Liebe lässt Jesus nicht im Tod, sondern ruft ihn zu neuem Leben."

Der christliche Glaube an die Auferstehung wird nach Aussage von Münsters Bischof Felix Genn angesichts der Bilder von Terror, Gewalt und Leid auf eine harte Probe gestellt. Noch schwieriger sei offenbar der Glaube an einen persönlichen Gott, sagte Genn. Die Kirchenmitgliedschaftsuntersuchung vom Herbst etwa habe gezeigt, dass viele Christen sich allenfalls eine unpersönliche höhere Macht vorstellen könnten. Das aber sei „der Knackpunkt von Ostern: an einen persönlichen Gott zu glauben". „Ostern ist das Fest, das Grenzen überwindet", schreibt der Essener Bischof Franz-Josef Overbeck in seiner Osterbotschaft. Aus der Feier der Auferstehung Jesu könne eine Kraft erwachsen, die helfe, das Böse zu überwinden und Kriege zu beenden. Overbeck, der auch Militärbischof der Bundeswehr ist, ergänzte: „Friede ist niemals das Ergebnis von Konventionen, sondern immer von der inneren Überzeugung, dass das Gute in den Menschen und unter den Menschen leben soll." (kna 31.3.)

 

 

 

Papst erneuert zu Ostern Appell für Frieden weltweit

 

Papst Franziskus hat in seiner Osterbotschaft zu Frieden, Solidarität und Geschwisterlichkeit weltweit aufgerufen und militärische Aufrüstung kritisiert. „Frieden wird niemals mit Waffen geschaffen, sondern indem man die Hände ausstreckt und die Herzen öffnet“, mahnte der Papst in seiner feierlichen Osterbotschaft an diesem Sonntag in Rom.  Stefanie Stahlhofen - Vatikanstadt

 

Rund 60.000 Menschen hatten sich auf dem mit Blumen festlich geschmückten Petersplatz versammelt, um die Ostermesse mit dem Papst zu feiern, seine Osterbotschaft zu hören und den Segen „Urbi et Orbi", der Stadt und dem Erdkreis, zu empfangen. Unzählige Menschen waren zudem bei Liveübertragungen weltweit zugeschaltet. Den ganzen Erdkreis umspannte der Papst auch in seiner Osterbotschaft 2024, die er wie üblich von der Mittelloggia des Petersdoms verlas. Das katholische Kirchenoberhaupt verwies darin auf die christliche Hoffnung und lobte Friedensbemühungen, prangerte aber auch viele aktuelle Missstände an. Der auferstandene Christus schenke den Menschen die Vergebung der Sünden und mache den Weg frei für eine erneuerte Welt, betonte Franziskus, die Menschen schlössen die von Jesus geöffneten Türen aber „mit den in der Welt aufkommenden Kriegen ständig". Konkret führte der Papst dazu in seiner Osterbotschaft weiter aus:

„Meine Gedanken sind vor allem bei den Opfern der vielen aktuellen Konflikte in der Welt, angefangen bei denen in Israel und Palästina und in der Ukraine. Der auferstandene Christus eröffne den leidtragenden Bevölkerungsgruppen in diesen Regionen einen Weg des Friedens. Ich rufe zur Achtung der Grundsätze des Völkerrechts auf und hoffe auf einen umfassenden Austausch aller Gefangenen zwischen Russland und der Ukraine: alle für alle!"

„Ich rufe zur Achtung der Grundsätze des Völkerrechts auf“

Sofortiger Waffenstillstand in Gaza

Darüber hinaus forderte der Papst unter Applaus der Menge auch erneut einen sofortigen Waffenstillstand im Gaza-Streifen, garantierten Zugang für humanitäre Hilfe nach Gaza sowie die sofortige Freilassung der am 7. Oktober von der Hamas in Israel entführten Geiseln. Die Lage verschärfe zudem noch zusätzlich die Not im benachbarten Libanon. Mit Blick auf Syrien forderte der Papst „Antworten vonseiten aller, auch von der internationalen Gemeinschaft". Er verwies in seiner Osterbotschaft konkret auch auf Gewalt und Konflikte in Haiti und Myanmar sowie in Afrika, das zusätzlich auch unter Dürre und Hunger leide. 

„Der auferstandene Christus eröffne einen Weg der Hoffnung für die Menschen in den übrigen Teilen der Welt, die unter Gewalt, Konflikten, Ernährungsunsicherheit und den Auswirkungen des Klimawandels leiden“

Trost für Terror-Opfer

 „Der auferstandene Christus eröffne einen Weg der Hoffnung für die Menschen in den übrigen Teilen der Welt, die unter Gewalt, Konflikten, Ernährungsunsicherheit und den Auswirkungen des Klimawandels leiden. Er schenke den Opfern aller Formen des Terrorismus Trost. Wir beten für alle, die ihr Leben verloren haben, und beten um Reue und Umkehr der Täter", weitete der Papst dann den Blick. Seine Osterbotschaft nutzte Franziskus auch, um an die Heiligkeit des Lebens und die Menschenwürde aller zu erinnern, auch der Ungeborenen und der Sklaven von heute:

 „Wie oft wird das kostbare Geschenk des Lebens missachtet. Wie viele Kinder dürfen nicht einmal das Licht der Welt erblicken? Wie viele verhungern oder erhalten keine lebensnotwendige Versorgung oder werden Opfer von Missbrauch und Gewalt? Wie viele Leben werden durch den zunehmenden Menschenhandel zur Ware? Liebe Schwestern und Brüder, an dem Tag, an dem Christus uns aus der Knechtschaft des Todes befreit hat, fordere ich die politisch Verantwortlichen auf, keine Mühen zu scheuen, um die Geißel des Menschenhandels zu bekämpfen, und sich unermüdlich dafür einzusetzen, ausbeuterische Strukturen zu zerschlagen und die Opfer zu befreien", nahm Papst Franziskus hier auch Politiker in die Pflicht.

„Keine Mühen scheuen, um die Geißel des Menschenhandels zu bekämpfen, und sich unermüdlich dafür einzusetzen, ausbeuterische Strukturen zu zerschlagen und die Opfer zu befreien“

Solidarität mit Armen und Flüchtlingen

Der Papst rief ebenso zu Solidarität und Hilfe für Flüchtlinge und Migranten sowie arme Menschen auf:

„Möge der auferstandene Herr den Migranten und denjenigen, die in wirtschaftlicher Not sind, sein Licht leuchten lassen und ihnen in der Zeit ihrer Not Trost und Hoffnung spenden. Möge Christus alle Menschen guten Willens dazu bewegen, sich solidarisch zu vereinen, um gemeinsam die vielen Herausforderungen zu bewältigen, denen sich die ärmsten Familien auf ihrer Suche nach einem besseren Leben und Glück gegenübersehen."

„Sich solidarisch vereinen, um gemeinsam die vielen Herausforderungen zu bewältigen“

Hoffnungsschimmer

In seiner Osterbotschaft ging Franziskus aber auch auf einige positive Entwicklungen ein. Im westlichen Balkan gebe es „bedeutende Schritte zur Integration in das europäische Projekt" mit denen der Papst die hoffnung verband, dass ethnische, kulturelle und konfessionellen Unterschiede nicht Ursache für Spaltung seien, sondern „zu einer Quelle der Bereicherung für ganz Europa und die Welt werden". Konkret würdigte der Papst auch die Gespräche im Konflikt zwischen Armenien und Aserbaidschan. Er wünsche sich, dass beide Länder „ mit Unterstützung der internationalen Gemeinschaft den Dialog fortsetzen, den Flüchtlingen helfen, die Kultstätten der verschiedenen Konfessionen respektieren und so bald wie möglich zu einem endgültigen Friedensabkommen gelangen können."

Video: Highlights der Ostermesse mit Papst Franziskus am Ostersonntag 2024

Seine Osterbotschaft 2024 beschloss Papst Franziskus mit den Worten: „Möge das Licht der Auferstehung unseren Geist erleuchten und unser Herz bekehren, damit wir uns des Wertes eines jeden Menschenlebens bewusstwerden, das stets angenommen, geschützt und geliebt werden muss. Ich wünsche allen ein gesegnetes Osterfest". Anschließend spendete der Papst, wie zu Ostern und Weihnachten üblich, den Segen „Urbi et Orbi", mit dem auch ein Nachlass aller Sünden verbunden ist. Mit Papst Franziskus auf dem Mittelbalkon des Petersdoms waren der Erzpriester der Patriarchalbasilika St. Paul vor den Mauern, Kardinal James Michael Harvey, und der emeritierte italienische Kurienkardinal Lorenzo Baldisseri, ehemaliger Generalsekretär der Bischofssynode. 

Ostermesse mit Papst Franziskus

Bei der großen, feierlichen Ostermesse mit Papst Franziskus am Sonntagvormittag war der Dekan des Kardinalskollegiums, Giovanni Battista Re, Hauptzelebrant. Unter den mehr als 350 Konzelebranten befanden sich weitere Kardinäle, Bischöfe und Priester. Eine Predigt hielt Papst Franziskus hier - wie üblich - nicht. Auch in der Ostermesse mit Papst Franziskus kam das Thema Friede auf. In einer Fürbitte hieß es:

„Lasst uns beten um das Geschenk des Friedens: Vater des Erlösers, du hast uns in Christus mit dir versöhnt. Mache uns zu Boten deines Friedens und gib, dass in allen Familien Eintracht und Harmonie herrschen und dass alle Konflikte und Ungerechtigkeiten in der Welt enden mögen."

Am Ostermontag wird Papst Franziskus um 12 Uhr das Mittagsgebet Regina Caeli sprechen.  (vatican news 31.3.) 

 

 

 

Kreuzweg am Kolosseum ohne Franziskus, aber mit seinen Texten

 

Papst Franziskus hat an diesem Karfreitagabend kurzfristig seine Teilnahme am traditionellen Kreuzweg vor dem Kolosseum im Rom abgesagt. Um sich für die Feier der Osternacht zu schonen, verfolgte er die Andacht von seiner Residenz aus, teilte der Vatikan mit. Im Gegenzug stammten die Kreuzwegs-Meditationen zum ersten Mal von ihm selbst.

Sie waren über weite Strecken in der „Ich“-Form gehalten und enthielten leitmotivisch Danksagungen an Jesus. Auf Zeitbezüge wie Gewalt und Krieg verzichtete der Papst in den Kreuzwegtexten weitgehend, sie klangen aber in den Litaneien am Schluss jeder Station an. Hauptsächlich zog Franziskus aus der Betrachtung des Leidens und Sterbens Jesu Anregungen zur Gewissenserforschung.

Bei der ersten Station – Jesus wird zum Tod verurteilt – hob er das Schweigen Jesu als eine kraftvolle und radikale Antwort auf das Böse hervor. Dieses Schweigen sei verblüffend, aber fruchtbar, ein Weg der Befreiung vom Bösen.  „Jesus, dein Schweigen rüttelt mich auf: es lehrt mich, dass das Gebet nicht aus der Bewegung der Lippen kommt, sondern aus einem Herzen, das fähig ist, zuzuhören“, so die Meditation. Der Papst forderte die Gläubigen auf, von dieser Demut und Stille zu lernen, um in der Hektik des Lebens einen Raum für echtes Gebet und innere Einkehr zu finden.

Fackeln und Tausende kleine Kerzen in den Händen der etwa 25.000 Gläubigen am Kolosseum erleuchteten die „Via Crucis“, die die Päpste seit Paul VI. an dieser Stelle am Karfreitag leiten. Als Kreuzträger waren unter anderem Klausurnonnen, Migranten, eine Familie, Menschen mit Handicap, stadtrömische Pfarrer und Caritas-Leute im Einsatz.

Der Kreuzweg von Franziskus hatte wie üblich 14 Stationen, allerdings fehlte die sonst geläufige Station „Jesus fällt zum dritten Mal unter dem Kreuz“. Stattdessen fügte Papst Franziskus eine neue elfte Station ein: „Jesus schreit seine Verlassenheit heraus“. Jesus, der Gott der Gemeinschaft, habe am eigenen Leib die Verlassenheit gefühlt, um die Gläubigen aus der Einsamkeit zu befreien, so die Meditation von Franziskus. „Und in dem Schreien so vieler Einsamer und Ausgeschlossener, Unterdrückter und Verlassener sehe ich dich wieder, mein Gott: Lass mich dich erkennen und dich lieben.”

Veronika, die der Tradition zufolge Jesus das Schweißtuch reichte, zeichnete Franziskus in seiner Meditation als starke, mutige und tatkräftige Frau. Anders als die Vielen, die verachten, schmähen und Urteile fällen - und heutzutage genüge dazu „eine Tastatur“, so der Papst in einer der ganz wenigen aktuellen Bezüge seiner Betrachtung – bahne sich diese Frau ihren Weg durch die Menge. „Sie spricht nicht. Sie handelt. Sie schimpft nicht. Sie erbarmt sich. Sie schwimmt gegen den Strom: allein, mit dem Mut des Mitleids. Sie begibt sich aus Liebe in Gefahr, sie findet einen Weg, um zwischen den Soldaten hindurchzukommen, nur um deinem Antlitz den Trost einer Liebkosung zuteilwerden zu lassen.“ Veronika erinnere ihn daran, so der Papst, dass auch Jesus Trost brauche. „Du, der nahe Gott, bittest um meine Nähe; du, mein Tröster, willst von mir getröstet werden… Jesus, entfache in mir das Verlangen, bei dir zu bleiben, dich anzubeten und dich zu trösten. Und mache, dass ich in deinem Namen für andere zum Trost werde.“

An mehreren Stellen der Kreuzwegmeditation flocht Franziskus Danksagungen an Jesus ein, eher ungewöhnliche Formulierungen für diese traditionsreiche Andachtsform. „Ich danke dir, weil du auf mich wartest; danke, weil ich viele Male hinfalle und du mir unzählige Male vergibst: immer“, heißt es in der Station „Jesus fällt zum zweiten Mal unter dem Kreuz“. Der Papst beschloss seine Meditationen mit einer Serie von 14 Schlussanrufungen an Jesus, die letzten beiden ebenfalls als Danksagungen angelegt:

„Jesus, bevor du stirbst, sagst du: ,Es ist vollbracht´. In meiner Unvollkommenheit werde ich das nicht sagen können; doch ich vertraue auf dich, denn du bist meine Hoffnung, die Hoffnung der Kirche und der Welt“, so der Papst in seiner Betrachtung. „Jesus, ein Wort möchte ich dir noch sagen und es immerzu wiederholen: Danke! Ich danke dir, mein Herr und mein Gott.“

Anstelle des Papstes sprach sein Vikar für Rom, Kardinal Angelo de Donatis, den Schlussegen. Bereits letztes Jahr war Franziskus im Kolosseum nicht anwesend gewesen, den Kreuzweg leitete damals ebenfalls Kardinal de Donatis. 2023 war das erste Mal seit Beginn des Pontifikats, dass ein Kreuzweg ohne Franziskus stattfand. Ein Präzedenzfall ereignete sich 2005 mit dem schwer erkrankten Johannes Paul II. Ihn vertrat damals Kardinal Joseph Ratzinger, der wenig später, nach dem Tod Johannes Pauls, seinerseits zum Papst gewählt wurde. (vn 29.3.)

 

 

 

 

Gründonnerstag: Papst feiert Abendmahlsmesse im römischen Frauengefängnis Rebibbia

 

Auch dieses Jahr hat Franziskus den Gottesdienst, in dem die Kirche in besonderer Weise der Einsetzung der Eucharistie gedenkt, mit Gefängnisinsassen gefeiert, dieses Jahr ausschließlich Frauen. Zum ersten Tag des österlichen Triduums besuchte der Papst das Frauengefängnis Rebibbia und nahm dort den Ritus der Fußwaschung vor. Silvia Kritzenberger - Vatikanstadt

 

Die Abendmahlsmesse ist vom Gedächtnis des Letzten Abendmahls Jesu und von der Einsetzung der Eucharistie geprägt. Eine Besonderheit dieses Tages ist der Ritus der Fußwaschung, der auf die innerste Haltung Jesu hinweist: Zeichen seiner hingebenden Liebe.

Den Gründonnerstag 2024 wollte der Papst mit den Insassinnen und dem Gefängnispersonal der Frauenhaftanstalt Rebibbia begehen, die er bereits 2015 besucht hat. Dabei hat er 12 Frauen zwischen 40 und 50 Jahren verschiedener Nationalitäten die Füße gewaschen.

Rebibbia: Eines der größten Frauengefängnisse Europas

Das in den 1950er Jahren gegründete Frauengefängnis ist derzeit das größte der vier Frauengefängnisse Italiens und auch eines der größten in Europa, mit einer starken Präsenz ausländischer Frauen. Trotz der vorgeschriebenen Kapazität von 260 Plätzen sind derzeit 370 Personen dort untergebracht. Auch im Bereich der Gesundheitsfürsorge gibt es Schwierigkeiten bei der Versorgung der Patienten.

 

In der Gefängnispastoral sind dort die Armen-Schwestern vom heiligen Franziskus tätig. Frauen, die anderen Frauen zur Seite stehen und berichten, dass das Leid der Frauen oft größer ist als das der Männer. Wie eine der dort tätigen Ordensfrauen betonte, empfänden Frauen meist großes Schuldgefühl für das Leid, das ihre Haftstrafe für andere bedeutet – vor allem, wenn sie kleine Kinder hätten, die sie nicht aufwachsen sehen, denen sie in Zeiten von Schmerz oder Krankheit nicht zur Seite stehen könnten.

"Existentielle Peripherien": Ein Herzensanliegen von Franziskus

Mit dem Besuch in Rebibbia setzte Franziskus die zu Beginn seines Pontifikats 2013 begonnene Tradition fort, die Abendmahlsmesse nicht mehr in der Kathedrale des Bistums Rom, der Lateranbasilika, zu feiern, sondern sich an einen symbolischen Ort zu begeben: einen Kreuzweg des Schmerzes, aber auch der Wiedergeburt. Eine Tradition, die Jorge Mario Bergoglio aus Buenos Aires nach Rom „importiert“ hatte, wo es ihm schon als Erzbischof immer ein Anliegen war, die "existenziellen Peripherien" aufzusuchen.

Die Predigt von Papst Franziskus

In seiner kurzen, aus dem Stegreif gehaltenen Predigt erinnerte Franziskus an zwei Episoden, die mit der Erinnerung an das Letzte Abendmahl zu tun haben. Zunächst die Fußwaschung. „Jesus demütigt sich selbst, Jesus verdeutlicht mit dieser Geste, was er gesagt hatte: Ich bin nicht gekommen, um mir dienen zu lassen, sondern um zu dienen. Er lehrt uns den Weg des Dienens,“ so der Papst. Die andere Episode sei eine traurige gewesen: der Verrat des Judas, der nicht fähig gewesen sei zu lieben und sich von Geld und Egoismus zu dieser hässlichen Geste habe verführen lassen.

 

„Eine einfache alte Frau - eine weise alte Frau, eine Großmutter aus dem Volk - habe ich einmal sagen hören: "Jesus wird nie müde zu vergeben: wir sind es, die müde werden, um Vergebung zu bitten",“ erinnerte sich Franziskus. „Bitten wir den Herrn heute um die Gnade, nicht müde zu werden. Wir alle haben immer wieder kleine und große Fehler - jeder hat seine Geschichte… Bitten wir den Herrn, dass er uns alle in der Berufung zum Dienen wachsen lässt.“

Papst Franziskus feierte seine Gründonnerstagsmessen meist mit Häftlingen in römischen Gefängnissen, war aber auch schon in einer Behinderteneinrichtung und einem Flüchtlingsheim. Dabei hat er den Insassen, Männern wie auch Frauen, Christen wie Muslimen oder anderen Religionsangehörigen, die Füße gewaschen und den Ritus der Fußwaschung als dienende und liebende Geste Jesu an den anderen erklärt. (vn 28.3.)

 

 

 

Unzumutbare Abschiebungen. Zahl der Kirchenasyle deutlich gestiegen

 

Mit der Zahl der Asylanträge steigt auch die Zahl der Kirchenasyle in Deutschland wieder. 2023 gab es laut Bundesinnenministerium mehr als 1.500 Fälle - deutlich mehr als in den Vorjahren. Nur wenige Fälle führen aber zum Umdenken bei den Behörden.

Die Zahl der Kirchenasyle ist 2023 weiter gestiegen. Dem Bundesamt für Migration und Flüchtlinge wurden im vergangenen Jahr 1.514 Fälle gemeldet, wie aus einer Antwort des Bundesinnenministeriums auf eine Anfrage der Linken-Abgeordneten Clara Bünger hervorgeht, die dem „Evangelischen Pressedienst“ vorliegt. Im Jahr davor lag die Zahl der gemeldeten Kirchenasyle bei 1.243, 2021 gab es 822 Fälle.

Wie aus den Zahlen weiter hervorgeht, führen die Fälle nur selten zu Erfolg auf offiziellem Weg. Nur in neun Fällen machte demnach das Bundesamt im vergangenen Jahr vom sogenannten Selbsteintrittsrecht Gebrauch, das heißt, es übernahm die Zuständigkeit für die schutzsuchende Person, für deren Asylverfahren eigentlich ein anderes EU-Land zuständig gewesen wäre. Bei der überwiegenden Mehrheit der Fälle im Kirchasyl geht es darum, eine Überstellung in einen anderen EU-Staat zu verhindern. Auch in den Jahren zuvor war die Zahl der Selbsteintritte gering.

Kirchenasyl – Hilfe in Härtefällen

In 313 Fällen wurde 2023 die mit dem Kirchenasyl verbundene Bitte, eine Person nicht abzuschieben, negativ beschieden. Mehr als 1.100 Fälle erledigten sich auf andere Weise, „maßgeblich durch Ablauf der Überstellungsfrist“, wie es in der Antwort heißt. Läuft diese Frist ab, ist automatisch Deutschland für das Asylverfahren zuständig. Sie liegt regulär bei sechs Monaten. Wenn die betreffende Person als „flüchtig“ angesehen wird, kann die Frist auf 18 Monate verlängert wurden. Ein politischer Versuch, dies auch auf Kirchenasyle anzuwenden, wurde gerichtlich gerügt. Das Bundesverwaltungsgericht wies dabei darauf hin, dass der Aufenthaltsort der Personen im Kirchenasyl bekannt ist.

Die Kirchen sehen das Angebot für Asyl in ihren Räumlichkeiten als Hilfe in Härtefällen. Kirchengemeinden stellen dafür Gemeindegebäude oder kircheneigene Wohnungen zur Verfügung. Mitarbeitende und vor allem Ehrenamtliche übernehmen auch die Versorgung der Schutzsuchenden, die das Gelände für die Zeit des Kirchasyls nicht verlassen können. Die Gemeinden erstellen Falldossiers und bitten damit das Bundesamt für Migration und Flüchtlinge um erneute Prüfung der Fälle.

Bünger: Viele geplante Abschiebungen unzumutbar

Bünger sagte, der deutliche Anstieg von Kirchenasyl-Fällen zeige, dass eine zunehmende Zahl geplanter Abschiebungen in andere EU-Länder als unzumutbar angesehen wird. Dass nur so wenige dieser Fälle vom Bundesamt akzeptiert würden, sei „beschämend“. „Die Erfolgsquote beim Kirchenasyl soll offenbar unter allen Umständen niedrig gehalten werden“, kritisierte die Abgeordnete und ergänzte: „Wichtige humanitäre Erwägungen finden beim Bundesamt nur in extremen Ausnahmefällen Gehör, das muss sich ändern.“

Bünger erkundigte sich in ihrer Frage auch nach der Zahl der sogenannten Dublin-Überstellungen. Nach der Dublin-Regelung ist das EU-Land für Aufnahme und Asylverfahren zuständig, über das Schutzsuchende eingereist sind – oder dort zuerst registriert wurden. Nach den Zahlen des Bundesinnenministeriums stellte Deutschland im vergangenen Jahr fast 75.000 Übernahmeersuchen an andere Mitgliedstaaten, während es gut 15.500 Flüchtlinge aus anderen Ländern übernehmen sollte. Tatsächlich erfolgt sind den Angaben zufolge nur 5.053 Überstellungen aus Deutschland, während wiederum 4.275 Flüchtlinge aus anderen Ländern übernommen wurden. (epd/mig 28.3.)

 

 

 

Synodaler Weg der Kirche in Deutschland. Arbeitsgruppen für den Synodalen Weg

 

In fünf Synodalversammlungen waren bis zum März 2023 Beschlüsse mit Handlungsoptionen auf dem Synodalen Weg verabschiedet worden. Vier Arbeitsgruppen sind aktuell eingerichtet, um theologische Fragen des Synodalen Weges der katholischen Kirche in Deutschland zu vertiefen. Eine weitere Arbeitsgruppe ist im Aufbau, eine sechste hat ihren Auftrag abgeschlossen.

 

Die Arbeitsgruppen sind von der Gemeinsamen Konferenz aus Mitgliedern der Deutschen Bischofskonferenz und des Zentralkomitees der deutschen Katholiken (ZdK) beauftragt, Vorschläge für die Aufgaben zu erarbeiten, die aus den Beschlüssen des Synodalen Weges resultieren. Sie greifen jene Aufgaben auf, deren Umsetzung auf der überdiözesanen Ebene angesiedelt ist.

 

In der Arbeitsgruppe „Umgang mit geschlechtlicher Vielfalt“ sind Dr. Hans-Gerd Angel, Michael Brinkschröder, Prof. Dr. Stephan Goertz, Prof. Dr. Marianne Heimbach-Steins, Ruth Huber, Mara Klein, Prof. Dr. Andreas Lob-Hüdepohl und Weihbischof Ludger Schepers tätig. Die Geschäftsführung hat Dr. Andreas Heek, Leiter der Arbeitsstelle Männerseelsorge der Deutschen Bischofskonferenz.

 

Für die Priester, die aufgrund einer Partnerschaft aus dem Amt scheiden, ist entsprechend dem Handlungstext „Der Zölibat der Priester – Bestärkung und Öffnung“ eine Arbeitsgruppe unter dem Titel „Priester/Umgang mit suspendierten Priestern“ eingesetzt worden. Ihr gehören Stephan Buttgereit, Martin Gebhardt, Dr. Markus Güttler, P. Simon Hacker OP, Michaela Labudda, Dr. Matthias Leineweber, Monika Rohfleisch und Pfarrer Jochen Thull an. Die Geschäftsführung hat Charlotte Dietrich, Referentin im ZdK. 

 

In der Arbeitsgruppe „Frauen in Diensten und Ämtern in der Kirche“ wirken Dr. Katrin Brockmöller, Prof. Dr. Margit Eckholt, Zuzanna Flisowska-Caridi, Lisa Holzer, Bischof Dr. Peter Kohlgraf, Prof. Dr. Dorothea Sattler, Sr. Prof. Dr. Birgit Weiler MMS und Prof. Dr. Agnes Wuckelt mit. Die Geschäftsführung hat Marie Raßmann, Referentin im ZdK.

 

In der Arbeitsgruppe „Segnungen für Paare, die sich lieben“ arbeiten Bischof Dr. Stephan Ackermann, Stefan Diefenbach, Dr. Andreas Heek, Ulrich Hoffmann, Prof. Dr. Benedikt Kranemann, Dr. Martina Kreidler-Kos, Ulrike Laux, Birgit Mock und Dr. Nicole Stockhoff. Die Geschäftsführung hat Claudia Abmeier, Referentin im ZdK.

 

Personell noch nicht vollständig besetzt ist die Arbeitsgruppe „Einbeziehung der Gläubigen in die Bestellung des Diözesanbischofs“. Bereits im September 2023 hatte die sechste Arbeitsgruppe ihren Auftrag erfüllt, Entwürfe für die Satzung und die Geschäftsordnung des Synodalen Ausschusses zu erarbeiten.

 

Hinweise: Informationen zum Synodalen Weg – darunter auch Materialen für den Religionsunterricht und die Gemeindearbeit – sind unter www.synodalerweg.de verfügbar. Dbk 28.3.

 

 

 

 

„Wer liebt, wird nicht müde, ist nicht reizbar, stellt keine Ultimaten"

 

Bei seiner Generalaudienz an diesem Mittwoch hat Papst Franziskus über die Tugend der Geduld gesprochen. Gerade im Alltag mangele es den Menschen oft an Geduld, sagte Franziskus, der diesmal wieder seine vorbereitete Ansprache selbst vortrug. Wegen des regnerischen Wetters war die Audienz kurzfristig vom Petersplatz in die Audienzhalle verlegt worden. Valerie Nusser - Vatikanstadt

Es sei kein Zufall, so Papst Franziskus, dass die „Pazienza“, die Geduld, die gleiche Wurzel wie die Passion habe. Gerade in der Leidensgeschichte zeige sich die Geduld Christi, „der es mit Sanftmut und Milde hinnimmt, verhaftet, geschlagen und zu Unrecht verurteilt zu werden; vor Pilatus macht er keine Vorwürfe; er erträgt die Beleidigungen, das Bespucken und die Geißelung durch die Soldaten; er trägt die Last des Kreuzes; er vergibt denen, die ihn ans Holz nageln, und am Kreuz reagiert er nicht auf Provokationen, sondern bietet Barmherzigkeit“, erklärte Franziskus. Die Geduld, so der Papst, sei nicht nur eine Notwendigkeit, sondern ein Appell. Er forderte die Gläubigen auf, besonders in der Karwoche den gekreuzigten Jesus zu betrachten und seine Geduld zu verinnerlichen.

Liebe und Geduld im Hohelied der Liebe

Franziskus zitierte dann das Hohelied der Liebe des Apostels Paulus, das eine enge Verbindung zwischen der Geduld und der Liebe aufzeige. Paulus beschreibt darin die Liebe als großmütig und geduldig. Die Wurzel der Geduld sei demnach also die Liebe. „Es ist das erste Merkmal jeder großen Liebe, die auf das Böse mit dem Guten zu antworten weiß, die sich nicht in Zorn und Entmutigung verschließt, sondern ausharrt und neu beginnt. Eine Geduld, die neu beginnt“, erklärte der Papst. „Gott ist Liebe, und wer liebt, wird nicht müde, ist nicht reizbar, stellt keine Ultimaten. Gott ist geduldig, Gott weiß zu warten.“

„Es kommt immer sofort unsere Reaktion, und wir sind nicht fähig, geduldig zu bleiben“

„Man könnte also sagen, dass es kein besseres Zeugnis für die Liebe Jesu gibt, als einem geduldigen Christen zu begegnen“, so das Kirchenoberhaupt, aber oft mangele es den Menschen im Alltag an Geduld. „Es ist schwierig, ruhig zu bleiben, unsere Instinkte zu kontrollieren, schlechte Reaktionen zurückzuhalten, und Streit und Konflikte in der Familie, am Arbeitsplatz oder in der christlichen Gemeinschaft zu entschärfen. Es kommt immer sofort unsere Reaktion, und wir sind nicht fähig, geduldig zu bleiben“, sagte Franziskus.

Den Blick weiten und sich in Geduld üben

Um sich in Geduld zu üben, empfahl der Papst, den Blick zu weiten und sich nicht auf die eigenen Sorgen zu fixieren. Franziskus nannte zwei Väter, die an der Generalaudienz teilnahmen, ein Israeli und ein Palästinenser: „Beide haben ihre Töchter in diesem Krieg verloren, und beide sind Freunde; sie schauen nicht auf die Feindschaft des Krieges, sondern sie schauen auf die Freundschaft zweier Männer, die sich lieben und die dasselbe durchgemacht haben. Denken wir an dieses sehr schöne Zeugnis dieser beiden Menschen, die in ihren Töchtern den Krieg im Heiligen Land erlitten haben“. Franziskus dankte beiden Vätern für ihr Zeugnis und sprach mit ihnen nach dem Ende der Generalaudienz. (vn 27.3.)

 

 

 

 

Papst schreibt Brief an Katholiken im Heiligen Land

 

Zur Karwoche hat Papst Franziskus einen Brief an die Katholiken der verschiedenen Riten im Heiligen Land geschrieben. Darin versichert er ihnen angesichts von Krieg und Konflikten in der Heimat Jesu: „Ihr seid nicht allein“. Stefan von Kempis – Vatikanstadt

Die Epistel aus Rom gilt vor allem „denen, die derzeit am schmerzlichsten unter der absurden Tragödie des Krieges leiden“, schreibt der Papst. Sein Aufruf: „Hoffen gegen alle Hoffnung“.

Das Wort Gaza fällt zwar nicht, doch beklagt Franziskus mit einem fünfzig Jahre alten Zitat seines Vorgängers Paul VI.‘ (1963-78) die fortgesetzten Spannungen in Nahost, „ohne entscheidende Schritte in Richtung Frieden“. Das sei eine „ernste und ständige Gefahr“ für den Weltfrieden. In dieser Hinsicht hat sich seit Paul VI. nicht viel geändert.

„Fackeln, die in der Nacht leuchten“

Die Christen im Heiligen Land sieht der Papst nicht nur als Hüter der Heiligen Stätten, sondern auch als „Samen des Guten“ inmitten von Konflikten. „In diesen dunklen Zeiten, in denen es scheint, als ob die Finsternis des Karfreitags euer Land und zu viele Gegenden in der Welt bedeckt, die vom sinnlosen Wahnsinn des Krieges entstellt sind, (...) seid ihr Fackeln, die in der Nacht leuchten.“

Die Hoffnung auf die Rückkehr der Pilger

Er bete um Frieden, Hoffnung und den Respekt der Würde eines jeden Menschen im Heiligen Land, schreibt Franziskus. „Brüder und Schwestern, ich möchte euch sagen: Ihr seid nicht allein und und wir werden euch nicht allein lassen, sondern wir werden (…) mit euch solidarisch bleiben in der Hoffnung, bald wieder als Pilger zu euch zurückkehren zu können.“

En passant zeigt der Petrusnachfolger, dass er auch orientalisch-poetisch zu formulieren versteht: „Möge im Schmelztiegel des Leidens das Gold der Einheit zunehmen und erstrahlen“. (vn 27.3.)

 

 

 

Sachsen-Anhalt. Pfarrer verliert Stelle wegen AfD-Kandidatur

 

AfD-Kandidatur kostet Pfarrer seine Beauftragung: Kirche in Mitteldeutschland reagiert auf politisches Engagement. Eine AfD-Kandidatur sei mit dem Amt des Pfarrers nicht vereinbar.

Weil er als Parteiloser für die AfD bei der Stadtratswahl im sachsen-anhaltischen Quedlinburg kandidiert, hat der evangelische Kirchenkreis Egeln einem Pfarrer die Beauftragung entzogen. Wie die Evangelische Kirche in Mitteldeutschland (EKM) am Montag in Magdeburg mitteilte, hat Pfarrer Martin Michaelis, der bisher für den Pfarrbereich Gatersleben (Salzlandkreis) zuständig war, die Landeskirche am 9. März über seine Kandidatur informiert. Daraufhin sei ihm die Verantwortung für den Pfarrbereich am 15. März entzogen worden.

Zur Begründung sagte EKM-Personaldezernent Michael Lehmann, es sei zwar im Interesse der Kirche, dass sich Pfarrer auch politisch engagieren. Dies gelte jedoch nicht für das Engagement in Parteien, die verfassungsrechtlich fragwürdige Positionen einnehmen. „Mit der Kandidatur für die AfD unterstützt Herr Michaelis das Gedankengut der AfD“, sagte Lehmann: „Dies ist auch angesichts der jüngsten Verlautbarungen des Landeskirchenrates der EKM und der Bischofskonferenz der Vereinigten Evangelisch-Lutherischen Kirche Deutschlands nicht mit dem Amt als Pfarrer vereinbar.“

Michaelis hatte sich in der Corona-Zeit öffentlich gegen staatliche Lockdown-Maßnahmen ausgesprochen und sich gegen einen Beschluss der Landessynode gestellt, in dem die Corona-Impfungen als „aktive christliche Nächstenliebe“ bezeichnet wurden. Insbesondere der Auftritt bei einer Anti-Corona-Demonstration im Dezember 2021 war bei Landesbischof Friedrich Kramer und anderen Kirchenvertretern auf heftige Kritik gestoßen.

Update: 26.03.2024, 13:26 Uhr

Wie EKM-Personaldezernent Michael Lehmann am Dienstag in Magdeburg mitteilte, sei man auf der Suche nach einem neuen Einsatzbereich für den Pfarrer. Er könne sich auf eine der ausgeschriebenen Pfarrstellen in der Landeskirche bewerben. Seine Kandidatur für die AfD mache es aber nicht leichter, „vor Ort Akzeptanz für seinen Einsatz im Pfarrdienst zu finden“. (epd/mig 27.3.)

 

 

 

Interview. Vor zehn Jahren: Die Causa Limburg

 

Es ist genau zehn Jahre her: Nach einem monatelangen Skandal um Bistumsfinanzen nahm Papst Franziskus am 26. März 2014 das Rücktrittsgesuch des Limburger Bischofs Tebartz-van Elst an. Wie blickt das Bistum Limburg heute auf diese Zeit zurück? Was hat es daraus gelernt? Das fragte das Kölner Domradio den Bistumssprecher Stephan Schnelle.

Im Kern ging es vor zehn Jahren um den kostspieligen Umbau des Bischofshauses. In den Schlagzeilen war zugespitzt immer von der „goldenen Badewanne“ die Rede. Die Badewanne war nicht wirklich golden, oder?

„Nein, nein. Die Badewanne ist nicht wirklich golden, sondern sieht schlicht aus und ist weiß. Aber natürlich hochwertig. Die gibt es auch heute noch. Die ist heute Teil des Museums. Das Museum lagert Kunstgegenstände im Bad und in der unteren Etage der Wohnung, die es gerade nicht ausstellt.“

„Das war eine sehr herausfordernde Zeit für das Bistum“

Vor genau zehn Jahren kam die Annahme des Rücktrittsgesuchs von Franz-Peter Tebartz-van Elst. Dem vorausgegangen war ein Strafbefehl und eine interne Ermittlung der Bischofskonferenz. Was war das denn damals für eine Zeit für das Bistum Limburg? Sie waren ja quasi im Auge des Sturms.

„Das war eine sehr herausfordernde Zeit für das Bistum. Das war auch eine große Zeit der Unsicherheit, die dann mit der Entscheidung des Papstes, den Amtsverzicht von Bischof Tebartz-van Elst anzunehmen, beendet wurde. Damit begann dann die Zeit der Apostolischen Administration. Weihbischof Manfred Grothe kam ins Bistum Limburg, der auch die interne Untersuchung der Bischofskonferenz zum Bau des Bischofshauses geleitet hat. Mit ihm wurde die Aufarbeitung fortgesetzt.

Es gab eine Zeit, in der Tebartz-van Elst Bischof von Limburg, aber außerhalb seiner Diözese war. Der Generalvikar, den er designiert hatte, war vom Vatikan aus eingesetzt und schon damit betraut, Dinge zu klären und Aufarbeitung zu betreiben. Das ist natürlich ein spannungsreiches Verhältnis, wenn Sie wissen, dass es da noch Anfragen und Herausforderungen gibt. Man muss schon die Weichen stellen und Entscheidungen treffen, die Auswirkungen auf die Zukunft haben - aber es gibt noch keine klare Entscheidung. Diese Zeit der Unsicherheit ist mit der Entscheidung des Papstes beendet worden.“

„Eine Entscheidung, die aber auch viele Unsicherheiten mit sich gebracht hat“

Wie ist das abgelaufen? Haben Sie den Brief aus Rom schon vorher bekommen, oder war das für Sie in Limburg auch eine Überraschung?

„Das war eine Überraschung, wenn ich mich recht erinnere. Viel Vorlauf gab es da nicht. Das war dann wie ein Paukenschlag, der sich auch sehr schnell verbreitet hat. Erleichterung ist vielleicht das falsche Wort, aber sehr schnell wurde gewürdigt, dass es jetzt eine klare Entscheidung gibt. Eine Entscheidung, die aber auch viele Unsicherheiten mit sich gebracht hat. Was wird aus Bischof Tebartz-van Elst? Er hat ja noch keine neue Aufgabe. Wo wird er wohnen? Er hatte ja keine Wohnung mehr. Er wohnte ja damals im Bischofshaus und hatte sich auch nicht irgendwo anders eingemietet. Das waren alles ungeklärte Fragen, die uns gestellt wurden und auf die wir selbst noch keine Antwort wussten.“

Wie war das denn auf der emotionalen Ebene? Es war für die Mitarbeiter des Bistums wahrscheinlich auch nicht einfach, wenn sich das ganze Land monatelang über den Arbeitgeber lustig macht.

„Das war für die Mitarbeitenden und auch für die vielen Ehrenamtlichen herausfordernd. Wir sind ein synodales Bistum, wir haben starke synodale Gremien. Da haben viele mit dem Bistum und mit dem Bischof gelitten. Insofern war diese Erleichterung - ja, ich nenne es doch mal so - wirklich spürbar. Man hatte die Zeit unter Generalvikar Rösch, in der klar war, dass der Bischof erst mal außerhalb der Diözese ist und Aufarbeitung angegangen wird. Wir haben dann einen Prozess gestartet. Wir haben die Dinge herausgearbeitet, von denen wir wussten, dass sie an den Problemen im Bistum Limburg schuld gewesen sind. Also wie ist unsere Vermögensverwaltung aufgestellt, wie sind unsere Gremien aufgestellt, wie läuft hier Beratung und Entscheidung im Bistum ab? Da haben wir schon angefangen Dinge zu verändern. Das ging in der Tat dann weiter.“

„Da haben viele mit dem Bistum und mit dem Bischof gelitten“

Das Bistum hat auch aus dieser Situation gelernt? Sie gehen mit Finanzen heute anders um als damals?

„Genau. Wir haben unsere Lehren gezogen. Beratung und Entscheidung läuft bei uns heute anders. Wir haben Amt und Aufsicht sowie Vermögensangelegenheiten weitestgehend voneinander getrennt. Wir haben genau geschaut, welches Gremium was machen kann. Wir haben mehr externe Kontrolle eingebaut und unsere Finanzen komplett offengelegt. Das sind Dinge, die wir ganz unmittelbar gelernt haben. Das ist auch ein Prozess, der noch nicht abgeschlossen ist. Aber da hat es den Anfang genommen. Ich glaube nicht nur, dass wir im Bistum Limburg daraus gelernt haben, sondern dass auch andere Diözesen daraus gelernt haben, also dass auch große Bistümer wie das Erzbistum Köln seine Finanzen offengelegt haben. Das wäre so schnell nicht gekommen, wenn es nicht die Geschichte in Limburg gegeben hätte.“

Franz-Peter Tebartz-van Elst sitzt heute als sogenannter Delegat in Rom, also als Bischof abgestellt für Sonderaufgaben. Gab es oder gibt es noch Kontakt zwischen ihm und dem Bistum? War er noch mal da?

„Nein, er war noch nicht da. Es gab hin und wieder Begegnungen der Bischöfe. Wenn Bischof Bätzing in Rom ist, dann trifft er ihn natürlich auch schon mal…“

(domradio 26.3.)

 

 

 

„Synodaler Ausschuss kann weiterarbeiten“

 

Nach dem jüngsten Gespräch deutscher Bischöfe mit römischen Kurienvertretern hat die Doppelspitze des Synodalen Weges die Fortsetzung der Arbeit des Synodalen Ausschusses angekündigt, der an einer Konzeption des Synodalen Rates arbeitet. Auch eine Finanzierung sei in Arbeit.

Das schreiben Bischof Georg Bätzing, Vorsitzender der Deutschen Bischofskonferenz (DBK), und Irme Stetter-Karp, Präsidentin des Zentralkomitees der deutschen Katholiken (ZdK), in einem Brief vom 25. März an den Synodalen Ausschuss. Bei den Gesprächen in Rom sei es wesentlich auch um den Synodalen Ausschuss gegangen, informieren sie. Ihm hatte der Vatikan im Februar noch, kurz vor der Frühjahrsvollversammlung der deutschen Bischöfe, eine Absage erteilt. Dem Brief der Doppelspitze des Synodalen Weges ist nun zu entnehmen, dass das Gremium grünes Licht erhalten hat und in enger Rücksprache mit dem Vatikan an der Vorbereitung eines Synodalen Rates arbeiten kann.

Im Gespräch mit den Kurienvertretern am vergangenen Freitag sei der „strukturelle Unterschied zwischen dem Synodalen Ausschuss als Arbeitsinstrument und dem Synodalen Rat bzw. dem Planungsstand zu beidem“ erörtert worden, schreiben Bätzing und Stetter-Karp, die selbst nicht persönlich bei den Gesprächen im Vatikan dabei war. Die Kurie habe „sehr deutlich ihre Sorge zum Ausdruck gebracht, dass es sich beim avisierten Synodalen Rat um ein Gremium handeln könnte, dass nicht vom Kirchenrecht gedeckt ist“.

Kurie will mitgestalten

Die Bischöfe hätten den Vertretern der Kurie zugesichert, „dass sie dafür Sorge tragen werden, dass der Vorschlag den kirchlichen Vorgaben entspricht“. Diese seien das Kirchenrecht, aber auch die Theologie des Zweiten Vatikanums. Außerdem würden die weiteren Entwicklungen der Weltsynode einbezogen. Mit dem Vatikan sei vereinbart worden, dass es bei der Konzeption des Synodalen Rates „Rückkopplungen mit der Kurie“ geben soll, zudem sollen die direkten „Gespräche zur Vertiefung des Dialogs“ weitergehen.

Satzung und Finanzierung

Vor Hintergrund der Übereinkunft in Rom stehe „der Beschlussfassung der Satzung (des Synodalen Ausschusses, Anm.) durch den Ständigen Rat am 22. April 2024 nichts mehr im Wege, und der Synodale Ausschuss kann auf dieser Grundlage weiterarbeiten“, heißt es weiter. In dem Vatikanschreiben vom Februar war die Approbation der Satzung noch in Frage gestellt worden; diese Zweifel sind laut Bätzing und Stetter-Karp offenbar nun ausgeräumt. 

Im Vatikan sei auch die Notwendigkeit der Finanzierung der Arbeit erläutert worden, informiert der Brief der beiden Vorsitzenden weiter. Endlich könnten nun „entsprechende Ressourcen bereitgestellt“ werden, heißt es, zu einer Gründungsversammlung des Vereins sei bereits in der Karwoche eingeladen.

„Sehr erfreulich“

Als „sehr erfreulich“ wertet es die Doppelspitze des Synodalen Weges, dass bei dem Treffen im Vatikan Texte des Synodalen Weges „sehr genau wahrgenommen“ und damit auch die Arbeit des Synodalen Ausschusses „wertgeschätzt“ worden sei. In dem Austausch konnten gleichwohl noch nicht alle Fragen der Kurie bearbeitet werden, schreiben Bischof Bätzing und ZdK-Präsidentin Stetter-Karp weiter.

Die Deutsche Bischofsdelegation hatte sich am 22. März 2024 im Vatikan mit Kurienvertretern über den Synodalen Weg ausgetauscht. In einer gemeinsamen Presseerklärung vom Freitagabend war von einer „positiven und konstruktiven Atmosphäre“ die Rede, Differenzen und Übereinstimmungen seien benannt und ein regelmäßiger Austausch vereinbart worden, hieß es. Das nächste Treffen soll demnach vor der Sommerpause 2024 stattfinden. (vn 26.3.)

 

 

 

Papst-Brief an Jugend: Trotz schwieriger Weltlage Hoffnung haben

 

„Ich wünsche mir vor allem, dass meine Worte in euch die Hoffnung neu entfachen", schreibt Papst Franziskus in einem Brief an junge Leute, den der Vatikan diesen Montag veröffentlichte. Er könne sich vorstellen, dass viele „sich angesichts der aktuellen internationalen Lage, die von so vielen Konflikten und so viel Leid geprägt ist, entmutigt fühlen", so das katholische Kirchenoberhaupt.

Jesus liebe jeden einzelnen unermesslich, betont Franziskus. Er rät: „Brich mit ihm wie mit einem Freund auf, nimm ihn in dein Leben auf und lass ihn teilhaben an deinen Freuden und Hoffnungen, den Leiden und Ängsten deiner Jugend. Du wirst sehen, dass dein Weg sich erhellen wird und dass auch die größten Lasten weniger schwer sein werden, weil er da sein wird, um sie mit dir zu tragen."

Anlass für das Papstschreiben an junge Leute auf der ganzen Welt ist der 5. Jahrestag von Franziskus` Schreiben an die Jugend „Christus vivit", das der Papst nach der Weltbischofssynode zum Thema Jugend 2018 im Vatikan veröffentlichte.

„Du wirst sehen, dass dein Weg sich erhellen wird und dass auch die größten Lasten weniger schwer sein werden, weil er da sein wird, um sie mit dir zu tragen“

Jugend auch wichtig für aktuelle Synode

Auch junge Menschen waren an dem großen Bischofstreffen beteiligt und konnten sich einbringen. Der Papst betont in seinem aktuellen Brief an die Jugend: „Dank ihrer Arbeit konnten die Bischöfe eine umfassendere und tiefgehende Sicht der Welt und der Kirche kennenlernen und erörtern. Es war ein echtes ,synodales Experiment`, das viele Früchte getragen und den Weg auch für eine neue Synode bereitet hat, nämlich diejenige, die wir jetzt in diesen Jahren gerade zum Thema Synodalität erleben."

„Weg auch für eine neue Synode bereitet - diejenige zum Thema Synodalität“

Der Papst baut auf die Jugend auch für die aktuelle Weltsynode: „In dieser neuen Etappe unseres kirchlichen Weges brauchen wir eure Kreativität mehr denn je, um neue Wege zu gehen, immer in Treue zu unseren Wurzeln", ist so im Papst-Brief an die Jugend zu lesen. Explizit erwähnt Franziskus auch den Schwung und Input der Jugend, den „Lärm", wie er selbst immer wieder sagt - und apelliert: „Ich bitte euch: Lasst es uns niemals an eurem guten Lärm fehlen, an eurem Antrieb – wie bei einem sauberen und agilen Motor – an eurer originellen Art zu leben und die Freude des auferstandenen Jesus zu verkünden! Dafür bete ich. Und bitte, betet auch ihr für mich."

„Lasst es uns niemals an eurem guten Lärm fehlen, an eurem Antrieb (...) an eurer originellen Art zu leben und die Freude des auferstandenen Jesus zu verkünden!“

Mission für alle jungen Leute

Dass sie Hoffnung haben und den christlichen Glauben durch ihr Leben weiter verbreiten, wünscht Papst Franziskus sich außerdem von der Jugend: „Wie sehr wünsche ich mir, dass diese Verkündigung jeden von euch erreicht und dass ein jeder von euch sie in seinem eigenen Leben als lebendig und wahr empfindet und die Sehnsucht verspürt, sie mit seinen Freunden zu teilen! Ja, denn ihr habt diesen großen Auftrag: allen die Freude zu bezeugen, die aus der Freundschaft mit Christus kommt."

„Ihr habt diesen großen Auftrag: allen die Freude zu bezeugen, die aus der Freundschaft mit Christus kommt“

Hintergrund

Das nachsynodale apostolische Schreiben „Christus vivit“ vom 25.3.2019 hat Papst Franziskus nach der katholischen Weltbischofssynode zur Jugend im Jahr 2018 veröffentlicht. Es ist ein mehr als 70-seitiges Dokument, das Ergebnisse der Synode zusammenfasst und ein breites Bild der Situation junger Menschen weltweit bietet, sich aber auch direkt an junge Menschen weltweit wendet und sie duzt. Für die Jugend-Synode 2018 hatte Papst Franziskus die Vorgehensweise der Bischofssynoden geändert und junge Menschen einbezogen, sowohl durch eine Vorbereitungsphase (Vorsynode) als auch durch Umfragen, zudem konnten sie teilweise auch vor der Synode sprechen und waren in den Arbeitsgruppen der Synode präsent. Ein Stimmrecht hatten sie aber nicht. Für die aktuelle Synode zum Thema Synodalität hat der Papst das damals begonnene neue Vorgehen noch weiter ausgebaut. Nun haben auch einige Laien Stimmrecht. (vn 25.3.) 

 

 

 

Bistum Augsburg. Laien können Begräbnis leiten

 

Im Bistum Augsburg können künftig auch ungeweihte Theologen und Religionspädagogen kirchliche Begräbnisfeiern leiten. Das aktuelle Amtsblatt der Diözese enthält dazu eine Rahmenordnung.

Tote zu begraben und Trauernde zu trösten sei eine Kernaufgabe der Seelsorge, heißt es darin. Bischof Bertram Meier ermutigt alle Pfarrgemeinden, ihr besonderes Augenmerk auf Sterbende und Trauernde zu legen.

Mit der Neuregelung reagiert das Bistum auf die sinkende Zahl von Priestern und Diakonen. Es bestehe die berechtigte Sorge, dass sie angesichts der vielen Beerdigungen nicht mehr genügend Zeit und Kraft für einen würdigen Gottesdienst und nachgehende Trauerseelsorge hätten.

Die Entscheidung, ob ungeweihte hauptamtliche Kirchenmitarbeiterinnen und -mitarbeiter Begräbnisse leiten sollen, bleibt den Pastoralteams um den Pfarrer und dem Pfarrgemeinderat überlassen. Die entsprechend Beauftragten sollen für diesen Dienst noch einmal eigens qualifiziert werden.

Ausweitung auf Ehrenamtliche eventuell möglich

Die Rahmenordnung spricht von bestimmten Situationen, in denen eine solche Beauftragung als notwendig anzusehen ist. Sie nennt unter anderem eine sehr große Anzahl von Beerdigungen in einem Seelsorgebezirk, Einschränkungen durch Alter und Krankheit beim zuständigen Seelsorger sowie fehlende Sprachkenntnisse. Außerdem soll berücksichtigt werden, wenn etwa Pastoral- und Gemeindereferenten als Klinik- und Seniorenheimseelsorger Gemeindemitglieder im Sterbeprozess begleitet haben.

Das Bistum stellt außerdem „für einen späteren Zeitpunkt“ eine Ausweitung des Dienstes auf Ehrenamtliche in Aussicht, falls sich die neue Rahmenordnung in der Praxis bewährt und bei den Gemeinden akzeptiert wird. In anderen deutschen Diözesen werden schon länger auch ehrenamtliche Katholiken mit der Leitung von Begräbnisfeiern beauftragt. (kna 24.3.)

 

 

 

Gemeinsame Presseerklärung des Heiligen Stuhls und der Deutschen Bischofskonferenz

 

Vertreter der Römischen Kurie und der Deutschen Bischofskonferenz sind heute (22. März 2024) im Vatikan zusammengetroffen, um den beim Ad-limina-Besuch der deutschen Bischöfe im November 2022 begonnenen Dialog fortzusetzen, zu dem schon ein erster Austausch am 26. Juli 2023 stattgefunden hat.

Die heutige Begegnung, die sich über den gesamten Tag erstreckte, war von einer positiven und konstruktiven Atmosphäre geprägt. Es konnten einige der in den Dokumenten des Synodalen Weges der katholischen Kirche in Deutschland aufgeworfenen offenen theologischen Fragen erörtert werden. Dabei wurden wie im Synthesebericht der Weltsynode im Oktober 2023 Differenzen und Übereinstimmungen benannt. Es wurde ein regelmäßiger Austausch zwischen den Vertretern der Deutschen Bischofskonferenz und dem Heiligen Stuhl über die weitere Arbeit des Synodalen Weges und des Synodalen Ausschusses vereinbart. Die deutschen Bischöfe haben zugesagt, dass diese Arbeit dazu dient, konkrete Formen der Synodalität in der Kirche in Deutschland zu entwickeln, die in Übereinstimmung mit der Ekklesiologie des Zweiten Vatikanischen Konzils, den Vorgaben des Kirchenrechts und den Ergebnissen der Weltsynode stehen und anschließend dem Heiligen Stuhl zur Approbation vorgelegt werden. Beide Seiten haben sich für ein nächstes Treffen vor der Sommerpause 2024 vereinbart.

Von Seiten der Römischen Kurie nahmen die Kardinäle Victor Fernandéz, Kurt Koch, Pietro Parolin, Robert F. Prevost OSA und Arthur Roche, sowie Erzbischof Filippo Iannone O.Carm. teil. Seitens der Deutschen Bischofskonferenz waren die Bischöfe Georg Bätzing, Stephan Ackermann, Michael Gerber, Peter Kohlgraf, Bertram Meier und Franz-Josef Overbeck – als Vorsitzender der Deutschen Bischofskonferenz und als Vorsitzende der Bischöflichen Kommissionen für Liturgie, für Geistliche Berufe und Kirchliche Dienste, für die Pastoral, für die Weltkirche und für den Glauben – sowie die Generalsekretärin, Dr. Beate Gilles, und der Pressesprecher der Deutschen Bischofskonferenz, Matthias Kopp, anwesend. Dbk 22.3.

 

 

 

Kirchenzeitungen kooperieren für neues Medienprojekt

 

Ab Ostern 2024 treten 14 katholische Kirchenzeitungen in eine redaktionelle Kooperation für überregionale Berichterstattung ein. Die deutlich rückläufigen Auflagen der Zeitungen sowie die steigenden Druck- und Personalkosten bilden die Motivation für diesen Zusammenschluss.

In einem historischen Schritt haben sich 14 katholische Verlage auf das bisher größte Kooperationsprojekt kirchlicher Medien in Deutschland eingelassen. Ab Ostern 2024 wird ein neues Magazin herausgebracht, das alle zwei Wochen erscheinen und die bisherigen wöchentlichen Bistumszeitungen ersetzen soll. Diese Zusammenarbeit, die von den Erzbistümern und Bistümern Berlin, Dresden-Meißen, Erfurt, Fulda, Görlitz, Hamburg, Hildesheim, Limburg, Magdeburg, Mainz, München und Freising, Osnabrück, Paderborn und Würzburg getragen wird, soll dazu beitragen, Kosten zu senken und gleichzeitig ein hochwertiges Produkt für die rund 85.000 Lesern zu liefern.

Förderung der regionalen und digitalen Berichterstattung

Die Kooperation sieht vor, dass ein gemeinsames Redaktionssystem eingesetzt wird, um die Produktion von überregionalen Inhalten zu organisieren und bereitzustellen sowie den Druck des Magazins zu koordinieren. Eine Zentralredaktion in Osnabrück wird die Verwaltung aller drei Bereiche übernehmen. Da keine Einigung über einen einheitlichen Titel erzielt wurde, sollen die bisherigen Namen der Bistumszeitungen weitgehend beibehalten werden. Nur der überregionale Teil innerhalb der jeweiligen Zeitungen soll unter einem gemeinsamen Titel veröffentlicht werden.

Wie das Bistum Würzburg in einer Mitteilung erklärt wird „der inhaltliche Schwerpunkt der Magazine weiterhin der Blick auf das Geschehen in den jeweiligen (Erz-)Bistümern sein“. Die Kooperation mit der Zentralredaktion zielt darauf ab, dass die Regionalredaktionen sich stärker auf die regionale Berichterstattung konzentrieren und ihr digitales Angebot ausbauen sollen.

Langfristige Perspektive

Stefan Eß, Direktor des Münchner Medienhauses Sankt Michaelsbund, sagte der Katholischen Nachrichten-Agentur (KNA), dass die Zusammenarbeit zunächst für drei Jahre vereinbart wurde, aber mit der klaren Vision, dass sie darüber hinaus fortgesetzt wird und weitere Partner hinzukommen könnten. „Inhaltlich soll das neue Magazin einen konstruktiven Qualitäts-Journalismus bieten, der lösungsorientiert die Fragen der heutigen Zeit behandelt und Brücken baut. Es soll Impulse für ein Leben aus dem Glauben geben und Mut machen, aktiv die Zukunft zu gestalten“, so der Direktor des Münchner Medienhauses. 

(cna/kna/pm 22.3.)

 

 

 

EU-Bischöfe: Viele Krisen zu bewältigen - Wählen gehen!

 

Mehrere EU- Kirchenverbände haben die Parteien vor der Europawahl aufgerufen, „in politischen Programmen und Wahlkampagnen die christlichen Werte zu fördern" sowie gegen eine „Instrumentalisierung von christlichen Werten zu politischen Zwecken und mit dem Ziel ethno-rassistischer Erzählungen anzukämpfen." Stefanie Stahlhofen - Vatikanstadt

Außerdem zeigen sich die EU-Bischöfe besorgt angesichts der Auswirkungen von „Wirtschafts-, Einwanderungs-, Gesundheits- und Energiekrisen in Europa und der Welt sowie der „verheerenden Kriege." Das haben die Kommission der Bischofskonferenzen der Europäischen Union (COMECE), die Konferenz Europäischer Kirchen (KEK) , die  Interparlamentarische Versammlung für Orthodoxie (IAO) und die christliche Initiative „Together for Europe" in einer diese Woche veröffentlichten gemeinsamen Erklärung vor der Europawahl betont. 

In einer begleitenden Videobotschaft ruft der Präsident der COMECE, der italienische Bischof Mariano Crociata, gerade auch angesichts der zahlreichen Krisen und Kriege in Europa, eindringlich alle zur Wahlbeteiligung auf.

Hier Hören: Der Präsident der COMECE, der italienische Bischof Mariano Crociata, ruft vor der Europawahl eindringlich zur Stimmabgabe auf (Audio-Beitrag von Radio Vatikan)

„Die Europawahlen am 6. und 9. Juni sind für die Europäische Union und ihre Bürgerinnen und Bürger ein wichtiger, vielleicht sogar entscheidender Moment des Übergangs. (...) Wir haben diese gemeinsame Erklärung abgegeben, um unsere Sorgen angesichts dieses Übergangsmoments der Europäischen Union und für die Zukunft der Europäischen Union auszudrücken. Dies ist verbunden mit dem eindringlichen Aufruf, zur Wahl zu gehen - nach dem eigenen Gewissen zu wählen - und vor allem jene Werte zu suchen und zu verfolgen, die die Grundlage der Union bilden und die die Christen als ihre eigenen und als die Wurzeln der Union selbst anerkennen", so der COMECE-Präsident. 

„Eindringlicher Aufruf, zur Wahl zu gehen“

Instrumentalisierung von Religion nicht dulden

Der italienische Bischof ruft zudem alle auf, einer Instrumentalisierung der Religion und Fake-News die Wahrheit entgegenzusetzen. Auch in ihrer Erklärung sind die EU-Kirchen hier deutlich: „Einige werden von Angst getrieben und suchen in einer objektivierten und instrumentalisierten Version der Tradition, die manchmal als Ruf nach ,traditionellen Werten` getarnt ist, nach Lösungswegen und spiritueller Unterstützung. Dabei werden die Konzepte von ,Heimat` und ,Religion` als Waffen missbraucht und bedenkliche historische Figuren zu Helden hochstilisiert", heißt es im Text.

„Konzepte von ,Heimat` und ,Religion` als Waffen missbraucht“

Es gelte hingegen, demokratische Werte sowie christliche Werte  zu stärken. Alle Christen mahnt Bischof Crociata dementsprechend auch in der Videobotschaft,  sich nicht nur bei der Wahl durch ihre Stimmabgabe für Europa einzusetzen: 

Christen müssen über Stimmabgabe hinaus für Europa aktiv sein

„Sie sollen sich nicht nur bei den Wahlen engagieren, sondern vor allem als Bürger, sowie als Vertreter verschiedener Institutionen, den größtmöglichen Dialog fördern. Es geht dabei nicht nur darum, die eigenen Werte einzubringen, sondern das Wohl von ganz Europa mit der Kraft dieser gemeinsamen Werte zu fördern," betont Bischof Crociata.

Die Europwahlen im Juni müssten genutzt werden, um ein geeinteres Europa zu schaffen, das sich auch auf die christlichen Werte besinne. So werde es dann auch möglich sein, Probleme zu überwinden, so der Präsident der COMECE, der italienische Bischof Mariano Crociata in der Videobotschaft. (vn 22.3.)

 

 

 

Vatikan: Gespräch mit deutschen Bischöfen über Synodalen Weg

 

„Positive und konstruktive Atmosphäre“: So sind an diesem Freitag lange Gespräche zwischen Spitzenvertretern des Vatikans und der Deutschen Bischofskonferenz verlaufen. Hier finden Sie die Erklärung, die beide Seiten am Freitagabend veröffentlicht haben, im vollen Wortlaut.

 „Vertreter der Römischen Kurie und der Deutschen Bischofskonferenz sind heute (22. März 2024) im Vatikan zusammengetroffen, um den beim Ad-limina-Besuch der deutschen Bischöfe im November 2022 begonnenen Dialog fortzusetzen, zu dem schon ein erster Austausch am 26. Juli 2023 stattgefunden hat.

Die heutige Begegnung, die sich über den gesamten Tag erstreckte, war von einer positiven und konstruktiven Atmosphäre geprägt. Es konnten einige der in den Dokumenten des Synodalen Weges der katholischen Kirche in Deutschland aufgeworfenen offenen theologischen Fragen erörtert werden. Dabei wurden wie im Synthesebericht der Weltsynode im Oktober 2023 Differenzen und Übereinstimmungen benannt. Es wurde ein regelmäßiger Austausch zwischen den Vertretern der Deutschen Bischofskonferenz und dem Heiligen Stuhl über die weitere Arbeit des Synodalen Weges und des Synodalen Ausschusses vereinbart. Die deutschen Bischöfe haben zugesagt, dass diese Arbeit dazu dient, konkrete Formen der Synodalität in der Kirche in Deutschland zu entwickeln, die in Übereinstimmung mit der Ekklesiologie des Zweiten Vatikanischen Konzils, den Vorgaben des Kirchenrechts und den Ergebnissen der Weltsynode stehen und anschließend dem Heiligen Stuhl zur Approbation vorgelegt werden. Beide Seiten haben sich für ein nächstes Treffen vor der Sommerpause 2024 vereinbart.

Regelmäßiger Austausch vereinbart

Von Seiten der Römischen Kurie nahmen die Kardinäle Victor Fernandéz, Kurt Koch, Pietro Parolin, Robert F. Prevost OSA und Arthur Roche, sowie Erzbischof Filippo Iannone O.Carm. teil. Seitens der Deutschen Bischofskonferenz waren die Bischöfe Georg Bätzing, Stephan Ackermann, Michael Gerber, Peter Kohlgraf, Bertram Meier und Franz-Josef Overbeck – als Vorsitzender der Deutschen Bischofskonferenz und als Vorsitzende der Bischöflichen Kommissionen für Liturgie, für Geistliche Berufe und Kirchliche Dienste, für die Pastoral, für die Weltkirche und für den Glauben – sowie die Generalsekretärin, Dr. Beate Gilles, und der Pressesprecher der Deutschen Bischofskonferenz, Matthias Kopp, anwesend.“ (dbk 22.3.)

 

 

 

Kommission zu Priesterausbildung: Sexualität darf kein Tabu sein

 

Die unabhängige Missbrauchs-Aufarbeitungskommission des Erzbistums Freiburg hat in einem neuen Bericht Empfehlungen zur Prävention von sexueller Gewalt in der katholischen Kirche vorgelegt. In dem Bericht wird betont, dass die Ausbildung katholischer Priester dringend reformiert werden müsse. Auch ein offenes Reden über Sexualität sei wichtig, um eine effektive Missbrauchsprävention zu ermöglichen.

Die Aufarbeitungskommission kritisiert, dass Sexualität nach wie vor ein Tabu in der Priesterausbildung sei und die aktuellen Ausbildungspraktiken nicht zeitgemäß seien. Insbesondere würden die Themen Zölibat und Homosexualität nicht ausreichend behandelt, heißt es in den „Empfehlungen zur Aufarbeitung sexuellen Missbrauchs in der Erzdiözese Freiburg“, die am Mittwoch veröffentlicht wurden. Der Freiburger Erzbischof Stephan Burger wird aufgefordert, das Thema Homosexualität zu enttabuisieren und sicherzustellen, dass Priesteramtskandidaten nicht gezwungen sind, ihre sexuelle Orientierung zu verbergen. Generalvikar Christoph Neubrand erklärte in einem Statement zum Bericht am Donnerstag: „Gemeinsam mit dem Erzbischof werde ich den Bericht durcharbeiten und hoffe, dass er uns hilft, noch besser bei Aufarbeitung, Prävention und Intervention zu werden". Er betonte zudem: Betroffene müssten im Fokus stehen: „Kirche muss ein sicherer Ort für alle sein. Dafür arbeiten wir.“

„Kirche muss ein sicherer Ort für alle sein. Dafür arbeiten wir“

Die Aufarbeitungskommission kritisiert in ihren Empfehlungen, Priester erhielten aktuell nicht die nötige Unterstützung, um ihre eigenen Fragen und Probleme im Zusammenhang mit Sexualität und Zölibat zu klären. Die mangelnde Offenheit beim Thema Sexualität behindert laut den Empfehlungen nicht nur die Identifizierung problematischer Präferenzkonstellationen, wie z.B. pädosexuellen Präferenzen bei angehenden Priestern, sondern erschwert auch die Unterstützung von Missbrauchsopfern. In monatelanger Arbeit haben die Expertinnen und Experten unter Leitung des Freiburger Theologen Magnus Striet eine Liste von Empfehlungen und Forderungen erarbeitet.

Kommission fordert umfassende Reformen

Konkrete Maßnahmen, die die Kommission vorschlägt, sind unter anderem die Einbeziehung erfahrener leitender Pfarrer in die Auswahl und Ausbildung der Priesterkandidaten sowie die Festlegung eines höheren Alters für die Priesterweihe, um eine reife Entscheidung zu gewährleisten. Die Kommission aus Freiburg fordert eine Neuausrichtung der Ausbildung angehender Priester. Konkret nennt die Kommission hier eine offene Diskussion über Sexualität, die nicht nur theoretische Aspekte, sondern auch die persönliche Entwicklung und Reflexion der Priesterkandidaten einschließt. Zudem wird eine externe Kontrolle der Aufarbeitung sexuellen Missbrauchs gefordert, um sicherzustellen, dass die Kirche transparent und verantwortungsvoll mit den Vorwürfen von Missbrauch umgeht.

Zur Kommission

Die unabhängige Aufarbeitungskommission zur Aufarbeitung sexuellen Missbrauchs in der Erzdiözese Freiburg gibt es seit 2021.  Grundlage ist eine entsprechende Vereinbarung zwischen der Deutschen Bischofskonferenz und der Unabhängigen Bundesbeauftragten für Fragen des sexuellen Kindesmissbrauchs (UBSKM). Die Gruppe arbeitet unabhängig vom Erzbistum und setzt sich aus einem multidisziplinären Team zusammen. Die Experten kommen aus den Bereichen Medizin, Recht und Psychotherapie; auch Betroffenenvertreter gibt es. Das Gremium besteht aus fünf Mitgliedern. Den Vorsitz hat der Freiburger Fundamentaltheologe Magnus Striet. Ziel der Kommission ist es, die Aufarbeitung, Prävention und Intervention in Fällen von sexuellem Missbrauch in der katholischen Kirche zu verbessern und sicherzustellen, dass Fehler der Vergangenheit nicht wiederholt werden. (kna/ faz/pm 21.3.)

 

 

 

Arbeitshilfe und Plakat zum Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreis 2024 veröffentlicht

 

Die Deutsche Bischofskonferenz hat heute (21. März 2024) die Arbeitshilfe zum Preisbuch des Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreises 2024 veröffentlicht. Darin aufgeführt sind das Preisbuch sowie alle Titel der Empfehlungsliste, rezensiert und mit hilfreichen Hinweisen für die Lektüre mit Kindern, Jugendlichen und jungen Erwachsenen versehen. Themen wie Antisemitismus, Flucht, Auseinandersetzung mit Tod und Krankheit sowie Freundschaft und Familie, Schöpfungsverantwortung und Empowerment von Kindern und jungen Menschen werden in Formen von Bilder- und Sachbuch oder als Roman altersgerecht vermittelt. Das Plakat zur Empfehlungsliste ist im Format DIN A2 erhältlich.

Die Jury des Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreises zeichnet in diesem Jahr die österreichische Illustratorin Linda Wolfsgruber für ihr Buch sieben. die schöpfung aus, das im Tyrolia Verlag (Innsbruck) erschienen ist. Die Preisverleihung findet am 16. Mai 2024 im Erbacher Hof in Mainz statt.

Hinweise: Die Arbeitshilfe Katholischer Kinder- und Jugendbuchpreis 2024. Preisbuch 2024 und empfohlene Bücher und das Plakat zur Empfehlungsliste (DIN A2) sind als PDF-Dateien zum Herunterladen unter www.dbk.de in der Rubrik Publikationen verfügbar. Dort können die Broschüre (Arbeitshilfen Nr. 341) und das Plakat auch bestellt werden. dbk 21.3.

 

 

 

Erzbischof Bentz: Reformen gemeinsam und geduldig angehen

 

Der neue Paderborner Erzbischof ist zuversichtlich, dass Reformprojekte im gegenseitigen Dialog weitergeführt werden können – wenn die dazu unternommenen Schritte teils auch wie Verschleppungen erscheinen mögen. Bischof Bentz sprach im Interview mit dem Podcast „Himmelklar“, das an diesem Mittwoch veröffentlicht wurde.

„Schleifen“ zu gehen, gehöre zu guten Synodalen Prozessen dazu, seien sie doch ein Beweis dafür, dass man zusammenbleiben wolle. „Das führt uns weiter“, so Erzbischof Bentz.

Generell sehe er seinen Dienst als Erzbischof als den eines Brückenbauers auf lokaler wie weltkirchlicher Ebene, zu vermitteln und zu verbinden: „Die erste Aufgabe eines Bischofs ist es, zusammenzuhalten und zusammenzuführen, aber auch in einer Weise, dass in dieser Einheit eine plurale Dynamik möglich ist“, meint Bentz, der vor seiner Ernennung als Erzbischof von Paderborn fast neun Jahre lang Weihbischof in Mainz war. Dazu wolle er durch Gespräch, Überzeugung und konkrete Schritte beitragen, es gelte aber auch, „durch die Art, wie man diese Schritte geht, zu vermitteln und zu verbinden“.

Hier das gesamte Interview im Podcast Himmelklar zum Nachhören

Mit Blick auf die synodale Dynamik in Orts- wie Weltkirche zeigt Erzbischof Bentz sich überzeugt, dass es das brauche, was auch Papst Franziskus anmahne: Aufeinander zu hören, im Gespräch zu bleiben und daraus Schritte zu gehen: „Wenn es dann Schritte gibt, die nach außen zunächst einmal wie eine Schleife oder wie eine Verschleppung wirken, dann gehört zu guten synodalen Prozessen mit dazu, dass man diese Schleifen geht, weil man der Überzeugung ist, dass man zusammenbleiben will und gemeinsam gehen will. Das führt uns weiter.“

Am Freitag wird eine Gruppe von deutschen Bischöfen im Vatikan erwartet, um mit Vatikanvertretern über den Synodalen Weg in Deutschland und daraus erwachsende, im Vatikan kritisch beäugte, Reformprojekte wie den geplanten Synodalen Rat zu sprechen.

Synodaler Prozess braucht manchmal länger

Es gehe darum, die unterschiedlichen Dynamiken derart miteinander zu verbinden, dass man wisse, dass man „gemeinsam unterwegs“ sei. Gleichzeitig für Reformen und als Verbindungsglied zwischen Ortskirche und Vatikan für gegenseitiges Verständnis einzutreten, sehe er nicht als „Gewissenskonflikt“, bekräftigt Erzbischof Bentz.

Positiver Schwung

Er freue sich über die positiven Reaktionen nach seiner Ernennung zum Erzbischof von Paderborn am vergangenen 9. Dezember, wisse aus seiner Zeit als Generalvikar und Weihbischof von Mainz jedoch auch, wie schwer es manchmal sei, die Kirche in der Öffentlichkeit zu repräsentieren: „Ich weiß, was es heißt, damit konfrontiert zu sein, wie Kirche gesellschaftlich wahrgenommen wird.“

Er hoffe jedoch, bei seinem Dienst von dem positiven anfänglichen Schwung zehren und damit auch unausweichlich eintretende schwierige Phasen überwinden zu können. Im Erzbistum, an dessen Spitze er letztlich berufen wurde, habe man sich im Vorfeld „sehr genau“ Gedanken darüber gemacht, „was die Situation des Erzbistums ist, was es braucht, wohin der Weg führt und wer derjenige sein könnte, der es auf diesen Weg führt, mitgeht und begleitet.“

Auch er selbst habe sich damit auseinandergesetzt, was das Erzbistum sich von ihm erwarte. Zu diesem Weg geselle er sich nun mit seinem Erfahrungshorizont dazu. Bentz war am 10. März in sein Amt als Erzbischof von Paderborn eingeführt worden. (himmelklar 20.3.)

 

 

 

Generation Z(ukunft): Gemeinsam. Verschieden. Gut. Digitale Broschüre zur Woche für das Leben 2024 veröffentlicht

 

Unter dem Motto „Generation Z(ukunft): Gemeinsam. Verschieden. Gut.“ stellt die kommende Woche für das Leben die Lebenswirklichkeiten Jugendlicher und junger Erwachsener mit Behinderungen in den Mittelpunkt. Die Deutsche Bischofskonferenz hat dazu heute (20. März 2024) in Verbindung mit dem Kirchenamt der Evangelischen Kirche in Deutschland eine digitale Themenbroschüre veröffentlicht. Sie führt mit Fachbeiträgen, Interviews und interaktiven Möglichkeiten in das Motto der Woche für das Leben ein.

In der digitalen Broschüre, die zusätzlich als barrierefreies PDF verfügbar ist, erzählt beispielsweise der Vorsitzende des Bundesverbandes Caritas Behindertenhilfe und Psychiatrie, Wolfgang Tyrychter, von den Wünschen und Hoffnungen von Kindern und Jugendlichen mit Behinderungen und beschreibt Lösungen, mit denen Hürden auf dem Weg zur Inklusion abgebaut werden können. Sebastian Müller von der Katholischen Jugendfürsorge Regensburg gibt Einblicke, wie Leichte Sprache dazu beitragen kann, Menschen mit Behinderungen eine bessere Teilhabe zu ermöglichen. Außerdem berichten Teilnehmende eines Exerzitienprojekts für Jugendliche mit und ohne Behinderungen in einem Videointerview von ihren Erlebnissen und ihren daraus gewonnenen Erkenntnissen für eine inklusive Zukunft.

Im Vorwort zur Broschüre bekräftigen der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Georg Bätzing, und die amtierende Ratsvorsitzende der Evangelischen Kirche in Deutschland, Bischöfin Kirsten Fehrs: „Der Mensch als Ebenbild Gottes und eine Kirche, die alle Glieder umfasst, die sich in dem einen Leib Christi vereinen, bilden die Grundlage unseres Glaubens. So ist es unsere Aufgabe, jedem und jeder eine umfassende gesellschaftliche Teilhabe zu ermöglichen. Und wenn die Bedürfnisse, Sorgen und Wünsche junger Menschen mit Behinderungen in unserer Gesellschaft nicht gesehen und berücksichtigt werden, ist es an uns, diese sichtbar zu machen und mit all unserer Kraft für weniger Barrieren zu sorgen.“

Die ökumenische Woche für das Leben findet vom 13. bis 20. April 2024 statt und beginnt mit einer Auftaktveranstaltung am 13. April 2024 im Sankt Vincenzstift (Aulhausen) in Rüdesheim am Rhein. Die katholische Einrichtung bietet Menschen mit Behinderungen unter anderem verschiedene Wohnformen, Schulen, Werkstätten und vieles mehr. In der Marien Kirche des Sankt Vincenzstifts, die bekannt ist für ihre inklusive Kunst, werden Bischof Bätzing und Bischöfin Fehrs einen ökumenischen Gottesdienst feiern. Im Rahmen der Auftaktveranstaltung wird es im Anschluss ein Begegnungsfest auf dem Gelände des Stifts geben. 

Hinweise: Über die Internetseite www.woche-fuer-das-leben.de können Informationen und Materialien zur Woche für das Leben kostenfrei bestellt werden. Verfügbar sind dort die digitale Broschüre sowie ein barrierefreies PDF, ein Motivplakat in DIN A3 sowie verschiedene Sharepics, die für die Bewerbung der Veranstaltung in den verschiedenen sozialen Medien verwendet werden können. Alle Materialien stehen zum Herunterladen bereit. Eine Presseeinladung zur Medienakkreditierung für die Eröffnung am 13. April 2024 folgt unmittelbar nach Ostern. Dbk 20.3.

 

 

 

Studie der Bertelsmann Stiftung: Religiöse Menschen sind solidarischer 

 

Hamburg. Hilfsbereitschaft wird in unserer Gesellschaft besonders von religiösen Menschen vorgelebt. Das belegt der neue Religionsmonitor der Bertelsmann Stiftung, der der ZEIT exklusiv vorab vorliegt. Überraschend ist vor allem die sehr hohe Gesamtzahl der spendenbereiten Bürger - insgesamt 66 Prozent. Bei den religiös Gebundenen liegt der Anteil derer, die im Jahr 2022 gespendet haben, mit rund 70 Prozent jedoch deutlich über dem Anteil bei den Nichtreligiösen, von denen 59 Prozent im gleichen Zeitraum spendeten. Dieser Unterschied ist bei anderen Themen noch größer: So engagieren sich fast doppelt so viele Religiöse in einem Ehrenamt wie Nichtreligiöse.

 

Die Leiterin des Religionsmonitors, Yasemin El-Menouar, schreibt dazu in der aktuellen Ausgabe der Wochenzeitung DIE ZEIT: „Wir sind solidarischer, als wir denken!“ Insgesamt sei die Gesellschaft weit hilfsbereiter, als es aktuelle Debatten glauben machen. „Dabei wirkt Religion als einer der wichtigsten positiven Faktoren. Man kann sagen: Der Glaube fördert solidarisches Verhalten“, so El-Menouar.

 

Die neue Studie, die am morgigen Donnerstag erscheint, basiert auf einer repräsentativen Befragung von knapp 11.000 Menschen in Deutschland – sowie dem Vergleich mit sechs anderen Ländern. Unter dem Titel „Ressourcen für Solidarität“ wird untersucht, wie solidarisch die Deutschen sind – und welchen Unterschied Religion hierbei macht. Weiter schreibt El-Menouar: „Für die meisten Menschen in Deutschland ist es selbstverständlich, zu helfen, wenn andere in Not sind. Dabei machen sie keinen großen Unterschied, ob es sich um Opfer einer Flutkatastrophe im eigenen Land handelt oder um Opfer eines Erdbebens in weiter Ferne. Im Falle einer Flutkatastrophe in Deutschland würden 73 Prozent der Bevölkerung spenden, im Falle eines Erdbebens in einem Entwicklungsland immerhin 63 Prozent.“ Den vollständigen Text finden Sie unter: ZEIT_2024_13_Studie Bertelsmann Stiftung.pdf. Zeit 20.3. Hamburg, 20. März 2024 Bitte beachten Sie, dass die Inhalte zur redaktionellen Berichterstattung bei Quellen-Nennungen frei gegeben sind. Die Verwendung der Bilder ist ausgeschlossen. Der Artikel ist zudem nur für Ihren persönlichen Gebrauch bestimmt und darf weder weiter verbreitet noch zu öffentlichen Wiedergaben benutzt werden. Bei Rückfragen wenden Sie sich bitte an DIE ZEIT Unternehmenskommunikation und Veranstaltungen (Tel. 040/3280-237, E-Mail: presse@zeit.de). BS/dip 20.3.  

 

 

 

Katholisches Auslandssekretariat digitalisiert historische Fotosammlung

 

Bilddatenbank gibt Einblicke in eine mehr als 100jährige Geschichte 

Das Katholische Auslandssekretariat der Deutschen Bischofskonferenz (KAS) hat sein historisches Fotoarchiv digitalisiert, das ab sofort als Online-Datenbank zur Verfügung steht. Seit mehr als 100 Jahren koordiniert das KAS die deutschsprachige Seelsorge überall auf der Welt. Das KAS unterstützt deutschsprachige Gemeinden und Pfarreien zwischen Kapstadt und Kopenhagen, Sydney und Mexiko-Stadt bis heute finanziell, personell und mit deutschsprachiger Literatur und pastoralen Impulsen.

 

Von Anfang an wurde in den Auslandsgemeinden fotografiert. Der Bau von Kirchen, das Gemeindeleben, Feste und der Alltag wurden auf Fotopapier festgehalten und die Ergebnisse zur Dokumentation nach Bonn gesandt. Einige der Fotos wurden in der Zeitschrift der Auslandsseelsorge veröffentlicht. Beginnend mit dem ältesten Foto aus dem Jahr 1873 ist so bis in die Gegenwart ein großes Fotoarchiv entstanden. Unzählige Geschichten lassen sich anhand dieser Fotos erzählen: Geschichten über das Leben der deutschen Minderheiten in Mittel- und Osteuropa vor dem Zweiten Weltkrieg, Geschichten über die Auswanderung kompletter Dorfgemeinschaften, Geschichten über das Ankommen und Heimischwerden in der neuen Umgebung, über religiöse Bräuche und Traditionen und die Urbarmachung unwirtlicher Gegenden. Die Fotos dokumentieren Feste wie Hochzeiten und Taufen, auch einige Beerdigungen und den Bau neuer Kirchen für die deutschsprachigen Gemeinschaften. Die Fotos im Archiv des KAS zeigen so die Geschichte der Auswanderung aus deutschsprachigen Regionen seit dem 19. Jahrhundert bis heute, sie sind Fenster in die Geschichte der deutschsprachigen Auslandsseelsorge.

 

Die Bildsammlung besteht aktuell aus 12.931 Verzeichnungseinheiten (Einzelfotos und Fotoalben) aus der Zeit zwischen 1873 und 1995, wobei die Fotos hauptsächlich aus den 1920er- bis 1960er-Jahren stammen. Dieser für die Kirchengeschichte einmalige Bestand hat einen besonderen Wert, sodass das Historische Archiv des Erzbistums Köln die Sammlung übernahm, die jetzt durch die Unterstützung der „Irene und Sigurd Greven Stiftung“ vollständig digitalisiert werden konnte. Gleichzeitig bleiben die wertvollen Bildoriginale mit den Beschriftungen der damaligen Zeit im Archiv gesichert.

 

Zur heutigen Online-Bereitstellung der Bilddatenbank erklärt der Leiter des KAS, Msgr. Peter Lang: „Wir sind froh, dass dieser große Fotoschatz im Historischen Archiv des Erzbistums Köln eine dauerhafte neue Heimat gefunden hat. Das Archiv gewährleistet eine sichere Verwahrung und den dauerhaften Zugang für Forscherinnen und Forscher. Der ‚Irene und Sigurd Greven Stiftung‘ sind wir sehr dankbar, dass sie unsere Fotos mittels Digitalisierung einer breiten Öffentlichkeit zugänglich gemacht hat. Für die Nachfahren der Auswanderer ist nun der weltweite Zugriff auf die Fotos ihrer Vorfahren ohne großen Aufwand digital möglich.“ Der Stiftungsvorstand der „Irene und Sigurd Greven Stiftung“, Dr. Damian van Melis, betont: „Unser Online-Portal ‚Greven Archiv Digital‘ macht bedeutende Bildbestände für die Wissenschaft und die Öffentlichkeit zugänglich. Wir freuen uns sehr über diese Sammlung, denn sie ist eine hochinteressante Quelle für postkoloniale Studien. Weil sie auch Schattenseiten zeigt, kann sie die notwendige kritische Aufarbeitung unterstützen.”

 

Die Entscheidung zur Vollveröffentlichung als geschlossene, in der Form gewachsene Sammlung wurde aus historischen Gründen für alle Objekte festgelegt, auch wenn dies den Beteiligten – angesichts der heute im Vergleich zur damaligen Zeit teilweise schwierigen Inhalte – nicht leicht fiel. Diese Aufarbeitung gehört inzwischen zum festen Kanon aktueller wissenschaftlicher Forschung. Vor allem auch für diese wichtigen Fragen stellen das Archiv als Einrichtung der Forschungsförderung ebenso wie der Eigentümer, das KAS, die entsprechenden Quellen verstärkt für die Forschung bereit.

 

Hinweise: Das Bildarchiv ist auf www.grevenarchivdigital.de unter dem Suchbegriff „Katholisches Auslandssekretariat“ (https://greven-archiv-digital.de/suche?q=Katholisches+Auslandssekretariat) abrufbar oder unter diesem Kurzlink: https://bit.ly/3v13Rpi.  Dbk 19.3.

 

 

 

Autobiografie von Papst Franziskus nun offiziell im Handel

 

Die autobiografischen Ausführungen von Papst Franziskus in Buchform sind an diesem Josefstag offiziell im Handel. An diesem Dienstag feiert Franziskus auch den 11. Jahrestag seiner Amtseinführung. Das Buch mit dem Titel „Leben - Meine Geschichte in der Geschichte“ ist an diesem Dienstag in zunächst sieben Sprachen weltweit im Verlag HarperCollins erschienen.

Es sei spannend zu sehen, „wie Jorge Mario Bergoglio weltgeschichtliche Ereignisse mit der eigenen Lebensgeschichte verknüpft“. So Jesuitenpater Andreas Batlogg gegenüber dem Kölner Domradio. Batlogg hat das Buch gelesen.

Zum Nachhören - was Jesuitenpater Andreas Batlogg sagt

Das rund 270 Seiten umfassende Buch besteht im Kern aus der Aufzeichnung mehrerer Gespräche, die der italienische Fernsehjournalist Fabio Marchese Ragona in den vergangenen Monaten mit dem Papst führte. Zur Einführung der jeweiligen Antworten beschreibt der Autor historische und private Begebenheiten aus dem Leben und rings um das Leben des Papstes. 

Aus dem Buch waren in der vergangenen Woche bereits mehrere Passagen bekannt geworden, darunter Ausführungen des Papstes zum Thema Krieg und Frieden, zum Antisemitismus sowie Präzisierungen zu seinem Verhältnis zum zurückgetretenen Vorgänger Benedikt XVI.

 

Viel Bekanntes, aber auch neue Details

Daneben enthält es viel bereits Bekanntes, aber auch neue Details; etwa zu seiner Unterstützung für Menschen im Widerstand gegen die argentinische Militärdiktatur (1976 - 1983) oder zu seiner „internen Verbannung“ durch die Jesuiten nach Cordoba (1990 - 1992), deren Gründe allerdings im Dunkeln bleiben.

Auch aus der Zeit der „Kohabitation“ mit dem zurückgetretenen deutschen Papst Benedikt XVI. im Vatikan berichtet der Papst in dem Buch und erwähnt, dass er Schriften und Reden seines Vorgängers genau gelesen hat und ihm in vielem zustimmt. Zur Frage nach einem möglichen Rücktritt betont er, dass er diesen nur in einer äußersten gesundheitlichen Notlage für angebracht hielte. Zum Verhältnis zwischen dem Papst und seinem emeritierten Vorgänger sagte Batlogg: „Ich glaube, es war von Hochachtung und Respekt getragen. Ich glaube trotzdem, dass diese Kohabitation in Weiß nicht so gelungen war, wie man meinte. Das ist eine starke Stelle im Buch, als er sagt, sie wurden von Personen um Benedikt herum instrumentalisiert. Sie wollten die beiden Päpste, den aktiven Papst und den zurückgetretenen, gegeneinander in Stellung bringen.“

Zu der Einladung in sein Heimatland Argentinien durch Präsident Javier Milei erklärt Franziskus in dem Buch: „Ich hoffe, dass ich reisen kann, auch wenn mir das Reisen nicht mehr so leichtfällt wie früher, vor allem wegen der großen Entfernungen. Wir werden sehen, was der Herr für mich entscheidet.“

Zum Ukraine-Krieg sagt der Papst in dem Buch: „So viel Schmerz, so viel Leid. Und wofür? Alles aus imperialistischen Interessen oder einem mörderischen Zynismus heraus. Das ist ungeheuerlich!“

Mitbruder Batlogg fügt noch an: „Franziskus wird nach wie vor politisch, aber auch theologisch durchaus unterschätzt. Er schätzt das Bild der Maria Knotenlöserin aus Augsburg. Ich denke, er hat sich in vielen Krisen und auch Personalien als Knotenlöser erwiesen. Er ist ein ganz anderer Typus als Benedikt XVI.“ (kna/domradio 19.3.)

 

 

 

Deutsche Bischofskonferenz veröffentlicht Rahmenordnung für Exerzitien

 

Bischof Gerber: Exerzitien helfen, den Glauben zu vertiefen

Die Deutsche Bischofskonferenz hat heute (18. März 2024) eine Rahmenordnung für Exerzitien unter dem Titel „Suchet mein Angesicht“ (Ps 27,8). veröffentlicht. Die Kirche kennt seit Jahrhunderten die geistliche Übung der Exerzitien. Sie stellen eine bewährte Form des geistlichen Lebens zur Vertiefung der Beziehung zu Christus dar und sind nach wie vor gefragt. In diesem sensiblen Feld seelsorgerlichen Handelns bedarf es verbindlicher Standards für die Durchführung von öffentlichen Exerzitien sowie für die Ausbildung von Exerzitienbegleiterinnen und -begleitern.

 

Die Kommission für Geistliche Berufe und Kirchliche Dienste der Deutschen Bischofskonferenz legt jetzt erstmals eine Rahmenordnung vor, die die inhaltliche Qualität und fachliche Zuverlässigkeit von Exerzitien gewährleisten und fördern soll. Sie ermöglicht allen, die Exerzitien anbieten, die sie seitens der zuständigen kirchlichen Aufsicht mitverantworten und die sich als Teilnehmende auf sie einlassen, einen Orientierungsrahmen. Damit will sie nicht zuletzt dem Missbrauch geistlicher Autorität, der in jüngster Zeit verstärkt ins Bewusstsein tritt, vorbeugen. Der Vorsitzende der Kommission, Bischof Dr. Michael Gerber (Fulda), schreibt dazu im Vorwort: „Exerzitien bieten günstige Rahmenbedingungen, um den Glauben zu vertiefen und in der Kraft des Heiligen Geistes zu einer Erneuerung des Lebens zu finden. Ihr Ziel ist es, geistlich zu reifen und in die Vertrautheit mit Jesus Christus hineinzuwachsen. Sie stellen aber auch eine Intensivzeit dar, die Gefährdungen ausgesetzt sein kann.“ Seelsorgende und Gläubige sind eingeladen, sich mit den Haltungen, Kriterien und Erfordernissen zu beschäftigen, die in dem Dokument beschrieben sind, nicht aus einer Hermeneutik des Verdachts heraus, sondern in dem Anliegen, geistliches Wachstum zu fördern.

Bischof Dr. Gerber dankt der „Arbeitsgemeinschaft der deutschen Diözesen für Exerzitien und Spiritualität“, mit deren Unterstützung die Rahmenordnung erstellt wurde. „Ich wünsche allen Menschen, die in diözesanen Einrichtungen, Orden oder geistlichen Gemeinschaften Exerzitien machen, eine sie stärkende und ermutigende Zeit. Allen Seelsorgerinnen und Seelsorgern, die Exerzitien anbieten, danke ich herzlich für ihren wertvollen Dienst.“

Hinweis:

Das Dokument „Suchet mein Angesicht“ (Ps 27,8). Rahmenordnung des kirchlichen Angebots von Exerzitien ist unter www.dbk.de als PDF-Datei zum Herunterladen in der Rubrik Publikationen verfügbar. Dort kann das Dokument auch als Broschüre (Die deutschen Bischöfe – Kommission für Geistliche Berufe und Kirchliche Dienste Nr. 54) bestellt werden. DBK 18.3