DE.IT.PRESS
Notiziario Religioso della comunità italiana in
Germania - redazione: T. Bassanelli
- Webmaster: A. Caponegro IMPRESSUM
Notiziario religioso 16 giugno – 30
settembre 2025
Buon periodo estivo
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Papa Leone XIV: "Gli atleti siano riflesso dell’amore di Dio
Trinità"
Il Papa ha celebrato la Messa in occasione del Giubileo
dello Sport nella Solennità della Santissima Trinità - Di Marco Mancini
Città del Vaticano. “Il binomio Trinità-sport non è
esattamente di uso comune, eppure l’accostamento non è fuori luogo. Ogni buona
attività umana porta in sé un riflesso della bellezza di Dio, e certamente lo
sport è tra queste. Del resto, Dio non è statico, non è chiuso in sé. È
comunione, viva relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che si
apre all’umanità e al mondo”. Lo ha detto il Papa, stamane, nell’omelia della
Messa in occasione del Giubileo dello Sport nella Solennità della Santissima
Trinità.
“È da questo dinamismo divino – sottolinea Leone XIV -
che sgorga la vita. Noi siamo stati creati da un Dio che si compiace e gioisce
nel donare l’esistenza alle sue creature. Alcuni Padri della Chiesa parlano
addirittura, arditamente, di un Dio che si diverte . Ecco perché lo sport può
aiutarci a incontrare Dio Trinità: perché richiede un movimento dell’io verso
l’altro, certamente esteriore, ma anche e soprattutto interiore. Senza questo,
si riduce a una sterile competizione di egoismi”.
Il Papa poi offre un esempio pratico. Quando durante le
gare “gli spettatori gridano: «Dai!», un imperativo bellissimo: non si tratta
solo di dare una prestazione fisica, ma di dare sé stessi, di giocarsi. Si
tratta di darsi per gli altri e, se si è veramente sportivi, questo vale al di
là del risultato”.
Dinanzi a solitudine e individualismo, aggiunge Papa
Leone, “lo sport – specialmente quando è di squadra – insegna il valore della
collaborazione, del camminare insieme, di quel condividere che è al cuore
stesso della vita di Dio. Può così diventare uno strumento importante di
ricomposizione e d’incontro: tra i popoli, nelle comunità, negli ambienti
scolastici e lavorativi, nelle famiglie”.
In una società digitale che allontana le persone, “lo
sport valorizza la concretezza dello stare insieme, il senso del corpo, dello
spazio, della fatica, del tempo reale. Così, contro la tentazione di fuggire in
mondi virtuali, esso aiuta a mantenere un sano contatto con la natura e con la
vita concreta, luogo in cui solo si esercita l’amore”.
Lo sport poi “insegna anche a perdere, mettendo l’uomo a
confronto, nell’arte della sconfitta, con una delle verità più profonde della
sua condizione: la fragilità, il limite, l’imperfezione. Questo è importante –
ribadisce il Pontefice - perché è dall’esperienza di questa fragilità che ci si
apre alla speranza. L’atleta che non sbaglia mai, che non perde mai, non
esiste. I campioni non sono macchine infallibili, ma uomini e donne che, anche
quando cadono, trovano il coraggio di rialzarsi”.
Il pensiero del Papa va al Beato – prossimo Santo –
Piergiorgio Frassati – “la sua vita, semplice e luminosa, ci ricorda che, come
nessuno nasce campione, così nessuno nasce santo. È l’allenamento quotidiano
dell’amore che ci avvicina alla vittoria definitiva e che ci rende capaci di
lavorare all’edificazione di un mondo nuovo”.
Agli sportivi – conclude Leone XIV – la Chiesa affida la
missione di “essere, nelle vostre attività, riflesso dell’amore di Dio Trinità
per il bene vostro e dei fratelli. Lasciatevi coinvolgere da questa missione,
con entusiasmo: come atleti, come formatori, come società, come gruppi, come
famiglie”. Aci 15
Leone XIV: "Lo sport è una via per costruire la pace"
Al termine della Messa nella Basilica Vaticana, Papa
Leone XIV ha salutato i fedeli in Piazza San Pietro e da lì ha recitato
l’Angelus - Di Marco Mancini
Città del Vaticano. Al termine della Messa nella Basilica
Vaticana, Papa Leone XIV ha salutato i fedeli in Piazza San Pietro e da lì ha
recitato l’Angelus.
“Vi esorto – ha detto il Papa agli sportivi - a vivere
l'attività sportiva anche ai livelli agonistici sempre con spirito di gratuità,
con spirito ludico nel senso nobile di questo termine perché nel gioco e nel
sano divertimento la persona umana somiglia al suo Creatore. Mi preme poi
sottolineare che lo sport è una via per costruire la pace che fa crescere la
cultura dell'incontro e della fratellanza”.
“Vi incoraggio – ha aggiunto - a praticare questo stile
in modo consapevole opponendovi ad ogni forma di violenza e di sopraffazione.
Il mondo oggi ne ha tanto bisogno, sono molti infatti i conflitti armati”.
Papa Leone ha ricordato le violenze in Myanmar, in Sudan
– dove è stato ucciso un sacerdote – e in Nigeria: “assicuro le mie preghiere
per tutte le vittime e rinnovo l'appello ai combattenti affinché si fermino
proteggano i civili e intraprendano un dialogo per la pace”. Il pensiero del
Papa è andato poi al Medio Oriente e all’Ucraina.
Infine Papa Leone ha Parlato della beatificazione di oggi
pomeriggio nella Basilica di San Paolo fuori le mura di Floribert Bwana Chui,
“giovane martire congolese che è stato ucciso a 26 anni perché, in quanto
cristiano, si opponeva all'ingiustizia e difendeva i piccoli e i poveri”. Aci
15
Giubileo dello sport. Malagò: “Ponte tra mondi diversi”
Nel cuore di un anno giubilare che invita credenti e non
credenti a mettersi in cammino come “Pellegrini di speranza”, anche lo sport si
fa protagonista con due giornate – il 14 e 15 giugno 2025 – dedicate al
Giubileo dello sport. In rappresentanza del mondo sportivo italiano, abbiamo
incontrato Giovanni Malagò, presidente del Coni-Comitato olimpico nazionale
italiano dal 2013, guida in una fase di trasformazione. “Il Giubileo in
assoluto è un'opportunità di dare valore aggiunto al mondo dello sport” - di Marco
Calvarese
Nel cuore di un anno giubilare che interpella credenti e
non credenti a mettersi in cammino come “Pellegrini di speranza”, anche lo
sport si fa protagonista con due giornate – il 14 e il 15 giugno – dedicate al
Giubileo dello sport. In rappresentanza del mondo sportivo italiano, abbiamo
incontrato Giovanni Malagò, presidente del Coni-Comitato olimpico nazionale
italiano dal 2013, guida del movimento sportivo nazionale in una fase di
trasformazione. Dalle sue parole si evince come il ruolo dello sport in Italia
e nel mondo oggi sia preponderante, riconosciuto come strumento di coesione
sociale, salute, benessere e partecipazione, dove i grandi eventi sportivi non
sono solo spettacolo, ma diventano simboli di unità, successo, geopolitica,
talvolta anche strumenti di protesta e affermazione di diritti. Come capitato
ad esempio con la decisione presa dal Cio-Comitato olimpico internazionale,
che, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha prima escluso gli
atleti russi e bielorussi dai Giochi di Parigi 2024, permettendo loro in
seguito di partecipare come atleti individuali neutrali (Ains), senza bandiera,
inno o simboli nazionali. Nel suo studio le pareti, la scrivania, il divano, le
sedie ed i tavoli, ma anche il pavimento è piastrellato di foto dediche e
ricordi sportivi, ma le due persone che Malagò tiene nella testa e nel cuore e
che menziona con ammirazione, sono Jesse Owens e Nelson Mandela: Owens per
quello che rappresentò nel 1936 davanti a Hitler; Mandela, pur non essendo un
atleta, per come usò lo sport per unire un Paese diviso. Nel Giubileo dello
sport si celebreranno anche queste memorie vive che parlano a tutta l’umanità,
per ricordare come il mondo dello sport possa essere una parafrasi della vita,
perché come ricorda Malagò le regole dello sport servono a tracciare un confine
chiaro per distinguere chi i valori li onora con il sacrificio onesto e chi li
vilipende barando attraverso corruzione e doping.
Qual è il legame tra lo sport italiano e internazionale,
il Vaticano in particolare e la Chiesa più in genere?
Il Cio da sempre è particolarmente vicino a tutto quello
che sono ovviamente le più importanti fedi religiose, tra cui il cattolicesimo.
C’è una storia che ci accompagna praticamente dall’inizio della fondazione del
Cio, con l’epoca delle Olimpiadi moderne nel 1896. E spessissimo, ovviamente,
chi rappresenta il Cio viene invitato in Vaticano per dare la propria
testimonianza, a confronto anche con quelle che sono le altre religioni. E su
questo il Cio è particolarmente orgoglioso e le rappresenta tutte in un modo
uniforme, tenendo presente che conosce i valori della comunità cristiana e del
cattolicesimo.
In questo Anno santo quanto è importante un Giubileo
dello sport e come pensa che questo possa essere un’occasione per riflettere
sul ruolo dello sport nella vita delle persone e nella società? Pensa che
questa possa essere un’occasione per promuovere valori come la speranza e
l’inclusione?
L’occasione di celebrare quest’anno il Giubileo in
assoluto è un’opportunità di dare valore aggiunto al mondo dello sport. È un
momento in cui si incontrano i due valori, quelli che sono rappresentati dalla
propria fede e quelli di chi ovviamente è dentro e vicino o si occupa del mondo
dello sport. Noi dobbiamo utilizzare, sfruttare, nel senso buono della parola
che so essere inelegante, questa opportunità per divulgare, per promuovere e
per sostenere, tramite il mondo del cattolicesimo a raccolta nell’anno del
Giubileo, i valori altrettanto universali dello sport.
Visti gli scenari di guerra che si affacciano anche alle
porte dell’Europa, se possibile, cosa deve o può fare lo sport per contribuire
alla pacificazione?
Cosa fa lo sport per contribuire alla pacificazione è
sotto gli occhi di tutti. Ho partecipato ad esempio come rappresentante della
Fondazione Milano Cortina 2026 al board (Consiglio di amministrazione ndr)
della tregua olimpica, che è il capostipite di quello che sono gli elementi che
compongono la carta olimpica che è la nostra Bibbia, il nostro statuto, la
nostra carta costituente. La tregua olimpica significa che durante le Olimpiadi
e le Paralimpiadi non ci devono essere attività belliche e su questo noi siamo
particolarmente attenti a farlo rispettare. Tanto è vero che l’esclusione della
Russia nasce proprio nel momento in cui cominciavano le Paralimpiadi di Pechino
e loro invadevano l’Ucraina. Questo nel passato ha avuto grandissimi altri
elementi analoghi su quali sono state prese delle posizioni. Noi chiediamo la
pace, sempre e comunque in modo particolare quando si accende il braciere
olimpico e paralimpico e continuiamo sulla base di quello che dice la
Risoluzione delle Nazioni Unite. Vorrei ricordare che il Cio è membro
permanente, ovviamente non votante ma come ospite durante l’Assemblea, per
promuovere proprio le finalità della pace universale.
Considerando anche le sue origini familiari, per le quali
scorre nelle sue vene un po’ di sangue cubano, e del fatto che sempre più lo
sport italiano si stia arricchendo di successi provenienti da atleti nati da
genitori di altri Paesi o provenienti loro stessi da altri Paesi, cosa ne pensa
del fenomeno migratorio e del valore aggiunto che può essere per la società in
generale e per lo sport in particolare?
È un dato di fatto che Paesi, chiamiamoli occidentali,
democratici, come Europa, Nord America, mi sento di dire nessuno escluso, oggi
hanno questa opportunità, questa valenza in cui persone che decidono, chi per
scelte molto difficili e dolorose, chi invece per questioni di altra natura,
sentimentali, professionali, gli aspetti tecnici nel caso degli atleti, di
venire da noi, poi è normale che dopo un certo periodo acquisiscono, sempre nel
rispetto delle norme e delle regole, l’opportunità anche di vestire la maglia
azzurra. Non è che siamo in buona compagnia, è un discorso che riguarda tutti.
Per ciò che riguarda il fenomeno della migrazione, sapete benissimo che chi è
legato a certi valori cattolici, ovviamente ha un approccio molto disponibile
ad aiutare il prossimo, fermo restando che c’è sempre un distinguo tra chi si
occupa di sport e chi si occupa di politica. Secondo me non devono far sì che
chi si occupa di sport, per questioni strumentali dello sport, a quel punto si
sostituisce a chi ha responsabilità politica.
Ci sono progetti o iniziative specifiche su cui il Coni
sta lavorando per coinvolgere i giovani nello sport e promuovere uno stile di
vita attivo?
Noi con le nostre attività territoriali siamo molto
impegnati a divulgare, tramite tutti i comitati regionali, quello che sono i
cardini degli stili di vita. Da tempo abbiamo messo in piedi tramite la filiera
delle federazioni, delle Dsa, degli Enti di promozione, un vademecum con quelle
che chiamerei regole del gioco che ovviamente hanno una finalità: cercare il
più possibile di allontanare soprattutto le nuove generazioni da quelle che
sono devianze sociali che ben conosciamo. Credo che questo ruolo oggettivamente
ci viene riconosciuto. Sir 14
Leone XIV: udienza, “Gesù non è muro che separa ma porta che unisce”
“Gesù non è un muro che separa, ma una porta che ci
unisce. Occorre rimanere in lui e distinguere la realtà dalle ideologie”. Lo ha
detto oggi Papa Leone XIV durante l’udienza giubilare nella basilica di San
Pietro, richiamando il pensiero di uno dei più grandi teologi cristiani, il
vescovo Ireneo di Lione, e incentrando la sua meditazione sul tema “Sperare è
collegare”. “Riprendono questa mattina le speciali udienze giubilari che Papa
Francesco aveva iniziato nel mese di gennaio, proponendo ogni volta un particolare
aspetto della virtù teologale della speranza e una figura spirituale che lo ha
testimoniato”, ha esordito Leone XIV. L’anno giubilare, ha aggiunto, “collega
più radicalmente il mondo di Dio al nostro. Ci invita a prendere sul serio ciò
che preghiamo ogni giorno: ‘Come in cielo, così in terra’. Questa è la nostra
speranza. Ecco l’aspetto che oggi vorremmo approfondire: sperare è collegare”.
Con riferimento a sant’Ireneo, il Pontefice ha osservato:
“Il Vangelo è stato portato in questo continente da fuori. E anche oggi le
comunità di migranti sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le
accolgono”. “Come ci fa bene ricordarlo qui a Roma, in Europa!”, l’esclamazione
del Papa. Ireneo “collega Oriente e Occidente. Già questo è un segno di
speranza, perché ci ricorda come i popoli si continuano ad arricchire a
vicenda”. Ireneo, però, ha chiosato Leone XIV, “ha un tesoro ancora più grande
da donarci. Le divisioni dottrinali che incontrò in seno alla comunità
cristiana, i conflitti interni e le persecuzioni esterne non lo scoraggiarono.
Al contrario, in un mondo a pezzi imparò a pensare meglio, portando sempre più
profondamente l’attenzione a Gesù. Diventò un cantore della sua persona, anzi
della sua carne. Riconobbe, infatti, – ha concluso il Papa – che in Lui ciò che
a noi sembra opposto si ricompone in unità”.
“Come Ireneo a Lione nel secondo secolo, così in ognuna
delle nostre città torniamo a costruire ponti dove oggi ci sono muri. Apriamo
porte, colleghiamo mondi e ci sarà speranza”. Così Papa Leone XIV ha concluso
questa mattina nella basilica vaticana l’udienza giubilare, la prima dopo
l’interruzione dovuta alla malattia e alla morte di Papa Francesco, incentrata
sulla figura del teologo e vescovo Ireneo di Lione. “Anche oggi – ha osservato
Leone XIV – le idee possono impazzire e le parole possono uccidere. La carne,
invece, è ciò di cui tutti siamo fatti; è ciò che ci lega alla terra e alle
altre creature. La carne di Gesù va accolta e contemplata in ogni fratello e
sorella, in ogni creatura”. Di qui un’esortazione: “Ascoltiamo il grido della
carne, sentiamoci chiamare per nome dal dolore altrui. Il comandamento che
abbiamo ricevuto fin da principio è quello di un amore vicendevole. Esso è
scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi legge”. Ireneo, maestro di
unità, “ci insegna a non contrapporre, ma a collegare. C’è intelligenza – ha
precisato il Papa – non dove si separa, ma dove si collega. Distinguere è
utile, ma dividere mai. Gesù è la vita eterna in mezzo a noi: lui raduna gli
opposti e rende possibile la comunione”. “Siamo pellegrini di speranza, perché
fra le persone, i popoli e le creature occorre qualcuno che decida di muoversi
verso la comunione. Altri – l’auspicio conclusivo del Pontefice – ci
seguiranno”.
“Rivolgo un caloroso saluto a tutti voi che partecipate
al Giubileo dello sport e all’incontro internazionale ‘Lo slancio della
speranza’, promosso dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Il tempo che
trascorrerete insieme in questi giorni vi offrirà una preziosa opportunità per
riflettere sul rapporto tra l’attività sportiva e la virtù della speranza”.
Così Papa Leone XIV, durante l’udienza giubilare di questa mattina in basilica
vaticana, salutando i pellegrini di lingua inglese e i partecipanti al Giubileo
dello sport che si svolge oggi e domani. “A pensarci bene – ha osservato il
Pontefice –, lo sport è animato dalla speranza, nel senso che implica la
tensione verso un obiettivo, il costante impegno a migliorare le proprie
prestazioni e l’apprendimento del lavoro di squadra. Allo stesso tempo, le
nostre speranze più profonde ci sfidano a fare del mondo dello sport un’arena
in cui valori autenticamente umani e cristiani possano essere esercitati e
comunicati agli altri per la costruzione di un mondo migliore”. Di qui
l’incoraggiamento, “nello spirito di questo Giubileo”, ai partecipanti
all’incontro internazionale e al Motoraduno internazionale, “ciascuno a modo
suo, ad essere ‘missionari di speranza’, impegnandosi a realizzare una cultura
di sempre maggiore solidarietà, accoglienza e fraternità”.
“Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro.
È dovere di tutti i Paesi sostenere la causa della pace, avviando cammini di
riconciliazione e favorendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per
tutti”. Lo ha detto Papa Leone XIV lanciando un accorato appello per la pace al
termine dell’udienza giubilare. “Anche in questi giorni – ha esordito il Papa
-, in effetti, giungono notizie che destano molta preoccupazione. Si è
gravemente deteriorata la situazione in Iran e Israele. In un momento così
delicato, desidero rinnovare un appello alla responsabilità e alla ragione”.
“L’impegno per costruire un mondo più sicuro e libero dalla minaccia nucleare –
ha scandito il Pontefice – va perseguito attraverso un incontro rispettoso e un
dialogo sincero, per edificare una pace duratura, fondata sulla giustizia,
sulla fraternità e sul bene comune”. Giovanna Pasqualin Traversa, Sir 14
Papa Leone XIV: "Apriamo porte, colleghiamo mondi e ci sarà
speranza"
Papa Leone XIV ha ripreso oggi le udienze giubilari. Ai
fedeli il Papa propone il tema della speranza, collegata alla figura di
Sant’Ireneo di Lione. Di Marco Mancini
Città del Vaticano. Papa Leone XIV ha ripreso oggi le
udienze giubilari, interrotte per la malattia e la morte di Papa Francesco. Ai
fedeli presenti nella Basilica Vaticana il Papa propone il tema della speranza,
collegata alla figura di Sant’Ireneo di Lione.
“L’anno giubilare - ha spiegato - collega più
radicalmente il mondo di Dio al nostro. Sperare è collegare. Uno dei più
grandi teologi cristiani, il vescovo Ireneo di Lione, ci aiuterà a riconoscere
come è bella e attuale questa speranza”.
Ricordiamo - ha aggiunto - che “il Vangelo è stato
portato in questo continente da fuori. E anche oggi le comunità di migranti
sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le accolgono. Il Vangelo
viene da fuori. Ireneo collega Oriente e Occidente. Già questo è un segno di
speranza, perché ci ricorda come i popoli si continuano ad arricchire a
vicenda”.
“Ireneo - ha proseguito ancora Leone XIV - ha un tesoro
ancora più grande da donarci. Le divisioni dottrinali che incontrò in seno alla
comunità cristiana, i conflitti interni e le persecuzioni esterne non lo
scoraggiarono. Al contrario, in un mondo a pezzi imparò a pensare meglio,
portando sempre più profondamente l’attenzione a Gesù. Diventò un cantore della
sua persona, anzi della sua carne. Riconobbe, infatti, che in Lui ciò che a noi
sembra opposto si ricompone in unità. Gesù non è un muro che separa, ma una
porta che ci unisce. Occorre rimanere in lui e distinguere la realtà dalle
ideologie”.
“Anche oggi - è il monito del Pontefice - le idee possono
impazzire e le parole possono uccidere. La carne, invece, è ciò di cui tutti
siamo fatti; è ciò che ci lega alla terra e alle altre creature. La carne di
Gesù va accolta e contemplata in ogni fratello e sorella, in ogni creatura.
Ascoltiamo il grido della carne, sentiamoci chiamare per nome dal dolore
altrui. Il comandamento che abbiamo ricevuto fin da principio è quello di un
amore vicendevole. Esso è scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi
legge. Ireneo, maestro di unità, ci insegna a non contrapporre, ma a collegare.
C’è intelligenza non dove si separa, ma dove si collega. Distinguere è utile,
ma dividere mai. Gesù è la vita eterna in mezzo a noi: lui raduna gli opposti e
rende possibile la comunione. Siamo pellegrini di speranza, perché fra le
persone, i popoli e le creature occorre qualcuno che decida di muoversi verso
la comunione. Altri ci seguiranno. In ognuna delle nostre città torniamo a
costruire ponti dove oggi ci sono muri. Apriamo porte, colleghiamo mondi e ci
sarà speranza”. Aci 14
Leone XIV: “la carità è il più grande comandamento sociale”
Leone XIV, nel messaggio per la Giornata mondiale dei
poveri, afferma che "lavoro, istruzione, casa, salute sono le condizioni
di una sicurezza che non si assicurerà mai con le armi". "Gli
ospedali e le scuole dovrebbero far parte delle politiche pubbliche di ogni
paese, ma le guerre e le disuguaglianze lo impediscono". Segni di speranza
sono "le case famiglia, le comunità per i minori, i centri di ascolto e di
accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari" – di
M. Michela Nicolais
“Gli ospedali e le scuole sono istituzioni create per
esprimere l’accoglienza dei più deboli ed emarginati. Dovrebbero far parte
ormai delle politiche pubbliche di ogni Paese, ma guerre e diseguaglianze
spesso ancora lo impediscono”. A lanciare il grido d’allarme è Leone XIV, nel
messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, che si celebra l 16 novembre sul
tema “Sei tu, mio Signore, la mia speranza” (Sal 71,5). “La speranza nasce
della fede, che la alimenta e sostenta, sul fondamento della carità, che è la
madre di tutte le virtù. E della carità abbiamo bisogno oggi, adesso”,
l’appello del Papa: ”Non è una promessa, ma una realtà a cui guardiamo con
gioia e responsabilità: ci coinvolge, orientando le nostre decisioni al bene
comune”, perché “chi manca di carità non solo manca di fede e di speranza, ma
toglie speranza al suo prossimo”.
”La carità rappresenta il più grande comandamento
sociale”, scrive il Pontefice a proposito del “dovere di assumersi coerenti
responsabilità nella storia, senza indugi”.
“La povertà ha cause strutturali che devono essere
affrontate e rimosse”, l’invito del Papa: “Mentre ciò avviene, tutti siamo
chiamati a creare nuovi segni di speranza che testimoniano la carità cristiana,
come fecero molti santi e sante in ogni epoca”.
“Sempre più, segni di speranza diventano oggi le case
famiglia, le comunità per minori, i centri di ascolto e di accoglienza, le
mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari”, l’omaggio di Leone XIV:
“quanti segni spesso nascosti, ai quali forse non badiamo, eppure così
importanti per scrollarsi di dosso l’indifferenza e provocare all’impegno nelle
diverse forme di volontariato!”.
“Lavoro, istruzione, casa, salute sono le condizioni di
una sicurezza che non si affermerà mai con le armi”, il monito del Papa,
secondo il quale “di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di
impoverimento, c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi”: “Incontriamo persone
povere o impoverite ogni giorno e a volte può accadere che siamo noi stessi ad
avere meno, a perdere ciò che un tempo ci pareva sicuro: un’abitazione, il cibo
adeguato per la giornata, l’accesso alle cure, un buon livello di istruzione e
di informazione, la libertà religiosa e di espressione”.
“Aiutare il povero è questione di giustizia, prima che di
carità”, spiega il Pontefice, auspicando che il Giubileo “possa incentivare lo
sviluppo di politiche di contrasto alle antiche e nuove forme di povertà, oltre
a nuove iniziative di sostegno e aiuto ai più poveri tra i poveri”.
“I poveri non sono un diversivo per la Chiesa”, vanno
posti al centro della pastorale, in quanto possono diventare testimoni di “una
speranza forte e affidabile, proprio perché professata in una condizione di
vita precaria, fatta di privazioni, fragilità ed emarginazione”. Non contano
“sulle sicurezze del potere e dell’avere”, al contrario le subiscono e ne sono
spesso vittime.
“Tutti i beni di questa terra, le realtà materiali, i
piaceri del mondo, il benessere economico, seppure importanti, non bastano per
rendere il cuore felice”, perché “la più grave povertà è non conoscere Dio”,
scrive Papa Leone soffermandosi sulla lezione che i poveri danno a ciascuno di
noi. “Le ricchezze spesso illudono e portano a situazioni drammatiche di
povertà, prima fra tutte quella di pensare di non avere bisogno di Dio e
condurre la propria vita indipendentemente da Lui”, il monito a commento delle
parole di Sant’Agostino: “Tutta la tua speranza sia Dio: sentiti bisognoso di
Lui, per essere da Lui ricolmato. Senza di Lui, qualunque cosa avrai servirà a
renderti ancora più vuoto”. “La peggior discriminazione di cui soffrono i
poveri è la mancanza di attenzione spirituale”, la citazione dell’Evangelii
gaudium di Papa Francesco: “L’immensa maggioranza dei poveri possiede una
speciale apertura alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di
offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la
celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di
maturazione nella fede”. Sir 13
Il Messaggio del Papa per la IX
Giornata Mondiale dei Poveri
Città del Vaticano. Il Messaggio del Santo Padre Leone
XIV per la IX Giornata Mondiale dei Poveri (che sarà celebrata domenica 16
novembre 2025) oggi, nella memoria di “Sant’Antonio di Padova, Patrono dei
Poveri” (così cita il documento), è stato reso noto dalla Sala Stampa
Vaticana.
“In mezzo alle prove della vita, la speranza è animata
dalla certezza, ferma e incoraggiante, dell’amore di Dio, riversato nei cuori
dallo Spirito Santo. Perciò essa non delude e San Paolo può scrivere a Timoteo:
«Noi ci affatichiamo e lottiamo, perché abbiamo posto la nostra speranza nel
Dio vivente». Il Dio vivente è infatti il «Dio della speranza», che in Cristo,
mediante la sua morte e risurrezione, è diventato «nostra speranza». Non
possiamo dimenticare di essere stati salvati in questa speranza, nella quale
abbiamo bisogno di rimanere radicati”. Con queste parole di speranza si apre il
Messaggio che Papa Leone XIV ha scritto in occasione della IX Giornata Mondiale
dei Poveri.
“Il povero può diventare testimone di una speranza forte
e affidabile, proprio perché professata in una condizione di vita precaria,
fatta di privazioni, fragilità ed emarginazione”, continua. Il povero, infatti,
“non conta sulle sicurezze del potere e dell’avere; al contrario, le subisce e
spesso ne è vittima. La sua speranza può riposare solo altrove. Riconoscendo
che Dio è la nostra prima e unica speranza, anche noi compiamo il passaggio tra
le speranze effimere e la speranza duratura”. Ed è a questo punto che il povero
ha “Dio come compagno di strada”, perché “le ricchezze vengono
ridimensionate”.
Il papa, poi, sottolinea che “la più grave povertà è non
conoscere Dio”. Cita papa Francesco quando in Evangelii gaudium scriveva: “La
peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione
spirituale. L’immensa maggioranza dei poveri possiede una speciale apertura
alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire loro la
sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti
e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede”. Un
punto fermo è che “tutti i beni di questa terra, le realtà materiali, i piaceri
del mondo, il benessere economico, seppure importanti, non bastano per
rendere il cuore felice. Le ricchezze spesso illudono e portano a
situazioni drammatiche di povertà, prima fra tutte quella di pensare di non
avere bisogno di Dio e condurre la propria vita indipendentemente da
Lui”.
Nel Messaggio si legge, poi: “La speranza cristiana, cui
la Parola di Dio rimanda, è certezza nel cammino della vita, perché non dipende
dalla forza umana ma dalla promessa di Dio, che è sempre fedele. Perciò i
cristiani, fin dalle origini, hanno voluto identificare la speranza con il
simbolo dell’àncora, che offre stabilità e sicurezza”. E aggiunge: “La speranza
cristiana è come un’àncora, che fissa il nostro cuore sulla promessa del
Signore Gesù”. Papa Leone XIV ribadisce poi che “la nostra vera patria è
nei cieli”. E, dunque, “la città di Dio, di conseguenza, ci impegna per le
città degli uomini. Esse devono fin d’ora iniziare a somigliarle”.
Poi, una frase assai forte, che fa riflettere: “Chi manca
di carità, invece, non solo manca di fede e di speranza, ma toglie speranza al
suo prossimo”. L’invito alla speranza, inoltre, porta con sé “il dovere di
assumersi coerenti responsabilità nella storia, senza indugi”. Poi, lo sguardo
del pontefice, si posa sul sociale: “La povertà ha cause strutturali che devono
essere affrontate e rimosse. Mentre ciò avviene, tutti siamo chiamati a creare
nuovi segni di speranza che testimoniano la carità cristiana, come fecero molti
santi e sante in ogni epoca”. Fa riferimento all’impegno degli Stati per “gli
ospedali e le scuole” che “sono istituzioni create per esprimere l’accoglienza
dei più deboli ed emarginati. Essi dovrebbero far parte ormai delle politiche pubbliche
di ogni Paese, ma guerre e diseguaglianze spesso ancora lo impediscono. Sempre
più, segni di speranza diventano oggi le case-famiglia, le comunità per minori,
i centri di ascolto e di accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le
scuole popolari: quanti segni spesso nascosti, ai quali forse non badiamo,
eppure così importanti per scrollarsi di dosso l’indifferenza e provocare
all’impegno nelle diverse forme di volontariato!”.
Ribadisce, poi, che “i poveri sono al centro dell’intera
opera pastorale. Non solo del suo aspetto caritativo, ma ugualmente di ciò che
la Chiesa celebra e annuncia”. Un riferimento al Giubileo: “Quando la Porta
Santa sarà chiusa, dovremo custodire e trasmettere i doni divini che sono stati
riversati nelle nostre mani lungo un intero anno di preghiera, conversione e
testimonianza. I poveri non sono oggetti della nostra pastorale, ma soggetti
creativi che provocano a trovare sempre nuove forme per vivere oggi il
Vangelo”. E ricorda: “Promuovendo il bene comune, la nostra responsabilità
sociale trae fondamento dal gesto creatore di Dio, che dà a tutti i beni della
terra: come questi, così anche i frutti del lavoro dell’uomo devono essere
equamente accessibili. Aiutare il povero è infatti questione di giustizia,
prima che di carità”. Di Antonio Tarallo, Aci 13
Concistoro. Frassati, Acutis, Longo e altri nuovi santi
Nel Concistoro Ordinario Pubblico, Papa Leone XIV ha
annunciato le date delle canonizzazioni di otto beati, tra cui Pier Giorgio
Frassati e Carlo Acutis, previsti il 7 settembre, e altri sei il 19 ottobre
2025. Le loro biografie raccontano una santità vissuta in contesti e epoche
diverse: missionari, martiri, laici, fondatrici. Una Chiesa che riconosce la
santità nel quotidiano, nell’evangelizzazione e nella carità concreta. Un
invito a incarnare il Vangelo come dono di sé, oggi – di Riccardo Benotti
Nel Concistoro Ordinario Pubblico celebrato questa
mattina in Vaticano, Papa Leone XIV ha stabilito le date di canonizzazione per
otto beati, provenienti da storie e Paesi diversi, uniti da una testimonianza
luminosa e attuale. Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis saranno canonizzati il
7 settembre; Ignazio Choukrallah Maloyan, Peter To Rot, Vincenza Maria Poloni,
Maria del Monte Carmelo Rendiles Martínez, Maria Troncatti, José Gregorio
Hernández Cisneros e Bartolo Longo il 19 ottobre. Profili diversi, accomunati
da un cammino di dedizione e fede fino al dono totale di sé.
Ignazio Choukrallah Maloyan
Nato a Mardin, nell’attuale Turchia, nel 1869, Ignazio
Choukrallah Maloyan fu ordinato sacerdote nel 1896 e divenne arcivescovo armeno
cattolico di Mardin nel 1911. Durante il genocidio armeno, fu arrestato insieme
al suo clero e, di fronte alla richiesta di abiura, confermò pubblicamente la
sua fede. Sopportò torture e vessazioni, prima di essere ucciso l’11 giugno
1915. Il suo martirio rimane segno di fedeltà incrollabile nei periodi più bui
della storia.
Peter To Rot
Catechista laico della Papua Nuova Guinea, Peter To Rot
nacque a Rakunai nel 1912. Fin da giovane si dedicò con generosità all’annuncio
del Vangelo e al servizio della sua comunità. Durante l’occupazione giapponese
nella Seconda guerra mondiale, si oppose pubblicamente alla poligamia e
continuò la catechesi in clandestinità. Arrestato e incarcerato per la sua
fedeltà al matrimonio cristiano, morì martire nel 1945. La sua figura
rappresenta la forza della fede vissuta nella quotidianità e il valore della
famiglia cristiana.
Vincenza Maria Poloni
Nata a Verona il 26 gennaio 1802, Luigia Francesca Maria
Poloni, conosciuta come Vincenza Maria, visse fin da giovane una profonda
attenzione ai poveri e agli ammalati della sua città. Nel 1840, con Charles
Steeb, fondò l’Istituto delle Sorelle della Misericordia di Verona, dedicando
la propria vita all’assistenza dei bisognosi, degli emarginati e dei malati, in
un’epoca segnata da carestie ed epidemie. Con uno stile semplice e concreto, si
fece carico delle sofferenze altrui, formando generazioni di religiose al
servizio silenzioso e fedele. Morì a Verona l’11 novembre 1855.
Maria del Monte Carmelo Rendiles Martínez
Venezuelana, nata a Caracas nel 1903, crebbe in una
famiglia numerosa e affrontò fin da bambina la sfida di una disabilità fisica
(era priva del braccio sinistro). Sentì presto la vocazione religiosa e nel
1965 fondò la Congregazione delle Serve di Gesù, con l’obiettivo di rispondere
alle nuove necessità della società e della Chiesa. Diresse la congregazione con
sapienza e dedizione, impegnandosi nell’educazione e nell’assistenza ai più
deboli. Morì il 9 maggio 1977, lasciando un segno indelebile nella Chiesa del
Venezuela.
Maria Troncatti
Nata a Corteno Golgi, in provincia di Brescia, nel 1883,
entrò giovanissima tra le Figlie di Maria Ausiliatrice. Durante la Prima guerra
mondiale fu infermiera presso l’ospedale militare di Varazze, dove maturò un
grande senso di servizio e di abnegazione. Nel 1922 partì come missionaria in
Ecuador tra la popolazione Shuar, dove per quasi cinquant’anni fu infermiera,
educatrice e madre spirituale. Capace di operare anche interventi chirurgici di
fortuna, si impegnò nell’evangelizzazione, nella promozione umana e nel dialogo
con le culture locali. Morì in un incidente aereo in Ecuador il 25 agosto 1969.
José Gregorio Hernández Cisneros
Nato nel 1864 a Isnotú, in Venezuela, studiò medicina a
Caracas e si perfezionò in Europa, tornando poi in patria. Fu un medico amato
da tutti per la sua generosità: curava gratuitamente i poveri e non negava mai
il suo aiuto a chi ne aveva bisogno. Profondo credente, fu anche scienziato e
docente universitario. Morì nel 1919 in un incidente stradale mentre si recava
da un malato. È venerato in tutto il Venezuela come esempio di fede vissuta
nella quotidianità, nell’accoglienza e nella solidarietà verso gli ultimi.
Pier Giorgio Frassati
Nato a Torino nel 1901, crebbe in una famiglia della
buona borghesia. Fin da ragazzo unì l’impegno sociale e politico all’amore per
la montagna e per la preghiera. Terziario domenicano, fu membro attivo
dell’Azione Cattolica e della Conferenza di San Vincenzo, dedicando il tempo
libero ai poveri della città, che aiutava personalmente. Studente di
ingegneria, visse la fede in modo semplice e gioioso, lasciando un esempio di
santità “moderna” e alla portata di tutti. Morì a soli 24 anni, nel 1925, a
causa di una poliomielite fulminante.
Bartolo Longo
Nato a Latiano, in provincia di Brindisi, nel 1841, si
trasferì a Napoli per studiare giurisprudenza. Attratto per un periodo da
esperienze lontane dalla fede, attraversò una profonda crisi spirituale prima
di ritrovare il senso del Vangelo e divenire terziario domenicano. Si stabilì a
Pompei, dove dedicò la sua vita alla diffusione della preghiera del Rosario,
alla costruzione del santuario e alla promozione di opere sociali a favore di
orfani e famiglie in difficoltà. La sua vita fu segnata da ostacoli e incomprensioni,
ma il suo cammino resta un segno di conversione e di carità operosa. Morì nel
1926.
Le canonizzazioni fissate per il 2025 consegnano alla
Chiesa testimoni di tempi e volti diversi, ma uniti da una comune vocazione al
dono di sé. I nuovi santi ricordano che la santità può fiorire ovunque: nel
nascondimento di una corsia d’ospedale, nel martirio silenzioso, nella missione
tra i popoli, nell’impegno per la giustizia e la carità. La loro eredità
spirituale rimane un invito aperto: vivere il Vangelo ogni giorno, lasciando
che la speranza si traduca in gesti concreti e condivisi. Sir 13
Francoforte. La chiesa Sant’Antonio della Mci festeggia i 125 anni
Domenica 15 giugno, nella ricorrenza di Sant’Antonio da
Padova, si festeggeranno i 125 anni della consacrazione della Antoniuskirche,
la chiesa della comunità cattolica italiana di Francoforte Centro.Chiesa St.
Antonius: Savignystraße 25,60325 Frankfurt am Main, ore 10:00.
La chiesa di S. Antonio è sede delle comunità cattoliche
italiana (Francoforte Centro, don Matteo Laslau, parroco) e croata e fa parte
della parrocchia del duomo.
La celebrazione eucaristica sarà presieduta da pfr.
Johannes zu Eltz, parroco della parrocchia del duomo S. Bartolomeo e già decano
di Francoforte fino al 2024, quando la diocesi ha abolito i distretti.
Le comunità cattoliche croate e italiana della chiesa di
S. Antonius fanno parte della parrocchia del Duomo.
Breve storia della chiesa
I lavori per la Antoniuskirche iniziarono nel 1899, nel
quartiere di Westen. In quell’epoca intorno al centro di Francoforte si stavano
sviluppando nuovi quartieri, fra cui Westend, e non c’erano ancora chiese. La
chiesa principale fino al 2017 era il duomo S. Bartholomäus.
La chiesa fu costruita su iniziativa della landgravia
Anna von Hessen (nata in Prussia) che si era convertita al cattolicesimo. Fu
costruita nel 1899-1900 in stile neogotico sotto la direzione dell’architetto
berlinese August Menken.
La chiesa dedicata a Sant’Antonio da Padova venne
consacrata il 26 maggio 1900.
La chiesa subì pesanti bombardamenti il 22 marzo 1944 e
bruciò. Dopo la guerra fra il 1947 e il 1949 fu ricostruita e altri lavori di
restauro proseguirono nel 1963.
Di pregio sono l’organo, il secondo per grandezza a
Francoforte, dopo quello del duomo, le vetrate del coro (1958) sui misteri del
Rosario e l’altare gotico (XV sec.) con la rappresentazione della Vergine
Maria.
Tre delle quattro campane originali furono confiscate e
fuse nel 1942. Solo nel 1999, nel centenario della chiesa, sono state aggiunte
tre campane. L’impianto campanario conta nuovamente quattro campane con la
seguente disposizione: Carolus do‘, Antonius re‘, Maria fa‘, Josef sol‘.
Del-mci.de 13
Ecco perché Sant’Antonio è così amato nel mondo
La sua festa, le iniziative, il legame con Padova. Padova
si prepara a festeggiare il suo santo, Sant’Antonio. Un'intervista al Direttore
del Centro studi antoniani - Di Veronica Giacometti
Città del Vaticano. Padova si prepara a festeggiare il
suo santo, Sant’Antonio. Una festa molto sentita, piena di partecipazione, che
unisce la città dal punto di vista spirituale, ma anche culturale e civile.
Sant’Antonio è un santo venerato in Italia dal Nord al Sud, ma anche nel mondo.
Sono tanti gli aspetti che lo rendono un santo speciale e amato. Tante sono le
grazie che ogni giorno dispensa. E molti si rivolgono a lui con gesti di
profonda devozione. Ne abbiamo parlato con Padre Luciano Bertazzo, Direttore
del Centro studi antoniani della Basilica del Santo.
Il 13 giugno è la festa di Sant’Antonio a Padova. Come vi
state preparando a questa festa?
È una festa che costituisce un vero appuntamento per la
città di Padova. Che riconosce in Antonio certamente il suo protettore, ma
anche un punto di riferimento ideale, da sempre. Da vari anni è in corso in
particolare il “Giugno Antoniano”, una serie di manifestazioni religiose,
culturali, spirituali, musicali a cui partecipano molte attività e società
della città di Padova, veramente è una sinfonia di voci che costituiscono il
tessuto operativo e connettivo della città di Padova. Il Giugno Antoniano inizia
addirittura a novembre, con una serie di manifestazioni che vengono via via
programmate e culminano con il mese di Giugno. Ogni giorno ci sono una o più
manifestazioni che coinvolgono Camposampiero dove Antonio ebbe il poi il
desiderio di morire a Padova. Poi non possiamo non parlare della Tredicina di
Sant’Antonio, che inizia il 31 maggio. Ogni giorno vediamo qui la presenza di
una diocesi del Triveneto o di gruppi e associazioni, con la presidenza di un
vescovo o molte volte c’è il Cardinale Zuppi da Bologna, con la sua calda
umanità.
Ci sono delle novità da segnalare quest’anno nella
Basilica del Santo, anche per il Giubileo?
La Basilica del Santo è una delle chiese giubilari ed è
stato istituito un itinerario all’interno della Basilica, in 12 tappe
all’interno del depliant e tappa per tappa vivere il Giubileo. Un depliant
fatto molto bene, dove viene esplicata la dimensione del “pellegrinaggio”. C’è
una sorprendente presenza di pellegrini, sul nostro sito Sant’Antonio.org è
segnalato giorno dopo giorno il numero dei visitatori che passano di qui, sono
tantissimi. La Basilica tutto l’anno ha la sua affluenza, ma un revival significativo
lo ha durante la Tredicina e le domeniche successive. È un misto anche
perchè Padova è patrimonio Unesco in quanto è la città con il maggior numero di
affreschi, anche grazie alla Basilica del Santo. Questo con il Giubileo ha
contribuito notevolmente sul numero di pellegrini e visitatori.
Perché Sant’Antonio è ancora così amato in tutto il
mondo?
Questa è una bella domanda. Il cuore del fenomeno
antoniano. Il Centro studi Antoniani ha studiato ripetutamente il motivo di
questa devozione universale. La presenza geografica, la presenza dei
francescani, Antonio è un santo bipolare, non in senso psichiatrico, ma nel
senso che c’è il Sant’Antonio della storia, il predicatore, che ha avuto molta
documentazione, sviluppo… pensare che con 4 studiosi stiamo eleborando una
nuova biografia di Sant’Antonio in considerazione di tutto questo…. E poi c’è
Sant’Antonio come il santo della devozione popolare, quello che lo rilancia
nell’aspetto devozionale. Tutte le correnti missionarie della Spagna lo
supportano come il santo della devozione popolare. Rappresentato come un
giovane con il Bambino, con tutte le ricadute emotive, il santo delle cose
perdute! Sono appena usciti due testi in Portogallo che raccolgono tutte le
leggende popolari in Portogallo. Antonino, come lo chiamano in Portogallo e al
Sud. La devozione ne ha fatto un vero fenomeno. Si è tentato di comprendere
questo fenomeno anche con delle inchieste sociologiche ed è uscito fuori che
Antonio è un santo importante per persone non credenti o poco credenti perché
appartiene all’orizzonte della fede trasmessa dalla famiglia. E soprattutto,
cose interessante, per famiglie di cultura medio-alta. Per il Brasile Antonio
era il protettore degli schiavi quando scappavano. Ci sono tantissimi culti
anche ai Caraibi. Hanno fatto una mostra interessantissima su Sant’Antonio
presente anche nella pubblicità.
Il 13 giugno è festa non solo a Padova. Anche in tutta
Italia. Sappiamo che Sant’Antonio è passato anche per il Sud ed è molto amato
anche lì…
Ad Afragola c’è un santuario antoniano molto importante.
Poi c’è un altro santuario nel Sud dove c’era una statua di Sant’Antonio che
lacrimava. Nel sud è una presenza consolidata. Un elemento interessante che
dobbiamo considerare è il pellegrinaggio che si fa con la reliquia di
sant’Antonio. Molto interessante perché c’è una ricezione evangelica
incredibile, non è folclore, ma preghiera, evangelizzazione. I vescovi hanno
capito la funzione pastorale che può avere questo pellegrinaggio. Questo parte
dalla basilica e arriva al sud in nome di Antonio. Quest’anno poi c’è un altro
fenomeno: “I cammini di Sant’Antonio, c’è quello famoso da Milazzo a Padova.
Quest’anno ci sarà anche l’evento “ricordando Antonio in Francia”, un
pellegrinaggio che parte alla fine di giugno per 1300 chilometri. Attraversa le
Alpi, la Pianura Padana, con soste e luoghi di accoglienza.
Ha qualche testimonianza legata alle grazie di
Sant’Antonio?
A Padova è un fenomeno continuo di grazie. Toccare la
pietra verde dove è sepolto Antonio è un’emozione. Quello che si nota è questa
affluenza silenziosa, di lacrime, gioia. La devozione della Basilica sta tutta
nell’accarezzare quella pietra verde… aci 13
ROMA - Un nuovo importante accordo è stato siglato tra la
Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC), rappresentata dal Presidente
Mauro Ungaro, e la Pontificia Università della Santa Croce (PUSC), con la firma
del Decano della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale, Daniel Arasa.
L’intesa prevede la progettazione e l’attivazione del
corso online (MOOC) “Intelligenza Artificiale per Comunicatori e Giornalisti:
Visione d’Insieme”, rivolto agli oltre 1.000 giornalisti che lavorano e
collaborano con i giornali diocesani in tutta Italia.
Il corso è stato proposto e seguito dal Segretario
nazionale FISC, Simone Incicco, e condiviso con l’intero Esecutivo della
Federazione, che ha accolto con entusiasmo l’iniziativa, riconoscendone il
valore strategico per l’aggiornamento professionale del comparto.
A dirigere il percorso formativo sarà il Prof. Giovanni
Tridente, Direttore della Comunicazione della Pontificia Università della Santa
Croce e Professore Associato di “Analisi dell'informazione” e “Intelligenza
artificiale applicata alla Comunicazione”.
Grazie alla sua competenza accademica e alla visione
concreta, il corso offrirà contenuti attuali e di immediata applicazione.
Il corso coinvolgerà anche altri docenti della Facoltà di
Comunicazione della stessa Santa Croce.
Organizzato in quattro moduli - dalla storia dell’IA agli
aspetti etici, fino alle applicazioni concrete nel giornalismo - il corso
fornirà strumenti teorici e pratici per comprendere e utilizzare l’Intelligenza
Artificiale nel mondo della comunicazione.
Attraverso video-lezioni, forum live e interazioni con i
docenti, i giornalisti avranno modo di approfondire le conoscenze su un tema
cruciale per il presente e il futuro della professione. Al termine del percorso
sarà rilasciato un attestato di partecipazione da parte dell’Università.
“Un’iniziativa che si inserisce perfettamente nella
missione della FISC – commenta il presidente Mauro Ungaro – di accompagnare i
giornalisti cattolici in un percorso continuo di aggiornamento professionale e
culturale, per essere protagonisti del cambiamento con competenza e spirito
critico.”
Il Decano Daniel Arasa sottolinea: “L’Università si
impegna da sempre nella formazione dei comunicatori a livello internazionale, e
questo progetto con la FISC rappresenta un ulteriore passo nel mettere il
sapere al servizio delle comunità e dei media.”
Il corso prenderà il via entro settembre 2025,
inizialmente riservato gratuitamente agli iscritti FISC. A partire da gennaio
2026 sarà disponibile anche al pubblico internazionale in italiano, inglese e
spagnolo. Fisc 13
Ragazzi con disabilità: Juppiter, al via la carovana europea “Back Home”
Ha preso il via questa mattina da Piazza del Viminale,
“Back Home”, la carovana europea promossa da Juppiter di Salvatore Regoli in
occasione del Giubileo della speranza. Di Gigliola Alfaro
Dopo l’esperienza di “Destinazione Capo Nord”, il gruppo
torna in cammino, attraversando l’Europa da Londra a Roma lungo l’antico
tracciato della via Francigena. Un percorso simbolico di oltre 3.000 chilometri
che parla di pace, bellezza, fraternità, libertà e uguaglianza. Da Piazza del
Viminale, alla presenza del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e
del vice direttore generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie,
prefetto Carmine Belfiore, la carovana è partita con 37persone, a bordo di 8
autovetture Audi della concessionaria L’Automobile Roma, insieme alle guide
dell’Associazione nazionale autieri d’Italia e al presidente Gerardo Restaino,
con la collaborazione di Sport e Comunità, la benemerita del Coni presieduta da
Claudio Ciampi. Scortati da una Lamborghini Urus della Polizia di Stato, con a
bordo un medico specializzato e due agenti della Stradale, attraverseranno il
cuore dell’Europa da nord a sud, toccando Inghilterra, Francia, Svizzera e
Italia, con soste significative in18 città e 3 capitali europee. Belfiore, nel
rimarcare la vicinanza della Polizia di Stato alla carovana di Juppiter, ha
sottolineato l’importanza delle numerose iniziative di prossimità avviate sul
territorio. “L’impegno profuso dai poliziotti in iniziative come quella odierna
– ha detto – trova la sua ricompensa nelle emozioni, nella gratitudine e nei
legami umani che si creano con il mondo giovanile anche della disabilità”. Il
presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, nel suo intervento ha
ribadito: “È emozionante oggi essere qui, in questo luogo, perché ha la
simbolica valenza dell’abbraccio, l’abbraccio grande di questa piazza,
l’abbraccio unico che ci donate con quello che di straordinario fate ogni
giorno. Grazie a Salvatore, grazie a tutti i ragazzi di Juppiter. La Regione
Lazio è al vostro fianco, buon viaggio”.
“Abbiamo sempre pensato che fossero i più forti ad
aiutare i più fragili. In questo viaggio è vero il contrario: sono proprio le
fragilità a diventare la guida per tutti. Il rovesciamento di prospettiva è il
cuore di Back Home: non siamo noi a portare loro, ma loro a portare noi. È un
invito a guardare il mondo con occhi nuovi, dove la diversità non è qualcosa da
colmare, ma un dono da accogliere”, ha concluso Salvatore Regoli, presidente
dell’Associazione Juppiter. Due gli ambasciatori italiani che i ragazzi
incontreranno: a Londra e a Parigi, grazie alla collaborazione del Ministero
degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e al ministro Antonio
Tajani, che ha ospitato alla Farnesina la presentazione della carovana. Cinque
ragazzi con diverse abilità saranno il cuore pulsante di questo viaggio: in un
sorprendente rovesciamento di prospettiva, saranno infatti loro a prendersi
cura di quattro adolescenti tra i 12 e i 18 anni. Un cammino in cui la
fragilità non è un limite, ma una risorsa educativa, una chiave per la scoperta
e la crescita reciproca. Back Home è un pellegrinaggio laico che vuole parlare
ai giovani e alle comunità. Ogni tappa sarà un’occasione di incontro, dialogo e
riflessione. “I giovani hanno bisogno di vivere avventure positive”, ricorda
don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, dalla quale Juppiter trae ispirazione e
questa carovana lo è a pieno titolo: un cammino che trasforma la fragilità in
risorsa e l’esperienza in crescita. L’iniziativa si svolge sotto l’alto
patrocinio del Parlamento europeo e coinvolge numerose istituzioni pubbliche e
private. Un viaggio che è molto più di un attraversamento geografico: è un
ritorno alle radici, un invito a riscoprire l’Europa della solidarietà e della
speranza. Sir 12
Leone XIV al Clero di Roma: "Camminiamo insieme"
Il Clero della Diocesi di Roma in udienza dal papa in
aula Paolo VI in Vaticano - Di Antonio Tarallo
Città del Vaticano. Il Clero della Diocesi di Roma
incontra il suo Vescovo, Papa Leone XIV. Grande emozione da parte di tutti i
presenti all’udienza che si è tenuta stamane nell’aula Paolo VI. Emozione che
si percepisce già dal saluto che il cardinal Baldassare Reina, Vicario Generale
per la Diocesi di Roma e Arciprete della Basilica Papale di San Giovanni in
Laterano, ha rivolto al pontefice. Dopo aver presentato i numeri della Diocesi
di Roma (il clero romano è composto da 809 sacerdoti, mentre i diaconi permanenti
sono 149) Reina si sofferma sul “carettere” di questi numeri, volti ed
esperienze del clero romano: “Il suo presbiterio, Santo Padre, è un presbiterio
generoso, con un forte senso di appartenenza e con una passione pastorale molto
marcata. Di fronte alle difficoltà reagisce in maniera positiva; schietto nel
riconoscere i problemi o le criticità, con uno spiccato senso dell’umorismo e
sempre pronto a ripartire per il bene della chiesa e delle singole comunità”. E
aggiunge: “Non siamo esenti dai condizionamenti culturali di questo tempo
complesso e spesso ci interroghiamo su come reagire rispetto alle tante spinte
che ci arrivano da ogni dove”.
Un affetto, quello del Clero della Diocesi di Roma,
ricambiato dallo stesso papa Leone XIV che saluta tutti “con affetto e
amicizia”. Prima di tutto, rigrazia per la “vita donata a servizio del Regno,
per le vostre fatiche quotidiane, per tanta generosità nell’esercizio del
ministero, per tutto ciò che vivete nel silenzio e che, a volte, è accompagnato
da sofferenza o da incomprensione”. Poi, anche papa Leone XIV descrive la
situazione del clero a Roma, sottolineando che “la nostra è una Diocesi davvero
particolare, perché tanti sacerdoti arrivano da diverse parti del mondo,
specialmente per motivi di studio; e questo implica che anche la vita pastorale
– penso soprattutto alle parrocchie – sia segnata da questa universalità e
dalla reciproca accoglienza che essa comporta”.
Fa riferimento, partendo proprio da questo variopinto
panorama della situazione della Diocesi, all’unità e alla comunione. Bisogna
essere uniti perché “il Signore sa bene che solo uniti a Lui e uniti tra di noi
possiamo portare frutto e dare al mondo una testimonianza credibile”. E poi,
c’è il riferimento alla comunione, altra parola chiave del discorso del papa.
Una comunione che a Roma - secondo papa Leone - è “favorita dal fatto che per
antica tradizione si è soliti vivere insieme, nelle canoniche come nei collegi
o in altre residenze. Il presbitero è chiamato ad essere l’uomo della
comunione, perché lui per primo la vive e continuamente la alimenta”. Ma
evidenzia anche gli ostacoli che possono essere presenti: “Sappiamo che questa
comunione oggi è ostacolata da un clima culturale che favorisce l’isolamento o
l’autoreferenzialità. Nessuno di noi è esente da queste insidie che minacciano
la solidità della nostra vita spirituale e la forza del nostro ministero”.
Raccomnda di vigilare su questo problema. Anche perché non si è indenni, molte
volte, da una sorta di “stanchezza che sopraggiunge perché abbiamo vissuto
delle fatiche particolari, perché non ci siamo sentiti compresi e ascoltati, o
per altri motivi”. E a queste problematiche, papa Leone risponde con queste
parole: “Io vorrei aiutarvi, camminare con voi, perché ciascuno riacquisti
serenità nel proprio ministero; ma proprio per questo vi chiedo uno slancio
nella fraternità presbiterale, che affonda le sue radici in una solida vita
spirituale, nell’incontro con il Signore e nell’ascolto della sua Parola”. E’
la Parola ad essere “linfa”: solo se ci si nutre da essa, allora “riusciamo a
vivere relazioni di amicizia, gareggiando nello stimarci a vicenda”.
Papa Leone XIV, per questi motivi, auspica di “camminare
insieme” perché ciò “è sempre garanzia di fedeltà al Vangelo; insieme e
in armonia, cercando di arricchire la Chiesa con il proprio carisma ma avendo a
cuore l’essere l’unico corpo di cui Cristo è il Capo”. Ma, papa Leone XIV fa
anche riferimento alla esemplarità che vuol dire “trasparenza della vita”: “Ve
lo chiedo con il cuore di padre e di pastore: impegniamoci tutti ad essere
sacerdoti credibili ed esemplari! Siamo consapevoli dei limiti della nostra
natura e il Signore ci conosce in profondità; ma abbiamo ricevuto una grazia
straordinaria, ci è stato affidato un tesoro prezioso di cui siamo ministri,
servitori”.
Esorta tutti i sacerdoti a lasciarsi attrarre ancora
“dalla chiamata del Maestro, per sentire e vivere l’amore della prima ora,
quello che vi ha spinto a fare scelte forti e rinunce coraggiose. Se insieme
proveremo ad essere esemplari dentro una vita umile, allora potremo esprimere
la forza rinnovatrice del Vangelo per ogni uomo e per ogni donna”. E poi
enuncia alcune sfide: “Siamo preoccupati e addolorati per tutto quello che
succede ogni giorno nel mondo: ci feriscono le violenze che generano morte, ci
interpellano le disuguaglianze, le povertà, tante forme di emarginazione
sociale, la sofferenza diffusa che assume i tratti di un disagio che ormai non
risparmia più nessuno. E queste realtà non accadono solo altrove, lontano da
noi, ma interessano anche la nostra città di Roma, segnata da molteplici forme
di povertà e da gravi emergenze come quella abitativa”. Ricorda a tutti che “il
Signore ha voluto proprio noi in questo tempo pieno di sfide che, a volte, ci
appaiono più grandi delle nostre forze. Queste sfide siamo chiamati ad
abbracciarle, a interpretarle evangelicamente, a viverle come occasioni di
testimonianza. Non scappiamo di fronte ad esse!”, così continua il pontefice.
Fa, allora riferimento ad alcuni “santi sacerdoti” come don Primo Mazzolari e don
Lorenzo Milani, “profeti di pace e di giustizia” e, poi, anche a don Luigi Di
Liegro “che, di fronte a tante povertà, ha dato la vita per cercare vie di
giustizia e di promozione umana”. Infine, esorta ad “attingere alla forza di
questi esempi per continuare a gettare semi di santità nella nostra città”. Aci
12
Continua il dialogo tra la Santa Sede e le Autorità cinesi
Oggi la nomina del Vescovo Ausiliare di Fuzhou.
"Tale evento costituisce un ulteriore frutto del dialogo tra la Santa Sede
e le Autorità cinesi"
Città del Vaticano. “Si apprende con soddisfazione che
oggi, in occasione della presa di possesso dell’Ufficio di Vescovo Ausiliare di
Fuzhou da parte di Monsignor Giuseppe Lin Yuntuan, il suo Ministero episcopale
viene riconosciuto anche agli effetti dell’ordinamento civile. Tale evento
costituisce un ulteriore frutto del dialogo tra la Santa Sede e le Autorità
cinesi ed è un passo rilevante nel cammino comunionale della Diocesi”.
Questa è la dichiarazione del direttore della Sala Stampa
della Santa Sede, Matteo Bruni, sulla presa di possesso dell’Ufficio di Vescovo
Ausiliare di Fuzhou da parte di Mons. Giuseppe Lin Yuntuan.
Il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede di oggi
pubblica infatti anche la notizia della nomina. “Oggi, mercoledì 11 giugno
2025, ha avuto luogo il riconoscimento agli effetti civili e la presa di
possesso dell’Ufficio di S.E. Mons. Giuseppe Lin Yuntuan, che il Santo Padre,
nel quadro del dialogo relativo all’applicazione dell’Accordo Provvisorio tra
la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, ha nominato, in data 5 giugno
2025, Vescovo Ausiliare di Fuzhou (Provincia del Fujian, Cina).
Monsignor Giuseppe Lin Yuntuan è nato a Fuqing (Fujian)
il 12 marzo 1952. Dal 1979 al 1983 ha frequentato il Seminario Diocesano di
Fuzhou. È stato ordinato sacerdote il 9 aprile 1984. Dal 1984 al 1994 e,
ancora, dal 1996 al 2002 ha ricoperto l’Ufficio di Parroco in varie Parrocchie
della Diocesi.
Nel 1985 ha anche svolto l’incarico di insegnante nel
Seminario Diocesano. Dal 1994 al 1996 e, poi, dal 2000 al 2003 ha svolto
l’incarico di Vice-Direttore della Commissione Economica diocesana. Nel
medesimo tempo, per diversi anni, è stato Delegato episcopale. Dal 2003 al 2007
ha ricoperto l’Ufficio di Amministratore diocesano, mentre nel periodo
successivo, fino al 2013, ha coadiuvato l’Amministratore Apostolico della
circoscrizione in qualità di suo Delegato. In seguito, dal 2013 al 2016, ha
svolto il Ministero di Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis. Ha
ricevuto l’ordinazione episcopale il 28 dicembre 2017. Aci 11
Migrazioni. Firmato il Protocollo tra Ministero dell’Interno e CEI
Valorizzare le migrazioni legali destinando iniziative di
accoglienza e di inclusione ai migranti che ne hanno diritto. È questo
l’obiettivo del Protocollo di intesa tra il ministero dell’Interno e la
Conferenza Episcopale Italiana, firmato oggi, 11 giugno, al Viminale dal
Ministro Matteo Piantedosi e dal Cardinale Presidente Matteo Zuppi.
Attraverso intese tra Prefetture ed Enti ecclesiastici
territoriali saranno promosse attività dedicate a richiedenti asilo e
rifugiati, e in generale ai cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità.
Per favorire una maggiore sinergia di azione e di
intenti, sarà inoltre istituito un Tavolo tecnico permanente per individuare e
monitorare le iniziative più adeguate.
Il Ministro Piantedosi ha sottolineato: “Con la firma di
oggi rafforziamo un modello di accoglienza che coniuga solidarietà e legalità,
valorizzando il ruolo fondamentale delle realtà ecclesiali sui territori. È
responsabilità di chi governa un Paese stabilire regole di ingresso e politiche
migratorie ed è altrettanto doveroso garantire tutela ai più vulnerabili e a
chi fugge da guerre e persecuzioni. Confido che il Tavolo tecnico sia uno
strumento operativo fondamentale per rendere ancora più efficace il lavoro sui
territori”.
“Questo Protocollo è frutto di un lavoro di dialogo e
confronto con il Ministero, di cui ringrazio il Ministro Piantedosi. La firma
odierna sottolinea e conferma la collaborazione con le istituzioni e il grande
ruolo delle comunità ecclesiali per l’accoglienza e l’integrazione,
contrastando l’illegalità con la legalità. Questo Documento rappresenta infatti
un ulteriore passo per garantire diritti e doveri sicuri ai migranti, che non
sono mai solo numeri o braccia, ma persone che hanno bisogno di politiche lungimiranti
di integrazione. Da anni, le Diocesi italiane sperimentano e dimostrano che è
possibile tenere insieme la richiesta di sicurezza, il desiderio di solidarietà
e l’esigenza di andare incontro ai bisogni di chi è costretto a scappare dalla
propria terra. La questione riguarda tutti, istituzioni e comunità: è in gioco
il futuro per loro e per la nostra società”, ha affermato il Cardinale Zuppi.
Cei 11
Diocesi di Rottenburg-Stoccarda: pellegrinaggio delle MCI al santuario
mariano di Zwiefalten
Kempten. Scrive la Signora Pina Baiano, Segretaria della
Missione Cattolica Italiana di Kempten, e Segretaria organizzativa del locale
Circolo ACLI: il 9 giugno scorso, Lunedì di Pentecoste, un piccolo
gruppo della Missione Cattolica Italiana di Kempten, ci siamo recati in
Pellegrinaggio a Zwiefalten, per andare a venerare la Vergine Maria nel
bellissimo Santuario di Nostra Signora, insieme ad altre centinaia di
pellegrini provenienti da ben 35 Missioni Cattoliche Italiane della Diocesi di
Rottenburg-Stoccarda.
Guidati dal nostro Rettore, Padre Bruno Zuchowski, siamo
partiti da Kempten con un piccolo bus messoci a disposizione dal Decano
Bernhard Hesse della chiesa di St. Anton, dove ogni sabato vengono celebrate le
sacre funzioni per la Comunità di Kempten e dintorni. Arrivati a destinazione
ci siamo incontrati con una famiglia di Augsburg. Purtroppo noi della
nostra zona non eravamo in tanti data la coincidenza con le vacanze scolastiche
di Pentecoste. Da Napoli era presente il Vescovo Ausiliare Michele Autuoro che
ha tenuto una magnifica Omelia. Le offerte dei fedeli sono state destinate a un
progetto di assistenza in Uganda, appoggiato dal Vescovo e da due Missionari
della Diocesi di Rottemburg-Stoccarda. Tutto bellissimo il proseguo
dell'incontro: veramente una splendida giornata. Nel grande tendone allestito a
due passi dal Santuario ci siamo pure incontrati con il Gruppo della Missione
Cattolica Italiana di Ulm e Neu-Ulm e con il suo Rettore, Don
Giampiero Fantastico, che, con regolarità sostituisce nella S. Messa prefestiva
–quando concordato– il nostro Padre Zuchowski. Mentre consumavamo il pranzo con
leccornie portate da casa e con diverse pietanze in vendita nel tendone, si
sono esibiti con danze c canti folcloristici diversi gruppi facenti parte delle
varie comunità presenti. Non sono mancati anche dei divertenti balli di
gruppo moderni. Particolarmente simpatiche le esibizioni di alcuni bambini.
Del nostro gruppo che ha lasciato l'incontro verso le
17:00, –oltre alle persone già nominate– ricordiamo inoltre: il nostro
instancabile Ignazio Romano, la Signora Maria Mangano, i Signori Perri, i
Signori Basta di Sonthofen e i Coniugi Carella, validi collaboratori di Padre
Bruno, che è anche Rettore della Missione Cattolica Italiana di Augsburg. Fernando
A. Grasso, dip 11
Leone XIV. Appunti di un cronista in Vaticano. Vita e visione di un Papa
agostiniano
Un racconto a due voci per capire l’uomo, il Papa e il
tempo che stiamo vivendo. Il libro di Anthony Muroni e Sebastiano Catte per
Com.Unica libri
Roma, giugno 2025 – Un Conclave inaspettato, un Papa che
viene dall’America profonda, un giornalista che si muove tra le navate
silenziose di San Pietro, mentre il mondo attende un nome. È da qui che nasce
Leone XIV. Appunti di un cronista in Vaticano, il nuovo libro edito da Comunica
Libri, che racconta la sorprendente elezione al soglio pontificio di Robert
Francis Prevost, il primo Papa statunitense della storia. Un’opera suddivisa in
due parti, due sguardi, due livelli di lettura che si intrecciano: da una parte
la cronaca viva dei giorni che hanno preceduto e seguito l’elezione, dall’altra
la ricostruzione biografica e spirituale di una figura destinata a lasciare un
segno profondo nella Chiesa e nel mondo.
Il libro nasce dall’incontro tra Anthony Muroni,
giornalista professionista e direttore di Tele Sardegna, già autore di un libro
dedicato a Papa Francesco all'inizio del suo pontificato e Sebastiano Catte,
vicedirettore dell'agenzia giornalistica Com.Unica e da sempre attento ai temi
della spiritualità contemporanea. Insieme offrono al lettore un racconto unico,
accessibile, avvincente. Non un testo per soli addetti ai lavori, ma una
narrazione per tutti: credenti e non credenti, appassionati di attualità e
osservatori curiosi, lettori in cerca di senso e contesto.
La prima parte del libro è firmata da Anthony Muroni e ha
il passo rapido del reportage, il tono sobrio del testimone, la tensione del
momento. Nei suoi “appunti” si respira il clima febbrile e sospeso che ha
accompagnato la morte di Papa Francesco e le ore che hanno condotto
all’apertura del Conclave. Con lo sguardo lucido del cronista e la sensibilità
di chi porta con sé le radici della propria terra - la Sardegna - Muroni
racconta da dentro, tra i corridoi del Vaticano e le piazze della Roma cattolica,
restituendo la complessità e l’umanità di quei giorni con uno stile diretto,
asciutto, coinvolgente. Muroni, inviato per l'Unione Sarda anche per il
Conclave che elesse al soglio pontificio il Cardinale Jorge Mario Bergoglio,
ricorda nelle pagine introduttive che nella precedente esperienza si sentiva
spinto dalla voglia di raccontare con precisione quella che era la cronaca di
giornate straordinarie. “Oggi, invece – sottolinea - sento che la cronaca non
basta. Serve qualcosa di più. Serve uno spazio in cui riflettere, cucire
insieme i frammenti raccolti e donare a chi legge non solo il 'cosa è
successo', ma anche il 'perché' dietro ogni gesto, parola e decisione.” Nelle
pagine del libro non troviamo forzature, né sensazionalismi: solo lo sguardo di
chi osserva, ascolta, annota. Si alternano ritratti di cardinali, indiscrezioni
ragionate, riflessioni sul futuro della Chiesa e impressioni colte sul campo. E
poi l’attimo decisivo: l’elezione di un cardinale poco conosciuto dal grande
pubblico, Robert Francis Prevost, missionario agostiniano, figlio spirituale
delle periferie del mondo e delle domande profonde dell’uomo contemporaneo.
Nella seconda parte, curata da Sebastiano Catte, il tono
cambia ma resta coerente, senza mai perdere l'approccio divulgativo. È qui che
emerge il profilo di Leone XIV: dalla giovinezza a Chicago, segnata dalla
passione per la matematica e per i Chicago White Sox, al percorso religioso
nell’Ordine di Sant’Agostino, fino agli anni vissuti come missionario in Perù,
dove ha condiviso la vita quotidiana delle comunità più povere del continente
latinoamericano. Catte ricostruisce i momenti chiave del cammino spirituale e
umano di Prevost: l’insegnamento accademico, la guida dell’Ordine agostiniano,
l’ingresso nei dicasteri vaticani, e infine l’elezione al pontificato con il
nome di Leone XIV, in omaggio a una figura antica ma anche come segno di forza
e discernimento.
Ne emerge il ritratto di un Papa che unisce rigore e
mitezza, razionalità e intuizione, dottrina e passione. Un pontefice capace di
parlare a credenti e non credenti, che non teme il confronto con le sfide
globali, ma le affronta con il passo dell’uomo di fede e la lucidità del
pensatore. È pertanto un libro sul tempo che stiamo vivendo. Un tempo fragile,
attraversato da guerre, disuguaglianze, crisi di senso. In questo contesto, la
figura di Leone XIV si staglia come un segno di discontinuità e di fedeltà:
fedeltà al Vangelo, ma anche alla vita concreta delle persone.
Il libro offre al lettore strumenti per comprendere cosa
sta accadendo nella Chiesa e nel mondo cattolico, ma lo fa senza tecnicismi né
barriere. Ogni pagina è costruita per includere, per accogliere, per
accompagnare. “L’obiettivo non è tanto quello di spiegare tutto - scrive Catte
- ma aprire spazi di riflessione e
ascolto, condividere una mappa, una prima guida attraverso i gesti, le parole e
i silenzi di un uomo che - da Chicago a Roma, passando per il Perù - ha saputo
farsi prossimo, e ora si ritrova, quasi con discrezione, al centro della scena
mondiale.”
Scheda del libro. Titolo: Leone XIV. Appunti di un
cronista in Vaticano
Autori: Anthony Muroni - Sebastiano Catte. Editore:
Comunica Libri
Pagine: 238. Prezzo: €14,50 (cartaceo) - €5,99 (ebook)
Distribuzione: Su Amazon e in seguito su altri store
online e librerie
https://www.amazon.it/LEONE-XIV-cronista-Vaticano-agostiniano/dp/B0FBMCYGC8.
ISBN: 79-8-89971-008-7
Per interviste, recensioni o richieste copie saggio:
Comunica Libri. Scrivere a contatti@comunicalibri.org
Dip 11
Card. Zuppi: “Il territorio entri nelle carceri”
Visita questa mattina del card. Zuppi alla Casa
circondariale di Marino del Tronto (Ascoli Piceno). "Porta della speranza
sulla realtà carceraria" il tema dell'evento che ha permesso di porre
attenzione sulle principali problematiche relative alla vita della popolazione
dei detenuti afflitta da sovraffollamento, suicidi, diritto alla salute, vuoto
affettivo. Il richiamo del cardinale alla speranza attraverso un impegno
concreto e sinergico tra società civile e Istituzioni che faccia perno su lavoro,
studio e formazione, come via privilegiata all'inclusione e al reinserimento.
Di Daniele Rocchi
“Se vogliamo la sicurezza, dobbiamo guardare al futuro. E
il carcere non deve mai essere soltanto punitivo, ma deve sempre guardare al
futuro, perché solo questo ci dà la vera sicurezza. E in questo campo c’è molto
da fare”. Lo ha ribadito il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, facendo
il suo ingresso, questa mattina, nella Casa circondariale di Marino del Tronto
(Ascoli Piceno), per un incontro con i detenuti organizzato nell’ambito di un
convegno sul tema “Giustizia e speranza – Carcere e territorio” promosso
congiuntamente dalle diocesi di Ascoli e san Benedetto del Tronto, guidate dal
vescovo mons. Gianpiero Palmieri. Al suo ingresso il cardinale è stato accolto
dalla direttrice Daniela Valentini e dai rappresentanti delle Istituzioni
politiche, amministrative e carcerarie della Regione Marche. Nel piazzale un
enorme dipinto di un veliero, “Libera”, con un gabbiano, a fare da sfondo a
questa visita tanto attesa dai circa 150 detenuti della Casa, l’unica delle
Marche a ospitare anche detenuti psichici.
Segnali preoccupanti. “Ci sono tanti segnali che da anni
sono preoccupanti – ha spiegato Zuppi – pensiamo soprattutto ai suicidi nelle
carceri che sono l’evidenza di un malessere che nasce anche dalle condizioni
difficili in cui vivono i detenuti, da problemi anche psichiatrici, certamente,
e questo deve indurre a garantire delle strutture più efficienti”. “I detenuti
– ha rimarcato il presidente della Cei – sono i fratelli più piccoli di Gesù.
Ero carcerato, sei venuto o non sei venuto a visitarlo. E la visita non è
soltanto timbrare il cartellino ma è farsi carico, è, appunto, visitare”. A
riguardo il presidente della Cei ha voluto ringraziare le tante realtà di
volontariato legate alla Chiesa che operano nelle carceri. Ma non è abbastanza.
Sicuramente dobbiamo fare di più”.
“Il carcere non è un’isola che non ha niente a che vedere
con la nostra realtà, ma è dentro la nostra realtà”.
Concetto ripreso e ribadito anche da mons. Palmieri nel
suo saluto di apertura di convegno. Il cardinale ha incontrato privatamente i
detenuti, ha raccolto le loro voci, li ha ascoltati, ma nulla ha fatto
trapelare della loro conversazione. Ma ha voluto parlare, quasi in risposta, di
umanizzazione del carcere: “Più la si umanizza e più si prepara un futuro
migliore per tutti – ha ripetuto -. La giustizia deve essere sempre liberativa,
riparativa. Se resta solo punitiva è pericolosa. Pericolosa non solo per chi la
subisce, perché diventa condanna senza speranza, ma anche per chi l’ha subita
come vittima”. Parole raccolte anche da Rosa D’Arca, dell’Associazione Vic
(Volontari in carcere) e da Giancarlo Giulianelli, Garante regionale delle
Marche per i diritti della persona. Sovraffollamento, suicidi, diritto alla
salute, vuoto affettivo, sono stati alcuni dei punti ‘dolenti’ sollevati
durante l’incontro e su cui Chiesa, Istituzioni, società civile sono chiamate a
convergere per offrire soluzioni sostenibili e rispettose delle norme e
dignitose per la popolazione carceraria.
Giustizia e speranza. Per il cardinale giustizia fa rima
con speranza: “Qualche volta – ha detto Zuppi – pensiamo alla giustizia come
l’inferno di Dante. Perdete ogni speranza voi che entrate e chi entra qui
dentro, nel carcere, spesso, la speranza l’ha perduta per tanti motivi e per
tante sue responsabilità. Invece la si deve ritrovare”. Questa ricerca
deve essere sostenuta dal territorio nel quale insiste il carcere. “Spesso – ha
ricordato il presidente della Cei – si parla di carceri modello. Ma perché sono
un modello? Perché questo modello non viene copiato da altri istituti di pena?”
La risposta del cardinale è stata chiara e netta: “Perché il territorio vi è
entrato dentro con il volontariato, con l’imprenditoria, con l’offerta di
lavoro”. A Bologna, ha ricordato Zuppi, c’è un carcere dove degli imprenditori
hanno impiantato una fabbrica per dare occupazione ai detenuti”. Il lavoro, lo
studio, la formazione: sono strumenti di recupero e di integrazione per tanti
detenuti”. Stime parlano che solo il 24% della popolazione carceraria lavora,
“questo – ha avvertito il presidente della Cei – significa che per il 76% non
c’è ancora nulla”.
La speranza in un carcere ha un prezzo e per Zuppi
“bisogna investirci perché diventi un progetto, un accompagnamento, una
rieducazione, che poi – ha rimarcato – è proprio quello a cui
costituzionalmente siamo chiamati”.
Con lo stile di Papa Francesco. Con lo stile indicato da
Papa Francesco che per la sua ultima uscita pubblica ha scelto proprio un
carcere, quello di Regina Coeli. “È andato lì senza poter parlare, solo per
stare lì, per dire ai carcerati, ‘sto con voi’. Per accendere la speranza e
sospendere il giudizio che accompagna ogni detenuto”. Sospendere il giudizio,
ha precisato il card. Zuppi, “non significa dimenticarsi del passato, di ciò
che è accaduto. Assolutamente no. Ma non deve diventare l’ultima parola. Guardare
anche al futuro come redenzione”.
Da qui il richiamo al Giubileo il cui tema è proprio la
speranza. “Papa Francesco ha voluto aprire la porta del Giubileo dentro il
carcere di Rebibbia per indicare a tutti, non soltanto ai detenuti, qual è la
porta della speranza.
Propongo ai governi di assumersi iniziative che
restituiscano speranza, penso a forme di amnistia volte ad aiutare le persone a
recuperare fiducia in se stessi e nella società, a corsi di reinserimento nelle
comunità in vista di un concreto impegno nell’osservanza delle leggi”. Al
termine della visita al carcere, il card. Zuppi ha portato i suoi saluti al
meeting dei giornalisti che si teneva nello stesso giorno ad Ascoli Piceno per
iniziativa delle diocesi del Piceno sul tema “Disarmare le parole” aperto dalla
testimonianza del parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli. Sir 10
Referendum cittadinanza, mons. Perego: “Un segnale negativo del Paese nei
confronti degli immigrati”
Nessuno dei cinque referendum abrogativi su lavoro e
cittadinanza ha raggiunto il quorum previsto, pari al 50 per cento più uno
degli elettori perché l’esito sia considerato valido.
Secondo Eligendo, portale del ministero dell’Interno,
l’affluenza è stata complessivamente intorno al 30,6 per cento degli aventi
diritto, pari a oltre 14 milioni di elettori che si sono recati alle urne. Sui
4 referendum riguardanti il mondo del lavoro è prevalso nettamente il “sì”,
mentre per il referendum sulla cittadinanza i “sì” sono stati il 65,49%.
“È un segnale negativo di un Paese nei confronti degli
immigrati. Le nostre città, le nostre imprese, le nostre aziende agricole
avranno sempre meno persone immigrate che le ameranno, perché si sono sentiti
lasciati fuori dalla città: solo lavoratori e non cittadini”. Mons. Gian Carlo
Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della
Fondazione Migrantes, ha commentato così con Adnkronos l’esito referendario,
con particolare riferimento al quesito legato alla cittadinanza che chiedeva ai
cittadini di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legali in Italia per
potere fare domanda di cittadinanza italiana. “Per il referendum della
cittadinanza, il più votato, il doppio dei voti è andato per il sì. L’aspetto
interessante è che i giovani sono andati a votare”. D’altra parte, osserva
mons. Perego, “dopo due bocciature della riforma, anche questa bocciatura nei
confronti di un aspetto della legge della cittadinanza, sta a indicare un
ulteriore involuzione nazionalista del Paese”. Migr. on 10
La Mci San Giuseppe di Karlsruhe in festa mariana tra fede e tradizione
Karlsruhe. Si è tenuta come da tradizione domenica 1
giugno, presso la Unserer
Lieben Frau di Karlsruhe, la festa della Madonna. Un
evento religioso che chiude con essa il mese di maggio. Un mese che per
antonomasia è dedicato alla figura della Beata Maria e che ha visto una
cospicua partecipazione di fedeli. La Santa Messa, dedicata alla solennità
della Vergine Maria, è stata celebrata dal Vicario missionario Salesiano don
Waldemar Massel, entrato nel quarto anno alla guida della Missione Cattolica
Italiana San Giuseppe di Karlsruhe, con il ruolo di parroco. Durante la
celebrazione, tante sono state le riflessioni fatta dal presule ai fedeli
presenti e che ha voluto infondere e rinnovare speranza proprio nel giorno in
cui, umanamente, si può sentire la distanza della nostra Beata Vergine Maria,
Madre di nostro Signore Gesù, che “sale” e che sembra allontanarsi. Mentre, la
chiave per sentirla ancora più vicina e nel cuore, è la fede.
In un momento di raccoglimento e devozione in chiesa,
Litanie lauretane, processione, pranzo comunitario rallegrato tra musica, balli
e chiuso con il Santo Rosario, la comunità del posto ha salutato l’intensa
giornata dedicata alla Madonna. Un gesto simbolico legato al culto mariano
locale e che si ripete annualmente in onore della Beata Maria. In un clima
accogliente, gioioso e festoso la serata, ha dato spazio anche a un celebrativo
compleanno, con tanto di torta a sorpresa a Baracca Nunzio, giunto alla soglia
della terza età, commuovendo gli animi della collettività presente, presule,
moglie e figli compresi.
La celebrazione della Madonna che in realtà
tradizionalmente coinvolge più parti e Paesi, è dedicata per tutto il mese di
maggio alla figura di Maria e unisce aspetti sacri e tradizioni popolari sia
cattoliche, sia ortodosse. Questa festa, non è solo una festa religiosa ma un
momento d’incontro, di ritrovo, di scambio culturale. Capace di unire gli
sforzi del volontariato delle Missioni locali, tra queste, riportiamo
fedelmente oggi quella fatta dalla Missione Cattolica Italiana San Giuseppe di
Karlsruhe. L’evento religioso è preceduto da diverse celebrazioni fatte durante
tutto il mese di maggio. La Beata Maria ha sostato inoltre di casa in casa, tra
le tante, anche in quella della presidentessa della Missione San Giuseppe di
Karlsruhe Francesca Bonfante. “Anche in questa occasione, c’è stata
una grande partecipazione da parte della collettività e questo mi fa piacere.
Sono grato inoltre per il prezioso aiuto e per il minuzioso lavoro che svolgono
ogni volta sia le tante persone del Gruppo Santa Marta, capitanata da Anna
Maria Canfailla, sia quelle del Consiglio pastorale, capitanata da
Francesca Bonfante. Ogni mansione che affido loro, lo mandano avanti con grande
impegno, spirito d’iniziativa, profonda spiritualità, ineguagliabile
solidarietà e incondizionata armonia…” ci dice entusiasta il Vicario
missionario don Waldemar Massel “…tutti loro, nessuno escluso, sono un bene
aggiunto e prezioso che non ha eguali nella Missione, per il sostentamento
della comunità. Certo, gioendo, non abbiamo dimenticato comunque le persone in
diverso tipo di difficoltà. Anche se il culmine della vita di una comunità
cristiana è la celebrazione eucaristica, la nostra Mci “San Giuseppe” di
Karlsruhe coglie sempre spunti per vivere momenti di fraternità. Altrettanti
eventi importanti e Pellegrinaggi sono pronti per essere colmati dalla nostra
Comunità di Karlsruhe e circondario, pertanto, le porte della nostra Missione
sono aperte a tutti quelli che desiderano farne parte…” prosegue il presule
“…colgo l’occasione del vostro intervento Angela, per ricordare la Comunità di
alcuni appuntamenti già visibili anche al nostro sito ufficiale della
missione di Karlsruhe e sui nostri social, come quello di domenica 8 giugno
2025 per la Pentecoste a Karlsruhe, con la celebrazione della Santa Messa, ULF
ore 11:45, mentre a Rastatt presso la Bernharduskirche ore 18:00; domenica, 15
giugno 2025 Karlsruhe, ULF, ore 11:45 e a Rastatt ore 18:00; martedì, 17 giugno
2025 Karlsruhe, la celebrazione del Manto di San Giuseppe alle ore 19:00; mercoledì,
18 giugno 2025 si terrà a Rastatt ore 19:00 la celebrazione del Manto di San
Giuseppe, presso la Bernharduskirche; domenica, 19 giugno 2025 Karlsruhe,
ULF, ore 10:00 Santa Messa e processione del Corpusdomini, assieme alla
Comunità tedesca; lo stesso a Rastatt, Santa Messa e processione presso la
Sankt Alexander alle ore 10:00, sempre assieme alla Comunità tedesca;
domenica, 22 giugno 2025 Karlsruhe, Santa Messa, ULF, ore 11:45 e a
Rastatt ore 18:00; domenica, 29 giugno 2025 Karlsruhe, Santa Messa, ULF, ore
11:45. Tornando a noi Angela…” termina don Waldemar “…bella giornata, bella
festa, bella gente e quindi, come dico sempre: ci auguriamo di ritrovarci
sempre in ogni piccola e o grande occasione religiosa e festosa, come di
continuare ad incontrarci sempre con quello spirito d’iniziativa in altrettante
circostanze anche future; saremo magari un po’ più vecchi anagraficamente
parlando ma sempre giovani nello spirito. Grazie a tutti, nessuno escluso!”
Premetto che è stata un mese impegnativo, ricco di tante emozioni e conclusa
oggi con una giornata piena di amorevoli soddisfazioni. Tutto il mese di
maggio, non a caso, è dedicato al definito mese mariano. Ci siamo riuniti e
recitato il Santo Rosario ogni lunedì, presso le grotte di Lourdes a Ettlingen,
mentre il martedì in chiesa. Nei restanti giorni, la Madonnina, è stata inoltre
ospitata anche da diversi fedeli che l’hanno portata in casa e praticato anche
lì, in buona compagnia, il Santo Rosario…” ha aggiunto commossa Anna Maria
Canfailla, coordinatrice delle feste e capogruppo della Diaconia- Santa Marta
della Missione Cattolica Italiana San Giuseppe di Karlsruhe “…questa domenica
infine, come hai potuto notare anche tu Angela, con la benedizione del nostro
parroco don Waldemar Massel, abbiamo chiuso con gloria il mese mariano.
Ringrazio principalmente il nostro don Waldemar Massel, per la fiducia che pone
a ognuno di noi e per la forza che ha nel riuscire a mantenere unita la nostra
comunità San Giuseppe di Karlsruhe, sia tutti i componenti della nostra Missione,
nessuno escluso, che hanno reso possibile tutto questo. Non per ultimo
ringrazio la tua emittente TeleVideoItalia.net Angela e tuo marito Dino, sempre
pronti ad aderire al nostro invito e che con impegno date input e voce a noi e
a quello che facciamo, condividendo le nostre emozioni e divulgando nel mondo
le nostre iniziative e opere caritatevoli. W Maria.”
Angela Saieva, TeleVideoItalia.net, dip
Il Concilio di Nicea segnò l’unità dei cristiani
Don Maurizio Girolami: il significato per i cristiani di
questo 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea - Di Simone Baroncia
Roma. “Il prossimo anno, i cristiani di tutto il mondo
celebreranno i millesettecento anni dal primo Concilio ecumenico, Nicea. Questo
anniversario ci ricorda che professiamo la stessa fede e, quindi, abbiamo la
stessa responsabilità di offrire segni di speranza che testimoniano la presenza
di Dio nel mondo”: così si era espresso a metà dicembre papa Francesco
ricevendo una delegazione del Consiglio Metodista mondiale, ribadendo il
desiderio di recarsi a Nicea.
Tale proposito era stato espresso da papa Francesco in
una lettera autografa indirizzata al patriarca ecumenico, Bartolomeo I, in
occasione della festa di sant’Andrea: “Cattolici e ortodossi non devono mai
cessare di pregare e lavorare insieme per disporci ad accogliere il dono divino
dell’unità. Non dobbiamo perdere di vista la meta ultima a cui tutti aneliamo,
né possiamo perdere la speranza che questa unità possa essere realizzata nel
corso della storia e in un tempo ragionevole”.
Il suo desiderio è quello di celebrare insieme al
patriarca Bartolomeo questo anniversario: “Questo anniversario non riguarderà
solo le antiche Sedi che hanno preso parte attivamente al Concilio, ma tutti i
cristiani che continuano a professare la loro fede con le parole del Credo
niceno costantinopolitano. Il ricordo di quell’importante evento rafforzerà
sicuramente i legami già esistenti e spingerà tutte le Chiese a una rinnovata
testimonianza nel mondo di oggi. La fraternità vissuta e la testimonianza data
dai cristiani saranno un messaggio anche per il nostro mondo afflitto dalla
guerra e dalla violenza”.
E nel secondo numero dello scorso anno della rivista
della Facoltà teologica del Triveneto, ‘Studia Patavina’, i professori Chiara
Curzel e Maurizio Girolami avevano scritto il ‘valore’ del ‘noi’ del Concilio
niceno: “A Nicea, però, il soggetto fu il ‘noi’, quella nuova comunità
diversificata per luoghi e culture ma accomunata dalla fede condivisa e da
questo momento in poi da un condiviso modo di esprimerla e di trasmetterla. Il
cammino sinodale che stiamo compiendo in questi mesi ci riconsegna l’importanza
di ripartire da questo assunto fondamentale: la fede è un dono dato a una
comunità di discepoli e questi insieme credono, insieme celebrano, insieme
testimoniano la loro appartenenza a Cristo”.
Partendo da queste sollecitazioni abbiamo chiesto a don
Maurizio Girolami, preside della Facoltà teologica del Triveneto, di
raccontarci il significato per i cristiani di questo 1700^ anniversario del
Concilio di Nicea: “Il primo Concilio ecumenico della Chiesa indivisa fu
convocato dall'Imperatore
Costantino che segnò un cambio profondo nel movimento
cristiano. Infatti, dichiarando la fede in Cristo una religione lecita come le
altre presenti nell’Impero, ha definitivamente chiuso l’epoca delle
persecuzioni, sospendendo l’azione statale di contrasto alla presenza
cristiana. Tale decisione fece capire che i cristiani non erano più da
perseguitare, ma andavano favoriti per la loro capillare presenza in tutti gli
strati della società del tempo e il loro impegno religioso e sociale.
Le persecuzioni, tuttavia, non furono così minacciose
della vita della Chiesa come invece le divisioni interne, dettate per lo più
dai vari protagonismi ecclesiali, già denunciati da Paolo nella prima lettera
ai Corinzi, ed dalla mancanza di un’autorità dottrinale centrale che facesse da
mediatore tra le varie posizioni teologiche che affioravano or qua or là. La
proposta di Ario, presbitero di Alessandria, agli inizi del IV secolo, creò uno
sconquasso nel rivedere la formula battesimale ‘al ribasso’, rinunciando, di
fatto, a dire che Padre e Figlio e Spirito Santo sono l'unico e medesimo Dio.
Poiché la formula battesimale, a partire dal mandato del Risorto (Mt 28,19) è
sempre stato il punto di riferimento imprescindibile per la vita cristiana, la
proposta ariana andava a toccare un aspetto essenziale che non poteva lasciare
indifferenti.
Costantino, convocando a Nicea (oggi Iznik) il primo
concilio, cercò di creare le condizioni affinché i capi delle Chiese potessero
trovare espressioni di fede condivise, allontanando definitivamente le
lacerazioni nel corpo ecclesiale. Ricordare Nicea dopo 1700 implica almeno due
aspetti importanti: il primo è l’unità della Chiesa, condizione indispensabile
per annunciare l'unico Dio di Gesù Cristo salvatore dell'umanità. Se la Chiesa
si presenta divisa, soprattutto sul come professa e vive la fede, la credibilità
della sua azione s'incrina. Un secondo aspetto è l’importanza di una formula di
fede che ha come sua struttura fondamentale proprio la formula battesimale.
Il Credo che ancora i cristiani recitano ogni domenica,
pur ampliato lungo il corso della storia, fu a Nicea per la prima volta
codificato perché tutti i cristiani potessero ricordare, non tanto delle frasi
a memoria, ma che la sorgente della vita cristiana è il battesimo ricevuto nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Dal battesimo nasce la vita
in Cristo, immersa nel mistero della sua Pasqua e in relazione con il dono
dello Spirito in cammino verso il Padre. Nicea ha così ribadito un punto
essenziale già chiaro nei vangeli”.
Quanto è importante oggi per l’unità dei cristiani questo
Concilio?
“Innanzitutto, perché ricorda un evento ecclesiale che ha
chiamato tutto il mondo cristiano a trovare un centro di unità attorno alla
professione di fede. Va sempre ricordato che la vita cristiana nasce come
risposta personale e comunitaria al dono ricevuto in Cristo. Poiché la fede ha
una sua intrinseca dimensione ecclesiale, Nicea risulta essere il primo atto
ufficiale e pubblico davanti all’autorità imperiale. Alla luce poi della storia
bimillenaria della Chiesa, che ha conosciuto tante, troppe, divisioni al suo
interno, chiunque tra i credenti abbia passione per il vangelo, sa che questo
trova la sua forza nel legame di fraternità che i discepoli di Gesù coltivano
tra di loro. Perciò una chiesa divisa è una chiesa debole; una Chiesa che
cammina verso l'unità, favorendo non l'uniformità ma il pluralismo che l'unico
vangelo è in grado di far splendere da ogni cultura, è una chiesa affidabile,
credibile, degna di essere ascoltata e guardata come un punto di riferimento.
Nicea sta lì nella memoria della nostra storia a ricordarci che si possono
trovare le vie per incontrarsi”. ‘Il Concilio di Nicea è una pietra miliare
nella storia della Chiesa. L’anniversario della sua ricorrenza invita i
cristiani a unirsi nella lode e nel ringraziamento alla Santissima Trinità e in
particolare a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ‘della stessa sostanza del Padre’,
che ci ha rivelato tale mistero di amore. Ma Nicea rappresenta anche un invito
a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali a procedere nel cammino verso l’unità
visibile, a non stancarsi di cercare forme adeguate per corrispondere
pienamente alla preghiera di Gesù’.
Per quale motivo papa Francesco nella
bolla giubilare aveva sottolineato che esso è un’importante opportunità?
“Nonostante
cattolici e ortodossi abbiano calendari diversi da diversi secoli, il prossimo
20 aprile 2025 sarà un’occasione del tutto speciale, per celebrare insieme la
Pasqua nello stesso giorno. Fin dalla prima apparizione sulla piazza di san
Pietro, papa Francesco, presentandosi come vescovo di Roma, aveva fatto capire
quanto per lui era importante il rapporto con le chiese apostoliche ortodosse.
Gli incontri poi avvenuti con il Patriarca Bartolomeo non avevano fatto che
confermare e consolidare questo desiderio così ardente di vivere la fraternità
tra Chiese. Il Giubileo, nel segno della speranza, è nella sua matrice biblica
un momento di liberazione da ogni forma di schiavitù e oppressione, soprattutto
da quella del peccato che divide, separa, impoverisce la vita cristiana.
Vivere Nicea e celebrare la Pasqua assieme con le Chiese
apostoliche ortodosse ci aiuta a lavorare ancora più alacremente per togliere
di mezzo ciò che ci divide e cercare ciò che ci unisce. A partire dalla comune
celebrazione della Pasqua, origine della vita cristiana, potremo trovare nuove
vie per ripensare i rapporti tra Chiese e la presenza cristiana in questo
nostro mondo afflitto dalle guerre, dagli egoismi, dalla diseguaglianza sociale
ed economica, dalle ingiustizie e violenze presenti ovunque in ogni forma.
L’anniversario di Nicea, nell’anno Giubilare, grazie anche a questa
provvidenziale circostanza di date coincidenti, ci aiuta a cogliere i segni dei
tempi e la voce dello Spirito che è principio di unità e comunione. Speriamo
che non solo i nostri vescovi, ma tutto il popolo di Dio possa lasciarsi
guidare dall'urgenza e dalla necessità di vivere il cammino di fraternità di
tutte le chiese cristiane. Sarà forse la testimonianza più efficace nel mondo
di cosa significhi vivere da cristiani”.
Quale può essere l’apporto delle facoltà teologiche
all’unità dei cristiani?
“Il primo compito di una facoltà teologica è conoscere la
ricchezza della tradizione ecclesiale per comprenderla, per poterla esprimere
nel linguaggio del nostro tempo e farne vedere la risonanza del perenne vangelo
di Gesù, vero e attuale per ogni uomo di ogni tempo. Il lavoro teologico è di
fondamentale importanza in un mondo che vive di informazioni, di parole e di
discorsi. La teologia, occupandosi del mistero di Dio, ha come sua previo
esercizio quella della purificazione del linguaggio perchè non sia banale, non
sia ambiguo, non sia solo d’effetto, ma corrisponda il più possibile alla
verità del vangelo e alla semplicità dell’umanità di Gesù che ha saputo
comunicarsi a tutti. Più si approfondisce il messaggio cristiano più si impara
anche a prendere le distanze da ogni forma con la quale il vangelo è giunto a
noi: ogni generazione ha cercato il suo proprio modo di dire e vivere il
vangelo, senza poterlo esaurire. Anche oggi c’è bisogno che le generazioni
presenti e future accolgano la vita in Cristo con le forma con le quale
riusciamo a viverlo, ma senza fermarsi ad esse e cercando quella creatività che
restituisce ancor di più luce al ricco vangelo di Gesù e a rendere unica ogni
esperienza umana. Inculturazione ed esculturazione posso sembrare parole astratte
e difficili da comprendere, ma ci dicono che il vangelo di Gesù non può
accadere se non in una forma umana precisa, collocata storicamente e
geograficamente, e nello stesso tempo che nessuna ‘forma’ storica del vangelo
riesce ad esaurirne la sua ricchezza e profondità. Le facoltà teologiche sono
‘al fronte’ per conoscere il vangelo, le culture del passato, le culture vicine
e lontane del presente, per dare un linguaggio nuovo, credibile e vivibile
dell’unico vangelo”.
In quale modo la facoltà teologica sostiene la
sinodalità?
“Il cammino sinodale di questi ultimi anni ha restituito
a tutti gli organismi ecclesiali il compito dell’ascolto rispettoso e attivo e
il senso della partecipazione responsabile da parte di ciascun credente.
L’organizzazione richiesta in ogni facoltà non mette in secondo piano i livelli
di autorità, che si strutturano, fondamentalmente, sul rapporto educativo che
si instaura tra studente e comunità educante. Pensare ad una comunità
accademica in senso orizzontalista, sarebbe un danno innanzitutto per gli studenti
e per la qualità della ricerca. La prassi sinodale ecclesiale però ci ha
educato un po' alla volta a valorizzare al massimo gli organismi di
partecipazione, a dare più peso alla voce degli studenti, ad entrare in dialogo
con le fragilità umane, sociali e culturali spesso nascoste, ad ascoltare la
vita delle persone nella loro globalità esistenziale, ad essere più rispettosi
di ogni cultura umana.
Lo stile sinodale ci permette di dire che la Facoltà non
è un servizio, accademicamente qualificato, di cui semplicemente ci si serve
per ottenere un qualche titolo, ma diventa una palestra di umanità nella quale
si impara che vi è un corpo sociale ed ecclesiale che chiede a tutti
partecipazione responsabile per poter mettere tutti nelle condizioni di
raggiungere la maturità di Cristo, come dice l’apostolo. Perciò lo stile
sinodale, si può dirlo con forza, ha aiutato la Facoltà ad esprimere e vivere
la sua vocazione ad essere nella Chiesa un luogo di intelligenza del vangelo
capace di comunicarsi a tutti”. Aci 9
La Curia vaticana si rinnova per servire meglio la Chiesa
In occasione del Giubileo della Santa Sede, il card.
Gianfranco Ghirlanda chiarisce differenze tra Santa Sede e Stato della Città
del Vaticano e riflette sulla riforma della Curia. “La diplomazia vaticana non
difende interessi, ma promuove la persona umana”, afferma, sottolineando il
valore di una Chiesa sinodale e prossima – di Riccardo Benotti
“La diplomazia della Santa Sede ha senso solo se resta al
servizio della persona e della pace”. Il card. Gianfranco Ghirlanda, gesuita,
canonista e professore emerito alla Pontificia Università Gregoriana, già
rettore dell’Ateneo e consultore di numerosi dicasteri vaticani, offre una
riflessione articolata e profonda sul significato del Giubileo della Santa
Sede, in programma il 9 giugno: un’occasione per rileggere natura, missione e
attualità della Curia romana alla luce del Vangelo e della storia.
Eminenza, si fa spesso confusione tra Santa Sede e Stato
della Città del Vaticano. Ci aiuta a fare chiarezza?
La Santa Sede, o Sede Apostolica, può designare sia la
persona del Papa sia la Curia romana, a seconda dei contesti. È fondamentale
distinguere la Santa Sede, intesa come centro di governo della Chiesa, dallo
Stato della Città del Vaticano, che fu istituito con i Patti Lateranensi
dell’11 febbraio 1929 per garantire al Pontefice la piena libertà
nell’esercizio del suo ministero. Già nel 1871 lo Stato italiano promulgò la
legge delle guarentigie, un atto unilaterale che cercava di regolare i rapporti
con la Santa Sede, ma che fu rifiutato da Pio IX perché subordinava il Papa
all’autorità italiana. Solo nel 1929, con un accordo bilaterale si giunse a una
regolazione definitiva. È la Santa Sede, non lo Stato vaticano, ad avere
soggettività giuridica internazionale e a intrattenere rapporti diplomatici.
Il centralismo romano è spesso oggetto di critica. Come
risponde a questa osservazione alla luce di Praedicate Evangelium?
La struttura concreta del governo ecclesiale varia nel
tempo, adattandosi ai mutamenti storici, pur conservando inalterati i principi
fondamentali rivelati. Praedicate Evangelium si colloca nella prospettiva di
una maggiore decentralizzazione, già auspicata dal Concilio Vaticano II.
Tuttavia, la sua piena attuazione richiede tempo.
La funzione del governo centrale, affidata alla Santa
Sede, è quella di custodire l’unità della fede, dei sacramenti e della morale.
Questo ruolo deve però armonizzarsi con l’autonomia e la
responsabilità pastorale delle Chiese particolari, affidate ai vescovi. La
sinodalità, promossa con decisione da Papa Francesco, è una via concreta per
rafforzare questa armonia. Il recente Sinodo, costruito a partire dalle
parrocchie, ne è un esempio eloquente.
Come evitare la contrapposizione tra centro e periferia…
È indispensabile non contrapporre le due dimensioni, ma
riconoscerne la coessenzialità. Le Chiese particolari non sono semplici
articolazioni amministrative della Chiesa universale, né i vescovi meri
funzionari del Papa. Hanno una consistenza di diritto divino, al pari della
Chiesa universale. Allo stesso modo, una visione esclusivamente locale rischia
di ridurre la Chiesa universale a una federazione di Chiese indipendenti,
prospettiva teologicamente errata. Il vero equilibrio consiste nel riconoscere che
la Chiesa è al tempo stesso universale e particolare.
Quando si enfatizza un solo aspetto a scapito dell’altro,
si compromette la visione cattolica della comunione ecclesiale.
Quali sfide concrete intravede nell’attuazione di
Praedicate Evangelium nella vita quotidiana della Curia?
Come accade con ogni testo legislativo, la validità e
l’efficacia di una riforma si verificano nel momento della sua attuazione.
Praedicate Evangelium dovrà essere applicata con gradualità, tenendo conto
delle necessarie correzioni e degli assestamenti che emergeranno
dall’esperienza. Questo è un passaggio fisiologico e sano nel processo di
riforma.
Qual è l’origine del ruolo internazionale della Santa
Sede?
La Santa Sede ha acquisito rilevanza internazionale per
la sua natura spirituale. Fin dal IV secolo, con il riconoscimento della
libertà religiosa al cristianesimo, la Chiesa ha iniziato a stabilire rapporti
con l’autorità imperiale.
Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, essa
rimase l’unica forza unitaria nel caos politico, assumendo gradualmente un
ruolo sempre più visibile anche sul piano internazionale.
Dal V secolo compaiono figure come gli apocrisari,
rappresentanti del Papa presso le autorità civili. Nei secoli successivi si
sviluppano gli Stati pontifici, i legati missi e, nel XV secolo, le prime
nunziature. La storia ha attribuito alla Santa Sede una funzione diplomatica,
radicata però nella sua missione spirituale: promuovere la pace, difendere i
diritti umani, tutelare la dignità della persona.
La diplomazia vaticana ha caratteristiche peculiari.
La definirei una diplomazia umanitaria. Non è orientata
alla tutela di interessi di potere, ma alla promozione della persona umana. In
questo senso, la Santa Sede ha il compito, a volte scomodo, di denunciare le
violazioni dei diritti fondamentali, ovunque esse si verifichino. L’esperienza
maturata nei secoli è preziosa, ma deve restare sempre a servizio del Vangelo.
È più difficile esercitare questa funzione senza gli
strumenti tipici di uno Stato?
Indubbiamente, ma è proprio questa condizione che esalta
la specificità della missione. La Santa Sede è chiamata ad agire nel mondo,
senza lasciarsi mondanizzare. È qui che entra in gioco il discernimento. Come
insegna Sant’Ignazio, i mezzi devono restare mezzi. Se diventano il fine, si
perde la coerenza evangelica. Quando strumenti mondani prendono il sopravvento,
la Chiesa rischia di smarrire la propria identità, finendo per difendere
prestigio e potere anziché la persona umana. Questo sarebbe un grave fallimento
della sua missione.
La definizione di Santa Sede
La Santa Sede è un soggetto di diritto internazionale
distinto dallo Stato della Città del Vaticano. Intrattiene relazioni
diplomatiche con oltre 180 Stati, partecipa come osservatore permanente presso
le Nazioni Unite e stipula trattati internazionali. A differenza degli Stati,
il suo ruolo si fonda sulla missione spirituale del Papa quale pastore della
Chiesa universale. Lo Stato della Città del Vaticano, invece, è nato con i
Patti Lateranensi del 1929 per assicurare l’indipendenza del ministero petrino.
Santa Sede, Vaticano e Curia romana: le differenze
La Santa Sede è il governo centrale della Chiesa, guidato
dal Papa e dalla Curia romana. Lo Stato della Città del Vaticano è l’entità
territoriale, minima ma sovrana, che garantisce al Papa piena libertà e
indipendenza. La Curia romana è l’insieme dei dicasteri che coadiuvano il Papa
nel suo servizio alla Chiesa universale. Solo la Santa Sede possiede
personalità giuridica internazionale e rappresenta ufficialmente la Chiesa nei
rapporti con gli Stati. Sir 9
Papa Leone XIV, il Vento dello Spirito apra le frontiere del cuore
L'omelia del Pontefice nella Solennità di Pentecoste - Di
Angela Ambrogetti
Città del Vaticano. "Siamo davvero la Chiesa del
Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né
frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci
reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno
spazio accogliente e ospitale verso tutti". Papa Leone XIV parte da
Benedetto XVI per la riflessione sulla Pentecoste.
Nella messa in Piazza San Pietro, assolata e affollata,
che celebra la solennità ma anche il Giubileo dei Movimenti Papa Leone cita
Papa Benedetto: "La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa
già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le
classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati.
Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo".
E spiega cosa significa "aprire le frontiere".
Lo Spirito Santo è dono di amore, la presenza del Signore che "scioglie le
nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i
narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi" è una sfida al
"rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata
dall’individualismo". E Dio "ci apre all’incontro con noi stessi
oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all’incontro con il Signore
educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince – secondo le stesse
parole di Gesù appena proclamate – che solo se rimaniamo nell’amore riceviamo
anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre
le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio
ospitale".
Perché, dice il Papa "è triste osservare come in un
mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere
paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di “fare rete”,
sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari".
Invece "lo Spirito trasforma anche quei pericoli più
nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i
pregiudizi, le strumentalizzazioni. Penso anche – con molto dolore – a quando
una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un
atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i
numerosi e recenti casi di femminicidio. Lo Spirito Santo, invece, fa maturare
in noi i frutti che ci aiutano a vivere relazioni vere e buone".
Lo Spirito ci insegna al fraternità, "infrange le
frontiere e abbatte i muri dell’indifferenza e dell’odio, perché “ci insegna
ogni cosa” e ci “ricorda le parole di Gesù” (cfr Gv 14,26); e, perciò, per
prima cosa insegna, ricorda e incide nei nostri cuori il comandamento
dell’amore, che il Signore ha posto al centro e al culmine di tutto. E dove c’è
l’amore non c’è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci
allontanano dal prossimo, per la logica dell’esclusione che vediamo emergere
purtroppo anche nei nazionalismi politici".
Cita Papa Francesco e conclude: " Invochiamo lo
Spirito dell’amore e della pace, perché apra le frontiere, abbatta i muri,
dissolva l’odio e ci aiuti a vivere da figli dell’unico Padre che è nei cieli.
Fratelli e sorelle, è la Pentecoste che rinnova la Chiesa e il mondo! Il vento
gagliardo dello Spirito venga su di noi e in noi, apra le frontiere del cuore,
ci doni la grazia dell’incontro con Dio, allarghi gli orizzonti dell’amore e
sostenga i nostri sforzi per la costruzione di un mondo in cui regni la pace
Maria Santissima, Donna della Pentecoste, Vergine visitata dallo Spirito, Madre
piena di grazia, ci accompagni e interceda per noi". Aci 8
P. Anselm Grün: “Un Papa che sa dove andare, forte nei valori e vicino agli
altri”
Per padre Anselm Grün, Leone XIV esprime uno stile di
guida sobrio e profondo: non cerca visibilità, ma ascolta e custodisce: “È un
Papa che sa dove andare, forte nei valori e vicino agli altri”. Essenzialità,
umiltà e cura definiscono l’inizio di questo nuovo pontificato – di Riccardo
Benotti
“Papa Leone XIV non ha cercato visibilità. Ha scelto la
presenza discreta”. Per padre Anselm Grün, monaco benedettino e autore di
riferimento per il mondo spirituale contemporaneo, il nuovo Pontefice sta
indicando una direzione chiara: fare spazio all’essenziale.
“In ogni autentica forma di autorità, il sapersi fare da
parte è un atto salutare”, osserva. È nel silenzio, spiega, che si impara ad
ascoltare ciò che conta. Da lì nascono parole capaci di toccare davvero, oggi
più che mai, in un tempo travolto da troppe parole.
Padre Grün, nei primi giorni del pontificato, Leone XIV
ha scelto una forma di comunicazione trattenuta: silenzio profondo, poche
parole, gesti semplici ma espressivi. Si può parlare di una “spiritualità del
farsi da parte”?
Papa Leone non ha voluto rappresentare sé stesso. È stato
semplicemente presente. Il farsi da parte è qualcosa di salutare per ogni
autorità. Si percepisce che non si mette al centro, ma nella quiete si apre
all’ascolto di ciò che è essenziale. E da quel silenzio emergono parole che
riescono a toccare davvero le persone. Proprio queste parole sobrie
rappresentano un messaggio importante per noi oggi, perché viviamo sommersi da
una valanga di parole.
Il nome scelto non veniva utilizzato da oltre un secolo.
Evoca forza interiore, vigilanza, ma anche continuità e tradizione ecclesiale.
Che significato spirituale può avere oggi un nome così carico di storia?
Il nome Leone esprime coraggio e chiarezza. Il leone sa
ciò che vuole. È anche simbolo di lealtà e di attenzione alle relazioni.
L’immagine del leone è dunque adatta a un Papa che sa dove vuole andare, che è
capace di portare avanti ciò che ritiene giusto, ma che al tempo stesso dà
grande valore al rapporto con le persone.
Se guardo alla storia, penso a due pontefici: Leone
Magno, che fu un grande teologo e al tempo stesso affrontò con coraggio il re
degli Unni Attila, offrendo anche un segnale politico. E poi Leone XIII, che
scrisse la prima enciclica sociale. La giustizia in un mondo globalizzato è
certamente una preoccupazione anche per il nuovo Papa.
Tra le parole più frequenti in questo primo mese c’è la
“cura”: verso l’altro, la comunità, la creazione. Lei ha scritto testi
importanti sull’arte del prendersi cura, come via spirituale e umana. Riconosce
in questa insistenza del Papa un’intuizione autentica per la guida spirituale
oggi?
La cura per le persone – ma anche per la natura – nasce
dall’amore per ciò che vive. E si esprime in una profonda compassione. Prima
viene la compassione per ogni essere vivente. Se provo compassione per
qualcuno, cerco anche di prendermene cura nel miglior modo possibile.
Compassione e cura sono oggi atteggiamenti fondamentali per chiunque eserciti
un ruolo di guida. Se il Papa vive questi valori, allora è un riferimento
credibile per tutte le figure di responsabilità, anche in politica o
nell’economia.
Il nuovo Papa ha vissuto fin da subito gesti quotidiani e
fraterni, privi di retorica: celebrazioni semplici, pranzi con gli agostiniani,
attenzione concreta alla vita condivisa. Nella sua esperienza monastica e
pastorale, quanto è importante che una guida spirituale riconosca e sostenga la
quotidianità vissuta insieme?
Chi guida non dovrebbe elevarsi al di sopra delle
persone, né chiudersi in una torre d’avorio. Deve condividere la vita
quotidiana con gli altri. Solo così può capire davvero di cosa hanno bisogno.
Un compito fondamentale di ogni guida è generare comunità.
Il Papa, come pontefice, è il costruttore di ponti. Oggi
è essenziale costruire ponti tra le persone, tra i popoli, tra le diverse
correnti nella Chiesa e nella società.
Papa Leone ha chiaramente compreso questa missione e l’ha
già cominciata a incarnare nei primi passi del suo pontificato.
Lei ha scritto che ogni vera autorità spirituale nasce
dall’umiltà, non dalla volontà di comandare. In questo primo mese ha
riconosciuto in Papa Leone XIV i segni di un’autorità interiore fondata
sull’umiltà?
Per san Benedetto, l’umiltà è l’atteggiamento
fondamentale del cellerario, cioè di chi guida l’economia del monastero. Ma è
essenziale anche per l’abate: deve essere sempre consapevole delle proprie
fragilità. L’umiltà ci preserva dal bisogno di metterci in mostra e dal
sentirci superiori agli altri. È ciò che ci permette di vivere la
responsabilità come servizio.
Servire significa risvegliare la vita nelle persone, far
emergere ciò che è già in loro.
Quando il potere è esercitato in spirito di umiltà,
diventa una benedizione. Ma il potere contiene sempre anche il rischio di
essere usato per schiacciare gli altri e innalzare sé stessi. Papa Leone, nel
suo modo di esercitare il ministero, mostra questa umiltà. Per questo possiamo
confidare che il suo servizio sarà una benedizione per molte persone e anche
per la nostra casa comune.
Chi è Anselm Grün
Nato il 14 gennaio 1945 a Junkershausen con il nome di
Wilhelm Grün, padre Anselm Grün è monaco benedettino dell’abbazia di
Münsterschwarzach, in Baviera, dove vive tuttora. Dopo gli studi teologici a
Sant’Anselmo, a Roma, ha conseguito il dottorato nel 1974 e si è specializzato
in economia a Norimberga. Dal 1977 al 2013 è stato cellerario dell’abbazia. Ha
pubblicato il suo primo libro nel 1979 e nel 1991 ha fondato, con Wunibald
Müller, la Recollectio-Haus, centro di accoglienza e discernimento di cui è ancora
guida. Nel 2007 ha ricevuto la Croce al merito federale e nel 2011 l’Ordine al
merito della Baviera. Con il suo stile essenziale e profondo, è una delle voci
spirituali più ascoltate in Europa.
Sir 8
Il Papa per una data comune della Pasqua tra cattolici e ortodossi
L'udienza del Papa ai partecipanti al Simposio Ecumenico
dedicato al 1700° Anniversario del Concilio di Nicea - Di Angela Ambrogetti
Città del Vaticano. "Vorrei riaffermare la
disponibilità della Chiesa Cattolica alla ricerca di una soluzione ecumenica
che favorisca una celebrazione comune della resurrezione del Signore e, di
conseguenza, dia maggiore forza missionaria alla nostra predicazione del «nome
di Gesù e della salvezza che nasce dalla fede nella verità salvifica del
Vangelo»". Papa Leone XIV con questa affermazione ha salutato oggi i
partecipanti al Simposio Ecumenico dedicato al 1700° Anniversario del Concilio
di Nicea, sul tema “Nicea e la Chiesa del Terzo Millennio: Verso l’Unità
CattolicoOrtodossa”, che si chiude oggi all’Università Pontificia San Tommaso
d’Aquino - Angelicum.
Per il Papa è chiaro che "il Concilio di Nicea non è
solo un evento del passato, ma una bussola che deve continuare a guidarci verso
la piena unità visibile di tutti i cristiani." Ed è per questo, dice:
"sono convinto che ritornando al Concilio di Nicea e attingendo insieme a
questa sorgente comune, saremo in grado di vedere in una luce diversa i punti
che ancora ci separano. Attraverso il dialogo teologico e con l’aiuto di Dio,
otterremo una migliore comprensione del mistero che ci unisce. Celebrando insieme
questa fede nicena e proclamandola insieme, avanzeremo anche verso il
ripristino della piena comunione tra noi".
Un pensiero anche alla sinodalità. "Il contributo
dei delegati fraterni delle Chiese e delle comunità ecclesiali dell’Oriente e
dell’Occidente al recente Sinodo sulla sinodalità,- dice il Papa - tenutosi qui
in Vaticano, è stato uno stimolo prezioso per una maggiore riflessione sulla
natura e sulla pratica della sinodalità".
La disponibilità al dialogo teologico sulla Pasqua e la
ricerca dell'unità per il Papa passano comunque attraverso la preghiera perché
"l’unità sarà un dono ricevuto «come Cristo vuole e con i mezzi che Egli
vuole» (Preghiera per l’unità di p. Paul Couturier), attraverso l’azione dello
Spirito Santo". E conclude con una preghiera tratta dalla tradizione
orientale: "O Re Celeste, Consolatore, Spirito di Verità che sei ovunque e
riempi ogni cosa; Tesoro di Benedizioni e Datore di vita, vieni e dimora in
noi, purificaci da ogni impurità e salva, Benigno, le nostre anime".
Il simposio ecumenico si era aperto con la relazione del
Cardinale Koch organizzato dall’Istituto di Studi Ecumenici “Œcumenicum”
dell’Angelicum e dall’Associazione Teologica Ortodossa Internazionale
(IOTA), in collaborazione con il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei
Cristiani e con il contributo di 25 istituzioni accademiche. Più di 250 i
partecipanti (ecclesiastici, membri di commissioni di dialogo, ufficiali di
organismi ecumenici, studiosi) provenienti dalle maggiori tradizioni cristiane
(cattolica, ortodossa, ortodossa orientale, anglicana, luterana, riformata,
battista). Al centro la riflessione su come il Concilio di Nicea possa
rappresentare un terreno comune per l’unità dei cristiani, su come la
sinodalità e il primato possano promuovere la comunione ecclesiale, e la
celebrazione comune della Pasqua possa sostenere la riconciliazione tra i
cristiani.
Il cardinale aveva ricordato Il Credo del Concilio di
Nicea non è solo il risultato di una riflessione teologica, precisa ancora il
cardinale Koch, ma l'espressione di uno sforzo da parte dei vescovi verso una
formulazione ortodossa e dossologicamente appropriata della fede cristiana. In
questa prospettiva, è stato un evento pienamente sinodale e tale deve essere
considerato anche l’anniversario che quest’anno si celebra.
Per il dialogo cattolico-ortodosso, ha spiegato Koch, il
documento base resta "Conseguenze ecclesiologiche e canoniche della
natura sacramentale della Chiesa: Comunione ecclesiale, conciliarità e
autorità", adottato nell'assemblea plenaria di Ravenna del 2007, in
cui c’è la convinzione teologica che sinodalità e primato sono reciprocamente
dipendenti, e che questa interdipendenza deve essere realizzata a tutti i
livelli della Chiesa - locale, regionale e universale. Aci 7
Rondine, il Festival Youtopic per la pace, con Mattarella e mons. Baturi
“L’Europa deve essere unita, più efficiente, resistendo
agli attacchi che riceve dall’esterno e dall’interno da chi coltiva il
desiderio di tornare a una contrapposizione tra nazionalismi”. È la
raccomandazione che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha
affidato stamani ai circa settemila giovani arrivati al borgo di Rondine con la
marcia della pace partita da Arezzo. Il capo dello Stato ha aperto il Festival
Youtopic, che ogni anno raduna nella Cittadella della pace sulle colline
aretine migliaia di ragazzi e ragazze. Mattarella ha risposto alle domande di
Lorenzo e Chiara, due dei ragazzi che frequentano le scuole superiori a
Rondine.
La pace, ha affermato Mattarella, è un concetto “espresso
nelle nostra Costituzione non solo nel testo, dall’articolo 11 a tutto il suo
tessuto normativo, ma anche dal sentimento comune che ha prodotto allora la
Costituzione, che è quello di cercare pace e riconciliazione tra i popoli,
anche quando si è stati costretti a fare uso delle armi l’obiettivo era sempre
quello della riconciliazione tra i popoli, anche in queste contrade”. Il
presidente ha anche citato “il nuovo Pontefice che ho visitato in Vaticano
portandogli l’affetto dell’Italia”. Mattarella ha parlato quindi del percorso
che ha portato all’Europa unita: “Il mondo di pace, il disarmo progressivo e
generale con accordi di abbassamento degli arsenali nucleari, è stato stravolto
in questi ultimi anni dalle guerre in Europa e intorno all’Europa, dalla
volontà di dominio sugli altri popoli, dal desiderio di creare condizioni di
vantaggio militare alterando la condizione di equilibrio”.
Al suo arrivo, Mattarella era stato accolto dal
presidente e fondatore di Rondine, Franco Vaccari: “Questo luogo – ha detto – è
testimone del coraggio dei giovani che provenienti da terre lacerate dalle
guerre non si rassegnano alla logica dell’odio e del nemico né
all’inevitabilità della guerra. Vivendo insieme giorno dopo giorno,
trasformando l’inimicizia ereditata in amicizia, diventano liberi”. Ad
accogliere Mattarella anche Alberto, Luciano e Federica, i tre figli di Liliana
Segre, insieme al card. Gualtiero Bassetti, al segretario generale della Cei,
mons. Giuseppe Baturi, al vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Andrea
Migliavacca. Forti, all’arrivo del presidente della Repubblica, gli applausi
entusiasti dei tanti giovani, che insieme a Mattarella hanno ascoltato anche le
testimonianze di alcuni degli studenti che frequentano i corsi di Rondine,
provenienti da diversi Paesi in guerra. Come Bernadette che viene dal Mali, 24
anni: “La guerra – ha raccontato – mi ha rubato l’infanzia, ma non la mia
speranza. Oggi sono qui per portare la voce di una gioventù coraggiosa che
aspira a una pace autentica”. È stata lei a portare la voce dei tanti studenti
che arrivano a Rondine dall’Africa, dai Balcani, dal Medio Oriente,
dall’America Latina, dal Caucaso. “A nome dei miei compagni, chiedo di compiere
passi importanti per la pace in Ucraina e a Gaza. Smettere di investire nelle
armi, condannare i crimini di guerra e ogni forma di odio promuovendo la
convivenza e la riconciliazione”.
“Siamo qui per dire il nostro apprezzamento per
l’investimento che qui viene fatto per il futuro del mondo, in questo momento
buio, attraverso l’educazione”. Lo ha affermato mons. Giuseppe Baturi,
arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, al suo arrivo a
Rondine, la cittadella della pace che oggi accoglie il presidente della
Repubblica Sergio Mattarella per l’avvio del Festival YouTopic. Rondine, ha
sottolineato mons. Baturi, “vuole umanizzare il mondo educando i giovani a
rapporti capaci di vincere le diffidenze, di unire le persone. Questo è un
investimento molto serio, un investimento che può cambiare davvero le sorti
dell’umanità. Le grandi crisi vengono generate da rapporti malati, da politiche
di potere, da pretese inaccettabili”. Per il segretario generale della Cei,
“cambiare la mentalità dei giovani significa scommettere sulla possibilità di
una pacificazione nella giustizia, nella verità e nell’amore. Questo può
cambiare il mondo in un modo che non possiamo misurare nell’immediato ma che
siamo sicuri possa essere efficace”. Sir 6
Leone XIV: “Il carisma è funzionale all’incontro con Cristo”
“La vita cristiana non si vive nell’isolamento, come se
fosse un’avventura intellettuale o sentimentale" - Di Veronica Giacometti
Città del Vaticano. “Voi rappresentate migliaia di
persone che vivono la loro esperienza di fede e il loro apostolato all’interno
di associazioni, movimenti e comunità. Perciò desidero anzitutto ringraziarvi
per il servizio di guida e di animazione che svolgete. Sostenere e incoraggiare
i fratelli nel cammino cristiano comporta responsabilità, impegno, spesso anche
difficoltà e incomprensioni, ma è un compito indispensabile e di grande
valore”. Lo ha detto Papa Leone XIV ricevendo in Udienza i moderatori delle
associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità.
“Nella volontà di associarsi, che ha dato origine al
primo tipo di aggregazioni, troviamo una caratteristica essenziale: nessuno è
cristiano da solo! Siamo parte di un popolo, di un corpo che il Signore ha
costituito. Sant’Agostino, parlando dei primi discepoli di Gesù, dice: Erano
diventati certamente tempio di Dio, e non lo erano diventati solo come singoli
ma tutt’insieme erano diventati tempio di Dio”, spiega bene Papa Leone citando
Sant’Agostino e aggiungendo che “la vita cristiana non si vive nell’isolamento,
come se fosse un’avventura intellettuale o sentimentale, confinata nella nostra
mente e nel nostro cuore”.
“Ci sono poi le realtà nate da un carisma: il carisma di
un fondatore o di un gruppo di iniziatori, oppure il carisma che si ispira a
quello di un istituto religioso. Anche questa è una dimensione essenziale nella
Chiesa. Vorrei invitarvi a considerare i carismi in riferimento alla grazia, al
dono dello Spirito”, sottolinea il Pontefice.
“Dunque, tutto nella Chiesa si comprende in riferimento
alla grazia: l’istituzione esiste perché sia sempre offerta la grazia, i
carismi sono suscitati perché questa grazia sia accolta e porti frutto. Senza i
carismi, c’è il rischio che la grazia di Cristo, offerta in abbondanza, non
trovi il terreno buono per riceverla!”, dice il Pontefice.
“Grazie ai carismi che hanno dato origine ai vostri
movimenti e alle vostre comunità, tante persone si sono avvicinate a Cristo,
hanno ritrovato speranza nella vita, hanno scoperto la maternità della Chiesa,
e desiderano essere aiutate a crescere nella fede, nella vita comunitaria,
nelle opere di carità, e portare agli altri, con l’evangelizzazione, il dono
che hanno ricevuto”, continua il Papa nel suo lungo discorso.
“Unità e missione sono due cardini della vita della
Chiesa, e due priorità nel ministero petrino. Pertanto, invito tutte le
associazioni e i movimenti ecclesiali a collaborare fedelmente e generosamente
con il Papa soprattutto in questi due ambiti”, l’invito del Papa.
Poi il Pontefice parla anche dell’importanza della
missione. “La missione ha segnato la mia esperienza pastorale e ha plasmato la
mia vita spirituale. Anche voi avete sperimentato questo cammino. Dall’incontro
con il Signore, dalla nuova vita che ha invaso il vostro cuore, è nato il
desiderio di farlo conoscere ad altri. E avete coinvolto tante persone,
dedicato molto tempo, entusiasmo, energie per far conoscere il Vangelo nei
posti più lontani, negli ambienti più difficili, sopportando difficoltà e fallimenti.
Tenete sempre vivo tra voi questo slancio missionario: i movimenti anche oggi
hanno un ruolo fondamentale per l’evangelizzazione”, dice Papa Leone XIV.
Il Papa conclude così: “Il carisma è funzionale
all’incontro con Cristo, alla crescita e alla maturazione umana e spirituale
delle persone, all’edificazione della Chiesa”. Aci 6
Udienza. “Nessuno è cristiano da solo”
Leone XIV, nella prima udienza ai moderatori delle
associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, ha
chiesto ai presenti di collaborare con il Papa all'insegna di due
parole-chiave: unità e missione. "La Chiesa vi è grata per tutto il bene
che fate". L'invito a essere "lievito di unità, di comunione, di
fraternità nel mondo così lacerato dalla discordia e dalla violenza" – di
M. Michela Nicolais
“Nessuno è cristiano da solo!”. Lo ha esclamato Leone
XIV, nella prima udienza ai moderatori delle associazioni di fedeli, dei
movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, esortati ad essere “lievito di
unità, di comunione, di fraternità nel mondo così lacerato dalla discordia e
dalla violenza” e a collaborare con il Papa all’insegna di due parole-chiave:
unità e missione. “Siamo parte di un popolo, di un corpo che il Signore ha
costituito”, l’esordio del discorso. Poi la citazione di Sant’Agostino, che, parlando
dei primi discepoli di Gesù, dice: “Erano diventati certamente tempio di Dio, e
non lo erano diventati solo come singoli ma tutt’insieme erano diventati tempio
di Dio”.
“La vita cristiana non si vive nell’isolamento, come se
fosse un’avventura intellettuale o sentimentale, confinata nella nostra mente e
nel nostro cuore”, ha commentato Leone XIV: “Si vive con gli altri, in un
gruppo, in una comunità, perché Cristo risorto si rende presente fra i
discepoli riuniti nel suo nome”. “Sostenere e incoraggiare i fratelli nel
cammino cristiano comporta responsabilità, impegno, spesso anche difficoltà e
incomprensioni, ma è un compito indispensabile e di grande valore”, l’analisi del
Pontefice: “La Chiesa vi è grata per tutto il bene che fate”.
”Le realtà aggregative a cui appartenete sono molto
diverse tra loro, per natura e per storia, e tutte sono importanti per la
Chiesa”, ha assicurato Leone XIV: “Alcune sono nate per condividere uno scopo
apostolico, caritativo, di culto, o per sostenere la testimonianza cristiana in
ambienti sociali specifici. Altre, invece, hanno preso origine da una
ispirazione carismatica, un carisma iniziale che ha dato vita a un movimento, a
una nuova forma di spiritualità e di evangelizzazione. Nella volontà di associarsi,
che ha dato origine al primo tipo di aggregazioni, troviamo una caratteristica
essenziale: nessuno è cristiano da solo!”.
“Grazie ai carismi che hanno dato origine ai vostri
movimenti e alle vostre comunità – l’omaggio del Papa – tante persone si sono
avvicinate a Cristo, hanno ritrovato speranza nella vita, hanno scoperto la
maternità della Chiesa, e desiderano essere aiutate a crescere nella fede,
nella vita comunitaria, nelle opere di carità, e portare agli altri, con
l’evangelizzazione, il dono che hanno ricevuto”.
“Considerare i carismi in riferimento alla grazia, al
dono dello Spirito”. I carismi “sono distribuiti liberamente dallo Spirito
Santo affinché la grazia sacramentale porti frutto nella vita cristiana in modo
diversificato e a tutti i suoi livelli”, ha ricordato Leone XIV, secondo il
quale “tutto nella Chiesa si comprende in riferimento alla grazia:
l’istituzione esiste perché sia sempre offerta la grazia, i carismi sono
suscitati perché questa grazia sia accolta e porti frutto”. “Senza i carismi,
c’è il rischio che la grazia di Cristo, offerta in abbondanza, non trovi il
terreno buono per riceverla!”, ha esclamato il Pontefice, sottolineando che “i
doni gerarchici e i doni carismatici sono coessenziali alla costituzione divina
della Chiesa fondata da Gesù”, come affermava Giovanni Paolo II.
“Unità e missione sono due cardini della vita della
Chiesa, e due priorità nel ministero petrino”, ha spiegato Leone XIV: “Questa
unità, che voi vivete nei gruppi e nelle comunità, estendetela ovunque: nella
comunione con i pastori della Chiesa, nella vicinanza con le altre realtà
ecclesiali, facendovi prossimi alle persone che incontrate, in modo che i
vostri carismi rimangano sempre a servizio dell’unità della Chiesa e siano essi
stessi lievito di unità, di comunione, di fraternità nel mondo così lacerato
dalla discordia e dalla violenza”.
“La missione ha segnato la mia esperienza pastorale e ha
plasmato la mia vita spirituale”, ha rivelato il Pontefice a proposito della
seconda parola-chiave: “Anche voi avete sperimentato questo cammino.
Dall’incontro con il Signore, dalla nuova vita che ha invaso il vostro cuore, è
nato il desiderio di farlo conoscere ad altri. E avete coinvolto tante persone,
dedicato molto tempo, entusiasmo, energie per far conoscere il Vangelo nei
posti più lontani, negli ambienti più difficili, sopportando difficoltà e fallimenti.
Tenete sempre vivo tra voi questo slancio missionario: i movimenti anche oggi
hanno un ruolo fondamentale per l’evangelizzazione”. “Tra voi ci sono
persone generose, ben formate, con esperienza sul campo”, il patrimonio da far
fruttificare: “Mettete i vostri talenti a servizio della missione, sia nei
luoghi di prima evangelizzazione sia nelle parrocchie e nelle strutture
ecclesiali locali, per raggiungere tanti che sono lontani e, a volte senza
saperlo, attendono la Parola di vita”.
“Tenete sempre al centro il Signore Gesù!”, la
raccomandazione finale: “Questo è l’essenziale, e i carismi stessi servono a
questo. Il carisma è funzionale all’incontro con Cristo, alla crescita e alla
maturazione umana e spirituale delle persone, all’edificazione della Chiesa. In
questo senso, tutti siamo chiamati a imitare Cristo, che spogliò Sé stesso per
arricchire noi. Così, chiunque persegue con altri una finalità apostolica o
chiunque è portatore di un carisma è chiamato ad arricchire gli altri, spogliandosi
di sé. E questo è fonte di libertà e di grande gioia”. Sir 6
Papa Leone XIV, incontro con il presidente Mattarella
Il Capo dello Stato ha poi incontrato il Cardinale Pietro
Parolin, Segretario di Stato - Di Marco Mancini
Città del Vaticano. Papa Leone XIV ha ricevuto oggi in
udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano il Presidente della Repubblica Italiana
Sergio Mattarella. Il colloquio privato tra il Papa e Mattarella è durato poco
meno di un’ora.
Il Presidente della Repubblica - accompagnato dalla
figlia Laura e dal Ministro degli Esteri e Vicepresidente del Consiglio Antonio
Tajani – ha poi incontrato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di
Sua Santità, e Monsignor Miros?aw Wachowski, Sotto-Segretario per i Rapporti
con gli Stati.
Secondo un comunicato vaticano “durante i cordiali
colloqui in Segreteria di Stato è stato espresso compiacimento per le buone
relazioni bilaterali esistenti. Ci si è soffermati su temi di carattere
internazionale, con particolare attenzione ai conflitti in corso in Ucraina e
in Medio Oriente. Nel prosieguo della conversazione sono state affrontate
alcune tematiche di carattere sociale, con speciale riferimento al contributo
della Chiesa nella vita del Paese”.
Papa Leone XIV ed il Presidente Mattarella si erano già
brevemente incontrati lo scorso 18 maggio, al termine della Messa di inizio
pontificato celebrata dal Papa sul sagrato della Basilica di San Pietro.
Il Papa ha regalato al Presidente italiano il testo del
Messaggio dell’ultima Giornata Mondiale della Pace redatto da Papa Francesco.
Aci 6
Zuppi, il Papa mancato e il leader involontario della sinistra
"La politica è l'arte del possibile, ma la fede è
l’arte dell’impossibile." (Václav Havel)
Il conclave e la delusione mancata
Lui doveva essere Papa, almeno secondo la narrativa
circolata nei mesi che hanno preceduto il Conclave. Un'ipotesi che aveva
infiammato le anime progressiste italiane, pronte a vedere nel cardinale Matteo
Maria Zuppi non solo un pontefice, ma una vera e propria svolta ecclesiale.
Eppure, al momento cruciale, sono mancati proprio i voti dei 18 cardinali
italiani. Una beffa tutta interna al collegio cardinalizio tricolore, che ha
costretto Zuppi a convergere su Leone XIV, il compromesso scelto tra le varie
correnti.
La sua figura, troppo vicina a un'area culturale e
politica ben definita, non ha convinto una parte dell’elettorato cardinalizio,
probabilmente timoroso di vedere la Chiesa cattolica troppo identificata con
una linea ideologica. Quella stessa vicinanza alla Comunità di Sant’Egidio, che
lo ha reso il volto della Chiesa del dialogo e dell'accoglienza, è parsa più
una zavorra che un vantaggio nella corsa al soglio di Pietro. Il sogno di un
Papa “romano di Roma”, vicino agli ultimi e insieme alla borghesia progressista,
si è infranto nella concretezza della geopolitica ecclesiastica.
L’incidente dell’8x1000 e il boomerang politico
Poi è arrivato lo scivolone. Zuppi ha accusato il governo
Meloni di voler modificare i criteri dell’8x1000, salvo poi scoprire che il
provvedimento era in realtà del governo Conte II, a guida giallorossa. Una
gaffe che ha scatenato l’ironia del centrodestra e l’imbarazzo di una parte del
clero. Eppure, la sinistra ha fatto subito quadrato, confermando che, nel bene
o nel male, Zuppi è ormai percepito come un proprio riferimento morale e
simbolico.
Demos, costola politica della Comunità di Sant’Egidio nel
Pd, ha difeso a spada tratta il porporato. Anche le Acli si sono schierate al
suo fianco, attraverso i propri esponenti territoriali, come Chiara Pazzaglia a
Bologna. In Consiglio comunale, accanto al sindaco Matteo Lepore, figura
Filippo Diaco, ex presidente delle Acli bolognesi e oggi fedelissimo
“zuppiano”. L’episodio dell’8x1000, insomma, ha dimostrato più che un errore
tattico: ha rivelato quanto sia forte il legame tra Zuppi e un pezzo rilevante
della sinistra sociale e culturale italiana.
L'arcivescovo di Bologna come icona culturale
Da tempo il presidente della CEI è diventato un punto di
riferimento per l’Italia progressista. Non solo per il suo stile pastorale
sobrio, empatico, vicino alla gente, ma anche per il suo linguaggio inclusivo e
per le posizioni su temi scottanti come migrazioni, giustizia sociale e pace. È
noto il suo invito all’accoglienza dei migranti, più volte ribadito anche in
contesti politici ostili. «Accogliere, accogliere, accogliere» è diventato
quasi un suo mantra.
Zuppi ha saputo tenere aperto il dialogo con il
centrodestra, almeno fino a un certo punto. Proprio per questo, l’attacco (poi
smentito) al governo Meloni ha sorpreso molti. Forse, più che una dichiarazione
pensata, è stata l’espressione di una pressione montante: quella della sinistra
italiana, che vede in lui un faro in un deserto di leadership credibili. Non a
caso, il cardinale sarà tra gli ospiti d’onore della "Repubblica delle
Idee", kermesse simbolo dell’area progressista, accanto a Elly Schlein,
Giuseppe Conte e Maurizio Landini. Un parterre chiaramente schierato, dove la
presenza di un alto prelato in abiti ecclesiastici non sembra più stonare.
Zuppi simbolo (suo malgrado) del “campo largo”
Durante il Conclave, circolavano meme con slogan come “La
sinistra riparta da Zuppi”. Una semplificazione social, certo, ma che fotografa
bene una dinamica: il cardinale non veste la casacca del Partito Democratico,
ma il Nazareno e i suoi alleati lo hanno già arruolato de facto. Per molti,
incarna una leadership “altra”, un’autorità morale capace di dare senso e
coesione a un’area politica che, da sola, fatica a trovare una voce comune.
Cattolico sociale, massimalista il giusto, abile nel
dialogo con mondi diversi – dai centri sociali ai nostalgici della Messa in
latino – Zuppi è la sintesi di una Chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa.
Una definizione che può far sorridere, ma che rende bene il perimetro fluido in
cui il porporato si muove con naturalezza. È la “Chiesa jovanottiana”, dove lo
spirito evangelico si mescola all’attivismo sociale e alla retorica
dell’inclusione. Una formula che il centrosinistra sogna di fare propria per le
prossime elezioni, anche solo per intercettare consenso etico in tempi di crisi
identitaria.
Considerazioni finali
La figura di Zuppi è, al tempo stesso, un’opportunità e
un paradosso. Opportunità per una Chiesa che cerca di uscire dal recinto
dell’autoreferenzialità, aprendo dialoghi reali con il mondo politico e
sociale. Paradosso, perché più si espone e più rischia di diventare un simbolo
di parte, perdendo quella terzietà che dovrebbe contraddistinguere il ruolo di
presidente della CEI.
Zuppi non è un politico, né vuole esserlo. Ma in
un’Italia sempre più frammentata, dove la ricerca di figure autorevoli diventa
spasmodica, il suo nome finisce inevitabilmente nella mischia. Questo lo rende
vulnerabile alle strumentalizzazioni, ma al tempo stesso lo conferma come una
delle poche personalità capaci di unire mondi opposti. In tempi confusi, è già
molto.
Tuttavia, spingere troppo Zuppi dalla loro parte potrebbe
rivelarsi un azzardo pericoloso anche per la sinistra stessa. Sbilanciare e
politicizzare eccessivamente una figura che dovrebbe parlare al centro
dell’elettorato e non solo alla sua ala più ideologica rischia di ottenere
l’effetto contrario. È un po’ come caricare di aspettative una squadra troppo
sbilanciata in attacco: si può finire travolti in contropiede, proprio come è
successo all’Inter in quella famigerata giornata terminata con un drammatico 5
a 0.
E in politica, come nel calcio, il risultato finale è ciò
che resta nella memoria. Ed è quello che conta davvero. Carlo Di Stanislao, dip
5
“L’educazione alla custodia del Creato fa parte dell’annuncio del Vangelo”
Al termine del Pellegrinaggio giubilare di speranza sulle
orme della Laudato si’, promosso dalla Conferenza episcopale campana e che ha
attraversato le diocesi più colpite dai problemi ambientali, il presidente
della Cec invita a sensibilizzare le coscienze, inserendo questo tema nella
predicazione e negli itinerari della fede – Di Gigliola Alfaro
Da Pompei a Napoli, passando attraverso l’arcidiocesi di
Sorrento-Castellammare di Stabia, la diocesi di Nola, di Acerra, di Aversa, di
Caserta, di Teano Calvi, di Sessa Aurunca, l’arcidiocesi di Capua e la diocesi
di Pozzuoli: sono le tappe che hanno scandito il Pellegrinaggio giubilare di
speranza sulle orme della Laudato si’, promosso dalla Conferenza episcopale
campana (Cec) per celebrare i dieci anni dell’enciclica sulla cura della Casa
comune e gli 800 anni del Cantico delle creature. Per un bilancio dell’iniziativa
parliamo con mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Cec.
Eccellenza, com’è andata l’iniziativa?
Gli obiettivi sono stati raggiunti perché il
Pellegrinaggio giubilare è stato il punto di arrivo dell’impegno di questi
anni, un impegno che risale ad anni lontani, ben prima della Laudato si’.
L’enciclica di Papa Francesco nel 2015 ha dato impulso e vigore, ma l’impegno
delle nostre Chiese risale almeno a una ventina di anni fa. Il Pellegrinaggio
ci ha offerto la possibilità di fare un bilancio del cammino compiuto.
Ora si tratta di continuare il cammino intrapreso, di far
crescere ancora di più la sensibilità della gente e dei nostri fedeli alla cura
del Creato e di impegnarci in alcuni aspetti: di vigilanza, di denuncia, di
formazione delle coscienze, di coordinamento da parte delle nostre Chiese e
anche degli altri soggetti che dovrebbero essere impegnati nella questione,
come cittadini, istituzioni, movimenti, comitati, Medici per l’ambiente. Il
Pellegrinaggio è stato una conferma del cammino compiuto, ma occorre fare
ancora tanto. Siamo appena agli inizi di un’opera immane di sensibilizzazione.
Al termine del Pellegrinaggio, il 31 maggio a Napoli, i
partecipanti hanno diffuso un messaggio, nel quale, tra l’altro, chiedono a voi
la denuncia profetica e sistematica degli scempi ambientali, della collusione,
dell’omertà, della corruzione…
Dobbiamo essere ancora più concreti. La denuncia fine a
sè stessa è sterile. Occorre collaborare anche con le istituzioni.
La denuncia viene in momenti di crisi, quando le
istituzioni – la Regione, i Comuni – vengono meno ai loro compiti. Oggi le
istituzioni stanno rispondendo in un certo modo. C’è un bel dialogo con la
Regione. Il Governo ha nominato il commissario per le bonifiche. Se le cose non
dovessero andare come previsto, noi saremo sempre i primi a tenere alta
l’attenzione.
Ci sono anche altre richieste dei pellegrini a voi
vescovi, come la creazione di un servizio di Custodia del Creato e
l’inserimento delle tematiche ambientali nella vita ordinaria della Chiesa…
Molte diocesi non hanno o hanno solo sulla carta un
Ufficio per la cura del Creato. Occorre creare un Ufficio che educhi le nostre
comunità, già ci stiamo impegnando su questo. L’altra richiesta è chiedere ai
nostri preti di fare entrare questi temi nella predicazione. La Laudato si’ è
sconosciuta ancora in gran parte delle nostre comunità. Far entrare
l’educazione alla custodia del Creato insieme a quella della giustizia e della
pace nelle catechesi ordinarie, nel cammino della prima Comunione, negli itinerari
di fede ordinari delle nostre comunità è importante. Questo lo stiamo dicendo
già da tanto tempo noi vescovi. Altrimenti, avviene che la sensibilità verso la
custodia del Creato, la conoscenza della Laudato si’ diventi appannaggio solo
di alcune élite ecclesiali, ma poi di fatto è assente nella moltitudine dei
credenti, delle parrocchie. Questo è molto grave: si creerebbero due cammini
paralleli, quello “comune” delle parrocchie e quello più particolare dei gruppi
Laudato si’ o di altri che hanno la sensibilità verso la cura del Creato. Non
mi stanco mai di dirlo: l’educazione alla custodia del Creato non è una cosa a
parte dall’annuncio del Vangelo. No, è parte integrante dell’evangelizzazione.
Noi crediamo in un Dio Creatore del cielo e della terra,
lo ripetiamo ogni domenica nel Credo, la Bibbia ha pagine stupende sulla
Creazione, sul Giardino. Questo tema rientra nell’annuncio del Vangelo, come
del resto l’impegno della giustizia. Evangelizzazione e promozione umana,
Vangelo e carità. Quella “e” è molto importante, invece c’è ancora separazione
tra i due ambiti. Non andiamo lontano quando la fede si riduce solo alle
sagrestie e alle cose sacre, ma non entra nel vissuto della gente.
Cosa pensa della proposta di costituzione di un
Osservatorio permanente interdiocesano di riflessione, studio, proposte e
azioni sulle tematiche socio-ambientali?
Io credo che non sia una questione di strutture, dobbiamo
educare le coscienze. Dovrebbe bastare già una struttura: l’Ufficio diocesano
per l’educazione alla custodia del Creato. Se già funzionasse quello sarebbe un
passo importante. Poi è chiaro che ci sono forme di comunione tra le diocesi:
il Pellegrinaggio stesso è stato preparato dai responsabili delle varie
diocesi. Da dicembre hanno lavorato insieme per raggiungere questa meta. Questo
è un segno di comunione. Costituire un ente lascia il tempo che trova, è
importante avere delle forme di comunione, di cammino tra le diocesi.
Ci saranno altri Pellegrinaggi in futuro?
Dobbiamo individuare altre forme di comunione. Nel 2025
il Pellegrinaggio è stato scelto perché siamo nell’Anno Santo. Il
Pellegrinaggio è tipico del Giubileo. Non c’è solo il Pellegrinaggio a Roma, il
Pellegrinaggio è la metafora della vita. L’importante ora è camminare insieme.
Quanto è diffusa, secondo lei, nella società la
consapevolezza che la custodia del Creato è cruciale oggi?
Siamo ancora all’inizio di una crescita di sensibilità.
Bisogna insistere fortemente e non sottovalutare che il cammino è tutto in
salita, bisogna combattere anche contro la rassegnazione, che è una minaccia
costante. Se le istituzioni non provvedono alle bonifiche, è chiaro che la
rassegnazione cresce. Bisogna combattere anche contro uno stile di vita di “non
educazione”. Non ce la prendiamo solo con le leggi e le istituzioni; anche il
singolo cittadino deve rispettare la pulizia del Giardino. Serve una rivoluzione
culturale.
La Campania è una regione eterogenea: c’è una grande
città come Napoli, cittadine turistiche lungo le coste che si affollano
d’estate, tante aree interne dove c’è tanto verde ma anche spopolate: queste
diverse situazioni di partenza possono rendere più difficile far crescere in
tutta la popolazione campana la sensibilità verso la Casa comune?
Bisogna certamente mettere insieme le diverse anime della
Regione, ma se non si riesce è fondamentale che non si faccia di un’area –
quella tra Napoli e Caserta – il polo dell’immondizia, salvaguardando le altre
zone. Ciò sarebbe nefasto. Per questo è importantissima l’opera educativa in
tutta la regione a cui sono chiamate tutte le diocesi, non solo quelle che
hanno problemi ambientali. Sir 4
Il Papa: “Rimboccati le maniche, perché il Signore è generoso e non sarai
deluso”
Ancora una volta una parabola su cui soffermarci...Di
Veronica Giacometti
Città del Vaticano. Papa Leone XIV anche questo mercoledì
mattina torna in Piazza San Pietro per la sua terza Udienza Generale. La
giornata calda e assolata non ha fermato i tanti fedeli pronti a salutare il
Pontefice e ascoltare la catechesi del Papa su “Gesù Cristo nostra speranza”,
incentrando la sua meditazione sul tema “Gli operai nella vigna. E disse loro:
Andate anche voi nella vigna”. Ancora una volta una parabola su cui
soffermarci.
“A volte abbiamo l’impressione di non riuscire a trovare
un senso per la nostra vita: ci sentiamo inutili, inadeguati, proprio come
degli operai che aspettano sulla piazza del mercato, in attesa che qualcuno li
prenda a lavorare. Ma a volte il tempo passa, la vita scorre e non ci sentiamo
riconosciuti o apprezzati. Forse non siamo arrivati in tempo, altri si sono
presentati prima di noi, oppure le preoccupazioni ci hanno trattenuto altrove.
La metafora della piazza del mercato è molto adatta anche per i nostri tempi,
perché il mercato è il luogo degli affari, dove purtroppo si compra e si vende
anche l’affetto e la dignità, cercando di guadagnarci qualcosa. E quando non ci
si sente apprezzati, riconosciuti, si rischia persino di svendersi al primo
offerente. Il Signore ci ricorda invece che la nostra vita vale, e il suo
desiderio è di aiutarci a scoprirlo”, spiega bene il Pontefice.
“Anche nella parabola che oggi commentiamo ci sono degli
operai in attesa di qualcuno che li prenda a giornata. Siamo nel capitolo 20
del Vangelo di Matteo e anche qui troviamo un personaggio che ha un
comportamento insolito, che stupisce e interroga. È il padrone di una vigna, il
quale esce di persona per andare a cercare i suoi operai. Evidentemente vuole
stabilire con loro un rapporto personale – racconta ancora Papa Leone XIV -
come dicevo, si tratta di una parabola che dà speranza, perché ci dice che questo
padrone esce più volte per andare a cercare chi aspetta di dare un senso alla
sua vita. Il padrone esce subito all’alba e poi, ogni tre ore, torna a cercare
operai da mandare nella sua vigna. Seguendo questa scansione, dopo essere
uscito alle tre del pomeriggio, non ci sarebbe più ragione di uscire ancora,
perché la giornata lavorativa terminava alle sei. Questo padrone instancabile,
che vuole a tutti i costi dare valore alla vita di ciascuno di noi, esce invece
anche alle cinque. Gli operai che erano rimasti sulla piazza del mercato
avevano probabilmente perso ogni speranza. Quella giornata era andata a vuoto.
E invece qualcuno ha creduto ancora in loro”, commenta il Papa.
“Ed ecco che l’originalità di questo padrone si vede
anche alla fine della giornata, al momento della paga. Con i primi operai,
quelli che vanno nella vigna all’alba, il padrone si era accordato per un
denaro, che era il costo tipico di una giornata di lavoro. Agli altri dice che
darà loro quello che è giusto. Ed è proprio qui che la parabola torna a
provocarci: che cosa è giusto? Per il padrone della vigna, cioè per Dio, è
giusto che ognuno abbia ciò che è necessario per vivere. Lui ha chiamato i
lavoratori personalmente, conosce la loro dignità e in base ad essa vuole
pagarli. E dà a tutti un denaro. Il racconto dice che gli operai della prima
ora rimangono delusi: non riescono a vedere la bellezza del gesto del padrone,
che non è stato ingiusto, ma semplicemente generoso, non ha guardato solo al
merito, ma anche al bisogno. Dio vuole dare a tutti il suo Regno, cioè la vita
piena, eterna e felice. E così fa Gesù con noi: non fa graduatorie, a chi gli
apre il cuore dona tutto Sé stesso.”, spiega bene il Pontefice.
“Alla luce di questa parabola, il cristiano di oggi
potrebbe essere preso dalla tentazione divpensare: “Perché cominciare a
lavorare subito? Se la remunerazione è la stessa, perché lavorare di più?”. A
questi dubbi Sant’Agostino rispondeva dicendo: «Perché dunque ritardi a seguire
chi ti chiama, mentre sei sicuro del compenso ma incerto del giorno? Bada di
non togliere a te stesso, a causa del tuo differire, ciò ch’egli ti darà in
base alla sua promessa. Vorrei dire, specialmente ai giovani, di non aspettare,
ma di rispondere con entusiasmo al Signore che ci chiama a lavorare nella sua
vigna. Non rimandare, rimboccati le maniche, perché il Signore è generoso e non
sarai deluso! Lavorando nella sua vigna, troverai una risposta a quella domanda
profonda che porti dentro di te: che senso ha la mia vita?”, conclude infine
Papa Leone XIV. aci 4
Sostentamento del clero, il card. Zuppi: "La trasparenza è
importantissima"
A Bologna si celebrano i 40 anni della legge sul
sostentamento del clero - Di Marco Mancini
Bologna. “Amministrarci bene è importante, perché ne va
anche dalla nostra immagine, perché siamo visti, come siamo in realtà, una cosa
sola, perché siamo la Chiesa e quindi abbiamo una responsabilità. Anche nel
nostro cammino sinodale è venuta fuori in maniera evidente l’indicazione sulla
trasparenza e credo che sia importantissima.”. Lo ha detto il Cardinale Matteo
Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, intervenendo ieri
a Bologna al convegno dal titolo “1985-2025 – Quarant’anni di
sostentamento del clero: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Istituto centrale
per il Sostentamento del clero nel quarantesimo anniversario dalla legge n.
222/1985.
La legge di 40 anni fa, successiva alla revisione del
Concordato, ricorda la Cei, “ha segnato una svolta nei rapporti tra Stato e
Chiesa, dando forma a un sistema basato su autonomia, trasparenza e
corresponsabilità ecclesiale. L’introduzione del nuovo assetto ha permesso di
superare definitivamente l’antico modello della congrua e dei benefici
ecclesiastici, promuovendo un sostegno dignitoso e uniforme a tutti i sacerdoti
impegnati nel ministero pastorale”.
A margine, il porporato è entrato in polemica con il
Governo sulla questione dell’8xmille. “Come Cei – ha spiegato - siamo delusi
dalla decisione del Governo di modificare in modo unilaterale le finalità e le
modalità di attribuzione dell’8xmille di pertinenza dello Stato. Una decisione
che va contro la logica pattizia dell’accordo, creando una disparità che
danneggia sia la Chiesa cattolica sia le altre confessioni religiose firmatarie
di intese con lo Stato”.
Dal canto suo, Palazzo Chigi ha spiegato che la modifica
per chi destina allo Stato l’8xmille la facoltà di scegliere fra 5 tipologie
diverse d’intervento di cui parla il Cardinale Zuppi è “stata introdotta dalla
maggioranza parlamentare che sosteneva il secondo governo Conte. Nel 2023 il
Governo ha semplicemente inserito una sesta finalità, legata alle comunità di
recupero dalle tossicodipendenze”. Aci 4
A Roma finora 5,5 mln pellegrini, previsto 1 mln tra 28/07 e 3/08
Presentata indagine Cattolica per il turismo-Ce.R.T.A. su
impatto
Roma. "Oltre 5,5 milioni è la stima di pellegrini
già arrivati a Roma per il Giubileo della Speranza nei primi cinque mesi del
2025. E se ne attendono 1 milione per il Giubileo dei Giovani e la Giornata
Mondiale della Gioventù, prevista tra il prossimo 28 luglio e il 3
agosto". I dati emergono dalla ricerca realizzata da Ce.R.T.A. - Centro di
Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi sul racconto mediatico del Giubileo
della Speranza e su come oggi possa essere inteso un turismo spirituale o
religioso. La ricerca, che evidenzia la "rilevanza del Giubileo 2025 per
la città di Roma e, più in generale, per il territorio regionale e quello
nazionale", è stata presentata oggi a Roma in occasione dell'evento dal
titolo 'Giubileo 2025. Pratiche di viaggio spirituale e impatto sui territori',
organizzato da Cattolica per il Turismo, con Ce.R.T.A. e Publitalia '80.
L'iniziativa si è svolta nella Sala Italia del Centro Congressi Europa
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Le quattro dimensioni del Giubileo - Il Giubileo 2025,
che nei suoi primi cinque mesi si allinea al precedente Anno Santo in termini
di viaggiatori coinvolti, genera un impatto su "quattro dimensioni diverse
e correlate", hanno fatto sapere i ricercatori. Su Roma, con le sue cinque
porte sante (le quattro basiliche e quella del carcere di Rebibbia), mete dei
pellegrinaggi. Poi, la reticolarità 'fisica' dei territori limitrofi che sono
coinvolti per viaggi a vocazione religiosa, spirituale o culturale, nella
Regione Lazio ma anche al di fuori di Viterbo e la Tuscia (15% di turisti
stranieri nei musei), Napoli (previsti 4 milioni di turisti da Roma), l'Umbria
(nel primo trimestre 2025 presenze in crescita dell'8%) e Assisi (218mila
presenze)".
Altra dimensione è la reticolarità tecnologica e
'virtuale': grazie a tools, tra cui la WebApp Cammini della fede, che agevola i
cammini dei fedeli, c'è la possibilità di prenotare visite sacre e itinerari
turistici in Vaticano tramite web; l'assistente virtuale Julia, che aiuta i
pellegrini nella loro visita a Roma, e la possibilità di visitare San Pietro
grazie alla realtà virtuale. Infine, la dimensione mediatica del racconto del
Giubileo, che "va valutata in un impatto turistico sui territori nel lungo
periodo, anche dopo la conclusione dell'Anno Santo".
Giubileo, senso religioso e impatto turistico - Sono
dieci le 'cornici di senso' del Giubileo 2025, cioè le varie modalità di
declinazione del racconto dell'Anno Santo con cui i media hanno narrato
l'evento finora. In particolare, emerge dall'indagine, 'sociale', 'economica',
oltre che 'salvifica' e 'identitaria', queste ultime entrambe cornici di senso
legate alla natura cristiana e cattolica dell'Anno Santo. Sui media italiani
prevalgono le narrazioni 'religiosa', che considera il Giubileo come momento di
rilevanza spirituale, 'divulgativa', che lo considera come evento da raccontare
e spiegare anche per chi non ne conosce il significato e 'avversativa', che
considera l'Anno Santo come evento che impatta sui territori, comportando
talvolta anche delle criticità.
Modelli di viaggiatori - La ricerca ha delineato quattro
modelli di viaggiatore: la figura dell'eremita, dedito a una vacanza
contemplativa e di meditazione, alla ricerca di una connessione tra
spiritualità e natura; quella del pellegrino, che intraprende un itinerario di
devozione, come rinnovo di fede condiviso con altri; l'entusiasta, che affronta
il viaggio come occasione di divertimento; il mindful explorer, che cerca
esperienze di esclusività e autenticità, occasioni di contatto privilegiato con
i luoghi che incontra.
A novembre 2025 nuovi output della ricerca sul Giubileo -
Lo studio proseguirà con un'indagine quantitativa su un campione di viaggiatori
italiani ed europei che si sono recati a Roma in vista del Giubileo o che hanno
intenzione di farlo: tra gli obiettivi, si analizzeranno il valore e il senso
del viaggio spirituale, pesando le quattro figure di 'viaggiatore spirituale',
per scoprire connessioni con altre forme di turismo (culturale,
enogastronomico, sportivo, green) e mappare luoghi, destinazioni, esperienze
del Giubileo ma non solo. I risultati dell'intero lavoro saranno presentati in
Università Cattolica a novembre 2025. Agenzia Dire 4
La geopolitica conciliare di Leone XIV
Che ruolo giocherà Leone XIV nella geopolitica globale e
nella difesa dei diritti umani? Per capirlo serve uno sguardo a un passato
recente. La Chiesa cattolica si trovava nella necessità drammatica di fare
fronte a questa sfida. In Europa dell’Est c’era il problema parallelo della
pressione del comunismo; poi, dopo il 1989, anche lì sono arrivati in forze i
pentecostali e altri gruppi fortemente proselitisti. La lezione di san Giovanni
Paolo II, secondo cui l’essenziale del Concilio era la nuova evangelizzazione,
è nata in questi contesti e lì è stata compresa più rapidamente. Oggi Leone XIV
la ripropone, naturalmente con il suo stile proprio. Non avendo partecipato al
Concilio, sente forse come meno viva la preoccupazione di quale sia
l’ermeneutica con cui va interpretato, mentre Paolo VI, Giovanni Paolo II e
Benedetto XVI erano stati protagonisti in prima persona del Concilio e delle
successive discussioni; e questo, paradossalmente, lo rende più libero di
vivere la lezione evangelizzatrice del Concilio.
Uscire e evangelizzare: il dialogo con gli ortodossi
Giovanni Paolo II ha tracciato la via del Concilio inteso
soprattutto come momento di annuncio e di evangelizzazione, e Benedetto XVI
l’ha difesa contro possibili deviazioni, non solo «di sinistra» – per usare un
brutto ma comprensibile gergo politico – ma anche «di destra». Leone XIV, in
continuità con Francesco, attua il Concilio soprattutto nell’invito a «uscire»
e a evangelizzare, senza continuare a parlarsi addosso, ciascuno nella propria
sacrestia, in riunioni autoreferenziali. Tutto il resto del Magistero di Leone
XIV ruota intorno a questo nucleo centrale.
Papa Francesco era molto interessato all’ecumenismo, come
i suoi predecessori, e condivideva con san Giovanni XXIII, che era stato nunzio
in Bulgaria, e con Benedetto XVI lo speciale interesse per le Chiese ortodosse.
A un Papa polacco, per ragioni storiche che riguardano la Polonia, che si è
sempre percepita come baluardo di latinità contro l’espansione ortodossa che
partiva dalla Russia, il dialogo con gli ortodossi riusciva oggettivamente meno
facile. C’è però una forte continuità con i predecessori quando sentivamo
Francesco affermare, e lo faceva spesso, che il vero ecumenismo non va confuso
con il relativismo e con il sincretismo. Un avvicinamento che ha portato allo
storico abbraccio a Cuba tra Francesco e il patriarca di Mosca.
Ermeneutica della discontinuità e ermeneutica della
continuità
Il nodo fondamentale sono le due ermeneutiche che, diceva
Benedetto XVI, hanno litigato fra loro per l’interpretazione del Concilio:
ermeneutica della discontinuità e della rottura da una parte, ermeneutica della
riforma nella continuità dall’altra. Queste ermeneutiche, diceva sempre
Benedetto XVI, non si applicano solo al Concilio ma a tutta la vita della
Chiesa. Oggi le vediamo all’opera nel modo di leggere il Magistero di Francesco
prima e di Leone XIV ora. C’è chi ha letto la sua «Chiesa povera per i poveri»
e riformatrice secondo un’ermeneutica della rottura, come se sancisse un taglio
netto e un rifiuto del Magistero dei suoi predecessori. È la lettura che hanno
fatto di Francesco sia certi progressisti immaturi, come li ha chiamati lo
stesso papa Bergoglio, per applaudirlo in un modo capzioso e improprio, sia i
cosiddetti tradizionalisti per denigrarlo e denunciarlo come eretico. Il
pontefice invece era molto attento a citare spesso, e con particolare
attenzione quando enunciava aspetti che potevano sembrare particolarmente
innovativi, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che non a caso sono i due
autori più citati nell’enciclica Laudato si’. Riferendosi alla Chiesa povera
per i poveri, Francesco citava continuamente i suoi predecessori. E naturalmente
tutti citano il Vangelo, che alla fine è la vera radice della continuità.
Accettare le riforme proposte per leggerle in un’ottica
di continuità
Perciò applicare al Magistero di Francesco prima e di
Leone XIV ora l’ermeneutica della riforma nella continuità significa accettare
lealmente le riforme che ciascun Papa propone e proporrà, leggendole insieme
nella continuità con il Magistero dei suoi predecessori, anche quando questo
dovesse essere a prima vista difficile: ma Benedetto XVI ci ha mostrato quanto
difficile fosse questo per certi passaggi del Concilio.
La nozione di misericordia fa parte della tradizione
cristiana e del patrimonio del Vaticano II, ma il modo di presentarla di papa
Francesco si sarebbe capito difficilmente senza la grande apostola della Divina
Misericordia, santa Faustina Kowalska. E qui si rintraccia un altro elemento di
continuità, perché la devozione a santa Faustina unisce san Giovanni Paolo II,
Benedetto XVI, Francesco e Leone XIV. La misericordia non può però essere
disgiunta dalla verità e dalla giustizia, proprio per essere credibile e per
mantenersi fedeli ai documenti del Concilio.
Anche qui chi legge Francesco secondo un’ermeneutica
della discontinuità e della rottura cerca di separare la misericordia dalla
dottrina: sul fronte progressista per proclamare che la dottrina è «scaduta»
come se fosse uno yogurt, e sul fronte cosiddetto tradizionalista per sostenere
che la misericordia di Francesco prima e di Leone ora nega la dottrina e quindi
è eterodossa. Posizioni sbrigative molto più facili rispetto allo sforzo
difficile di tenere insieme misericordia e verità, che però corrisponde allo
spirito del Vangelo.
Leone XIV può utilizzare, in tema di Internet e social
network, uno straordinario patrimonio costruito con i messaggi per le Giornate
mondiali delle comunicazioni sociali da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e
Francesco. Questi messaggi contengono alcune delle più raffinate e profetiche
analisi delle sfide, le opportunità e i rischi del mondo digitale. Ciascun Papa
li legge, li cita, e su queste basi costruisce un vasto programma per
evangelizzare i giovani delle generazioni digitali. Giacomo Galeazzi, AffInt 3
Leone XIV: Chiesa, "pescatrice di famiglie"
Il Messaggio di papa Leone XIV per i partecipanti al
Seminario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. La missione della
Chiesa per le famiglie di oggi - Di Antonio Tarallo
Città del Vaticano. “Sono lieto che, all’indomani della
celebrazione del Giubileo delle Famiglie, dei Bambini, dei Nonni e degli
Anziani, un gruppo di esperti si sia riunito presso il Dicastero per i Laici,
la Famiglia e la Vita a riflettere sul tema: Evangelizzare con le famiglie di
oggi e di domani. Sfide ecclesiologiche e pastorali. Tale tema ben esprime la
preoccupazione materna della Chiesa per le famiglie cristiane presenti in tutto
il mondo: membra vive del Corpo mistico di Cristo e primo nucleo ecclesiale a
cui il Signore affida la trasmissione della fede e del Vangelo, specialmente
alle nuove generazioni”. Con queste parole inizia il Messaggio che papa Leone
XIV ha voluto inviare ai partecipanti al Seminario “Evangelizzare con le
famiglie di oggi e di domani. Sfide ecclesiologiche e pastorali”, organizzato
dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Seminario di due giorni che
si apre oggi e si chiude domani, 3 giugno.
Papa Leone XIV cita nel Messaggio Sant’Agostino: “Come in
Te abbiamo la sorgente della vita, così nella tua luce vedremo la luce”. Una
frase che fa riflettere il pontefice sul tempo presente “caratterizzato da una
crescente ricerca di spiritualità, riscontrabile soprattutto nei giovani,
desiderosi di relazioni autentiche e di maestri di vita”. Proprio per questa
sete è importante, allora, “che la comunità cristiana sappia gettare lo
sguardo lontano, facendosi custode, davanti alle sfide del mondo, dell’anelito
di fede che alberga nel cuore di ognuno”. Papa Leone XIV riscontra
particolarmente urgente, “in questo sforzo, rivolgere un’attenzione speciale a
quelle famiglie che, per vari motivi, sono spiritualmente più lontane: a quelle
che non si sentono coinvolte, che si dicono non interessate, oppure che si
sentono escluse dai percorsi comuni, ma nondimeno vorrebbero essere in qualche
modo parte di una comunità, in cui crescere e con cui camminare”.
Il suo sguardo è poi rivolto a tutti coloro che “ignorano
l’invito all’incontro con Dio”. Di fronte a questo bisogno, il pontefice
lamenta una sempre più diffusa “privatizzazione” della fede che “impedisce
spesso a questi fratelli e sorelle di conoscere la ricchezza e i doni della
Chiesa, luogo di grazia, di fraternità e d’amore”. Ed è così, allora, che anche
se magari possono esserci “sani e santi desideri” in queste persone, molti
“cercano sinceramente dei punti di appoggio per salire i sentieri belli della
vita e della gioia piena, molti finiscono coll’affidarsi a falsi appigli che,
non reggendo il peso delle loro istanze più profonde, li lasciano scivolare di
nuovo verso il basso, allontanandoli da Dio e rendendoli naufraghi in un mare
di sollecitazioni mondane”. Tra queste persone ci sono genitori e figli, molto
spesso “alienati da modelli di vita illusori, dove non c’è spazio per la fede,
alla cui diffusione contribuisce non poco l’uso distorto di mezzi in sé
potenzialmente buoni – come i social – ma dannosi quando fatti veicolo di
messaggi ingannevoli”.
E’ la Chiesa, allora, che ha “desiderio di andare a
“pescare” questa umanità, per salvarla dalle acque del male e della morte
attraverso l’incontro con Cristo”. Nel Messaggio, inoltre, ricordando san
Giovanni Paolo II, viene sottolineata l’importanza del Matrimonio cristiano
(contrapposto alla convivenza): i giovani che convivono, avrebbero piuttosto
“bisogno di qualcuno che mostri loro in modo concreto e comprensibile,
soprattutto con l’esempio della vita, cos’è il dono della grazia sacramentale e
quale forza ne deriva”. Come, allo stesso modo, tanti genitori nell’educare
alla fede dei figli, “necessitano di comunità che li sostenga nel creare le
condizioni affinché questi possano incontrare Gesù”.
La fede - sottolinea il Messaggio di papa Leone XIV - “è
anzitutto risposta a uno sguardo d’amore”, e non “un insieme di precetti da
rispettare”: è importante, dunque, presentare ai giovani d’oggi la fede come
“esperienza meravigliosa dell’incontro con Gesù, Dio che si dona a noi”. Fa
appello ai Vescovi: sono loro che devono farsi “pescatori di famiglie”. Senza
però tralasciare il ruolo dei laici che “sono chiamati a lasciarsi coinvolgere
in tale missione, divenendo, accanto ai Ministri ordinati, “pescatori” di
coppie, di giovani, di bambini, di donne e uomini di ogni età e condizione,
affinché tutti possano incontrare Colui che solo può salvare”.
Una missione che che bisogno della promozione dell’
“incontro con la tenerezza di Dio, che valorizza e ama la storia di ciascuno.
Non si tratta di dare, a domande impegnative, risposte affrettate, quanto
piuttosto di farsi vicini alle persone, di ascoltarle, cercando di comprendere
con loro come affrontare le difficoltà, pronti anche ad aprirsi, quando
necessario, a nuovi criteri di valutazione e a diverse modalità di azione,
perché ogni generazione è diversa dall’altra e presenta sfide, sogni e interrogativi
propri”. Tutto ciò ricondandosì sempre che “Gesù Cristo rimane lo stesso ieri e
oggi e per sempre”. Aci 2
Emilia-Romagna: non solo immigrati. Zuppi: “Siamo inaccoglienti”
Non solo immigrati. L’Emilia-Romagna si è collocata nel
2024 al quarto posto delle partenze di Italiani verso l’estero dopo Lombardia,
Veneto e Sicilia. L’ultimo dato parla di 265.103 Emiliano-Romagnoli nel mondo
di cui oltre 51000 (51.253) dalla città metropolitana di Bologna. Per
studiare il fenomeno anche nelle sue ricadute pastorali, si è riunita a Bologna
la Consulta Regionale Migrantes dell’Emilia-Romagna, composta dai direttori
degli uffici di pastorale migratoria delle diocesi della regione.
All’incontro ha partecipato Delfina Licata della
Fondazione Migrantes, curatrice del Rapporto italiani nel mondo, e Gianfranco
Coda della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo. Sono circa 80 le
associazioni di Emiliano-Romagnoli attive in vari paesi del mondo, soprattutto
in Sud America e in Europa.
L’Italia registra l’età media più alta (48 anni e mezzo
contro i 44 e mezzo del resto dell’Europa) e il tasso di fertilità più basso
(1,24 rispetto all’1,46 in Europa). Intanto quasi la metà degli italiani che
hanno lasciato l’Italia hanno meno di 24 anni, soprattutto verso altri paesi
europei (UK, Francia e Germania) o verso le Americhe (USA, Brasile e
Argentina).
«Siamo inaccoglienti», rileva con una certa amarezza il
cardinale Zuppi, in un breve saluto rivolto alla consulta regionale. Il
Cardinale ha evidenziato la forte connessione dei fenomeni relativi alla
mobilità. «I due meccanismi dell’immigrazione di stranieri e dell’emigrazione
degli italiani soprattutto giovani sono molto collegati». Le cause? Redditi
bassi, precarietà lavorativa, assenza di welfare. Per questo sempre più
Italiani preferiscono metter su famiglia all’estero. L’emigrazione è diventata
il nuovo ascensore sociale.
C’è una ferita migratoria che non si risana. Tra affitti
troppo alti e costo della vita proibitivo, le nostre città diventano
impermeabili a giovani e neolaureati. Un processo che accentua inevitabilmente
la desertificazione dei territori, privati delle loro menti più produttive e
creative. Cresce perfino il numero di stranieri immigrati in Italia
che, una volta acquisita la nostra cittadinanza, ripartono per altre
destinazioni.
Intanto l’Istat registra il fatto che l’85% dei
ragazzi non italiani, residenti nel nostro paese, si sente italiano pur non
essendo riconosciuto tale. L’Italia – e in essa la nostra regione – perde
appeal, tanto per i giovani italiani, quanto per gli stranieri. Poco o
nulla si fa per incentivare percorsi legali di una immigrazione divenuta
strutturale, oltre che conveniente, per affrontare tanto i problemi demografici
che quelli economici. (Ufficio Migrantes Bologna 1)
Il Papa: “Dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli”
Giubileo delle famiglie. "Il matrimonio non è un
ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna"- Di Veronica
Giacometti
Città del Vaticano. Nell’omelia della Messa del Giubileo
delle famiglie, dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, di domenica 1 giugno,
Papa Leone XIV riprende il Vangelo odierno e sottolinea Gesù che prega per noi.
E chiede di essere “una sola cosa”.
“Il Signore non vuole che noi, per unirci, ci sommiamo in
una massa indistinta, come un blocco anonimo, ma desidera che siamo uno: Come
tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola. L’unità,
per la quale Gesù prega, è così una comunione fondata sull’amore stesso con cui
Dio ama, dal quale vengono al mondo la vita e la salvezza. E come tale è prima
di tutto un dono, che Gesù viene a portare”, dice Papa Leone XIV in Piazza San
Pietro.
Per il Giubileo delle Famiglie, Papa Leone XIV, ha fatto
un lungo giro in papamobile per salutare tutti i presenti. Oggi a Roma è una
giornata estiva, sole e tanti gradi.
“Ascoltiamo ammirati queste parole: Gesù ci sta rivelando
che Dio ci ama come ama sé stesso. Il Padre non ama noi meno di quanto ami il
suo Figlio Unigenito, cioè infinitamente. Dio non ama meno, perché ama prima,
ama per primo! Ascoltare oggi questo Vangelo, durante il Giubileo delle
Famiglie e dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, ci riempie di gioia”, dice
il Papa.
“Carissimi, noi abbiamo ricevuto la vita prima di
volerla. Non solo. Appena nati abbiamo avuto bisogno degli altri per vivere, da
soli non ce l’avremmo fatta: è qualcun altro che ci ha salvato, prendendosi
cura di noi, del nostro corpo come del nostro spirito. Tutti noi viviamo,
dunque, grazie a una relazione, cioè a un legame libero e liberante di umanità
e di cura vicendevole. È vero, a volte questa umanità viene tradita. Ad
esempio, ogni volta che s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per
toglierla, non per soccorrere, ma per offendere. Tuttavia, anche davanti al
male, che contrappone e uccide, Gesù continua a pregare il Padre per noi, e la
sua preghiera agisce come un balsamo sulle nostre ferite, diventando per tutti
annuncio di perdono e di riconciliazione”, rassicura il Pontefice.
“E non
dimentichiamo: dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli”, sottolinea
Leone XIV.
Poi il Pontefice fa alcuni esempi: “Penso a Louis e Zélie
Martin, i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino; come pure i Beati Luigi e
Maria Beltrame Quattrocchi, la cui vita familiare si è svolta a Roma nel secolo
scorso. E non dimentichiamo la famiglia polacca Ulma: genitori e bambini uniti
nell’amore e nel martirio. Dicevo che si tratta di un segno che fa pensare. Sì,
additando come testimoni esemplari degli sposi, la Chiesa ci dice che il mondo
di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore
di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che
disgregano le relazioni e le società”.
“Il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero
amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo”, rimarca Leone XIV.
“E voi, figli, siate grati ai vostri genitori: dire “grazie”, per il dono della
vita e per tutto ciò che con esso ci viene donato ogni giorno”, consiglia il
Pontefice.
“Infine a voi, cari nonni e anziani, raccomando di
vegliare su coloro che amate, con saggezza e compassione, con l’umiltà e la
pazienza che gli anni insegnano”, questo il consiglio ai nonni. “In famiglia,
la fede si trasmette insieme alla vita, di generazione in generazione: viene
condivisa come il cibo della tavola e gli affetti del cuore. Ciò la rende un
luogo privilegiato in cui incontrare Gesù, che ci vuole bene e vuole il nostro
bene, sempre”, dice ancora il Pontefice.
Infine un ricordo ai papà e le mamme, le nonne e i nonni,
i fratelli, le sorelle e i figli c”he già ci hanno preceduto nella luce della
sua Pasqua eterna, e che sentiamo presenti qui, insieme a noi, in questo
momento di festa”. aci 1
Papst: Sport als Weg des Glaubens
Mit
einer feierlichen Messe hat Papst Leo XIV. an diesem Dreifaltigkeitssonntag die
Heilig-Jahr-Feier der Sportler ausklingen lassen. Bei dem Gottesdienst im
Petersdom würdigte das Kirchenoberhaupt den Sport als eine tägliche Schule der
Tugend, des Glaubens und der Gemeinschaft, die nicht nur als Training für den
Körper, sondern auch als Weg zur Heiligkeit verstanden werden kann.
Silvia
Kritzenberger - Vatikanstadt
Mehr
als 3.500 Sportler und Sportbegeisterte waren der Einladung der Kirche gefolgt,
mit der ihnen gewidmeten Heilig-Jahr-Feier einen Aspekt des menschlichen Lebens
zu feiern, der auch dem selbst sportbegeisterten Papst Leo am Herzen liegt.
Wegen
der hochsommerlichen Temperaturen in Rom musste die Messfeier zwar in den
Petersdom verlegt werden. Die Rompilger erwartete an diesem Wochenende aber
dennoch ein buntes Programm: am Samstagvormittag hatten sie bei einer Konferenz
zum Thema „Sport und Hoffnung“ die Gelegenheit, Spitzensportler, Vertreter
internationaler Sportorganisationen, Sportwissenschaftler und Sportseelsorger
zu treffen – und an der zusätzlichen Generalaudienz teilnehmen, zu der Papst
Leo die Heilig-Jahr-Pilger in den Petersdom geladen hatte.
Eindrücke
vom Jubiläum des Sports
Auf
der zum „Sportler-Dorf“ umfunktionierten historischen „Piazza del Popolo“ waren
dann am Nachmittag Informationsstände und verschiedene Aktivitäten geboten –
und ab 17 Uhr ging es mit Fackeln und Pilgerkreuz zum Petersplatz, wo die
Pilger die Heilige Pforte am Petersdom durchschreiten konnten. Der Samstag
klang unter dem römischen Abendhimmel im malerischen Stadtviertel Trastevere
aus, wo der Oscar-prämierte Film „Chariots of Fire” – zu Deutsch: Die Stunde
des Siegers – gezeigt wurde.
Den
Abschluss und Höhepunkt der Heilig-Jahr-Feier bildete die Messfeier mit Leo
XIV. am Sonntagmorgen im Petersdom.
In
seiner Predigt erinnerte der selbst sportbegeisterte Papst daran, dass es beim
Sport nicht nur darum ginge, „eine vielleicht sogar außergewöhnliche
körperliche Leistung zu bringen“, sondern „um Hingabe für andere und für das
eigene Wachstum.“
Sport
als Heilmittel einer individualistischen, digitalisierten und
wettbewerbsorientierten Gesellschaft
In
unserer von Einsamkeit und Individualismus geprägten Gesellschaft könne der
Sport „zu einem wichtigen Instrument der Wiederannäherung und Begegnung werden:
zwischen den Völkern, in den Gemeinschaften, im schulischen Bereich und am
Arbeitsplatz, in den Familien!“, erklärte Papst Leo und empfahl den Sport auch
als wirksames Mittel gegen die „Versuchung, sich in virtuelle Welten zu
flüchten“, sowie als Hilfe „einen gesunden Kontakt zur Natur und zum konkreten
Leben zu bewahren.“
„In
einer wettbewerbsorientierten Gesellschaft, in der scheinbar nur die Starken
und die Sieger zu leben verdienen, lehrt der Sport auch, zu verlieren, indem er
den Menschen in der Kunst der Niederlage mit einer der tiefsten Wahrheiten
seines Daseins konfrontiert: mit der Zerbrechlichkeit, der Begrenztheit, der
Unvollkommenheit. Das ist wichtig, denn aus der Erfahrung dieser
Zerbrechlichkeit heraus öffnen wir uns für die Hoffnung,“ stellte Papst Leo
einen weiteren wichtigen Aspekt der sportlichen Betätigung heraus.
Dass
der Sport nicht nur den Körper, sondern auch die Seele formt, erklärte das
Kirchenoberhaupt am Beispiel des Jugendvorbilds Pier Giorgio Frassati: Der
junge Italiener hatte es verstanden, seine Leidenschaft fürs Bergsteigen mit
einem zutiefst gelebten christlichen Glauben zu verbinden und war so zu einem
leuchtenden Vorbild für die Verbindung von körperlicher Aktivität und innerem
Wachstum geworden.
Wörtlich
sagte der Papst: „Es ist kein Zufall, dass der Sport im Leben vieler Heiliger
unserer Zeit eine bedeutende Rolle gespielt hat, sowohl als persönliche Praxis
wie auch als Weg der Evangelisierung. Denken wir an den seligen Pier Giorgio
Frassati, den Schutzpatron der Sportler, der am 7. September heiliggesprochen
werden wird. Sein einfaches und leuchtendes Leben erinnert uns daran, dass
niemand als Champion geboren wird, so wie niemand als Heiliger geboren wird.“
Heiligkeit
sei also ebenso wie sportliche Leistung nicht angeboren, sondern das Ergebnis
eines „täglichen Trainings der Liebe, das uns dem endgültigen Sieg näherbringt
und uns dazu befähigt, am Aufbau einer neuen Welt mitzuwirken.“
Seine
Vorgänger Papst Franziskus, Johannes Paul II. und Paul VI. zitierend, würdigte
Papst Leo den Sport als Ort der Erziehung, Gemeinschaft und Evangelisierung,
„der ein äußerst nützliches Instrument für die geistige Erhebung des Menschen
sein kann, welche die erste und unverzichtbare Voraussetzung für eine
geordnete, friedliche und konstruktive Gesellschaft ist“ (Hl. Paul VI., 20.
März 1965).
Den
Auftrag, der sich aus dieser Vision des Sports als Schule des Lebens und
Werkstatt des Friedens ergibt, beschrieb der Pontifex am Ende seiner Predigt
wie folgt: „Liebe Sportlerinnen und Sportler, die Kirche vertraut euch eine
wunderschöne Aufgabe an: dass ihr in euren Aktivitäten ein Widerschein der
Liebe des dreifaltigen Gottes seid – zu eurem eigenen Wohl und zum Wohl eurer
Brüder und Schwestern. Lasst euch mit Begeisterung auf diese Mission ein: als
Athleten, als Trainer, als Vereine, als Gruppen, als Familien.“
Abschließend
formulierte der Papst noch folgende Bitte an die Muttergottes: „Bitten wir sie,
unsere Mühen und unser Engagement zu begleiten und diese immer auf das Beste
auszurichten, bis zum wichtigsten Sieg: jenem der Ewigkeit, dem „unendlichen
Spielfeld”, auf dem das Spiel kein Ende haben und die Freude vollkommen sein
wird.“ (vn 15)
Papst beim Angelus: „Sport ist ein
Weg, Frieden zu schaffen“
Papst
Leo XIV. hat am Sonntag beim Mittagsgebet auf dem Petersplatz den Sport als
Mittel zur Friedensförderung gewürdigt. Vor Tausenden Pilgern und
Sportbegeisterten betonte er: „Der Sport ist ein Weg, Frieden zu schaffen, weil
er eine Schule des Respekts und der Loyalität ist, die die Kultur der Begegnung
und der Geschwisterlichkeit wachsen lässt.“
Zuvor
hatte der Papst eine Eucharistiefeier im Petersdom zum Jubiläum des Sports
geleitet. Zum Mittagsgebet begab er sich auf den Petersplatz und fuhr mit dem
Jeep durch die Menge, ehe er das Wort an die etwa 30.000 Anwesenden richtete.
Leo rief dazu auf, sportliche Aktivitäten auch im Wettbewerb „immer mit dem
Geist der Unentgeltlichkeit, mit dem spielerischen Geist im edlen Sinn dieses
Begriffs“ zu leben. Im Spiel und in der gesunden Freude gleiche der Mensch
seinem Schöpfer, so der Papst.
Zugleich
richtete Leo XIV. eindringliche Appelle an die internationale Gemeinschaft
angesichts einer Welt, die „so sehr davon bedroht ist, den Weg der Gewalt zu
wählen“. Er erinnerte an anhaltende Kämpfe in Myanmar trotz eines erklärten
Waffenstillstands. „Ich rufe alle Parteien auf, den Weg des inklusiven Dialogs
zu beschreiten, der einzige, der zu einer friedlichen und stabilen Lösung
führen kann.“
Blick
nach Afrika
Auch
zur dramatischen Lage im nigerianischen Bundesstaat Benue nahm Leo XIV.
Stellung. Dort waren in der Nacht auf Samstag, den 14. Juni, wie der Papst
sagte mehr als 200 Menschen grausam ermordet worden. „Die meisten von ihnen
waren Binnenflüchtlinge, die von der örtlichen katholischen Mission aufgenommen
wurden", sagte Leo XIV. „Ich bete für Sicherheit, Gerechtigkeit und
Frieden in Nigeria, einem geliebten Land, das so sehr von verschiedenen Formen
der Gewalt betroffen ist, und ich bete besonders für die christlichen und
ländlichen Gemeinden im Bundesstaat Benù, die unaufhörlich Opfer von Gewalt
geworden sind."
Der
Papst lenkte den Blick auch auf die Lage in der Republik Sudan mit ihren
Episoden der Gewalt seit zwei Jahren. „Ich habe die traurige Nachricht vom Tod
des Pfarrers von El-Fasher, Luc Joumou, erhalten, der Opfer eines
Bombenanschlags wurde“, sagte Leo XIV. „Ich bete für ihn und alle Opfer und
appelliere erneut an die Konfliktparteien, die Kämpfe einzustellen, die
Zivilbevölkerung zu schützen und einen Dialog für den Frieden aufzunehmen.“ Die
internationale Gemeinschaft müsse ihre Bemühungen verstärken, um wenigstens die
dringendste humanitäre Hilfe bereitzustellen.
Zum
Abschluss rief der Papst zum Gebet für den Frieden im Nahen Osten, in der
Ukraine und weltweit auf. (vn 15)
Jahrestagung des Cusanuswerks 2025
Erzbischof
Bentz: „Menschen nicht durch scheinbar einfache Antworten instrumentalisieren“
Mit
einem Festvortrag des Philosophen Prof. Dr. Markus Gabriel (Bonn) und einem vom
Erzbischof Dr. Udo Markus Bentz (Paderborn) gefeierten Festgottesdienst ist
heute (15. Juni 2025) die Jahrestagung der Bischöflichen Studienförderung
Cusanuswerk im niederländischen Baarlo bei Venlo zu Ende gegangen. Rund 700
Stipendiatinnen und Stipendiaten diskutierten mit Gästen aus Wissenschaft,
Kirche, Wirtschaft, Politik, Kultur und Medien über das Thema Komplexität.
Die
Jahrestagung ist die größte Veranstaltung im interdisziplinären
Bildungsprogramm des Cusanuswerks und widmete sich dem Jahresthema 2025
„Komplexität“. „Der Eindruck, dass sich die Komplexität des Alltags beständig
steigert und unsere Welt im Ganzen dabei komplexer zu werden scheint, ist in
hohem Maße abhängig von der akademischen, fachlichen, spirituellen oder
individuellen Perspektive. Indem wir uns der Komplexität stellen und uns ihr
interdisziplinär nähern, wollen wir die Grundlage für einen produktiven Umgang
schaffen. Wo, wenn nicht im Cusanuswerk, wo wir echte Vielfalt und
vorurteilsfreien Austausch und Dialog erleben, könnte das gelingen“, so Prof.
Dr. Georg Braungart, Leiter des Cusanuswerks.
In
seinem Impulsvortrag zeichnete Dr. Marco Wehr, Physiker und Philosoph, das Bild
von einer Welt, die wie nie zuvor in der Menschheitsgeschichte zu „einem
verwickelten Knäuel des Komplexen“ geworden sei. Gleichzeitig eröffnete er
Strategien und Möglichkeiten, mit dieser Situation umzugehen.
„Alles
Leben, alle Schönheit, aber auch die Krisen unserer Zeit sind Ausdruck einer
überwältigenden Komplexität. Es ist notwendig, zumal in der Begabtenförderung,
die Komplexität und Ambiguität der Dinge auszuhalten und zu durchdenken, auch
wenn es unbequem ist. Es braucht die Auseinandersetzung mit Komplexität, um die
Zukunft verantwortungsvoll mitzugestalten. Mit einfachen Antworten, egal aus
welchem ‚Lager‘, lassen sich die großen Probleme in einer vernetzten Welt nicht
lösen“, betonte Dr. Thomas Scheidtweiler, Generalsekretär des Cusanuswerks.
Prof.
Dr. Markus Gabriel, Lehrstuhlinhaber für Erkenntnistheorie, Philosophie der
Neuzeit und Gegenwart an der Universität Bonn, verortete in seinem Festvortrag
„Soziale Komplexität als Quelle moralischen Fortschritts“ Komplexität in Bezug
auf individuelles Empfinden und Handeln: „Echter moralischer Fortschritt
besteht darin, dass wir über Probleme, die wir in den aktuellen Krisenzeiten
haben, einmal ganz anders nachdenken: Indem wir auf scheinbar einfache Fragen
komplexe Antworten geben.“
In
der Eucharistiefeier warnte Erzbischof Dr. Udo Markus Bentz mit Nachdruck
davor, komplexe Zusammenhänge unterzubewerten: „Es wundert nicht, dass in den
vergangenen Jahren ‚Reduktion‘ nicht nur stilbildend für Kunst und Architektur
wurde, sondern auch Trend für das private Zuhause geworden ist: Simplify your
life. Arbeit und gesellschaftliches Leben sind komplex genug – Einfachheit dann
wenigstens dort, wo man selbstbestimmt gestalten kann. Vielleicht ist das noch
der sympathischste Ausdruck einer um sich greifenden Komplexitätsmüdigkeit, die
man als gesellschaftliches Phänomen nicht leugnen kann. Ist es eine Folge von
Überforderung? Der gefährlichste Ausdruck einer solchen Komplexitätsmüdigkeit
ist der ‚Erfolg‘ und die zunehmende Zustimmung zu einer populistischen
Reduktion von Komplexität im politischen Kontext, gepaart mit Frust und
Aggression“, so Erzbischof Bentz. Christen seien Anwalt in der Gesellschaft
dafür, dass „wir der Versuchung einer fundamentalistischen und populistischen
Vereinfachung nicht erliegen und Menschen durch scheinbar einfache Antworten
instrumentalisiert werden.“ Deshalb müsse es auch im kirchlichen Kontext darum
gehen, immer gemeinsam nach der „Wahrheit des Evangeliums für unsere Gegenwart
– und wir haben die Wahrheit nur in der Gegenwart – zu suchen: im Hören
aufeinander, im Ringen miteinander und im gemeinsamen Unterscheiden.“
Erzbischof Bentz: „Für uns muss ein Suchen nach der Wahrheit bedeuten: die
Wirklichkeit der Komplexität und Ambivalenz wahrzunehmen, wie sie ist, und sich
– gerade als Christen – nicht in eine Scheinwelt aus der Komplexität hinaus zu
flüchten.“Hintergrund. Die Bischöfliche Studienförderung Cusanuswerk ist das
Begabtenförderungswerk der katholischen Kirche in Deutschland. Mit staatlichen,
kirchlichen und privaten Zuwendungen fördert das Cusanuswerk aktuell rund 2.400
herausragend begabte katholische Auszubildende, Studierende und Promovierende.
Cusanerinnen und Cusaner tragen mit fachlicher Exzellenz sowie herausragendem
Engagement zum Gemeinwohl bei, ein Leben lang und vielfach in besonders
verantwortungsvollen Positionen von Kirche und Gesellschaft, von Wissenschaft,
Politik und Wirtschaft. Für die Qualität seiner Leistungen wurde das
Cusanuswerk 2025 von der Initiative Ludwig-Erhard-Preis e.V. (ILEP) mit dem
Zertifikat „Recognised for Excellence – 5 Star“ ausgezeichnet. Es hat zudem den
deutschen Excellence-Preis, Ludwig-Erhard-Preis 2024, erhalten.
Die
Jahrestagung fand in Kooperation mit dem Katholischen Akademischen
Ausländer-Dienst (KAAD) statt. Dbk 15
Leo XIV. an Iran und Israel:
„Niemand soll je Existenz des anderen bedrohen“
Papst
Leo XIV. hat seine Sorge über die Attacken zwischen Israel und Iran bekundet.
Eine „sichere Welt ohne nukleare Bedrohung“ brauche respektvolle Begegnung und
Dialog, und niemand solle „jemals die Existenz des anderen bedrohen“, sagte der
Papst an diesem Samstag im Petersdom bei einer Sonderaudienz zum Heiligen Jahr.
Gefragt seien jetzt „Verantwortung und Vernunft".
„In
dieser heiklen Zeit möchte ich einen erneuten Appell an Verantwortung und
Vernunft richten“, erklärte Leo. Er rief dazu auf, „einen dauerhaften Frieden
zu schaffen, der auf Gerechtigkeit, Brüderlichkeit und dem Gemeinwohl“ beruhe.
Auch die anderen Akteure der Weltpolitik sieht der Papst in diesem Punkt in der
Verantwortung: „Es ist die Pflicht aller Länder, die Sache des Friedens zu
unterstützen, Wege der Versöhnung einzuleiten und Lösungen zu fördern, die
Sicherheit und Würde für alle garantieren“, so der US-amerikanische Papst.
In
der Nacht auf Samstag feuerte der Iran nach Angaben des israelischen Militärs
erneut Dutzende Raketen auf Israel ab. Die Attacken waren die Antwort auf
eine Großoffensive, die Israel in der Nacht auf Freitag gestartet hatte.
Dabei starben nach offiziellen iranischen Angaben Dutzende Menschen.
Israel
ist bisher die einzige Atommacht der Region und nahm mit seinem Großangriff vor
allem Irans Nuklearprogramm ins Visier. Teheran ist nach Einschätzung Israels
auf einem weit fortgeschrittenen Weg zur Konstruktion von Atombomben. Israel
fühlt sich von Iran in seinem Existenzrecht bedroht. (vn 14)
Pax Christi warnt vor
„Aufrüstungswahn“
Statt
Kriegstüchtigkeit und Wehrhaftigkeit solle man mit Menschen aus Kriegsgebieten
sprechen, die in Deutschland Schutz suchen, fordert die katholische
Friedensorganisation „Pax Christi“.
Die
deutsche Sektion der internationalen katholischen Friedensbewegung Pax Christi
ruft die Menschen dazu auf, einen um sich greifenden „Aufrüstungswahn“ zu
stoppen. In einer am Freitag in Berlin veröffentlichten Mitteilung fordert die
Organisation gewaltfreie Lösungen für aktuelle Konflikte, meldet die
Nachrichtenagentur kna. Die Friedensbewegung bittet: „Steht auf, erhebt Eure
Stimme und macht deutlich, dass es genug ist. Dass genug Menschen ihr Leben
lassen mussten!“
Man
solle mit Menschen aus Kriegsgebieten sprechen, die in Deutschland Schutz
suchten. „Sucht nach gewaltfreien Lösungen und sagt Nein zu Kriegstüchtigkeit
und Wehrhaftigkeit“, heißt es weiter in dem Appell. Mit Verweis auf die
Auseinandersetzungen in der Ukraine und in Nahost schreibt Pax Christi,
unzählige Menschen würden in diesen Kriegen getötet. „Der dritte Weltkrieg in
Etappen scheint andauernd und unaufhaltsam zu sein“, zitiert die
Friedensbewegung den verstorbenen Papst Franziskus. (kna 14)
Leo XIV.: Unterscheiden hilft, aber
spalten niemals
Papst
Leo XIV. hat bei einer Heilig-Jahr-Generalaudienz im Petersdom dazu aufgerufen,
Einheit zu suchen statt Spaltung zu fördern. „Unterscheiden ist hilfreich, aber
spalten niemals“, erklärte er mit Blick auf den Kirchenvater Irenäus von Lyon,
dem seine Katechese galt.
Wegen
der großen Hitze in Rom war die Audienz kurzfristig vom Petersplatz in den
Petersdom verlegt worden, eine Maßnahme, die der Vatikan nur selten trifft. Leo
XIV. setzte mit der Audienz eine Reihe von Jubiläumsbegegnungen fort, die
bereits Papst Franziskus im Januar begonnen hatte. Jedes Treffen ist einer
Facette christlicher Hoffnung gewidmet, diesmal stand das Thema „Hoffen heißt
verbinden“ im Zentrum.
„Jesus
ist keine Mauer, die trennt, sondern eine Tür, die verbindet“
Leo
XIV. stellte den heiligen Irenäus als Vorbild christlicher Einheit vor. Der
Theologe des 2. Jahrhunderts habe in einer Zeit innerkirchlicher Konflikte und
äußerer Verfolgung nicht aufgegeben, sondern gelernt, tiefer auf Christus zu
schauen. „Jesus ist keine Mauer, die trennt, sondern eine Tür, die verbindet“,
so der Papst. Irenäus habe verstanden, dass das Evangelium Gegensätze nicht
verschärft, sondern sie überwindet.
Auch
heute sei diese Haltung nötig. „Ideen können verrückt spielen, Worte können
töten“, warnte Leo XIV., ohne Beispiele zu nennen. Was aber alle Menschen „mit
der Erde und den anderen Geschöpfen“ verbinde, sei das Fleisch. Der Papst: „Das
Fleisch Jesu muss in jedem Bruder und jeder Schwester, in jedem Geschöpf
willkommen geheißen und betrachtet werden. Hören wir auf den Schrei des
Fleisches, hören wir auf den Schmerz der anderen, der uns beim Namen ruft. Das
Gebot, das wir von Anfang an erhalten haben, ist das der gegenseitigen Liebe.
Es ist uns ins Fleisch geschrieben, noch vor jedem Gesetz.“
„Das
Evangelium wurde von außen gebracht“
Mit
Blick auf die Migrationsbewegungen unserer Zeit erinnerte der Papst daran, dass
das Evangelium seinerzeit „von außen“ nach Europa gekommen sei – durch
Wanderungen, wie sie auch Irenäus selbst unternommen habe. „Das Evangelium
wurde von außen gebracht. Auch heute sind es die Migrantengemeinden, die den
Glauben in den Ländern, die sie aufnehmen, neu beleben.“
Christliche
Hoffnung zeige sich darin, Brücken zu bauen, wo Mauern entstanden seien, Türen
zu öffnen, wo Verschlossenheit herrsche. „Kehren wir zurück, Brücken zu bauen,
wo es heute Mauern gibt. Öffnen wir Türen, verbinden wir Welten, und es wird
Hoffnung geben“, erklärte der Papst.
Zum
Abschluss erinnerte Leo daran, dass die Hoffnung der Apostel keine vage
Vorstellung gewesen sei, sondern eine konkret erfahrene Wirklichkeit: „Die
Apostel haben gesehen, wie in Jesus Himmel und Erde sich verbinden. Mit ihren
Augen, Ohren, Händen haben sie das Wort des Lebens empfangen.“ Das Jubiläum, so
Leo XIV., sei ein „offenes Tor auf dieses Geheimnis hin“.
An
der Audienz im Petersdom nahmen etwa 6.000 Menschen teil. Zum Schluss bekundete
Papst Leo XIV. seine Sorge über die Attacken zwischen Israel und Iran. Eine
„sichere Welt ohne nukleare Bedrohung“ brauche respektvolle Begegnung und
Dialog, und niemand solle „jemals die Existenz des anderen bedrohen“, sagte der
Papst. Es brauche jetzt „Verantwortung und Vernunft", auch die
internationale Staatengemeinschaft stehe in der Verantwortung. (vn 14)
Papst: Arme nicht am Rand, sondern
im Mittelpunkt der Kirche
Papst
Leo XIV. hat mit der Botschaft zum IX. Welttag der Armen an diesem Freitag
seine erste Botschaft zu einem Welttag veröffentlichen lassen. Darin ruft der
neue Pontifex dazu auf, die Armen nicht als Randthema, sondern als Herzstück
der christlichen Gemeinschaft zu verstehen. Die Kirche begeht den von Papst
Franziskus ausgerufenen Welttag der Armen in diesem Jahr am 16. November
2025. Von Christine Seuss
Unsere
Hoffnung kann letztlich nicht auf menschliche Sicherheiten wie Reichtum, Macht
oder Besitz gründen– sondern allein auf Gott. Daran erinnert Papst Leo XIV. in
seiner Botschaft zum IX. Welttag der Armen, die an diesem Freitag, dem
Gedenktag des heiligen Antonius von Padua, der als Patron der Armen gilt,
veröffentlicht wurde. Es ist Leos erste Botschaft zu einem kirchlichen Welttag.
„Die
christliche Hoffnung […] ist eine Gewissheit auf dem Lebensweg, weil sie nicht
von menschlicher Kraft abhängt, sondern vom Versprechen Gottes, der immer treu
ist“, schreibt Papst Leo darin wörtlich.
„Die
schlimmste Armut ist, Gott nicht zu kennen“
Diese
Hoffnung zeige sich besonders eindrucksvoll im von „Entbehrungen,
Gebrechlichkeit und Ausgrenzung“ geprägten Leben der Armen. Sie könnten zu
Zeugen einer tiefen und echten Hoffnung werden, weil sie sich auf Gott
verließen, wo ihnen sonst wenig Halt bleibe, so Papst Leo XIV. in seiner
Botschaft. Gleichzeitig sei ihre Lebenssituation ein Ruf an die Gesellschaft,
den Wert und die Kraft des Glaubens neu zu entdecken: „Die schlimmste Armut
ist, Gott nicht zu kennen“, unterstreicht er mit einem Zitat seines Vorgängers
Franziskus aus Evangelii Gaudium:
„Die
schlimmste Diskriminierung, unter der die Armen leiden, ist der Mangel an
geistlicher Zuwendung. Die riesige Mehrheit der Armen ist besonders offen für
den Glauben; sie brauchen Gott und wir dürfen es nicht unterlassen, ihnen seine
Freundschaft, seinen Segen, sein Wort, die Feier der Sakramente anzubieten und
ihnen einen Weg des Wachstums und der Reifung im Glauben aufzuzeigen (EG, Nr.
200)“
„Alle
Güter dieser Erde […] genügen nicht, um das Herz glücklich werden zu lassen“
In
diesem Zusammenhang erinnerte Leo an „eine Regel des Glaubens und ein Geheimnis
der Hoffnung“: „Alle Güter dieser Erde […] genügen nicht, um das Herz glücklich
werden zu lassen.“ Im Gegenteil, Reichtümer täuschten oft und führten zu
„besonders dramatischen Situationen der Armut“ wie der, dass man meine, Gott
nicht mehr zu brauchen.
Glaube,
Hoffnung, Liebe
Die
christliche Hoffnung, auf die das Wort Gottes verweise, sei vielmehr eine
„Gewissheit“ auf dem Lebensweg, gerade weil sie nicht von menschlicher Kraft
abhänge. Glaube, Hoffnung und Liebe seien untrennbar miteinander verbunden und
stünden – wie die Tradition der Kirche immer wieder bekräftige – in einer
fruchtbaren Wechselbeziehung, so Papst Leo XIV. weiter.
„Die
Hoffnung erwächst aus dem Glauben […] auf dem Fundament der Liebe, die die
Mutter aller Tugenden ist. Und die Liebe ist das, was wir heute, was wir jetzt
brauchen.“ „Den Armen zu helfen ist in der Tat eine Frage der Gerechtigkeit,
noch bevor es eine Frage der Nächstenliebe ist“
Diese
Liebe zeige sich auch im Einsatz für Gerechtigkeit und in der Übernahme von
Verantwortung. Armut sei aber kein unausweichliches Schicksal, sondern sie habe
Ursachen – oft sei dies strukturelle Ungleichheit, erinnert der Papst: „Den
Armen zu helfen ist in der Tat eine Frage der Gerechtigkeit, noch bevor es eine
Frage der Nächstenliebe ist.“
Materielle
Hilfe allein genüge jedoch nicht. Die Kirche ist gerufen, den Armen nicht nur
Brot zu geben, sondern auch das Evangelium, die Sakramente, geistliche
Begleitung – kurz: das Zeugnis der Liebe Gottes.
„Die
Armen sind keine Zusatzbeschäftigung für die Kirche, sondern vielmehr die am
meisten geliebten Brüder und Schwestern, weil jeder von ihnen durch sein Leben
und auch durch die Worte und die Weisheit, deren Träger er ist, dazu anregt,
mit der Wahrheit des Evangeliums konkret in Berührung zu kommen.“
Ein
Aufruf zum Handeln - im Geist des Heiligen Jahres
Mit
Blick auf das Heilige Jahr 2025, das Papst Franziskus unter das Motto „Pilger
der Hoffnung" gestellt hat, fordert Papst Leo weiter dazu auf, angesichts
der Armut nicht gleichgültig zu bleiben:
„Die
Armen sind keine Objekte unserer pastoralen Fürsorge, sondern kreative
Subjekte, die uns herausfordern, immer neue Wege zu finden, das Evangelium
heute zu leben.“
Es
brauche konkrete Zeichen der Hoffnung: Initiativen wie Familienhäuser,
Anlaufstellen, Bildungsangebote, Tafeln oder Schlafplätze für Bedürftige –
große und kleine Werke der Barmherzigkeit, so der Papst, dessen Dikasterium für
die Nächstenliebe gemeinsam mit dem Dikasterium für Evangelisierung
insbesondere rund um den Welttag spezielle zusätzliche Initiativen für Arme ins
Leben ruft.
„Arbeit,
Bildung, Wohnung und Gesundheit sind Voraussetzungen für eine Sicherheit, die
wir niemals mit Waffen erreichen können“
„Arbeit,
Bildung, Wohnung und Gesundheit sind Voraussetzungen für eine Sicherheit, die
wir niemals mit Waffen erreichen können“, betont Papst Leo abschließend.
Welttag
wird seit 2017 begangen
Leos
Vorgänger Franziskus hatte den Welttag der Armen 2017 ins Leben gerufen und ihn
seither regelmäßig selbst mit Armen verbracht, beispielsweise durch die Feier
einer Messe und mit einem gemeinsamen Mittagessen. Rund um den Welttag
organisiert das Dikasterium für die Evangelisierung, gemeinsam mit dem
Dikasterium für die Nächstenliebe, für gewöhnlich auch spezielle
Dienstleistungen für Arme, darunter auch ein kostenloses Ärztezentrum, beim
Vatikan. Damit soll der Welttag, mehr als einen rein symbolischen Akt, auch
eine konkrete Mahnung zum Handeln darstellen und daran erinnern, dass die Armen
im Mittelpunkt der Kirche stehen – nicht nur als Empfänger von Hilfe, sondern
als Menschen, durch die wir Gott selbst begegnen. Der Welttag findet jeweils am
2. Sonntag vor dem 1. Advent statt. (vn 13)
Übergangsleiter fürs Bistum
Eichstätt gewählt
Alfred
Rottler (68) leitet ab sofort übergangsweise das Bistum Eichstätt nach dem
Rücktritt von Bischof Gregor Maria Hanke vom Pfingstsonntag. Dompropst Rottler
wurde am Freitag von den aktiven Mitgliedern des Domkapitels zum
Diözesanadministrator gewählt, wie das Bistum Eichstätt am selben Tag
mitteilte.
Rottler
führt das Bistum demnach nun kommissarisch bis zur Ernennung eines neuen
Bischofs durch den Papst. Als Diözesanadministrator habe er nahezu dieselben
Rechte und Pflichten wie ein amtierender Diözesanbischof, hieß es. Grundlegende
strukturelle oder pastorale Veränderungen dürfe er jedoch nicht vornehmen. Auch
seien Rottler keine sakramentalen Handlungen erlaubt, die die Bischofsweihe
erforderten, etwa die Weihe von Priestern.
Rottler
ernannte Domkapitular Michael Alberter (46) zu seinem Ständigen Vertreter.
Alberter war bisher Generalvikar von Bischof Hanke, also dessen Stellvertreter.
Mit Hankes Rücktritt war die Amtsvollmacht des Generalvikars erloschen. Als
Ständiger Vertreter des Diözesanadministrators wird Alberter nun weiter die
Aufgaben in der Leitung des Bischöflichen Ordinariates wahrnehmen, die
üblicherweise dem Generalvikar zustehen, wie es hieß.
Rottlers
Laufbahn
Bischof
Hanke hatte Rottler 2010 zum Domkapitular ernannt, 2019 zum Dompropst. Der
Dompropst steht zusammen mit dem Domdekan als „Dignitär" an der Spitze des
Domkapitels, wobei dem Dompropst der Ehrenvorrang zukommt. Das Domkapitel ist
ein Gremium von Priestern, das die Gottesdienste im Dom mitgestaltet und an der
Leitung und Verwaltung der Diözese beteiligt ist.
Rottler
stammt aus Schelldorf im oberbayerischen Landkreis Eichstätt. 1983 wurde er zum
Priester geweiht. In den Folgejahren amtierte er etwa als Diözesanpräses der
Katholischen Landjugendbewegung (KLJB) sowie als Leiter der später in
Hauptabteilung Pastoral umbenannten Hauptabteilung Seelsorge/Weiterbildung im
Bischöflichen Ordinariat.
Hanke
(70) war am Pfingstsonntag überraschend als Diözesanbischof von Eichstätt
zurückgetreten. Papst Franziskus hatte dem Bistum zufolge noch vor seinem Tod
ein entsprechendes Gesuch des Benediktiners angenommen - für einen damals noch
nicht terminierten Zeitpunkt. Nach den geltenden kirchlichen Regularien bieten
Bischöfe ihren Rücktritt dem Papst erst mit ihrem 75. Geburtstag an. (kna 13)
Heiligsprechung von Acutis und
Frassati am 7. September
Wie
Papst Leo XIV. bei einer Kardinalsversammlung an diesem Freitag verkündet hat,
werden die beiden Jugendvorbilder Carlo Acutis und Pier Giorgio Frassati am
kommenden 7. September heiliggesprochen. Auch über andere Heiligsprechungen
wurde beim aktuellen Konsistorium entschieden.
Sowohl
für Carlo Acutis als auch für Pier Giorgio Frassati hatte bereits Papst
Franziskus Termine für deren Heiligsprechung festgelegt. Im Fall von Carol
Acutis wäre dies der 27. April 2025 gewesen, im Rahmen des Jubiläums der
Teenager. Wegen des nur wenige Tage zuvor erfolgten Todes von Franziskus wurde
die Jubiläumsveranstaltung umgeplant, auch die Heiligsprechung konnte nicht
mehr stattfinden und wurde nach Entscheidung des Kardinalskollegiums, das sich
sofort nach dem Tod des Papstes zu ersten Beratungen zusammengefunden hatte,
auf ein „unbestimmtes Datum“ verschoben. Pier Giorgio Frassati hingegen wäre am
3. August heiliggesprochen wurden, im Rahmen des in diesem Zeitraum geplanten
Jubiläums der Jugendlichen.
Sowohl
für Carlo Acutis als auch für Pier Giorgio Frassati hatte bereits Papst
Franziskus Termine für deren Heiligsprechung festgelegt. Im Fall von Carol
Acutis wäre dies der 27. April 2025 gewesen, im Rahmen des Jubiläums der
Teenager. Durch den nur wenige Tage zuvor erfolgten Tod von Franziskus wurde
die Jubiläumsveranstaltung umgeplant, auch die Heiligsprechung konnte nicht
mehr stattfinden und wurde nach Entscheidung des Kardinalskollegiums, das sich
sofort nach dem Tod des Papstes zu ersten Beratungen zusammengefunden hatte,
auf ein „unbestimmtes Datum“ verschoben. Pier Giorgio Frassati hingegen wäre am
3. August heiliggesprochen wurden, im Rahmen des in diesem Zeitraum geplanten
Jubiläums der Jugendlichen.
Während
der Kardinalsversammlung wurde auch über das Datum der Heiligsprechung für
weitere Selige entschieden. Die Dekrete für deren Heiligsprechung waren schon
durch Papst Franziskus entschieden worden, doch ein Datum stand bislang nicht
fest. Sie werden nun am 19. Oktober 2025 durch Papst Leo XIV. heiliggesprochen.
Im Einzelnen handelt es sich dabei um
-
Ignazio Choukrallah Maloyan, armenisch-katholischer Erzbischof von
Mardin, Märtyrer;
-
Peter To Rot, Laie und Katechist, Märtyrer;
-
Vincenza Maria Poloni, Gründerin des Instituts der Schwestern der
Barmherzigkeit in Verona (Sorelle della Misericordia);
-
Maria del Monte Carmelo Rendiles Martínez, Gründerin der Kongregation der
„Dienerinnen Jesu”
-
Maria Troncatti, Professschwester der Kongregation der Töchter Mariens, Hilfe
der Christen;
- José Gregorio Hernández Cisneros, Laie;
- Bartolo Longo, Laie.
Der
Mailänder Jugendliche Carlo Acutis (1991 - 2006), dessen Heiligsprechung
ursprünglich für den 27. April 2025 geplant worden war, ist weit über Italien
hinaus bekannt. Er wird auch als auch als „Cyber-Apostel" bezeichnet, weil
er auch im Internet evangelisierte. Besonders verehrte er die Eucharistie.
Er starb im Alter von 15 Jahren an Leukämie. Viele Menschen kamen, als
Reliquien des Jungen, dessen Heiligsprechung bereits angekündigt worden war, an
verschiedenen Stätten unter anderem in Deutschland ausgestellt wurden
Auch
der neue Heilige Pier Giorgio Frassati (1901 - 1924) ist nah an der Jugend. Er
gilt als Sozialapostel; bereits seit längerem wird er als Patron der
katholischen Weltjugendtage verehrt. Frassati, Sohn eines wohlhabenden
liberalen Publizisten und Diplomaten in Turin, engagierte sich als Student ohne
Wissen seiner Eltern für die Armen und Ausgegrenzten und war unter anderem
Mitglied der katholischen Volkspartei. Er starb im Alter von 24 Jahren an den
Folgen einer Poliomyelitis, nachdem er sich vermutlich beim Besuch einer an
Kinderlähmung erkrankten Familie angesteckt hatte. Seine Seligsprechung
erfolgte 1990 durch Papst Johannes Paul II.
Dekrete
schon durch Papst Franziskus entschieden
Ignatius
Choukrallah Maloyan, ein armenischer Erzbischof von Mardin, wurde 1915 während
des Völkermords an den Armeniern ermordet. Geboren 1869 in der heutigen Türkei,
trat er bereits als Jugendlicher ins Kloster ein und wurde 1896 zum Priester
geweiht. In seiner Funktion als Erzbischof von Mardin kümmerte er sich intensiv
um die Ausbildung des Klerus. Nach der Ermordung von Franz Ferdinand 1914
verschärfte sich die Lage für Armenier in der Türkei drastisch. Am 3. Juni 1915
wurde Maloyan mit 600 weiteren Christen verhaftet. Elf Tage später wurde er
hingerichtet, weil er seinen Glauben nicht verleugnen wollte. Papst Johannes
Paul II. sprach ihn 2001 selig, nun folgt seine Heiligsprechung.
Ein
weiterer zukünftiger Heiliger ist Peter To Rot aus Papua-Neuguinea. Er
wurde 1912 geboren und war ein engagierter Katechet. Während des Zweiten
Weltkriegs setzte er seinen Glaubensdienst fort, obwohl die japanischen
Besatzer ihn verboten hatten. Besonders sein Widerstand gegen die Polygamie
brachte ihn in Konflikt mit den Machthabern. Er wurde 1945 verhaftet und im
Gefängnis durch Vergiftung ermordet. 1995 sprach Papst Johannes Paul II. ihn
selig, jetzt wird er als erster Heiliger Papua-Neuguineas kanonisiert.
Die Venezolanerin
Maria del Monte Carmelo, mit bürgerlichem Namen Carmen Elena Rendíles Martínez,
wurde 1903 in Caracas geboren. Sie gründete die Kongregation der „Dienerinnen
Jesu“, die sich besonders der Bildung und Armenfürsorge widmeten. Nach ihrer
Seligsprechung 2018 wird sie nun als erste Heilige Venezuelas verehrt.
Vincenza
Maria Poloni, die Gründerin des Instituts der Schwestern der Barmherzigkeit in
Verona (Sorelle della Misericordia), die sich insbesondere im Dienst an den
Armen und Kranken aufopferte, wurde 2008 seliggesprochen. Sie wurde am 26.
Januar 1902 in Verona geboren, wo sie am 11. November 1855 auch verstarb. Sie
war eine Vertraute des ebenfalls selig gesprochenen deutschen Priesters Carlo
Steeb, mit dem sie das Ordensinstitut der Schwestern der Barmherizigkeit
gemeinsam gründete.
Maria
Troncatti war eine Professschwester der Kongregation der Töchter Mariens, Hilfe
der Christen, geboren am 16. Februar 1883 in Córteno Golgi (Italien) und
verstorben am 25. August 1969 in Sucúa (Ecuador).
Der
venezolanische Arzt Giuseppe Gregorio Hernández Cisneros wurde
am 26. Oktober 1864 in Isnotú (Venezuela) geboren und war bekannt für
seine selbstlose medizinische Arbeit. Schon früh engagierte er sich für die
Armen und Bedürftigen und wurde daher als „Arzt der
Armen" bekannt. Er war Mitglied des Dritten Ordens des
heiligen Franziskus und begann 1913 mit der Vorbereitung auf das
Priestertum. Während seines Studiums in Rom erkrankte er jedoch an Pleuritis
und Tuberkulose, sodass er nach Venezuela zurückkehren musste. Dort widmete er
sich vollständig seiner ärztlichen Tätigkeit und betrachtete sie als seine
wahre Berufung. Am 29. Juni 1919 verstarb er tragisch bei einem
Verkehrsunfall in Caracas, als er auf dem Weg war, einen kranken Patienten zu
besuchen. Sein selbstloser Dienst und sein tief verwurzelter Glaube machten ihn
in Venezuela zu einer verehrten Figur. Papst Johannes Paul II. sprach ihn
am 16. Januar 1986 selig.
Bartolo
Longo wurde am 10. Februar 1841 in Latiano (Italien) geboren.
Der italienische Jurist und Laie führte zunächst ein weltliches Leben, fand
jedoch später durch eine radikale Umkehr seinen Glauben. Er trat
dem Laienorden des heiligen Dominikus bei und widmete sein Leben
der Förderung des Rosenkranzgebets. Longo war Gründer und Wohltäter
des Heiligtums der seligen Jungfrau vom Rosenkranz in Pompeji, das später zu
einem bedeutenden Wallfahrtsort wurde. Er setzte sich für die Verbreitung des
Glaubens durch Bildung, Gebet und soziale Werke ein. Sein Einsatz für
Waisenkinder und Bedürftige machte ihn zu einem Vorbild christlicher
Nächstenliebe. Papst Johannes Paul II. sprach ihn am 26. Oktober 1980
selig und würdigte ihn als „Apostel des Rosenkranzes“. Bartolo Longo
verstarb am 5. Oktober 1926 in Pompeji. (vn 13)
Eichstätt ohne Bischof: Wie es nach
dem Rücktritt weitergeht
Gregor
Maria Hanke ist zurückgetreten – doch wer folgt ihm nach? Von den strengen
kirchlichen Auswahlkriterien über vatikanische Listen bis hin zum Einfluss der
Bayerischen Staatsregierung: So läuft die Suche nach einem neuen Bischof in
Eichstätt. Von Martin Jarde
Stille
im Bischofshaus, kein Mitra-Träger im Gottesdienst, kein bischöfliches Wort zur
Lage der Kirche: Zum ersten Mal seit fast 20 Jahren ist der Bischofsstuhl von
Eichstätt leer. Gregor Maria Hanke, der das Bistum seit 2006 geleitet hatte,
ist zurückgetreten – wegen "innerer Ermüdung", wie er sagt. Nun
beginnt eine Übergangszeit, in der vieles weitergeht, aber nichts grundlegend
verändert werden darf.
Was
passiert während der Sedisvakanz?
Die
katholische Kirche spricht in dieser Übergangszeit von einer Sedisvakanz –
lateinisch für "leerer Stuhl". Diese beginnt, sobald ein Bischof
stirbt oder – wie in Eichstätt – zurücktritt. "Die Vakanz ist am Sonntag,
8. Juni, um 12 Uhr eingetreten", erklärt Pia Dyckmans, Pressesprecherin
des Bistums. Seitdem liegt die "die kollegiale Leitung" bei den
aktiven Mitgliedern des Domkapitels, einem Gremium erfahrener Geistlicher, das
traditionell die engsten Berater des Bischofs stellt.
Das
Domkapitel hat am Freitag einen Diözesanadministrator gewählt: Dompropst Alfred
Rottler übernimmt vorübergehend die Leitung der Diözese – mit fast denselben
Rechten wie ein Bischof, aber begrenztem Gestaltungsspielraum.
Zu
seinem Ständigen Vertreter ernannte Rottler Domkapitular Michael Alberter. Der
46-Jährige war seit 2022 Generalvikar unter Bischof Hanke. Als Ständiger
Vertreter des Diözesanadministrators werde Alberter laut Mitteilung nun weiter
die Aufgaben in der Leitung des Bischöflichen Ordinariates wahrnehmen, die
üblicherweise dem Generalvikar zustehen würden.
Wie
geht es mit der Bischofswahl weiter?
In
der kommenden Zeit bereitet das Eichstätter Domkapitel eine geheime
Kandidatenliste vor, die dem Vatikan übermittelt wird. Auch andere bayerische
Domkapitel und die Freisinger Bischofskonferenz reichen Vorschläge ein. Jedes
Mitglied kann bis zu drei Namen vorschlagen. "Wie viele Kandidaten dort
gelistet sein werden, kann nicht gesagt werden", erklärt Dyckmans.
Doch
die Listen aus Bayern sind nur ein Teil des Verfahrens. Eine zentrale Rolle
spielt der Apostolische Nuntius – der Botschafter des Papstes in Deutschland.
Er erstellt nach einem aufwendigen Befragungsprozess seine eigene Dreierliste,
die er an die römische Kongregation für die Bischöfe weiterleitet. Dort werden
alle Listen und Einschätzungen zusammengeführt und sorgfältig geprüft. Auch die
Kongregationen für den Klerus und für die Glaubenslehre werden beteiligt, um
mögliche Einwände gegen einzelne Kandidaten zu klären.
Erst
dann erfolgt die Abstimmung der vatikanischen Bischofskongregation. Ihr
Personalvorschlag geht schließlich an den Papst, der die Entscheidung trifft –
unabhängig von allen vorherigen Listen.
Welche
Qualifikationen braucht ein Bischof?
Nicht
jeder Priester kommt als Bischof infrage. Das Kirchenrecht nennt klare
Voraussetzungen: Der Kandidat soll sich durch "festen Glauben, gute
Sitten, Frömmigkeit, Seeleneifer, Lebensweisheit, Klugheit sowie menschliche
Tugenden" auszeichnen. Zudem muss er mindestens 35 Jahre alt sein, seit
fünf Jahren Priester und entweder promoviert oder in Theologie, Kirchenrecht
oder Bibelwissenschaft besonders bewandert sein.
Auch
ein guter Ruf ist Pflicht. Darüber hinaus spielen die konkreten
Herausforderungen im Bistum eine wichtige Rolle. Einschätzungen des päpstlichen
Botschafters in Deutschland und sogenannte Quinquennalberichte aus der Diözese
liefern dem Vatikan ein detailliertes Bild der kirchlichen Lage vor Ort. Sie
sollen dabei helfen, einen Kandidaten zu finden, der wirklich zum jeweiligen
Bistum passt.
Was
hat Bayern damit zu tun?
In
Bayern läuft die Bischofsernennung anders als im Rest Deutschlands. Ein
Konkordat mit dem Vatikan aus dem Jahr 1924 räumt dem Papst das alleinige Recht
zur Ernennung ein. Nur eines bleibt dem Staat: ein stilles Veto. Bevor der neue
Bischof ernannt wird, darf die Bayerische Staatsregierung prüfen, ob politische
Einwände bestehen. "In der Praxis ist das nie passiert", betont
Staatskanzleichef Florian Herrmann (CSU).
Im
übrigen Deutschland schlägt dagegen das jeweilige Domkapitel meist eine Liste
mit Kandidaten vor, aus der der Papst auswählt.
Und
wie lange dauert das?
Zum
Schluss muss auch der Kandidat selbst gefragt werden, ob er bereit ist, das Amt
des Diözesanbischofs im Bistum Eichstätt zu übernehmen.
Einen
festen Zeitplan gibt es nicht. Es kann Wochen, manchmal Monate dauern, bis der
neue Hirte bestimmt ist. Für die Gläubigen im Bistum bedeutet das: Geduld.
Br.de 13
Papst an Priester: „Nicht fliehen
vor Herausforderungen der Zeit“
Papst
Leo XIV. hat die Priester Roms zu einem „prophetischen Blick“ auf die
Herausforderungen der Gegenwart aufgerufen. In seiner ersten Begegnung mit dem
Klerus seiner Diözese dankte der Bischof von Rom seinen Priestern für die
alltägliche Hingabe und forderte zu exemplarischem und solidarischem Handeln
auf. Von Gudrun Sailer
Leo
empfing die Priester, Diakone und Seminaristen in der Audienzhalle und drückte
ihnen gleich eingangs seine Wertschätzung aus. Er dankte ihnen insbesondere für
ihre Großzügigkeit bei der Ausübung ihres Dienstes und „für all das, was ihr in
der Stille lebt und was manchmal von Leid oder Unverständnis begleitet ist“.
Die
Herausforderungen für Priester in Rom sind vielfältig, fuhr Papst Leo fort.
Tödliche Gewalt, Ungleichheit, Armut und soziale Ausgrenzung seien auch in
dieser schönen und mit Kunstwerken gesättigten Stadt präsent. Das
Kirchenoberhaupt nannte keine konkreten Beispiele, allerdings erschütterte erst
vor wenigen Tagen der Mord an einer möglicherweise obdachlosen Frau und einem
Baby in einem Park in Vatikan-Nähe die Öffentlichkeit. Rom sei „von
vielfältigen Formen der Armut und schweren Notlagen wie der Wohnungsnot
geprägt“, so Papst Leo. „Diese Herausforderungen sind wir gerufen zu umarmen,
evangeliumsgemäß zu deuten und als Gelegenheiten des Zeugnisses zu leben.
Fliehen wir nicht vor ihnen!“
„Diese
Herausforderungen sind wir gerufen zu umarmen, evangeliumsgemäß zu deuten und
als Gelegenheiten des Zeugnisses zu leben. Fliehen wir nicht vor ihnen!“
Der
Papst ermutigte die Priester, die Zeichen der Zeit nicht nur wahrzunehmen,
sondern fruchtbar zu machen: „Der pastorale Einsatz soll für alle eine Schule
werden, um zu lernen, das Reich Gottes im Heute einer komplexen und anregenden
Geschichte aufzubauen.“
Darüber
hinaus lud der Papst seinen Klerus dazu ein, das priesterliche Leben aus einem
Geist der Einheit und Freundschaft zu gestalten – und wies auf das besondere
Profil der römischen Diözese hin: „Unsere ist eine wirklich besondere Diözese,
weil viele Priester aus verschiedenen Teilen der Welt kommen.“ Diese
Universalität verlange auch wechselseitige Offenheit im Alltag. Mit Blick
auf die priesterliche Gemeinschaft in Rom warnte er vor Isolierung und
Erschöpfung und sprach von inneren Hindernissen für die Brüderlichkeit:
„Besonders dieses Gefühl von Müdigkeit, das aufkommt, weil wir besondere Mühen
erlebt haben, weil wir uns unverstanden oder nicht gehört gefühlt haben.“
„Ich möchte euch helfen, mit euch mitgehen,
damit jeder seine Gelassenheit im Dienst wiederfindet“, erklärte Leo seinen
Priestern. Er empfahl ihnen aber auch ausdrücklich, die spirituelle Grundlage
ihres Dienstes nicht zu vernachlässigen. Nur aus ihr könne echte Gemeinschaft
entstehen.
„En
kostbarer Schatz wurde uns anvertraut, und wir sind seine Spender und Diener.“
Er
rief die Geistlichen zudem auf, ihr Leben transparent und vorbildlich zu
führen. Auch wenn niemand vor Schwächen gefeit sei, so gelte doch: „Uns wurde
eine außergewöhnliche Gnade zuteil, ein kostbarer Schatz wurde uns anvertraut,
und wir sind seine Spender und Diener.“ Dem Diener sei immer auch Treue
abverlangt, so der Papst, der seine Priester vor der Versuchung des Abgleitens
in weltliche Versuchungen Roms warnte. Ein Priester müsse sich immer neu vom
Ruf Christi berühren lassen – „von jener ersten Liebe, die euch zu starken
Entscheidungen und mutigen Verzichten geführt hat“.
Abschließend
versicherte Leo dem römischen Klerus seine Verbundenheit und ermutigte, die
priesterliche Berufung in der heutigen Zeit mit Einheit, Vorbildlichkeit und
prophetischem Geist zu leben. Mit einem Zitat des heiligen Augustinus rief er
zur Treue zur Kirche auf: „Liebt diese Kirche, bleibt in dieser Kirche, seid
diese Kirche.“ (vn 12)
Caritas ist für ein
Gesellschaftsjahr
Caritas-Präsidentin
Eva Maria Welskop-Deffaa spricht sich für die Einführung eines verpflichtenden
Gesellschaftsjahres für alle Schulabgänger aus, das militärische,
zivilgesellschaftliche und soziale Dienste gleich bewertet. Sie warnt vor der
Wiederbelebung alter Hierarchien zwischen Wehr- und Ersatzdienst und sieht in
einem solchen Konzept eine Möglichkeit zur Stärkung des gesellschaftlichen
Zusammenhalts.
In
einem Gastbeitrag für die „Frankfurter Allgemeine Zeitung“ (Mittwoch) plädiert
sie für eine Beratung aller Schulabgänger bezüglich der Möglichkeiten eines
Gesellschaftsjahres. Dieses solle vom Engagement für die äußere, innere und
soziale Sicherheit getragen werden, jeweils mit gleicher politischer und
gesellschaftlicher Wertschätzung. „Der Wehrdienst, der Dienst im Bevölkerungs-
und Zivilschutz und das klassische freiwillige Jahr sind die drei Säulen
dessen, was es für eine Zukunft in Frieden und Freiheit braucht“, schreibt
Welskop-Deffaa. Die aktuelle Bundesregierung setzt auf einen freiwilligen
Dienst junger Menschen bei der Bundeswehr.
Gleichwertigkeit
der Dienste und Finanzierung
Welskop-Deffaa
betont, das Konzept eines neuen Wehrdienstes müsse als integraler Bestandteil
eines freiwilligen Gesellschaftsjahres für alle gestaltet sein. Sie sieht in
der Freiwilligkeit eine attraktive Option für den Schutz der Freiheit
Deutschlands, vorausgesetzt, Familienministerin Karin Prien (CDU) und
Verteidigungsminister Boris Pistorius (SPD) sicherten eine ausreichende
Finanzierung aller Freiwilligendienste. Ein staatliches Freiwilligengeld sei
notwendig, damit der Sold für Wehrdienstleistende nicht höher ausfalle als für
Freiwilligendienstleistende etwa in Altenheimen.
Stärkung
des gesellschaftlichen Zusammenhalts
Die
Caritas-Präsidentin hebt hervor, dass ein Rechtsanspruch auf Förderung jeder
Freiwilligenvereinbarung eingeführt werden sollte. Sie argumentiert, dass viele
Fähigkeiten benötigt würden und es von Vorteil sei, wenn möglichst viele junge
Menschen in einem Gesellschaftsjahr die Gelegenheit erhielten, ihre Fähigkeiten
zu erproben. Weiterhin könnte ein solcher Einsatz den Zusammenhalt der
Gesellschaft stärken. „Die aktuelle Bundesregierung hat es jetzt in der Hand,
die Verantwortung der Menschen für dieses Land, für seine Sicherheit und für
die gesellschaftliche Krisenfestigkeit entscheidend zu fördern.“ (faz 11)
Papst Leo XIV. ruft zur Hoffnung
auf Heilung auf
Vor
rund 40.000 Pilgern und Besuchern auf dem Petersplatz hat Papst Leo?XIV. bei
der Generalaudienz an diesem Mittwoch über die Heilungen Jesu gesprochen.
Anhand der biblischen Figur des blinden Bartimäus ermutigte er Gläubige, sich
in ihrer Verletzlichkeit Christus zu nähern und den Mut zur Bitte um Hilfe
aufzubringen. Von Mario Galgano
Das
katholische Kirchenoberhaupt forderte die Gläubigen dazu auf, ihre
verletzlichsten und blockierten Lebensbereiche dem Herzen Christi anzuvertrauen
und sprach vom Vertrauen auf die heilende Nähe Gottes: „Bitten wir den Herrn
voller Vertrauen, unseren Schrei zu hören; bitten wir ihn, uns zu heilen!“
Im
Zentrum seiner Überlegungen stand die Begegnung Jesu mit Bartimäus, dem blinden
Bettler von Jericho. Diese Figur sei ein Bild für den Menschen in
existenzieller Not – ein Mensch, der, so der Papst, „mutterseelenallein“ ist,
obwohl sein Name eine Beziehung ausdrücke: Bartimäus – „Sohn des Timäus“. In
der jüdischen Tradition sei der Name Ausdruck von Berufung und Würde, doch der
Lebenszustand des Bettlers widerspreche dieser Bedeutung. „Er sitzt auf der
Straße und braucht jemanden, der ihn wieder auf die Beine bringt.“
Auf
innere Fähigkeit besinnen
Leo?XIV.
beschrieb Bartimäus als einen Menschen, der sich trotz seiner Blindheit auf
seine innere Fähigkeit besinnt: „Er ist ein Bettler, er kann bitten, ja er kann
schreien!“ Der Papst betonte: „Wenn du dir etwas wirklich wünschst, dann
schreie weiter!“ Der Ruf des Bartimäus – „Sohn Davids, Jesus, hab Erbarmen mit
mir!“ – sei in der östlichen Tradition zu einem Gebet geworden, das auch heute
noch gesprochen werde.
„Oft
ist es gerade unsere vermeintliche Sicherheit, die uns blockiert.“
Der
Papst ging auch auf Jesu Reaktion ein: Dieser bleibe angesichts des Schreis
stehen und lasse Bartimäus zu sich rufen. Dies sei kein Zeichen von Distanz,
sondern ein Akt der Ermutigung. „Gerade das ist der Weg, um Bartimäus' Leben zu
reaktivieren: Er fordert ihn auf, aufzustehen.“ Der Blinde muss dazu eine
bedeutsame Entscheidung treffen – er wirft seinen Mantel weg, das Symbol seiner
Sicherheit. „Oft ist es gerade unsere vermeintliche Sicherheit, die uns
blockiert“, so der Papst.
Kein
Automatismus
Heilung
sei kein Automatismus, betonte Leo?XIV., sondern eine bewusste Entscheidung.
Die Frage Jesu – „Was willst du, dass ich dir tue?“ – zeige, dass der Wunsch
nach Veränderung nicht selbstverständlich sei. Bartimäus antwortet mit dem
griechischen Wort anablepein, das sowohl „wieder sehen“ als auch „aufblicken“
bedeuten kann. Der Papst interpretierte dies als Ausdruck des Wunsches nach
Wiederherstellung von Würde: „Um aufzuschauen, muss man den Kopf heben.“
Am
Ende der Katechese erinnerte Leo?XIV. daran, dass es der Glaube ist, der
rettet: „Jesus heilt uns, damit wir frei werden können.“ Auch wenn Jesus
Bartimäus nicht auffordere, ihm zu folgen, schließe das Evangelium mit der
freiwilligen Entscheidung des Geheilten, Jesu Weg zu gehen.
„Bringen
wir voller Vertrauen unsere eigenen Krankheiten und die unserer Lieben vor
Jesus“, rief der Papst abschließend den Gläubigen zu. Auch den Schmerz derer,
die sich verloren und ausweglos fühlten, gelte es mitzunehmen. „Lasst uns auch
für sie schreien und darauf vertrauen, dass der Herr uns erhört und
stehenbleibt.“
An
die deutschsprachigen Pilger gewandt sagte Leo?XIV.: „Ich lade euch ein, mit
euren Krankheiten des Leibes wie auch der Seele zu Jesus zu kommen – mit
demselben Vertrauen, mit dem Bartimäus betete: ‚Herr Jesus Christus, Sohn
Gottes, hab Erbarmen mit mir Sünder.‘“ (vn 11)
Bischof
Meier würdigt das Erste Ökumenische Konzil als Fundament der heutigen Ökumene
Anlässlich
des Namenstags Seiner Allheiligkeit, des Ökumenischen Patriarchen Bartholomaios
I., hat die Griechisch-Orthodoxe Metropolie von Deutschland heute (11. Juni
2025) zu ihrem Jahresempfang in die Metropolitankathedrale Agia Trias in Bonn
eingeladen. Festredner des Abends war Bischof Dr. Bertram Meier (Augsburg),
Vorsitzender der Kommission Weltkirche der Deutschen Bischofskonferenz. In
seinem Vortrag unter dem Titel Mut aus Nizäa: Das Erste Ökumenische Konzil und
der Dialog der Kirchen heute würdigte er die ökumenische Bedeutung des Konzils
von Nizäa (325) und dessen bleibende Inspirationskraft für die Gegenwart.
Der
Patriarch sei „zweifelsohne eine der wichtigsten Persönlichkeiten der heutigen
Christenheit, nicht nur qua Amt, sondern auch wegen seines unermüdlichen,
mutigen, zukunftsweisenden Einsatzes für seine Kirche, für die Ökumene, für
eine gerechte, friedliche Gesellschaft und die Bewahrung der Schöpfung“,
erklärte Bischof Meier. Man dürfe „sich noch auf den Weg freuen, den Patriarch
Bartholomaios gemeinsam mit dem neugewählten Bischof von Rom, Leo XIV., gehen
wird, einen Weg, der in Nizäa beginnt.“
In
seinem Vortrag ging Bischof Meier ausführlich auf den historischen Hintergrund
des Konzils ein und hob die Verabschiedung des Glaubensbekenntnisses hervor,
„das bis heute zentral für das Leben vieler christlicher Traditionen ist“. Die
theologische Bedeutung und ökumenische Relevanz liege in den Stichworten
„Christologie, Bekenntnis, Synodalität und Osterdatum“, sagte er. Dabei
erinnerte er auch an die theologische Tragweite des Konzils: „‚Homooúsios to
Patrí; dem Vater wesensgleich.‘ Welches andere Adjektiv hat wohl die
Theologiegeschichte des Christentums so maßgeblich bestimmt?“ Die Proklamation
der Göttlichkeit Jesu sei „für den Glauben fundamental; nur auf dieser Basis
ist ökumenischer Fortschritt wirklich möglich“. Weiter betonte er: „Eine
Ökumene, die Jesus Christus nicht in den Mittelpunkt stellt, wäre
unvorstellbar. Es geht um eine christozentrische Ökumene.“
In
Anlehnung an das neue Dokument der Päpstlichen Internationalen Theologischen
Kommission Jesus Christus, Sohn Gottes, Erlöser sagte Bischof Meier: „Das
1700-jährige Jubiläum von Nizäa zu feiern, bedeutet vor allem, über das
Symbolum zu staunen, das uns das Konzil hinterlassen hat, und über die
Schönheit dessen, was uns in Christus geschenkt ist – ist doch das Symbolum
davon gleichsam eine Ikone in Worten.“ Bekennende Christinnen und Christen zu
sein heiße nicht, „uns wie abgeschirmte, realitätsferne und ängstliche
Fundamentalisten zu verhalten; hingegen bedeutet es die Bereitschaft und die
Freude, energisch und konstruktiv Zeugnis vom Evangelium in der Gesellschaft
abzulegen“.
Das
Konzil von Nizäa sei zudem „das erste weltweite synodale Ereignis der Kirche
Jesu Christi“ gewesen. Es zeige, dass synodales Zusammenwirken über Zeit und
Kulturen hinweg eine tragfähige Form kirchlicher Einheit sei. Bischof Meier
zitierte dazu Papst Leo XIV.: „Wir wollen eine synodale Kirche sein, eine
Kirche auf dem Weg, eine Kirche, die immer den Frieden sucht, die immer die
Barmherzigkeit sucht, die immer besonders denjenigen nahe sein will, die
leiden.“ Er ergänzte mit den Worten von Papst Franziskus aus seiner
Fastenbotschaft 2025: „Gemeinsam zu gehen, synodal zu sein, das ist die
Berufung der Kirche. (...) Lasst uns in dieselbe Richtung gehen, auf dasselbe
Ziel zu, indem wir einander mit Liebe und Geduld zuhören.“
Mit
Nachdruck forderte Bischof Meier eine ökumenische Verständigung auf ein
gemeinsames Osterdatum: „Die Zeit ist reif, der Wille ist da: Es wäre schade,
würden wir auch diesmal die Chance verpassen, ein für alle Mal ein gemeinsames
Osterdatum festzulegen. Möge Gott die Verantwortlichen in unseren Kirchen
begleiten, damit sie bald weise Entscheidungen dazu treffen, denn die
christliche Welt sehnt sich nach aussagekräftigen Einheitszeichen.“
Zum
Schluss dankte Bischof Meier für das großartige ökumenische Zeugnis der
Griechisch-Orthodoxen Metropolie von Deutschland und des Metropoliten
Augoustinos persönlich: „Möge Gott Sie, lieber Bruder, Ihre Metropolie und
Seine Allheiligkeit immer schützen und stärken. Wie schön, dass Patriarch
Bartholomaios, der Erste, der Prótos der Orthodoxie, ein großer Diener der
Einheit ist.“ Dbk 11
Christentum weltweit noch führend.
Anteil an Bevölkerung schrumpft
Eine
neue Studie des Pew Research Center zeigt: Zwar bleibt das Christentum mit 2,3
Milliarden Anhängern die größte Glaubensgemeinschaft der Welt, doch sein Anteil
an der Weltbevölkerung ist zwischen 2010 und 2020 zurückgegangen. Gleichzeitig
wuchsen Islam und Religionslosigkeit deutlich.
Christen
stellen weiterhin die größte religiöse Gruppe weltweit, doch ihr Anteil an der
globalen Bevölkerung ist in den vergangenen zehn Jahren gesunken. Das geht aus
einer aktuellen Auswertung des renommierten Pew Research Center mit Sitz in
Washington hervor, die am Montagabend veröffentlicht wurde. Der Studie zufolge
sank der Anteil der Christen zwischen 2010 und 2020 um 1,8 Prozentpunkte auf
28,8 Prozent.
Im
gleichen Zeitraum legte der Anteil der Muslime um genau denselben Wert zu und
erreichte 25,6 Prozent. Auch die Zahl der Menschen ohne Religionszugehörigkeit
nahm zu: Sie stieg um 0,9 Prozentpunkte auf 24,2 Prozent. Damit gehören diese
drei Gruppen gemeinsam mehr als drei Viertel der Weltbevölkerung an.
2,3
Milliarden Christen
In
absoluten Zahlen wuchs die Zahl der Christen im betrachteten Jahrzehnt um 121,6
Millionen auf 2,3 Milliarden. Allerdings stieg die Weltbevölkerung insgesamt
schneller, sodass sich der relative Anteil der Christen verringerte. Im
Gegensatz dazu nahm die Zahl der Muslime um 346,8 Millionen zu, womit der Islam
im Jahr 2020 rund 2 Milliarden Gläubige zählte. Die Zahl der Religionslosen
wuchs um 270,1 Millionen auf 1,9 Milliarden.
Die
Untersuchung basiert auf der Auswertung von mehr als 2.700 behördlichen
Erhebungen und Umfragen weltweit. Sie weist darauf hin, dass besonders die
Abwanderung von Mitgliedern aus christlichen Kirchen zur Zunahme der religiös
Ungebundenen beigetragen hat. Innerhalb des Christentums verschob sich zudem
der geographische Schwerpunkt: Lebten früher die meisten Christen in Europa, so
ist die Mehrheit heute südlich der Sahara in Afrika beheimatet.
Demographische
Entwicklung
Die
demografische Entwicklung wirkt sich laut Pew auch auf den Islam aus: Eine
vergleichsweise junge Altersstruktur und hohe Geburtenraten führen dazu, dass
der Anteil der Muslime an der Weltbevölkerung weiter wächst.
In
Europa machten Christen im Jahr 2020 noch 67,1 Prozent der Bevölkerung aus –
ein Rückgang um 7,6 Prozentpunkte im Vergleich zu 2010. Gleichzeitig stieg der
Anteil der Religionslosen um 6,6 Prozentpunkte auf 25,3 Prozent. Der Anteil der
Muslime auf dem Kontinent wuchs moderat auf 6,0 Prozent – ein Plus von 0,7
Prozentpunkten.
Besonders
deutlich zeigt sich also: Während das Christentum in absoluten Zahlen weiter
wächst, verliert es relativ an Boden. Der globale Wandel religiöser
Zugehörigkeiten wird auch in den kommenden Jahrzehnten von den dynamischen
Entwicklungen in Afrika und Asien geprägt sein. (pm/kna 10)
Hanke über seinen Rücktritt: „Es
war ein langer Weg des Ringens“
Nach
fast zwei Jahrzehnten im Amt hat der Bischof von Eichstätt, Gregor Maria Hanke,
am Pfingstsonntag seinen Rücktritt erklärt. Der Rücktritt sei das Ergebnis
eines längeren inneren Prozesses gewesen. Von Mario Galgano
„Ich
darf in den Ruhestand eintreten mit nahezu 71 Jahren“, erklärte Hanke in einer
Botschaft an die Gläubigen. „Es war ein langer Weg des Ringens, des
Überlegens, des Betens, auch mancher Gespräche, bis es zu dieser Entscheidung
kam“, so Hanke. Seit über drei Jahrzehnten habe er eine herausgehobene
Verantwortung getragen – zunächst als Abt des Benediktinerklosters
Plankstetten, später fast 19 Jahre lang als Bischof von Eichstätt.
Rückkehr
zu den Grundlagen
Mit
dem Übergang in den Ruhestand verbindet Hanke den Wunsch nach einer Rückkehr zu
den Grundlagen des priesterlichen Dienstes. „Ich sehne mich danach, jetzt in
die Seelsorge zu gehen, den Menschen nahe zu sein, sie auf dem Weg des Glaubens
zu begleiten. Einfach priesterliche Dienste zu tun“, sagte er. Diese Aufgaben
möchte er künftig außerhalb des Bistums Eichstätt „in einem Pastoralraum in der
zweiten Reihe“ übernehmen.
In
seiner Videobotschaft dankte der scheidende Bischof den Gläubigen für die
gemeinsame Zeit. „Ich durfte viele schöne Erfahrungen mit Ihnen und bei Ihnen
machen, wofür ich dankbar bin“, betonte er. Für die Zukunft der Diözese
wünschte er „Gottes reichen Segen“ und rief zur aktiven Mitgestaltung des
kirchlichen Lebens auf.
„Ich
werde Ihnen im Gebet verbunden bleiben und beten Sie auch für mich“, schloss
Hanke seine Abschiedsbotschaft. Seine priesterliche Arbeit will er fortsetzen –
nun nicht mehr als Bischof, sondern als Seelsorger unter anderen Bedingungen.
(vn/bistum eichstätt 9)
„Nicht dafür gemacht, um uns selbst
zu kreisen“. Bischof Bätzing predigt zu Pfingsten
Der
Atem und die Kostbarkeit des Atmens – dieses Bild hat der Vorsitzende der
Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Georg Bätzing, heute (8. Juni 2025) in
seiner Predigt am Pfingstsonntag in Limburg thematisiert. Leben heiße atmen und
atmen heiße leben. Ohne Atem ist es für den Menschen nicht möglich, zu
sprechen, zu singen, zu lachen oder zu rufen. „Was unseren menschlichen Leib
lebendig hält, dient also darüber hinaus der Pflege unserer Beziehungen und dem
sozialen Miteinander“, sagte Bätzing. Er fügte hinzu: „Denn wir Menschen sind
nicht dafür gemacht, um uns selbst zu kreisen und unser Dasein zu sichern; sich
entfalten, wachsen, kommunizieren und Gemeinschaft erfahren, das macht das
Leben erst wirklich lebenswert.“ Auch die Gottesbeziehung lebe davon, mit dem
Atem zu Gott zu sprechen, ihn singend zu preisen oder still zu beten.
„Erst
wenn wir geboren sind, beginnen wir zu atmen“, betonte Bischof Bätzing. „Der
erste und der letzte Atemzug, daran macht man die Lebensspanne eines Menschen
fest.“ Gott habe den Menschen aus Erde geformt, aber erst durch den Atem Gottes
sei er zu einem Lebewesen geworden, wie es im Schöpfungsbericht der Bibel
heißt. „Gott atmet also auch, und indem er uns seine Lebensenergie einhaucht,
werden wir lebendig. So sind wir als Ebenbilder Gottes geschaffen. Das gibt uns
Würde und Gott-Verwandtschaft.“
Bischof
Bätzing machte deutlich, dass das Leben jedoch flüchtig und hinfällig sei.
„Gott gibt nicht nur unser Leben, er lässt es auch vergehen. Wenn der letzte
Atemzug gehaucht ist, kehren wir zuru?ck zum Staub der Erde. So ist der
natu?rliche Vorgang von Werden und Vergehen, der alles Irdische prägt. Und doch
regt sich in uns Widerstand, wenn wir daran denken und es selber erfahren.“ Wie
ist es möglich, dass Gott etwas, was er liebt, einfach vergehen lasse? „Die
Antwort, die im Glauben und in der Theologie auf diese Diskrepanz entwickelt
wurde, lautet: Die freie Entscheidung von Menschen, sich von Gott abzusetzen,
ohne ihn sein zu wollen, hat den Lebensfaden der Gottesbeziehung gekappt“, so
Bischof Bätzing. Der Tod und die Auferstehung Jesu hätten jedoch die erlösende
Wende gebracht. „Jesus, der in seinem Sterben den Geist aushauchte, haucht nach
seiner Auferstehung den neuen Geist und neues Leben in die Jünger ein. Und so
wurde die Kirche geboren.“ Dbk 8
Pfingsten auf dem Petersplatz:
Papst ruft zur Öffnung der inneren und äußeren Grenzen auf
Unter
strahlender Sonne feierte Papst Leo XIV. an diesem Pfingstsonntag eine
festliche Messe auf dem Petersplatz. Tausende Gläubige aus aller Welt hatten
sich bereits am frühen Morgen versammelt, um an der Feier im Rahmen des
Jubiläums der Bewegungen teilzunehmen. Vor Beginn der Messe fuhr der Papst im
Papamobil durch die Menge und begrüßte die jubelnden Menschen bis etwa zur
Mitte der Via della Conciliazione. Von Mario Galgano
In
seiner Predigt erinnerte Papst Leo XIV. an die zentrale Bedeutung des Heiligen
Geistes für das Leben der Kirche und jedes einzelnen Gläubigen. Zu Beginn
zitierte er den heiligen Augustinus: „Ein freudiger Tag hat uns erleuchtet, […]
an dem der Herr Jesus Christus nach seiner Auferstehung verherrlicht durch
seine Himmelfahrt den Heiligen Geist gesandt hat.“ Leo XIV. gehört dem
Augustinerorden an.
Der
Papst rief dazu auf, sich vom Geist Gottes neu erfassen zu lassen – wie ein
Sturm, ein Brausen, ein Feuer. Dabei verwies er auf das Geschehen im
Abendmahlssaal, das in der Apostelgeschichte beschrieben wird: „Der Heilige
Geist besiegt ihre Angst, bricht ihre inneren Fesseln auf, heilt ihre Wunden,
salbt sie mit Kraft und schenkt ihnen den Mut, hinauszugehen, um allen Menschen
Gottes Taten zu verkünden.“
Gabe
des Verstehens
Zugleich
betonte Leo XIV. die Aktualität dieser Erfahrung: „Wie Benedikt XVI. sagt: ‚Der
Heilige Geist verleiht ihnen die Gabe des Verstehens. Er überwindet den in
Babel eingetreten Bruch […] und öffnet die Grenzen.‘“ Für die Kirche bedeute
das, sich immer wieder neu zu öffnen – zwischen Völkern, Klassen und Rassen.
Niemand dürfe vergessen oder verachtet werden.
„Er
führt uns zur Begegnung mit dem Herrn, indem er uns lehrt, seine Freude zu
erfahren.“
Ein
zentrales Thema der Predigt war die „Öffnung der Grenzen“ – im Inneren des
Menschen, in seinen Beziehungen und zwischen den Völkern. Der Papst sprach von
einer Welt, die zwar zunehmend vernetzt, aber zugleich von Einsamkeit geprägt
sei: „Es ist traurig zu beobachten, wie wir in einer Welt, in der es immer mehr
Möglichkeiten zur sozialen Begegnung gibt, paradoxerweise Gefahr laufen,
einsamer zu werden.“
Neue
Sicht- und Lebensweise
Der
Heilige Geist, so Leo XIV., lehre die Menschen eine neue Sicht- und
Lebensweise, befreie sie von Verschlossenheit, Egoismus und Angst. „Er öffnet
uns für die Begegnung mit uns selbst jenseits der Masken, die wir tragen“,
sagte der Papst. „Er führt uns zur Begegnung mit dem Herrn, indem er uns lehrt,
seine Freude zu erfahren.“
Auch
für zwischenmenschliche Beziehungen sei der Geist Gottes entscheidend: „Wenn
die Liebe Gottes in uns wohnt, werden wir fähig, uns unseren Brüdern und
Schwestern gegenüber zu öffnen, unsere Starrheit zu überwinden, die Angst vor
dem Anderssein zu besiegen.“ Mit deutlichen Worten sprach Leo XIV. auch über
den „Willen, den anderen zu beherrschen“, der zu Gewalt führen könne, „wie die
zahlreichen Fälle von Femiziden in jüngster Zeit leider zeigen.“
Demgegenüber
stellte der Papst die „Früchte des Geistes“, wie sie im Galaterbrief genannt
werden: „Liebe, Freude, Friede, Langmut, Freundlichkeit, Güte, Treue, Sanftmut
und Enthaltsamkeit.“ Dies sei auch ein Prüfstein für die Kirche: „Wir sind nur
dann wirklich die Kirche des Auferstandenen und Jünger von Pfingsten, wenn es
unter uns keine Grenzen und Spaltungen gibt.“
Politische
Dimension
Schließlich
ging Papst Leo XIV. auch auf die politische Dimension des Pfingstfestes ein:
Der Geist überwinde das „babylonische Gewirr“ und schaffe „eine vom Geist
geschaffene Harmonie“. Er „durchbricht Grenzen und reißt Mauern der
Gleichgültigkeit und des Hasses nieder“. Dabei erinnerte der Papst an das
zentrale Gebot der Liebe, das „keinen Platz für Vorurteile, für
Sicherheitsabstände, […] für die Logik der Ausgrenzung“ lasse – eine Logik, die
er auch in politischen Nationalismen wiederzuerkennen meinte.
„Wir
sind nur dann wirklich die Kirche des Auferstandenen und Jünger von Pfingsten,
wenn es unter uns keine Grenzen und Spaltungen gibt.“
In
Anlehnung an eine Predigt seines Vorgängers Franziskus bezeichnete Leo XIV. die
gegenwärtige Welt als geprägt von „Zwietracht und Spaltung“, „betäubt von
Gleichgültigkeit und niedergedrückt von Einsamkeit“. Dem setzte er den Appell
entgegen, den Geist der Liebe und des Friedens zu erbitten: „damit er Grenzen
öffne, Mauern niederreiße, Hass auflöse und uns helfe, als Kinder des einen
Vaters im Himmel zu leben.“
Zum
Abschluss rief Papst Leo XIV. dazu auf, sich dem Wirken des Geistes
anzuvertrauen: „Der kräftige Wind des Geistes komme über uns und in uns, er
öffne die Grenzen des Herzens, schenke uns die Gnade der Begegnung mit Gott,
erweitere den Horizont der Liebe und stärke unsere Bemühungen um den Aufbau
einer Welt, in der der Friede herrscht.“ Die Gläubigen bat er, sich unter den
Schutz der Gottesmutter Maria zu stellen – „die Frau des Pfingstfestes, die vom
Geist besuchte Jungfrau, Mutter voller Gnade“.
Vor
der Messe segnete der Papst auf seiner mehr als 20 Minuten dauernden Rundfahrt
über den Petersplatz und durch die Via della Conciliazione zahlreiche
Kleinkinder. (vn 8)
Leo XIV. hat Rücktritt von Bischof
Gregor Maria Hanke angenommen
Zum
Pfingstfest hat Papst Leo XIV. den Rücktritt von Bischof Gregor Maria Hanke OSB
von der Leitung der Diözese Eichstätt angenommen. Der 70-jährige Benediktiner
zieht sich aus dem Bischofsamt zurück, um als einfacher Seelsorger
weiterzuwirken.
Der
Vatikan hat am Pfingstsonntag, dem 8. Juni 2025, bekanntgegeben, dass Papst Leo
XIV. den Amtsverzicht von Bischof Gregor Maria Hanke OSB angenommen hat. Hanke,
der seit 2006 das Bistum Eichstätt leitete, hatte seinen Rücktritt bereits vor
Ostern eingereicht. Papst Franziskus hatte ihn damals „nunc pro tunc“ – also
vorläufig und auf einen später festzulegenden Zeitpunkt – angenommen. Mit dem
heutigen Tag wird der Rücktritt wirksam.
„Am Pfingstsonntag lege ich mein Amt als
Bischof in die Hände des Heiligen Vaters zurück“, erklärte Hanke. In einem
Schreiben an die Mitarbeitenden des Bistums schildert er seine Beweggründe.
Nach mehr als drei Jahrzehnten in kirchlicher Leitungsverantwortung – zunächst
als Abt der Benediktinerabtei Plankstetten, später als Bischof – sieht Hanke
nun die Zeit gekommen, sich aus dem Amt zurückzuziehen. „Meine Entscheidung hat
eine längere Vorgeschichte, die von einem geistlichen Ringen begleitet war“,
schreibt der 70-Jährige.
Ein
Rücktritt aus geistlicher Überzeugung
Der
Wunsch, wieder stärker im unmittelbaren Kontakt mit den Menschen zu stehen,
habe ihn zum Schritt in den Ruhestand bewegt. Hanke spricht von einer
„Sehnsucht, wieder unmittelbarer für die Menschen da zu sein – als Priester und
geistlicher Begleiter“. Zugleich nennt er auch die Belastungen seiner Amtszeit:
Missbrauchsfälle, Konflikte in der Leitung der Katholischen Universität
Eichstätt-Ingolstadt und ein Finanzskandal hätten ihn persönlich geprägt und zu
einer ehrlichen Bestandsaufnahme geführt. „Ich will nicht verhehlen, dass ich
nach den vielen Herausforderungen, Skandalen und ungelösten Konflikten eine
innere Ermüdung spüre“, heißt es in dem Schreiben.
Besonders
berührt habe ihn der Kontakt mit Betroffenen sexuellen Missbrauchs. „Manches in
mir hat sich dadurch verändert“, so Hanke. Seine Entscheidung sei auch getragen
von dem Wunsch, dem Evangelium neu und unmittelbarer zu begegnen. Dabei beruft
er sich auf Impulse von Papst Franziskus: „Er sprach vom Biss des Evangeliums,
der spürbar sein soll.“
Ein
neuer Lebensabschnitt als Pater Gregor
Künftig
möchte Hanke, nunmehr als „Pater Gregor“, in einem Pastoralraum außerhalb der
Diözese als Seelsorger wirken. Er wolle Menschen in Glaubensfragen begleiten
und sie auf die Sakramente vorbereiten. „Als Seelsorger den Menschen nahe zu
sein – das möchte ich in den verbleibenden, hoffentlich rüstigen Jahren meines
Lebens als Pater Gregor verwirklichen, ehe ich später in meine klösterliche
Gemeinschaft zurückkehre“, kündigte er an.
Dabei
verzichtet Hanke auf äußere Zeichen des Bischofsamtes. „Unbeschadet meiner
Bischofsweihe möchte ich in Zukunft keine Pontifikalien und Insignien mehr
tragen noch Pontifikalfunktionen wahrnehmen, es sei denn, mein Nachfolger
bittet mich ausdrücklich darum“, erklärte er. Damit wolle er bewusst Nähe zur
kirchlichen Basis ausdrücken.
Dank
und Abschied in schlichter Form
Der
scheidende Bischof blickt dankbar auf seine Zeit in Eichstätt zurück. In seinem
Abschiedsbrief dankt er allen, die ihn im Dienst unterstützt haben, und bittet
um Verzeihung, „wo ich Erwartungen nicht erfüllt oder Menschen verletzt haben
könnte“. Eine große Abschiedsfeier soll es auf seinen Wunsch hin nicht geben.
Stattdessen ist eine schlichte Verabschiedung am Willibaldssonntag, dem 6. Juli
2025, geplant – mit Festgottesdienst, Vesper und einer anschließenden
Begegnung.
„Angesichts
der gegenwärtigen Lage der Kirche erachte ich einen schlichten Abschied als
angemessene Form“, betont Hanke. Der Blick solle sich auf die Zukunft richten –
auf das, was für die Ortskirche von Eichstätt nun anstehe.
Der
Weg zur Neubesetzung
Mit
dem Rücktritt Hankes tritt die sogenannte Vakanz des bischöflichen Stuhls ein.
Das bedeutet: Die Diözese ist vorübergehend ohne Bischof. Innerhalb von acht
Tagen muss das Domkapitel einen Diözesanadministrator wählen, der vorläufig die
Leitung übernimmt. Auch das Amt des Generalvikars endet automatisch mit dem
Rücktritt des Bischofs.
In
den kommenden Monaten wird das Domkapitel an der Vorbereitung der Ernennung
eines neuen Bischofs mitwirken. Der neue Diözesanbischof wird durch den
Heiligen Stuhl nach Beratung und Prüfung durch die Römische Kurie ernannt. Ein
zeitlicher Rahmen ist für diesen Prozess nicht vorgesehen. (vn/pm 8)
Zehntausende in Rom zum Jubiläum
der kirchlichen Bewegungen
Mehr
als 70.000 Gläubige aus über 100 Ländern feiern an diesem Pfingstwochenende in
Rom das Jubiläum der kirchlichen Bewegungen, Vereinigungen und neuen
Gemeinschaften. Im Zentrum des Programms stehen eine Vigil mit Papst Leo XIV.
und eine feierliche Eucharistiefeier auf dem Petersplatz. Wir übertragen diese
Events live und mit deutschem Kommentar. Mario Galgano - Vatikanstadt
Am
Samstag, den 7., und Sonntag, den 8. Juni, findet in Rom das Jubiläum der
Bewegungen, Vereinigungen und neuen Gemeinschaften statt. Nach Angaben des
Dikasteriums für Evangelisierung werden über 70.000 Pilgerinnen und Pilger aus
mehr als 100 Ländern erwartet. Darunter sind größere Gruppen aus Italien,
Spanien, Deutschland, Frankreich, Portugal, Polen, der Schweiz, den Vereinigten
Staaten, Kanada, Mexiko, Brasilien, Argentinien, Peru, Kolumbien,
Großbritannien, den Philippinen und Äthiopien.
Hier
hören Sie ein Kollegengespräch zu dem Thema mit Mario Galgano
Das
Jubiläum richtet sich an kirchliche Bewegungen, neue Gemeinschaften,
Vereinigungen von Gläubigen sowie charismatische und missionarische
Gruppierungen. Es ist das erste Mal, dass diese in großer Zahl Papst Leo XIV.
begegnen. Unter den teilnehmenden Organisationen sind der Neokatechumenale Weg,
die Katholische Aktion, Comunione e Liberazione, die Katholische Gemeinschaft
Shalom, die Pfarrzellen der Evangelisierung, Charis International, die
Gemeinschaft Sant’Egidio, die Gemeinschaft Neue Horizonte, das Internationale
Forum der Katholischen Aktion, die Marianische Jugend, das Werk Mariens –
Fokolar, Erneuerung im Geist sowie die Vereinigung der Salesianischen
Mitarbeiter.
Start
bei den Heiligen Pforten
Das
Jubiläum begann am Samstagmorgen mit einer Pilgerfahrt zu den Heiligen Pforten
der vier päpstlichen Basiliken. Zwischen 8 und 18 Uhr hatten die Teilnehmer die
Gelegenheit zu spiritueller Einkehr an den zentralen Orten des römischen
Katholizismus.
Am
Nachmittag versammeln sich die Pilger ab 16 Uhr auf dem Petersplatz, um die
Gebetsvigil am Vorabend des Pfingstfestes mit Papst Leo XIV. zu erwarten. Im
Vorfeld der Vigil treten Musikgruppen und Vertreter von Gemeinschaften aus
allen Kontinenten auf. Die eigentliche Vorvigil beginnt um 18 Uhr. Ein Chor mit
130 Sängerinnen und Sängern aus verschiedenen Ländern begleitet das Programm
musikalisch.
Persönliche
Zeugnisse geben dem Abend eine besondere Note: Hussam Abu Sini, ein
arabisch-christlicher Israeli, berichtet über seinen Einsatz für den Frieden;
Nicola Buricchi spricht als Vater und ehemaliger Drogenabhängiger; Aline
Minani, Leiterin einer Friedensschule für Flüchtlingskinder in Goma
(Demokratische Republik Kongo), teilt ihre Erfahrungen; und Pedro und Maria
Begona Sanchez, ein Missionarsehepaar in der Ukraine, berichten aus ihrem
Familienleben mit zwölf Kindern.
Pfingstvigil
mit dem Papst
Von
20 bis 21 Uhr leitet Papst Leo XIV. die Pfingstvigil auf dem Petersplatz. Sie
umfasst einen Wortgottesdienst, die Erneuerung des Taufversprechens und eine
Predigt des Papstes.
Den
Abschluss des Jubiläums bildet die Eucharistiefeier am Pfingstsonntag, 8. Juni,
um 10:30 Uhr auf dem Petersplatz. Papst Leo XIV. wird der Messe vorstehen. Die
Feier ist für alle Pilger zugänglich, eine Eintrittskarte ist nicht
erforderlich. Sie können alle Feiern live und mit deutschem Kommentar auf
unserer Homepage, YouTube-Kanal, Facebook, Instagram oder Partnersender
mitverfolgen. (vn 7)
Leo XIV. ruft zu neuer Einheit von
Katholiken und Orthodoxen auf
Bei
einer Ansprache zum ökumenischen Symposium „Nizäa und die Kirche des dritten
Jahrtausends“ hat Papst Leo XIV. zu einer vertieften Zusammenarbeit zwischen
der katholischen und der orthodoxen Kirche aufgerufen. Der Papst betonte die
bleibende Bedeutung des Konzils von Nizäa für die heutige Suche nach sichtbarer
Einheit der Christen. Von Mario Galgano
Papst
Leo XIV. hat am Samstagvormittag die Teilnehmerinnen und Teilnehmer des
ökumenischen Symposiums „Nizäa und die Kirche des dritten Jahrtausends: Auf dem
Weg zur katholisch-orthodoxen Einheit“ im Vatikan empfangen. Die Veranstaltung,
die vom 4. bis 7. Juni an der Päpstlichen Universität Sankt Thomas von Aquin
stattfand, wurde gemeinsam vom Institut für Ökumenische Studien „Œcumenicum“
und der International Orthodox Theological Association organisiert. Unter den
Gästen waren zahlreiche Vertreter orthodoxer und orientalisch-orthodoxer
Kirchen, die Papst Leo bereits bei der Messe zur Amtseinführung begleitet
hatten.
„Ich freue mich sehr, heute bei Ihnen zu
sein“, sagte der Papst gleich zu Beginn mit einem Hinweis auf seine noch junge
Amtszeit. „Ich bin noch keine vier Wochen im Amt – eine Zeit voller
Lernprozesse.“ Die Begegnung sei ihm dennoch wichtig, da das Konzil von Nizäa
nicht nur ein Ereignis der Vergangenheit sei, sondern ein „Wegweiser zur
sichtbaren Einheit aller Christen“.
„Ich
bin noch keine vier Wochen im Amt – eine Zeit voller Lernprozesse.“
Der
Papst erinnerte daran, dass das Erste Ökumenische Konzil von 325 nicht nur
historische Bedeutung habe, sondern auch heute eine gemeinsame theologische
Grundlage bilde. Die sogenannte „Glaubensregel der 318 Väter“ sei besonders für
die östlichen Kirchen ein zentraler Bezugspunkt. Leo XIV. zitierte dabei ein
jüngstes Dokument der Internationalen Theologischen Kommission, das zum 1700.
Jubiläum des Konzils erschien: „Was uns eint, ist sowohl quantitativ als auch
qualitativ stärker als das, was uns trennt.“
Was
die Kirchen verbindet
Ziel
sei es, durch das gemeinsame Bekenntnis des Glaubens von Nizäa und durch
theologische Dialoge mit Gottes Hilfe ein tieferes Verständnis für das zu
entwickeln, was die Kirchen verbindet – und damit auch die Trennlinien in neuem
Licht zu sehen.
Ein
weiterer Schwerpunkt der Ansprache war die Synodalität. Das Konzil von Nizäa
habe einen synodalen Weg eröffnet, der heute weitergegangen werden müsse. Auch
die Beiträge orthodoxer und anderer christlicher Delegierter zur jüngsten
römischen Synode seien „ein wertvoller Impuls“ gewesen. Die Vorbereitung des
Jubiläums von Nizäa 2025 biete die Möglichkeit, synodale Formen der
Zusammenarbeit zwischen Christen unterschiedlicher Traditionen praktisch zu
erproben, so Leo XIV.
Als
dritten Aspekt hob der Papst die Frage des Osterdatums hervor. Schon das Konzil
von Nizäa hatte ein einheitliches Datum für das Osterfest anstreben wollen.
Heute feierten Christen das zentrale Fest des Kirchenjahres jedoch nicht mehr
gemeinsam – was zu pastoralen Spannungen und familiären Spaltungen führen
könne. Der Papst bekräftigte die Offenheit der katholischen Kirche für eine
ökumenisch abgestimmte Lösung, „die das gemeinsame Zeugnis der Auferstehung
stärken“ könne.
Zum
Abschluss lud Leo XIV. die Anwesenden ein, sich im Gebet an den Heiligen Geist
zu wenden. In einem altkirchlichen Gebet aus der östlichen Tradition bat er um
die Gabe der Einheit: „O himmlischer König, Tröster, Geist der Wahrheit, der du
überall bist und alles erfüllst, Schatzkammer des Segens und Spender des
Lebens, komm und bleibe bei uns, reinige uns von aller Unreinheit und rette
unsere Seelen, o Gütiger.“ Mit dem Segen des dreieinen Gottes beendete Papst
Leo XIV. seine Ansprache. (vn 7)
Leo empfängt Italiens Präsident
Mattarella im Vatikan
Papst
Leo XIV. hat am Freitag Italiens Staatspräsident Sergio Mattarella zu einer
offiziellen Audienz empfangen. Im Zentrum der Gespräche standen die bilateralen
Beziehungen, die weltpolitische Lage und der gesellschaftliche Beitrag der
Kirche in Italien. Mario Galgano - Vatikanstadt
Inhaltlich
konzentrierten sich die Gespräche auf aktuelle internationale
Herausforderungen, insbesondere auf die weiterhin angespannten Lagen in der
Ukraine und im Nahen Osten, hieß es nachhier in einer Mitteilung. Der Heilige
Stuhl hat sich unter Papst Leo XIV., wie bereits unter seinem Vorgänger
Franziskus, wiederholt als Vermittler und Mahner für den Frieden profiliert.
Der Papst selbst hatte in seiner letzten Pfingstpredigt betont, dass „die
Kirche keine politischen Lösungen anbietet, aber eine moralische Pflicht hat,
das Gewissen der Menschheit zu wecken“.
Soziale
Fragen
Darüber
hinaus wurden soziale Fragen thematisiert sowie „der Beitrag der Kirche zum
Leben des Landes“. Dabei dürfte es unter anderem um Themen wie die Betreuung
armer und marginalisierter Gruppen, das Engagement katholischer Organisationen
im Bildungs- und Gesundheitswesen sowie um bioethische Fragen gegangen sein –
Bereiche, in denen die katholische Kirche in Italien eine bedeutende Rolle
spielt.
Zufriedenheit
Der
Vatikan liegt in Rom und ist damit zur Gänze von italienischem Staatsgebiet
umgeben. Beide Seiten hätten „Zufriedenheit über die bestehenden guten
bilateralen Beziehungen“ geäußert, hieß es in der Mitteilung. Die
Lateranverträge von 1929 und das römische Konkordat von 1984 garantieren nicht
nur die Unabhängigkeit der Vatikanstadt, sondern auch die Zusammenarbeit
zwischen Staat und Kirche in Italien – etwa in Bildungs-, Kultur- und
Sozialfragen.
Nach
dem Treffen mit dem Pontifex führte Mattarella ein weiteres Gespräch mit
Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin und dem Untersekretär für die Beziehungen
zu den Staaten, Monsignore Miros?aw Wachowski; Außenminister
Erzbischof Gallagher ist derzeit auf Kuba. Die Gespräche seien in
„herzlicher Atmosphäre“ verlaufen, hieß es in der amtlichen Mitteilung.
Mattarella
kam in Begleitung seiner Tochter Laura und mehreren Enkelkindern zum Papst.
Seiner Delegation gehörte unter anderem auch Italiens Außenminister Antonio
Tajani an. Die Audienz dauerte eine knappe Stunde.
Rote
Mozzetta
Bei
der Audienz trug Leo XIV. Stola und Mozzetta (Schulterumhang), wie auch schon
bei der kurzen, amtlichen Begegnung mit dem römischen Bürgermeister Gualtieri
am Fuß des Kapitols am 25. Mai. Bei Audienzen mit Staatsoberhäuptern oder
Königen ist es üblich, dass der Papst Stola und Mozzetta trägt. Die Stola steht
für die Identität des Papstes als Bischof und Priester und ist gemeinsam mit
dem Schultermantel Teil des Chorgewandes des Papstes. Johannes Paul II. und
Benedikt XVI. trugen beides bei Begegnungen mit Staatschefs oder gekrönten
Häuptern, Franziskus trat indessen auch bei diesen Audienzen mit der einfachen
weißen Soutane des Papstes auf. (vn 6)
Papst Leo XIV.: „Die Charismen sind
Sauerteig der Einheit“
In
seiner ersten offiziellen Begegnung mit Moderatoren kirchlicher Bewegungen
würdigt Papst Leo XIV. am Freitagvormittag die Charismen als göttliche Gaben
zur Erneuerung der Kirche. Er ruft zu Einheit und missionarischer Dynamik in
enger Verbundenheit mit dem Papst auf.
Von Mario Galgano
An
diesem Freitag, dem 6. Juni 2025, hat Papst Leo XIV. im Vatikan die
internationalen Leiterinnen und Leiter kirchlicher Bewegungen, Vereinigungen
und neuer Gemeinschaften empfangen. Die Begegnung fand im Rahmen des jährlichen
Treffens statt, das vom Dikasterium für die Laien, die Familie und das Leben
organisiert wird. In seiner Ansprache hob der Papst die zentrale Bedeutung der
Charismen für das Leben der Kirche hervor und betonte ihre Funktion als
„Sauerteig der Einheit, der Gemeinschaft und der Geschwisterlichkeit“.
Leo
XIV. würdigte die Vielfalt der geistlichen Bewegungen, die aus apostolischem
Engagement oder charismatischen Inspirationen hervorgegangen sind. „Niemand ist
Christ allein“, erinnerte der Papst unter Berufung auf Augustinus. Die
Gemeinschaft sei der Ort, an dem Christus gegenwärtig werde und aus dem heraus
das Evangelium glaubwürdig gelebt und verkündet werden könne.
Gnade
Gottes objektiv vermitteln
In
Anknüpfung an das Zweite Vatikanische Konzil betonte Leo XIV., dass die
Institutionen der Kirche dazu da seien, die Gnade Gottes objektiv zu vermitteln
– durch Sakramente, Wortverkündigung und Seelsorge. Die Charismen hingegen
würden vom Heiligen Geist frei geschenkt, um diese Gnade in vielfältiger Weise
fruchtbar werden zu lassen.
„Christus
zieht uns an sich – und so vereint er uns untereinander.“
Der
Papst rief die Bewegungen dazu auf, sich besonders für zwei Anliegen
einzusetzen: die Förderung der Einheit und die missionarische Verkündigung.
„Christus zieht uns an sich – und so vereint er uns untereinander“, sagte er.
Diese geistliche Gemeinschaft müsse nicht nur innerhalb der Gruppen, sondern
auch in der Kirche insgesamt und im Kontakt mit der Welt gelebt werden.
Gleichzeitig rief er die Bewegungen auf, ihre missionarische Kraft zu bewahren:
„Bewahrt dieses Feuer! Es ist ein Schatz, der Frucht bringen soll.“
Christus
ins Zentrum stellen
Zum
Abschluss betonte Leo XIV. die Notwendigkeit, Christus immer ins Zentrum zu
stellen. Die Charismen seien kein Selbstzweck, sondern Mittel zur Begegnung mit
Christus und zur Vertiefung des Glaubens. „Wer mit anderen ein apostolisches
Ziel verfolgt, ist gerufen, sich selbst zu entäußern, um andere zu bereichern“,
so der Papst.
Mit
einem herzlichen Dank für das Wirken der Bewegungen und unter den Schutz
Mariens stellte der Papst die Teilnehmer unter seinen apostolischen Segen –
verbunden mit der Hoffnung auf ein baldiges Wiedersehen.
Am
Pfingstwochenende werden in Rom mehr als 70.000 Mitglieder geistlicher
Bewegungen, kirchlicher Vereinigungen und neuer Gemeinschaften erwartet. Sie
kommen aus rund 100 Ländern, vor allem aus Italien, Spanien, Deutschland, den
USA, Kanada, Brasilien, Peru, den Philippinen und Äthiopien, wie der Vatikan
ankündigte.
Papst
leitet Pfingstgottesdienst auf Petersplatz
Papst
Leo XIV. wird mit ihnen am Pfingstsonntag einen Gottesdienst auf dem
Petersplatz feiern (10.30 Uhr) und dort auch am Samstag ein
Abendgebet leiten (ab 20.00 Uhr). Die Evangelisierungsbehörde des Vatikans
spricht von einem der wichtigsten Ereignisse des Heiligen Jahres 2025. Wir
übertragen das alles Live und mit deutschem Kommentar. (vn 5)
Ehrenamtliche als Leiter
kirchlicher Bestattungen
In
der Diözese Rottenburg-Stuttgart werden fortan erstmals Ehrenamtliche die
Leitung kirchlicher Bestattungsfeiern übernehmen.
Dafür
haben sich sieben Frauen und ein Mann aus ganz Württemberg im Rahmen eines
Pilotprojekts neun Monate lang vorbereitet. Bischof Klaus Krämer beauftragte
die Ehrenamtlichen bei einem Gottesdienst im Dom St. Martin in Rottenburg am
Mittwochabend für ihren künftigen Dienst.
Die
Ehrenamtlichen waren von ihren Kirchengemeinderäten und Pastoralteams zur
Teilnahme an dem Pilotprojekt vorgeschlagen worden. Die Leitung kirchlicher
Bestattungsfeiern durch Pastoral- und Gemeindereferentinnen und –referenten ist
in der Diözese Rottenburg-Stuttgart eine seit langer Zeit bewährte Praxis. Der
bisherige gemeinsame Dienst von geweihten Amtsträgern und Laien bei
Bestattungen wird durch die Beauftragung Ehrenamtlicher nun noch ergänzt.
Neunmonatige
Qualifizierung
In
ihrer neunmonatigen Qualifizierung beschäftigten sich die Ehrenamtlichen unter
anderem mit den Themenbereichen „Trauer“ und „Kommunikation im Todesfall“ und
bildeten sich in der Leitung der Liturgie von Begräbnissen fort. Auf ihrem Weg
wurden sie vor Ort durch Mentorinnen und Mentoren unterstützt.
Die
Diözese Rottenburg-Stuttgart umfasst mit ihren 1020 Kirchengemeinden und rund
1,6 Millionen Mitgliedern den württembergischen Landesteil Baden-Württembergs
und ist bundesweit die drittgrößte Diözese. Unter ihrem Dach leisten 24.000
Haupt- und 170.000 Ehrenamtliche Dienst. (bistum rottenburg 5)
Der Papst würdigt die Arbeit des
Staatssekretariats
Der
neue Papst bestärkt das vatikanische Staatssekretariat in seiner Rolle, die ihm
die Kurienreform seines Vorgängers Franziskus zugewiesen hat.
Es
habe eine grundlegende Aufgabe, nämlich die Koordination der vatikanischen
Behörden, und leiste „dem Leben der Kirche einen wertvollen Dienst“. Das sagte
er bei einer Audienz für das Staatssekretariat an diesem Donnerstag im Vatikan.
Leo XIV. machte klar, dass er sich bei seiner Amtsausübung auf das
Staatssekretariat stützen will.
„Die
Geschichte dieser Institution reicht, wie wir wissen, bis zum Ende des 15.
Jahrhunderts zurück. Im Laufe der Zeit hat sie einen immer universelleren
Charakter angenommen und sich zunehmend erweitert, wobei sie aufgrund neuer
Anforderungen sowohl im kirchlichen Bereich als auch in den Beziehungen zu
Staaten und internationalen Organisationen weitere Aufgaben übernommen hat.
Derzeit sind fast die Hälfte von Ihnen gläubige Laien. Und es gibt mehr als
fünfzig Frauen, sowohl Laien als auch Ordensfrauen.“
„Eine
große Gemeinschaft, die an der Seite des Papstes arbeitet“
Diese
Entwicklung habe dazu geführt, „dass das Staatssekretariat heute in sich selbst
das Antlitz der Kirche widerspiegelt“, lobte der Papst. „Es handelt sich um
eine große Gemeinschaft, die an der Seite des Papstes arbeitet: Gemeinsam
teilen wir die Fragen, Schwierigkeiten, Herausforderungen und Hoffnungen des
Volkes Gottes auf der ganzen Welt.“
Zwei
Elemente benannte Leo als wichtig für das Staatssekretariat: Inkarnation sowie
Katholizität.
„Wir
sind in Zeit und Geschichte verankert, denn wenn Gott den Weg des Menschen und
die Sprachen der Menschen gewählt hat, ist auch die Kirche aufgerufen, diesen
Weg zu gehen, damit die Freude des Evangeliums alle erreichen und in den
heutigen Kulturen und Sprachen vermittelt werden kann. Gleichzeitig versuchen
wir, stets einen katholischen, universellen Blickwinkel zu bewahren, der es uns
ermöglicht, die verschiedenen Kulturen und Sensibilitäten zu schätzen. So
können wir eine treibende Kraft sein, die sich dafür einsetzt, die Gemeinschaft
zwischen der Kirche von Rom und den Ortskirchen sowie freundschaftliche
Beziehungen in der internationalen Gemeinschaft zu knüpfen. In den letzten
Jahrzehnten sind diese beiden Dimensionen – in der Zeit verankert zu sein und
einen universellen Blick zu haben – immer mehr zu einem wesentlichen
Bestandteil der Arbeit der Kurie geworden.“
Nähe,
Dankbarkeit - und eine Mahnung
Er
wisse, dass die Aufgaben des Staatssekretariats „sehr umfangreich“ seien und
von außen „nicht immer gut verstanden“ würden.
„Darum
will ich Euch meine Nähe und vor allem meine lebhafte Dankbarkeit ausdrücken.
Danke für die Kompetenzen, die Ihr der Kirche zur Verfügung stellt, für Eure
fast immer verborgene Arbeit und für den Geist des Evangeliums, der sie
inspiriert. Und gestattet mir, gerade aufgrund dieser Dankbarkeit, Euch eine
Ermahnung zu geben, wobei ich mich auf den heiligen Paul VI. beziehe: Dieser
Ort darf nicht durch Ehrgeiz oder Feindseligkeiten vergiftet werden; seid
vielmehr eine echte Gemeinschaft des Glaubens und der Nächstenliebe, ‚Brüder
und Söhne des Papstes‘, die sich großzügig für das Wohl der Kirche einsetzen.“
(vn 5)
Organspende – Ausdruck konkreter
Nächstenliebe und Mitverantwortung
Bischof
Overbeck zum Tag der Organspende
Der
Tag der Organspende, der am kommenden Samstag (7. Juni 2025) begangen wird,
erinnert daran, dass viele Menschen in ihrer Not ihre Hoffnung darauf setzen,
ein lebenswichtiges Spender-Organ zu erhalten. Diesen bundesweiten Aktionstag
gibt es in Deutschland seit 1983. Dazu erklärt der Vorsitzende der
Glaubenskommission der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Franz-Josef
Overbeck (Essen): „Die Wartelisten sind lang. Deshalb ist es so hoch
willkommen, wenn möglichst viele Menschen sich dafür entscheiden, mittels eines
Organspendeausweises ihre Bereitschaft zu dokumentieren, im Falle ihres eigenen
Todes, also nach medizinischer Feststellung des Hirntodes, als Organspenderin
oder Organspender zur Verfügung zu stehen. In christlicher Sicht ist die
Organspende eine Tat der konkreten Nächstenliebe.“
Gleichzeitig
erinnert Bischof Overbeck daran, dass man diesen Eingriff in die Integrität des
Körpers auch nach dem Tod nicht einfach als Pflicht einfordern könne: „Man darf
nicht verschweigen, dass es hier tatsächlich um einen Eingriff geht, der
möglicherweise die medizinische Behandlung bereits im Sterbeprozess verändert
und der für die Angehörigen oft eine Zumutung bedeutet. Das Trauern um einen
geliebten Menschen wird durch die Prozeduren der Organentnahme nicht einfacher.
Eine gute Vorbereitung und Begleitung können dabei sehr hilfreich sein. Hier
kommt es sicher besonders darauf an, klar und deutlich zu wissen, dass das, was
geschieht, im erklärten Sinn des Verstorbenen ist“, so Bischof Overbeck.
Der
christliche Glaube an die Auferstehung lebe aus der Hoffnung, dass das Leben
des Menschen bei Gott seine Vollendung finde – gerade auch dort, wo es von
Krankheit geprägt sei. Bischof Overbeck wörtlich: „Dabei bleibt der Blick nicht
beim Leid stehen: Christlicher Glaube ermutigt dazu, Schmerz nicht einfach
hinzunehmen, sondern nach Möglichkeiten der Besserung zu suchen. Die
Organspende kann ein höchst wertvoller Beitrag dazu sein. Ich meine, das sind
gute Gründe für diese konkrete Form der Nächstenliebe.“Hinweis
Die
Deutsche Bischofskonferenz hat bereits vor zehn Jahren ein eigenes Dokument der
Glaubenskommission zur Organspende Hirntod und Organspende veröffentlicht. Es
steht als PDF-Datei zum Herunterladen unter www.dbk.de in der Rubrik
Publikationen zur Verfügung und kann auch als Broschüre (Die deutschen
Bischöfe, Glaubenskommission, Nr. 41, Bonn 2015) bestellt werden. dbk 5
Jahresbericht. Angriffe auf
Moscheen auf Rekordhoch: Zahl vervierfacht seit 2021
175
Übergriffe in nur einem Jahr – laut Ditib erreicht die Gewalt gegen muslimische
Einrichtungen ein neues Ausmaß. Die islamische Religionsgemeinschaft fordert
mehr Schutz und ein entschlossenes politisches Signal.
Die
Türkisch-Islamische Union (Ditib) hat im vergangenen Jahr 175 Übergriffe auf
Moscheen in Deutschland erfasst. Die Zahl habe den Rekordwert aus dem Vorjahr
mit 137 Übergriffen nochmals übertroffen, erklärte die
Ditib-Antidiskriminierungsstelle am Dienstag in Köln. Im Vergleich zum Jahr
2021 habe sich die Zahl der Übergriffe nahezu vervierfacht.
117
Vorfälle waren laut Ditib-Bericht verbale Übergriffe wie Beleidigungen,
Bedrohungen und Schmähungen in Mails und Briefen. Zudem seien 25
Sachbeschädigungen und Schmierereien, 10 Bedrohungen und sonstige Übergriffe
verzeichnet worden. Darunter fielen etwa Vandalismus, Einbruch und
Brandstiftung, aber auch verfassungswidrige oder terroristische Kennzeichen.
Einige
Vorfälle fallen in mehrere Kategorien. In 84 Prozent der Fälle wurden
Islamfeindlichkeit oder antimuslimischer Rassismus als Hintergrund des
Übergriffs von der Ditib beobachtet. 96 Prozent der Fälle seien gegen Moscheen
der Ditib-Gemeinden gerichtet gewesen. Zekeriya Altug, Leiter der
Ditib-Antidiskriminierungsstelle, erklärte: „Muslime dürfen nicht länger als
Blitzableiter gesellschaftlicher Spannungen dienen.“
Ditib
fordert besseren Schutz muslimischer Einrichtungen
Die
zunehmende Polarisierung der öffentlichen Debatte und die Verbreitung
rechtsextremer Ideologien würden ein Klima schaffen, in dem solche Angriffe
begünstigt würden, hieß es in dem Bericht. Die Ditib forderte einen besseren
Schutz muslimischer Einrichtungen und eine konsequentere Strafverfolgung. Zudem
sei eine bewusste zivilgesellschaftliche Auseinandersetzung mit
antimuslimischem Hass nötig.
Anders
als jüdische Einrichtungen erhalten muslimische Gemeinden keine staatliche
Unterstützung zum Schutz vor Angriffen. In mehreren Bundesländern werden
jüdischen Einrichtungen Mittel in Millionenhöhe zur Finanzierung von
Sicherheitsmaßnahmen zur Verfügung gestellt. Zudem gibt es auf Bundes- und
Landesebene Beauftragte, um Antisemitismus zu bekämpfen und jüdisches Leben zu
fördern. Ein Pendant zu antimuslimischem Rassismus gibt es nicht. Muslime
fordern seit Jahren die Einsetzung eines Beauftragten.
Die
Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion e.V. (Ditib) ist der
Dachverband von mehr als 900 muslimischen Gemeinden in Deutschland. Der Verband
ist der türkischen Religionsbehörde Diyanet unterstellt. (epd/mig 5)
Bonifatiuswerk stellt Bilanz für
2024 vor
Mit
einem Plus an Spenden habe man im vergangenen Jahr mehr Projekte als zuvor
gefördert, berichtet das Bonifatiuswerk in ihrer Jahresbilanz. Die Schwerpunkte
der Förderung liegen in den protestantisch geprägten Gebieten Islands und
Deutschlands.
Unterstützung
in Krisenzeiten: Mit 10,4 Millionen Euro hat das Bonifatiuswerk 2024 Christen
in der deutschen, nordeuropäischen und baltischen Diaspora unterstützt. Damit
hat sich die Fördersumme im Vergleich zum Vorjahr um fast 750.000 Euro erhöht.
Diese Zahlen präsentierte Bonifatiuswerk-Generalsekretär Georg Austen am
Mittwoch bei der Vorstellung des Jahresberichtes in Oldenburg. 2024 sei
wirtschaftlich ein gutes Jahr gewesen, so Austen; gleichzeitig hätte man die
inhaltliche und pastorale Ausrichtung an die aktuellen Herausforderungen
angepasst.
In
einer Umbruchszeit für die Kirchen erlebe man Ermutigendes in den sozialen und
karitativen Initiativen des Hilfswerks, sagte Austen. „Die Erträge aus Spenden
und Kollekten haben unsere Erwartungen übertroffen“, betonte Geschäftsführer
Ingo Imenkämper.
Unterstützung
in protestantisch geprägten Regionen
Weihbischof
Wilfried Theising, Vorsitzender des diözesanen Bonifatiuswerkes im Bistum
Münster, bedankte sich bei dem Hilfswerk für die geleistete Unterstützung. Das
Bonifatiuswerk sei für die katholische Kirche ein wichtiger und zuverlässiger
Partner.
„Das
Bonifatiuswerk unterstützt Bistümer und Gemeinden, wenn sich Situationen
verändern und wir neue Antworten auf die Fragen der Menschen brauchen“. Vor
allem in den protestantisch geprägten Regionen Ost- und Norddeutschlands leiste
das Hilfswerk zum Beispiel mit der Förderung katholischer Kitas einen wichtigen
Beitrag fürs Gemeinwesen“, sagte der Weihbischof.
Im
Bereich Bauhilfe habe das Bonifatiuswerk 2024 insgesamt 87 Projekte mit mehr
als 2,7 Millionen Euro gefördert. Ein besonderes Projekt ist im isländischen
Selfoss gestartet, wo eine neue Kirche mit Gemeindezentrum und Priesterwohnung
entstehe. Ende 2025 sollen die Bauarbeiten abgeschlossen sein; der Neubau wird
vom Bonifatiuswerk mit 437.000 Euro gefördert, vom Diaspora-Kommissariat der
deutschen Bischöfe mit 563.000 Euro.
„Die
Schwestern brauchen unsere Solidarität“
Im
isländischen Hafnarfjördur unterstützt das Werk ein weiteres Großprojekt: Man
wolle das dortige Karmelitinnenkloster barrierefrei erweitern. Aktuell leben
dort 13 Karmelitinnen; die Gemeinschaft wachse jedoch: „Die Schwestern brauchen
unsere Solidarität“, so Austen. In diesem Jahr stellt das Bonifatiuswerk eine
Sonderförderung von 500.000 Euro für das Modellprojekt zur Verfügung. Außerdem
habe man 2024 Projekte zur Kinder- und Jugendhilfe und Verkehrshilfe gefördert.
Bonifatiuswerk-Präsident
Manfred Müller erklärte, dass sich das Hilfswerk für den Glauben und die
Solidarität von Anfang an als Netzwerker, Brückenbauer und Impulsgeber
verstanden habe. „Wir wollen die Kirche als einen offenen, einladenden und
evangelisierenden Ort gestalten, Atemräume des Glaubens unterstützen und
innovative Wege gehen“, sagte Müller. Austen betonte bei der Vorstellung des
Finanzberichtes, dass sich das Hilfswerk intensiv mit pastoralen Fragen rund um
den Kirchenaustritt auseinandersetzen wolle.
(pm 4)
Papst: Gott ist die Antwort auf die
Sinnsuche unseres Lebens
In
seiner Katechese an diesem Mittwoch erinnerte Leo XIV. daran, dass uns Gott
immer mit offenen Armen erwartet und es nie zu spät ist, auf seinen Ruf zu
antworten. Junge Menschen, die den Sinn ihres Lebens noch nicht gefunden haben,
forderte der Papst auf, ihn beim Herrn zu suchen, der sie „nicht enttäuschen
wird.“ Von Silvia Kritzenberger
In
der dritten Generalaudienz mit Papst Leo zum Thema „Jesus, unsere Hoffnung“
ging es um das Gleichnis vom Gutsbesitzer, der bis zum Ende des Tages Arbeiter
für seinen Weinberg sucht (Matthäus 20, 1-16). Ein Gleichnis, das uns zeigt,
dass kein Mensch bedeutungslos ist, und keine Lebensphase zu spät, um auf den
Ruf Gottes zu antworten.
„Manchmal
haben wir nämlich den Eindruck, keinen Sinn in unserem Leben zu finden: Wir
fühlen uns nutzlos, unfähig, genau wie die Arbeiter, die auf dem Marktplatz
darauf warten, dass ihnen jemand Arbeit gibt. Aber manchmal vergeht die Zeit,
das Leben geht an uns vorbei, und wir fühlen uns nicht wahrgenommen, nicht
geschätzt. Vielleicht sind wir zu spät gekommen, andere waren vor uns da, oder
Sorgen haben uns anderswo aufgehalten,“ sagte der Papst vor etwa 35.000
Gläubigen auf dem Petersplatz.
Der
Leistungsdruck in unserer schnelllebigen Welt...
In
unserer schnelllebigen Welt, die von Leistungsdruck und Konkurrenz geprägt ist,
könne es leicht passieren, dass man sich nicht anerkannt fühlt. Der Marktplatz,
auf dem die Arbeiter auf eine Anstellung warten, bringt das zentrale
Lebensgefühl vieler Menschen auf den Punkt: das Warten, das Hoffen, das Gefühl,
übersehen zu werden. Und hier komme die beeindruckende Gestalt des
Gutsbesitzers ins Spiel, „der um jeden Preis das Leben eines jeden von uns
wertschätzen möchte“, und auch kurz vor Ende des Arbeitstags noch einmal
losgeht, um Arbeiter anzuwerben, führte der Papst weiter aus.
„Die
Arbeiter, die auf dem Marktplatz zurückgeblieben waren, hatten wahrscheinlich
schon jede Hoffnung verloren. Der Tag schien verloren. Doch da war jemand, der
noch an sie glaubte. Was für einen Sinn hat es, Arbeiter nur für die letzte
Stunde des Arbeitstages einzustellen? Was für einen Sinn hat es, nur eine
Stunde lang zu arbeiten? Und doch, auch wenn es scheint, als könnten wir im
Leben nur wenig bewirken – es lohnt sich immer! Es gibt immer eine Möglichkeit,
einen Sinn zu finden, denn Gott liebt unser Leben.“
Für
Gott ist es gerecht, dass jeder hat, was er zum Leben braucht
Am
Ende nimmt das Gleichnis eine unerwartete Wendung: Alle Arbeiter, egal wann sie
begonnen haben, erhalten den gleichen Lohn – einen Denar. Die Arbeiter der
ersten Stunde fühlen sich betrogen. Doch Jesus lasse den Gutsbesitzer
antworten: „Was ist gerecht? Für den Weinbergbesitzer, also für Gott, ist es
gerecht, dass jeder hat, was er zum Leben braucht,“ so Papst Leo.
„Die
Erzählung sagt uns, dass die Arbeiter der ersten Stunde enttäuscht sind: Sie
können die Schönheit der Geste ihres Herrn nicht erkennen, der nicht ungerecht,
sondern einfach großzügig war, und nicht nur auf die Verdienste, sondern auch
auf die Bedürfnisse geachtet hat. Gott möchte allen sein Reich schenken, also
ein erfülltes, ewiges und glückliches Leben. Und so handelt Jesus auch mit uns:
bei ihm gibt es keine Rangordnung; allen, die ihm ihr Herz öffnen, schenkt er
sich selbst ganz und gar.“
Es
geht nicht um Verdienste, sondern um Barmherzigkeit
Es
ginge also nicht um Verdienst, sondern um Barmherzigkeit. Nicht um
Gleichmacherei, sondern um Fürsorge und Liebe. Die jungen Menschen, die sich
heute oft schwertun, einen Sinn in ihrem Leben zu sehen, erinnerte der Papst
daran, dass nur Gott die Antwort ist.
„Zögert
nicht, krempelt die Ärmel hoch, denn der Herr ist großzügig, und er wird euch
nicht enttäuschen! Wenn ihr in seinem Weinberg arbeitet, werdet ihr eine
Antwort auf jene tiefgehende Frage finden, die ihr in euch tragt: Was ist der
Sinn meines Lebens?“
Abschließend
richtete das Kirchenoberhaupt noch folgenden Appell an seine Zuhörer: „Liebe
Brüder und Schwestern, lasst uns nicht mutlos werden! Bitten wir den Herrn auch
in den dunklen Momenten des Lebens – wenn die Zeit vergeht, ohne uns die
Antworten zu geben, die wir suchen –, daran, wieder zu uns zu kommen und uns
dort zu begegnen, wo wir auf ihn warten. Er ist großzügig, er wird bald
kommen!“ (vn 4)
Bischöfe lösen Gremium zur
Missbrauchsaufarbeitung auf
In
einem bundesweit einmaligen Vorgang haben die zuständigen Bischöfe die
gemeinsame Kommission zur Aufarbeitung sexuellen Missbrauchs im Erzbistum
Berlin sowie den Bistümern Dresden-Meißen und Görlitz, IKA, aufgelöst. Nach dem
Rücktritt weiterer Mitglieder des Gremiums hätten sie beschlossen, die Amtszeit
der verbliebenen Mitglieder der IKA zum 31. Mai zu beenden, gab das Erzbistum
Berlin diesen Dienstag im Internet bekannt.
Die
Bischöfe folgten mit der Auflösung der IKA, „der vielfach vorgetragenen
Bewertung, dass eine weitere Zusammenarbeit in dem gegebenen Rahmen trotz aller
Bemühungen nicht möglich zu sein scheint“, heißt es in der Mitteilung auf
der Internetseite des Erzbistums Berlin.
Zu
den Hintergründen verweisen die Bischöfe demnach in einem Schreiben an die
verbliebenen Mitglieder auf den jüngsten Jahresbericht der Kommission vom
November sowie ein „Minderheitsvotum der Betroffenenvertreter zum
Jahresbericht der IKA 2023 / 2024“ vom 2. Februar 2025. „Darin werden die
anhaltenden kommunikativen Probleme geschildert und wird die Arbeit als
dysfunktional beurteilt" - heißt es auf der Seite des Erzbistums
Berlin.
„Die
Bischöfe bedauern diese Entwicklung ausdrücklich und danken den Mitgliedern für
ihre Arbeit. Sie fühlen sich dem Anliegen der Aufarbeitung weiterhin
verpflichtet und wollen sorgfältig prüfen, wie diese Aufarbeitung konstruktiv
fortgeführt werden kann“
Bedauern
bei Bischöfen und Betroffeneninitiative
„Die
Bischöfe bedauern diese Entwicklung ausdrücklich und danken den Mitgliedern für
ihre Arbeit. Sie fühlen sich dem Anliegen der Aufarbeitung weiterhin
verpflichtet und wollen sorgfältig prüfen, wie diese Aufarbeitung konstruktiv
fortgeführt werden kann", endet die kurze Mitteilung des Erzbistums
Berlin.
Auch
die Betroffeneninitiative Eckiger Tisch bedauerte die Auflösung. Zugleich sagte
der Sprecher der Initiative, Matthias Katsch, der Katholischen
Nachrichten-Agentur (KNA), das dürfe nicht das Ende der Aufarbeitung in den
drei Bistümern sein. Es brauche auch weiterhin eine unabhängige
Aufarbeitungskommission. Wichtige Anliegen seien noch nicht oder nur
unzureichend angegangen worden. Eine solche Kommission solle konkret
Missbrauchsfälle anhand vorhandener Akten des jeweiligen Bistums aufklären und
dabei Betroffene anhören. Eine weitere wichtige Aufgabe sei es, die betroffenen
Pfarrgemeinden, in denen es in der Vergangenheit Missbrauch durch Kleriker
gegebenen habe, in den Aufarbeitungsprozess einzubeziehen. Es wäre von Anfang
an besser gewesen, statt eines bistumsübergreifenden Gremiums jeweils eigene
Untersuchungskommissionen in den Bistümern Berlin, Dresden-Meißen und Erfurt zu
bilden, so Katsch.
Hintergrund.
Die sogenannte Interdiözesane Kommission zur Aufarbeitung sexuellen Missbrauchs
(IKA) konstituierte sich am 10. Mai 2023. Zuständig für die IKA sind Erzbischof
Heiner Koch (Berlin) sowie die Bischöfe Wolfgang Ipolt (Görlitz) und Heinrich
Timmerevers (Dresden-Meißen); zudem war die Katholische Militärseelsorge, die
ihren Sitz in Berlin hat, ebenfalls mit im Verbund. Die neun Mitglieder wurden
von Landesregierungen, Bistümern und einem Beirat von Missbrauchsbetroffenen
benannt. Das Gremium war nicht Teil kirchlicher Strukturen und arbeitete
weisungsfrei.
Aufgabe
der Kommission war es, das Ausmaß sexualisierter Gewalt in den beteiligten
Bistümern sowie die kirchlichen Rahmenbedingungen, die Missbrauch fördern, zu
ermitteln sowie zu bewerten und auf wirksame Präventionsmaßnahmen hinzuwirken.
Ferner sollten Betroffene ermutigen werden, von ihren Erfahrungen zu berichten.
Grundlage für die Berufung der Kommission ist eine Vereinbarung der
katholischen Deutschen Bischofskonferenz und des damaligen
Missbrauchsbeauftragten der Bundesregierung, Johannes-Wilhelm Rörig aus dem
Jahr 2020. Entsprechende Aufarbeitungs-Kommissionen wurden seitdem in allen
katholischen Bistümern Deutschlands eingerichtet. (pm/kna 3)
Leo XIV. ruft zu einer „Mission des
Mitgefühls“ auf
Mit
seinem ersten Gebetsanliegen als Papst lädt Leo XIV. die Welt ein, neu vom
Herzen Jesu zu lernen. Im Zentrum im Monat Juni steht nicht eine Meditation,
sondern ein Gebet – persönlich, innig und missionarisch. Leo XIV. setzt ein
klares Zeichen: Die Kirche soll hinausgehen – bewegt vom Mitgefühl. Von Mario
Galgano
„Herr,
ich komme heute zu Deinem barmherzigen Herzen“ – so beginnt das erste
Gebetsvideo von Papst Leo XIV. für den Monat Juni. Es ist mehr als ein Anliegen
– es ist ein Gebet, ein innerer Weg, ein Ruf an alle Gläubigen, aus der
persönlichen Beziehung mit Jesus Kraft zu schöpfen und sich verwandeln zu
lassen. Der neue Stil ist spürbar: Wo sein Vorgänger Franziskus in persönlich
verdichteten Meditationen sprach, erhebt Leo XIV. das Gebet selbst zur
zentralen Ausdrucksform seines Petrus-Dienstes.
Das
monatliche Gebetsanliegen des Papstes – verbreitet über das weltweite Netzwerk
„Das Gebet des Papstes“ – hat in der Ära Leo XIV. ein neues Gesicht bekommen.
Für Juni lautet es: „Dass die Welt im Mitgefühl wachse.“ In einer Zeit globaler
Spannungen, Kriege, sozialer Ungleichheiten und wachsender Einsamkeit erinnert
der neue Pontifex an die heilende Kraft der inneren Christusbeziehung – und an
den Trost, der aus ihr erwächst.
Beten
als Sendung
Papst
Leo XIV. legt den Akzent bewusst auf eine missionarische Spiritualität. Es geht
nicht nur um Trost für das eigene Leben, sondern um eine Verwandlung, die in
Bewegung setzt: „Sende uns aus dieser Begegnung in die Mission, eine Mission
des Mitgefühls für die Welt“, betet er. Der Papst sieht das Herz Jesu nicht nur
als Quelle persönlicher Heilung, sondern als Ursprung einer Dynamik, die in die
Welt hinausführt – zu den Leidenden, Armen und Verlorenen.
Sein
Gebet ist durchdrungen von biblischen Bildern: Jesus, der „Mitgefühl über die
Kleinen und Armen ausgießt“, der „sich von allen Formen der Armut berühren
ließ“, der „uns ohne Maß mit seinem göttlichen und menschlichen Herzen geliebt
hat“. Damit knüpft Leo XIV. an die mystische Herz-Jesu-Verehrung an, wie sie
besonders in der französischen und lateinamerikanischen Frömmigkeit verankert
ist – zugleich aber öffnet er diese Tradition für die Gegenwart: nicht als
Rückzug in Innerlichkeit, sondern als Sprungbrett für soziale Verantwortung.
Ein
Papst der Herzensbildung
Bereits
bei seinem ersten Auftritt auf der Mittelloggia des Petersdoms war deutlich
geworden, dass Papst Leo XIV. das Evangelium von innen her erneuern will. Sein
Ruf „Friede sei mit euch“ – ein Echo auf die Erscheinung des Auferstandenen –
war eine Einladung zur Versöhnung. Nun setzt er mit dem Gebetsanliegen für Juni
nach: Die Kirche der Zukunft wird nur dann glaubwürdig sein, wenn sie ein Herz
hat – ein Herz für die anderen, besonders für die, die sonst übersehen werden.
„Verändere,
forme und verwandle unsere Pläne“, heißt es im Gebet. Das ist mehr als eine
spirituelle Bitte – es ist ein pastorales Programm. Der neue Papst fordert
nicht weniger als eine Umkehr: von einem selbstbezogenen Christentum hin zu
einer Kirche, die sich von Jesus formen lässt und die Welt mit seinem Blick
sieht – nicht verurteilend, sondern mitfühlend. (vn 3)
Aufarbeitungsbericht in Essen mit
gemischter Bilanz
Lob
und Kritik: Die Aufarbeitungskommission für Missbrauch im Bistum Essen hat
ihren ersten Jahresbericht vorgelegt. Die Experten sehen Fortschritte, aber
auch Verbesserungsbedarf.
Die
Unabhängige Kommission zur Aufarbeitung sexualisierter Gewalt (UAK) zog eine
gemischte Jahresbilanz: Einerseits gebe es Fortschritte, heißt es in dem am
Montag vorgestellten Bericht für 2024. Die Diözese habe die Ansprechstelle für
Betroffene neu organisiert und sei aufgeschlossen für eine Aufarbeitung.
Verbesserungsbedarf
Zugleich
gebe es Verbesserungsbedarf, etwa bei der Transparenz gegenüber Betroffenen.
„Wir erleben eine konstruktive Bistumsleitung und engagierte Mitarbeitende, wir
sehen aber in Einzelfällen auch Überforderung und Ratlosigkeit“, so der
Vorsitzende der UAK Essen, Ludger Schrapper.
Die
im Oktober 2023 eingesetzte UAK soll die Aufarbeitung sexualisierter Gewalt in
der Diözese weiter vorantreiben. Die acht Kommissionsmitglieder wurden von der
NRW-Landesregierung, dem Betroffenenbeirat im Bistum Essen und der Diözese
selbst entsandt. Das Gremium geht zurück auf eine Vereinbarung zwischen dem
Missbrauchsbeauftragten der Bundesregierung und der Deutschen
Bischofskonferenz.
Arbeit
zunächst bis Ende 2026. Die UAK wird nach eigenen Angaben ihre Arbeit zunächst
bis Ende 2026 fortsetzen und nachverfolgen, wie die Empfehlungen aus der im
Februar 2023 vorgestellten Missbrauchsstudie für das Bistum Essen umgesetzt
werden. Zudem werde sie weiterhin konkrete Einzelfälle durch Sichtung von Akten
überprüfen. (kna 2)
Papst Leo XIV. setzt auf neuen
missionarischen Einsatz für und von Familien
Papst
Leo XIV. ruft Kirche und Laien zu einem neuen missionarischen Einsatz auf:
Familien sollen neu für den Glauben gewonnen und selbst zu „Fischern“ gemacht
werden. Besondere Aufmerksamkeit gelte jenen, die sich fern oder ausgeschlossen
fühlen. Von Mario Galgano
Der
Papst äußerte sich anlässlich eines zweitägigen Workshops des Dikasterium
für die Laien, die Familie und das Leben, der am Dienstag in Rom zuende geht.
„Ich bin erfreut, dass sich nach dem Jubiläum der Familien, Kinder, Großeltern
und Senioren eine Gruppe von Fachleuten versammelt hat, um über das Thema Mit
den Familien von heute und morgen evangelisieren nachzudenken“, schreibt Papst
Leo in seinem Grußwort. Das Thema spiegele die „mütterliche Sorge“ der Kirche
für alle christlichen Familien wider, die „lebendige Glieder des mystischen
Leibes Christi“ und erste Orte der Glaubensweitergabe seien.
In
seiner Botschaft verweist der Papst auf die „tiefe Sehnsucht nach dem
Unendlichen“ im Herzen jedes Menschen – eine Sehnsucht, die Eltern dazu berufe,
ihre Kinder mit der Vaterschaft Gottes vertraut zu machen. In einer Zeit
wachsender spiritueller Suche, besonders unter jungen Menschen, sei es für die
Kirche umso wichtiger, die „Hüterin des Glaubensdurstes“ zu sein, der in jedem
Herzen lebe.
Familien
begleiten
Besonderes
Augenmerk verdiene, so der Papst, die Begleitung jener Familien, „die sich fern
fühlen", die sich also nicht gemeint oder ausgeschlossen fühlten, die sich
aber nach Zugehörigkeit sehnten. Allzu oft werde ihnen durch eine wachsende
„Privatisierung des Glaubens“ der Zugang zu den Schätzen der Kirche – Ort der
Gnade, der Geschwisterlichkeit und der Liebe – verwehrt. Diese Menschen,
„obwohl sie gute und heilige Wünsche haben“, suchten nach Halt – doch wenn
ihnen niemand begegne, falle ihr Suchen auf „falsche Stützen“ zurück, die sie
nur noch weiter von Gott entfernten.
Papst
Leo XIV. kritisiert den Einfluss illusorischer Lebensmodelle, die besonders
über soziale Medien verbreitet würden, die Jugendlichen ein Leben ohne Raum für
den Glauben suggerierten. Auch deshalb sehe sich die Kirche als „Retterin der
Menschheit“, die eine Begegnung mit Christus ermöglichen wolle – besonders für
jene, die sich heute für das Zusammenleben statt für das Sakrament der Ehe
entscheiden. Diese bräuchten Menschen, „die ihnen konkret und verständlich –
vor allem durch ihr Lebensbeispiel – zeigen, was die Gnade des Sakraments
bedeutet.“
Eltern
unterstützen
Ebenso
seien Eltern bei der religiösen Erziehung auf Gemeinschaften angewiesen, „in
denen jene Liebesgemeinschaft Wirklichkeit wird, die letztlich in Gott selbst
gründet“. Dabei dürfe die christliche Glaubensweitergabe nicht als
moralistische Pflicht erscheinen: „Der größte Fehler, den wir als Christen
machen können“, so Leo XIV. in Anlehnung an Augustinus, „ist, die Gnade Christi
nur als Vorbild zu verstehen, nicht aber als das Geschenk seiner selbst.“
Deshalb
ruft der Papst besonders die Bischöfe als Nachfolger der Apostel dazu auf, „das
Netz auszuwerfen“ und sich zu „Fischern von Familien“ zu machen. Auch die Laien
seien gerufen, sich als „Fischer von Paaren, Jugendlichen, Kindern, Frauen und
Männern aller Lebenslagen“ zu engagieren. Jeder Getaufte sei „lebendiger Stein“
zum Aufbau der Kirche, zur „geschwisterlichen Gemeinschaft, zur Harmonie im
Geist und zum Miteinander der Verschiedenen“.
Missionarische
Bemühungen
Leo
XIV. bittet darum, sich dem missionarischen Bemühen der ganzen Kirche
anzuschließen: „Suchen wir jene Familien, die sich nicht von selbst nähern!“
Und: „Lasst euch nicht entmutigen durch schwierige Situationen.“ Der Papst
betont, dass das Evangelium auch dort Frucht bringe, wo familiäre Wunden
bestehen. Es gelte, „dem Samen Raum zu geben“ und auch verdorrte Bäume nicht zu
übersehen.
Nicht
vorschnelle Antworten seien gefragt, sondern „Nähe, Zuhören und das gemeinsame
Suchen nach Wegen“, auch offen für neue Kriterien, weil „jede Generation ihre
eigenen Herausforderungen, Träume und Fragen mitbringt“. Inmitten all dessen
aber bleibe Christus „derselbe – gestern, heute und in Ewigkeit“.
Zum
Abschluss bittet Papst Leo XIV. den Heiligen Geist um Leitung im Unterscheiden
und Handeln. „Helfen wir den Familien, mutig auf Christi Ruf zu hören!“ Er
versichert sein Gebet und erteilt allen Teilnehmenden des Seminars den
Apostolischen Segen. (vn 2)
Papst: Familie, ein Ort des
Glaubens und der Liebe
Am
7. Sonntag der Osterzeit hat Leo XIV. mit 45.000 Menschen aus aller Welt auf
dem Petersplatz in Rom den Gottesdienst zur Heilig-Jahr-Feier der Familien,
Kinder, Großeltern und Senioren gefeiert. In seiner Predigt hob der Papst die
Bedeutung der Familie als Ort der Liebe, des Glaubens und der Weitergabe
christlicher Werte hervor. Von Silvia Kritzenberger
„Sobald
wir geboren wurden, waren wir, um leben zu können, auf andere angewiesen,
allein hätten wir es nicht geschafft: Es war jemand anderes, der uns gerettet
hat, indem er sich unser angenommen hat, um unseren Körper wie um unseren
Geist. Wir alle leben also dank einer Beziehung, d. h. einer freien und
befreienden Bindung der Menschlichkeit und der gegenseitigen Fürsorge,“ stellte
Papst Leo in seiner Predigt auf einem gut gefüllten Petersplatz fest. „Es ist
wahr, dass diese Menschlichkeit manchmal verraten wird. Jedes Mal, zum
Beispiel, wenn man sich auf die Freiheit beruft, nicht um Leben zu schenken,
sondern um es zu nehmen, nicht um zu helfen, sondern um zu verletzen.“
Der
Herr habe gewollt, dass wir eins seien, also „eine Gemeinschaft bilden, die auf
der Liebe gegründet ist, mit der Gott liebt und aus der Heil und Leben in die
Welt kommen,“ ,sagte der Papst und bekräftigte, dass „aus den Familien heraus
die Zukunft der Völker entsteht“.
Warum
die Welt von heute den Bund der Ehe braucht
In
einer Zeit, in der soziale Bindungen und familiäre Strukturen unter Druck
stehen, stelle die Kirche die Ehe in den Mittelpunkt als „Bund“, der nicht nur
menschliche Beziehungen stärkt, sondern auch eine spirituelle Dimension hat,
gab Leo weiter zu bedenken.
„In
den letzten Jahrzehnten haben wir ein Zeichen erhalten, das uns mit Freude
erfüllt und zugleich zum Nachdenken anregt: Ich meine damit die Ehepaare, die
selig- und heiliggesprochen wurden, und zwar nicht getrennt, sondern gemeinsam,
als Ehepaare. Ich denke etwa an Louis und Zélie Martin, die Eltern der heiligen
Theresia vom Kinde Jesus. Ich möchte auch an die seligen Luigi und Maria
Beltrame Quattrocchi erinnern, die als Familie im letzten Jahrhundert hier in
Rom lebten. Und vergessen wir nicht die polnische Familie Ulma: Eltern und
Kinder, vereint in der Liebe und im Martyrium. Ich sagte, dass dies ein Zeichen
ist, das zum Nachdenken anregt. Ja, indem uns die Kirche diese Ehepaare als
vorbildliche Zeugen vor Augen stellt, sagt sie uns, dass die Welt von heute den
Bund der Ehe braucht, um die Liebe Gottes zu erkennen und anzunehmen und um mit
seiner einigenden und versöhnenden Kraft jene Mächte zu überwinden, die
Beziehungen und Gesellschaften zersetzen.“
Ein
Zitat aus der Enzyklika Humanae vitae
Das
Eheleben spiele also eine wichtige Rolle als Zeichen göttlicher Liebe in einer
zunehmend zersplitterten Welt, so der Pontifex. „Die Ehe ist kein Ideal,
sondern der Maßstab für die wahre Liebe zwischen Mann und Frau: einer Liebe,
die ungeteilt, treu und fruchtbar ist. Diese Liebe lässt euch ein Fleisch
werden und befähigt euch, nach dem Bild Gottes Leben zu schenken.“ Mit diesem
Zitat aus der Enzyklika Humanae vitae von Paul VI. betonte Papst Leo den Wert
des Familienlebens, dessen gelebte Liebe nicht nur ein hohes Gut, sondern auch
eine Aufgabe und ein Zeugnis sei – ein Zeugnis, das heute mehr denn je
gebraucht werde.
Eltern
und Kindern legte er folgenden Rat ans Herz: „Deshalb ermutige ich euch, für
eure Kinder kohärente Vorbilder zu sein, indem ihr euch so verhaltet, wie ihr
wollt, dass sie sich verhalten, indem ihr sie zur Freiheit durch Gehorsam
erzieht und indem ihr stets das Gute in ihnen sucht wie auch nach
Möglichkeiten, es zu fördern. Und ihr, Kinder, seid euren Eltern dankbar:
„Danke“ zu sagen für das Geschenk des Lebens und für alles, was uns damit jeden
Tag geschenkt wird, ist die erste Weise, um Vater und Mutter zu ehren.“
Danke
sagen für das Geschenk des Lebens
Die
Großeltern und Senioren rief der Papst dazu auf, mit „Weisheit und Mitgefühl,
mit der Demut und der Geduld, die die Jahre lehren“, über ihre Lieben zu
wachen. Ihr Beitrag sei unverzichtbar, wenn es darum gehe, den Glauben
weiterzugeben. Wörtlich sagte der Papst: „In der Familie wird der Glaube
zusammen mit dem Leben von Generation zu Generation weitergegeben: Er wird wie
das Essen am Tisch und die Zuneigung des Herzens geteilt.“
Abschließend
erinnerte Leo XIV. noch an all jene, die „uns bereits in sein ewiges
österliches Licht vorausgegangen sind“ – Eltern, Großeltern, Geschwister,
Kinder. „Das Gebet des Sohnes Gottes, das uns auf unserem Weg Hoffnung schenkt,
erinnert uns auch daran, dass wir eines Tages alle uno unum sein werden: eins
in dem einzigen Erlöser, umfangen von der ewigen Liebe Gottes,“ schloss die
Predigt des Papstes, der dem Augustinerorden angehört und dessen Wappen den
Wahlspruch trägt: In Illo uno unum (In dem Einen sind wir eins). (vn 1)
Giro d’Italia im Vatikan: Papst
grüßt Radsportler
Was
diesen Sonntagnachmittag in Rom stattfand, war eine absolute Premiere: zum
ersten Mal führte eine Etappe des weltbekannten Radrennens „Giro d’Italia“
durch die Vatikanstadt. Die noch von Papst Franziskus gewollte Initiative war
als symbolische Etappe auf dem „Marianischen Weg“ durch den Vatikan gedacht.
Silvia Kritzenberger - Vatikanstadt
Zum
ersten Mal in der 108-jährigen Geschichte des Radrennens wurde ein Teil der
Schlussetappe in die Vatikanischen Gärten verlegt – wo Papst Leo einen kurzen
Gruß auf Italienisch und Englisch an die Radsportler richtete und ihnen seinen
Segen erteilte.
Die
Sonderrunde der 159 Radsportler aus 23 Mannschaften und 29 Nationen durch die
päpstlichen Gärten fand auch zu Ehren von Papst Franziskus statt, der am 21.
April verstorben ist.
Um
die Kolonnaden des Petersdoms bogen die Radsportler am Petrus-Tor in den
Vatikan. Auf dem Platz der römischen Protomärtyrer wurden Sie von Papst Leo
empfangen, der folgendes Grußwort an sie richtete:
„Guten
Tag! Willkommen im Vatikan!
Es
ist mir eine Freude, euch auf dieser letzten Etappe des Giro d'Italia begrüßen
zu dürfen. Ich hoffe, dass es für euch alle ein wunderschöner Tag wird.
Vergesst nicht, dass ihr Vorbilder für junge Menschen auf der ganzen Welt seid.
Der Giro d'Italia ist sehr beliebt, und das nicht nur in Italien. Der Radsport
ist sehr wichtig, wie der Sport im Allgemeinen. Ich danke euch für alles, was
ihr tut, ihr seid wirklich Vorbilder. Und ich hoffe, dass ihr, so wie ihr
gelernt habt, auf euren Körper zu achten, auch euren Geist pflegt und immer auf
den ganzen Menschen achtet: Körper, Geist, Herz und Seele. Gott segne euch.
Euch allen alles Gute!“
Beim
Gästehaus Santa Marta, in dem Papst Franziskus gewohnt hat, ging es dann in
Richtung Quadratischer Garten – vorbei an den Vatikanischen Museen und an einem
Stück der Berliner Mauer.
Das
Fragment wurde Johannes Paul II. in Anerkennung seiner Verdienste um den Fall
der Berliner Mauer geschenkt. Daneben befindet sich eine Marmortafel mit den
prophetischen Worten des Papstes aus seiner Antrittsrede 1978: „Habt keine
Angst! Öffnet, ja reißt die Tore weit auf für Christus! Öffnet die Grenzen der
Staaten, die wirtschaftlichen und politischen Systeme, die weiten Bereiche der
Kultur, der Zivilisation und des Fortschritts seiner rettenden Macht! Habt
keine Angst!”
Danach
ging es weiter zur Lourdes-Grotte und zum Hubschrauberlandeplatz am höchsten
Punkt. In relativ engen Serpentinen führte der Weg wieder hinunter, vorbei am
Vatikan-Bahnhof und am Kloster Mater Ecclesiae, in dem Benedikt XVI. seine
letzten Jahre verbrachte. Danach ging es wieder in Richtung von Papst
Franziskus' früherem Wohnsitz Santa Marta und dann durch das Perugino- Tor aus
dem Vatikan hinaus.
Die
Strecke war etwa 3,5 Kilometer lang und wurde ohne Zeitmessung gefahren: Eine
Ehrenrunde im Heiligen Jahr – zu Ehren des Papstes und als Zeichen der
Verbindung von Sport, Spiritualität und Weltkirche.
Der
eigentliche Start der letzten Etappe des Giro d’Italia erfolgte erst nach dem
Verlassen des Vatikanstaats, und führte dann durch Rom.
Ein
Treffen mit einem langjährigen Freund
Vor
dem Treffen mit den Radsportlern stand für Papst Leo am heutigen Sonntag noch
ein Freundschaftsbesuch auf dem Programm - im internationalen Kolleg Santa
Monica, wo er mit einem langjährigen Freund zu Mittag aß: Generalprior
Alejandro Moral, der seinen 70. Geburtstag feiern kann. (vn 1)