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KI-generierte Inhalte können fehlerhaft sein.  Notiziario Religioso della comunità italiana in Germania  - redazione: T. Bassanelli    - Webmaster: A. Caponegro  IMPRESSUM

 

Notiziario religioso 16 giugno – 30 settembre 2025

Buon periodo estivo

 

Inhaltsverzeichnis

1.        Per aggiornamenti: www.agensir.it;  www.delegazione-mci.de; 1

2.        Papa Leone XIV: "Gli atleti siano riflesso dell’amore di Dio Trinità". 1

3.        Leone XIV: "Lo sport è una via per costruire la pace". 1

4.        Giubileo dello sport. Malagò: “Ponte tra mondi diversi”. 1

5.        Leone XIV: udienza, “Gesù non è muro che separa ma porta che unisce”. 1

6.        Papa Leone XIV: "Apriamo porte, colleghiamo mondi e ci sarà speranza". 1

7.        Leone XIV: “la carità è il più grande comandamento sociale”. 1

8.        Il Messaggio del  Papa per la IX Giornata Mondiale dei Poveri 1

9.        Concistoro. Frassati, Acutis, Longo e altri nuovi santi 1

10.  Francoforte. La chiesa Sant’Antonio della Mci festeggia i 125 anni 1

11.  Ecco perché Sant’Antonio è così amato nel mondo. 1

12.  FISC e Pontificia Università della Santa Croce insieme per un corso all’avanguardia sull’Intelligenza Artificiale. 1

13.  Ragazzi con disabilità: Juppiter, al via la carovana europea “Back Home”. 1

14.  Leone XIV al Clero di Roma: "Camminiamo insieme". 1

15.  Continua il dialogo tra la Santa Sede e le Autorità cinesi 1

16.  Migrazioni. Firmato il Protocollo tra Ministero dell’Interno e CEI 1

17.  Diocesi di Rottenburg-Stoccarda: pellegrinaggio delle MCI al santuario mariano di Zwiefalten. 1

18.  Leone XIV. Appunti di un cronista in Vaticano. Vita e visione di un Papa agostiniano. 1

19.  Card. Zuppi: “Il territorio entri nelle carceri”. 1

20.  Referendum cittadinanza, mons. Perego: “Un segnale negativo del Paese nei confronti degli immigrati”. 1

21.  La Mci San Giuseppe di Karlsruhe in festa mariana tra fede e tradizione. 1

22.  Il Concilio di Nicea segnò l’unità dei cristiani 1

23.  La Curia vaticana si rinnova per servire meglio la Chiesa. 1

24.  Papa Leone XIV, il Vento dello Spirito apra le frontiere del cuore. 1

25.  P. Anselm Grün: “Un Papa che sa dove andare, forte nei valori e vicino agli altri”. 1

26.  Il Papa per una data comune della Pasqua tra cattolici e ortodossi 1

27.  Rondine, il Festival Youtopic per la pace, con Mattarella e mons. Baturi 1

28.  Leone XIV: “Il carisma è funzionale all’incontro con Cristo”. 1

29.  Udienza. “Nessuno è cristiano da solo”. 1

30.  Papa Leone XIV, incontro con il presidente Mattarella. 1

31.  Zuppi, il Papa mancato e il leader involontario della sinistra. 1

32.  “L’educazione alla custodia del Creato fa parte dell’annuncio del Vangelo”. 1

33.  Il Papa: “Rimboccati le maniche, perché il Signore è generoso e non sarai deluso”. 1

34.  Sostentamento del clero, il card. Zuppi: "La trasparenza è importantissima". 1

35.  A Roma finora 5,5 mln pellegrini, previsto 1 mln tra 28/07 e 3/08. 1

36.  La geopolitica conciliare di Leone XIV. 1

37.  Leone XIV: Chiesa, "pescatrice di famiglie". 1

38.  Emilia-Romagna: non solo immigrati. Zuppi: “Siamo inaccoglienti”. 1

39.  Il Papa: “Dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli”. 1

 

 

1.        Papst: Sport als Weg des Glaubens. 1

2.        Papst beim Angelus: „Sport ist ein Weg, Frieden zu schaffen“. 1

3.        Jahrestagung des Cusanuswerks 2025. 1

4.        Leo XIV. an Iran und Israel: „Niemand soll je Existenz des anderen bedrohen“. 1

5.        Pax Christi warnt vor „Aufrüstungswahn“. 1

6.        Leo XIV.: Unterscheiden hilft, aber spalten niemals. 1

7.        Papst: Arme nicht am Rand, sondern im Mittelpunkt der Kirche. 1

8.        Übergangsleiter fürs Bistum Eichstätt gewählt 1

9.        Heiligsprechung von Acutis und Frassati am 7. September. 1

10.  Eichstätt ohne Bischof: Wie es nach dem Rücktritt weitergeht. 1

11.  Papst an Priester: „Nicht fliehen vor Herausforderungen der Zeit“. 1

12.  Caritas ist für ein Gesellschaftsjahr. 1

13.  Papst Leo XIV. ruft zur Hoffnung auf Heilung auf 1

14.  „Mut aus Nizäa“. 1

15.  Christentum weltweit noch führend. Anteil an Bevölkerung schrumpft. 1

16.  Hanke über seinen Rücktritt: „Es war ein langer Weg des Ringens“. 1

17.  „Nicht dafür gemacht, um uns selbst zu kreisen“. Bischof Bätzing predigt zu Pfingsten. 1

18.  Pfingsten auf dem Petersplatz: Papst ruft zur Öffnung der inneren und äußeren Grenzen auf. 1

19.  Leo XIV. hat Rücktritt von Bischof Gregor Maria Hanke angenommen. 1

20.  Zehntausende in Rom zum Jubiläum der kirchlichen Bewegungen. 1

21.  Leo XIV. ruft zu neuer Einheit von Katholiken und Orthodoxen auf 1

22.  Leo empfängt Italiens Präsident Mattarella im Vatikan. 1

23.  Papst Leo XIV.: „Die Charismen sind Sauerteig der Einheit“. 1

24.  Ehrenamtliche als Leiter kirchlicher Bestattungen. 1

25.  Der Papst würdigt die Arbeit des Staatssekretariats. 1

26.  Organspende – Ausdruck konkreter Nächstenliebe und Mitverantwortung. 1

27.  Jahresbericht. Angriffe auf Moscheen auf Rekordhoch: Zahl vervierfacht seit 2021. 1

28.  Bonifatiuswerk stellt Bilanz für 2024 vor. 1

29.  Papst: Gott ist die Antwort auf die Sinnsuche unseres Lebens. 1

30.  Bischöfe lösen Gremium zur Missbrauchsaufarbeitung auf. 1

31.  Leo XIV. ruft zu einer „Mission des Mitgefühls“ auf 1

32.  Aufarbeitungsbericht in Essen mit gemischter Bilanz. 1

33.  Papst Leo XIV. setzt auf neuen missionarischen Einsatz für und von Familien. 1

34.  Papst: Familie, ein Ort des Glaubens und der Liebe. 1

35.  Giro d’Italia im Vatikan: Papst grüßt Radsportler. 1

 

 

 

 

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Papa Leone XIV: "Gli atleti siano riflesso dell’amore di Dio Trinità"

 

Il Papa ha celebrato la Messa in occasione del Giubileo dello Sport nella Solennità della Santissima Trinità - Di Marco Mancini

Città del Vaticano. “Il binomio Trinità-sport non è esattamente di uso comune, eppure l’accostamento non è fuori luogo. Ogni buona attività umana porta in sé un riflesso della bellezza di Dio, e certamente lo sport è tra queste. Del resto, Dio non è statico, non è chiuso in sé. È comunione, viva relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che si apre all’umanità e al mondo”. Lo ha detto il Papa, stamane, nell’omelia della Messa in occasione del Giubileo dello Sport nella Solennità della Santissima Trinità.

“È da questo dinamismo divino – sottolinea Leone XIV - che sgorga la vita. Noi siamo stati creati da un Dio che si compiace e gioisce nel donare l’esistenza alle sue creature. Alcuni Padri della Chiesa parlano addirittura, arditamente, di un Dio che si diverte . Ecco perché lo sport può aiutarci a incontrare Dio Trinità: perché richiede un movimento dell’io verso l’altro, certamente esteriore, ma anche e soprattutto interiore. Senza questo, si riduce a una sterile competizione di egoismi”.

Il Papa poi offre un esempio pratico. Quando durante le gare “gli spettatori gridano: «Dai!», un imperativo bellissimo: non si tratta solo di dare una prestazione fisica, ma di dare sé stessi, di giocarsi. Si tratta di darsi per gli altri e, se si è veramente sportivi, questo vale al di là del risultato”.

Dinanzi a solitudine e individualismo, aggiunge Papa Leone, “lo sport – specialmente quando è di squadra – insegna il valore della collaborazione, del camminare insieme, di quel condividere che è al cuore stesso della vita di Dio. Può così diventare uno strumento importante di ricomposizione e d’incontro: tra i popoli, nelle comunità, negli ambienti scolastici e lavorativi, nelle famiglie”.

In una società digitale che allontana le persone, “lo sport valorizza la concretezza dello stare insieme, il senso del corpo, dello spazio, della fatica, del tempo reale. Così, contro la tentazione di fuggire in mondi virtuali, esso aiuta a mantenere un sano contatto con la natura e con la vita concreta, luogo in cui solo si esercita l’amore”.

Lo sport poi “insegna anche a perdere, mettendo l’uomo a confronto, nell’arte della sconfitta, con una delle verità più profonde della sua condizione: la fragilità, il limite, l’imperfezione. Questo è importante – ribadisce il Pontefice - perché è dall’esperienza di questa fragilità che ci si apre alla speranza. L’atleta che non sbaglia mai, che non perde mai, non esiste. I campioni non sono macchine infallibili, ma uomini e donne che, anche quando cadono, trovano il coraggio di rialzarsi”.

Il pensiero del Papa va al Beato – prossimo Santo – Piergiorgio Frassati – “la sua vita, semplice e luminosa, ci ricorda che, come nessuno nasce campione, così nessuno nasce santo. È l’allenamento quotidiano dell’amore che ci avvicina alla vittoria definitiva e che ci rende capaci di lavorare all’edificazione di un mondo nuovo”.

Agli sportivi – conclude Leone XIV – la Chiesa affida la missione di “essere, nelle vostre attività, riflesso dell’amore di Dio Trinità per il bene vostro e dei fratelli. Lasciatevi coinvolgere da questa missione, con entusiasmo: come atleti, come formatori, come società, come gruppi, come famiglie”. Aci 15

 

 

 

 

 

Leone XIV: "Lo sport è una via per costruire la pace"

 

Al termine della Messa nella Basilica Vaticana, Papa Leone XIV ha salutato i fedeli in Piazza San Pietro e da lì ha recitato l’Angelus - Di Marco Mancini

Città del Vaticano. Al termine della Messa nella Basilica Vaticana, Papa Leone XIV ha salutato i fedeli in Piazza San Pietro e da lì ha recitato l’Angelus.

“Vi esorto – ha detto il Papa agli sportivi - a vivere l'attività sportiva anche ai livelli agonistici sempre con spirito di gratuità, con spirito ludico nel senso nobile di questo termine perché nel gioco e nel sano divertimento la persona umana somiglia al suo Creatore. Mi preme poi sottolineare che lo sport è una via per costruire la pace che fa crescere la cultura dell'incontro e della fratellanza”.

“Vi incoraggio – ha aggiunto - a praticare questo stile in modo consapevole opponendovi ad ogni forma di violenza e di sopraffazione. Il mondo oggi ne ha tanto bisogno, sono molti infatti i conflitti armati”.

Papa Leone ha ricordato le violenze in Myanmar, in Sudan – dove è stato ucciso un sacerdote – e in Nigeria: “assicuro le mie preghiere per tutte le vittime e rinnovo l'appello ai combattenti affinché si fermino proteggano i civili e intraprendano un dialogo per la pace”. Il pensiero del Papa è andato poi al Medio Oriente e all’Ucraina.

Infine Papa Leone ha Parlato della beatificazione di oggi pomeriggio nella Basilica di San Paolo fuori le mura di Floribert Bwana Chui, “giovane martire congolese che è stato ucciso a 26 anni perché, in quanto cristiano, si opponeva all'ingiustizia e difendeva i piccoli e i poveri”. Aci 15

 

 

 

 

 

Giubileo dello sport. Malagò: “Ponte tra mondi diversi”

 

Nel cuore di un anno giubilare che invita credenti e non credenti a mettersi in cammino come “Pellegrini di speranza”, anche lo sport si fa protagonista con due giornate – il 14 e 15 giugno 2025 – dedicate al Giubileo dello sport. In rappresentanza del mondo sportivo italiano, abbiamo incontrato Giovanni Malagò, presidente del Coni-Comitato olimpico nazionale italiano dal 2013, guida in una fase di trasformazione. “Il Giubileo in assoluto è un'opportunità di dare valore aggiunto al mondo dello sport” - di Marco Calvarese

Nel cuore di un anno giubilare che interpella credenti e non credenti a mettersi in cammino come “Pellegrini di speranza”, anche lo sport si fa protagonista con due giornate – il 14 e il 15 giugno – dedicate al Giubileo dello sport. In rappresentanza del mondo sportivo italiano, abbiamo incontrato Giovanni Malagò, presidente del Coni-Comitato olimpico nazionale italiano dal 2013, guida del movimento sportivo nazionale in una fase di trasformazione. Dalle sue parole si evince come il ruolo dello sport in Italia e nel mondo oggi sia preponderante, riconosciuto come strumento di coesione sociale, salute, benessere e partecipazione, dove i grandi eventi sportivi non sono solo spettacolo, ma diventano simboli di unità, successo, geopolitica, talvolta anche strumenti di protesta e affermazione di diritti. Come capitato ad esempio con la decisione presa dal Cio-Comitato olimpico internazionale, che, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha prima escluso gli atleti russi e bielorussi dai Giochi di Parigi 2024, permettendo loro in seguito di partecipare come atleti individuali neutrali (Ains), senza bandiera, inno o simboli nazionali. Nel suo studio le pareti, la scrivania, il divano, le sedie ed i tavoli, ma anche il pavimento è piastrellato di foto dediche e ricordi sportivi, ma le due persone che Malagò tiene nella testa e nel cuore e che menziona con ammirazione, sono Jesse Owens e Nelson Mandela: Owens per quello che rappresentò nel 1936 davanti a Hitler; Mandela, pur non essendo un atleta, per come usò lo sport per unire un Paese diviso. Nel Giubileo dello sport si celebreranno anche queste memorie vive che parlano a tutta l’umanità, per ricordare come il mondo dello sport possa essere una parafrasi della vita, perché come ricorda Malagò le regole dello sport servono a tracciare un confine chiaro per distinguere chi i valori li onora con il sacrificio onesto e chi li vilipende barando attraverso corruzione e doping.

Qual è il legame tra lo sport italiano e internazionale, il Vaticano in particolare e la Chiesa più in genere?

Il Cio da sempre è particolarmente vicino a tutto quello che sono ovviamente le più importanti fedi religiose, tra cui il cattolicesimo. C’è una storia che ci accompagna praticamente dall’inizio della fondazione del Cio, con l’epoca delle Olimpiadi moderne nel 1896. E spessissimo, ovviamente, chi rappresenta il Cio viene invitato in Vaticano per dare la propria testimonianza, a confronto anche con quelle che sono le altre religioni. E su questo il Cio è particolarmente orgoglioso e le rappresenta tutte in un modo uniforme, tenendo presente che conosce i valori della comunità cristiana e del cattolicesimo.

In questo Anno santo quanto è importante un Giubileo dello sport e come pensa che questo possa essere un’occasione per riflettere sul ruolo dello sport nella vita delle persone e nella società? Pensa che questa possa essere un’occasione per promuovere valori come la speranza e l’inclusione?

L’occasione di celebrare quest’anno il Giubileo in assoluto è un’opportunità di dare valore aggiunto al mondo dello sport. È un momento in cui si incontrano i due valori, quelli che sono rappresentati dalla propria fede e quelli di chi ovviamente è dentro e vicino o si occupa del mondo dello sport. Noi dobbiamo utilizzare, sfruttare, nel senso buono della parola che so essere inelegante, questa opportunità per divulgare, per promuovere e per sostenere, tramite il mondo del cattolicesimo a raccolta nell’anno del Giubileo, i valori altrettanto universali dello sport.

Visti gli scenari di guerra che si affacciano anche alle porte dell’Europa, se possibile, cosa deve o può fare lo sport per contribuire alla pacificazione?

Cosa fa lo sport per contribuire alla pacificazione è sotto gli occhi di tutti. Ho partecipato ad esempio come rappresentante della Fondazione Milano Cortina 2026 al board (Consiglio di amministrazione ndr) della tregua olimpica, che è il capostipite di quello che sono gli elementi che compongono la carta olimpica che è la nostra Bibbia, il nostro statuto, la nostra carta costituente. La tregua olimpica significa che durante le Olimpiadi e le Paralimpiadi non ci devono essere attività belliche e su questo noi siamo particolarmente attenti a farlo rispettare. Tanto è vero che l’esclusione della Russia nasce proprio nel momento in cui cominciavano le Paralimpiadi di Pechino e loro invadevano l’Ucraina. Questo nel passato ha avuto grandissimi altri elementi analoghi su quali sono state prese delle posizioni. Noi chiediamo la pace, sempre e comunque in modo particolare quando si accende il braciere olimpico e paralimpico e continuiamo sulla base di quello che dice la Risoluzione delle Nazioni Unite. Vorrei ricordare che il Cio è membro permanente, ovviamente non votante ma come ospite durante l’Assemblea, per promuovere proprio le finalità della pace universale.

Considerando anche le sue origini familiari, per le quali scorre nelle sue vene un po’ di sangue cubano, e del fatto che sempre più lo sport italiano si stia arricchendo di successi provenienti da atleti nati da genitori di altri Paesi o provenienti loro stessi da altri Paesi, cosa ne pensa del fenomeno migratorio e del valore aggiunto che può essere per la società in generale e per lo sport in particolare?

È un dato di fatto che Paesi, chiamiamoli occidentali, democratici, come Europa, Nord America, mi sento di dire nessuno escluso, oggi hanno questa opportunità, questa valenza in cui persone che decidono, chi per scelte molto difficili e dolorose, chi invece per questioni di altra natura, sentimentali, professionali, gli aspetti tecnici nel caso degli atleti, di venire da noi, poi è normale che dopo un certo periodo acquisiscono, sempre nel rispetto delle norme e delle regole, l’opportunità anche di vestire la maglia azzurra. Non è che siamo in buona compagnia, è un discorso che riguarda tutti. Per ciò che riguarda il fenomeno della migrazione, sapete benissimo che chi è legato a certi valori cattolici, ovviamente ha un approccio molto disponibile ad aiutare il prossimo, fermo restando che c’è sempre un distinguo tra chi si occupa di sport e chi si occupa di politica. Secondo me non devono far sì che chi si occupa di sport, per questioni strumentali dello sport, a quel punto si sostituisce a chi ha responsabilità politica.

Ci sono progetti o iniziative specifiche su cui il Coni sta lavorando per coinvolgere i giovani nello sport e promuovere uno stile di vita attivo?

Noi con le nostre attività territoriali siamo molto impegnati a divulgare, tramite tutti i comitati regionali, quello che sono i cardini degli stili di vita. Da tempo abbiamo messo in piedi tramite la filiera delle federazioni, delle Dsa, degli Enti di promozione, un vademecum con quelle che chiamerei regole del gioco che ovviamente hanno una finalità: cercare il più possibile di allontanare soprattutto le nuove generazioni da quelle che sono devianze sociali che ben conosciamo. Credo che questo ruolo oggettivamente ci viene riconosciuto. Sir 14

 

 

 

 

 

Leone XIV: udienza, “Gesù non è muro che separa ma porta che unisce”

 

“Gesù non è un muro che separa, ma una porta che ci unisce. Occorre rimanere in lui e distinguere la realtà dalle ideologie”. Lo ha detto oggi Papa Leone XIV durante l’udienza giubilare nella basilica di San Pietro, richiamando il pensiero di uno dei più grandi teologi cristiani, il vescovo Ireneo di Lione, e incentrando la sua meditazione sul tema “Sperare è collegare”. “Riprendono questa mattina le speciali udienze giubilari che Papa Francesco aveva iniziato nel mese di gennaio, proponendo ogni volta un particolare aspetto della virtù teologale della speranza e una figura spirituale che lo ha testimoniato”, ha esordito Leone XIV. L’anno giubilare, ha aggiunto, “collega più radicalmente il mondo di Dio al nostro. Ci invita a prendere sul serio ciò che preghiamo ogni giorno: ‘Come in cielo, così in terra’. Questa è la nostra speranza. Ecco l’aspetto che oggi vorremmo approfondire: sperare è collegare”.

Con riferimento a sant’Ireneo, il Pontefice ha osservato: “Il Vangelo è stato portato in questo continente da fuori. E anche oggi le comunità di migranti sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le accolgono”. “Come ci fa bene ricordarlo qui a Roma, in Europa!”, l’esclamazione del Papa. Ireneo “collega Oriente e Occidente. Già questo è un segno di speranza, perché ci ricorda come i popoli si continuano ad arricchire a vicenda”. Ireneo, però, ha chiosato Leone XIV, “ha un tesoro ancora più grande da donarci. Le divisioni dottrinali che incontrò in seno alla comunità cristiana, i conflitti interni e le persecuzioni esterne non lo scoraggiarono. Al contrario, in un mondo a pezzi imparò a pensare meglio, portando sempre più profondamente l’attenzione a Gesù. Diventò un cantore della sua persona, anzi della sua carne. Riconobbe, infatti, – ha concluso il Papa – che in Lui ciò che a noi sembra opposto si ricompone in unità”.

“Come Ireneo a Lione nel secondo secolo, così in ognuna delle nostre città torniamo a costruire ponti dove oggi ci sono muri. Apriamo porte, colleghiamo mondi e ci sarà speranza”. Così Papa Leone XIV ha concluso questa mattina nella basilica vaticana l’udienza giubilare, la prima dopo l’interruzione dovuta alla malattia e alla morte di Papa Francesco, incentrata sulla figura del teologo e vescovo Ireneo di Lione. “Anche oggi – ha osservato Leone XIV – le idee possono impazzire e le parole possono uccidere. La carne, invece, è ciò di cui tutti siamo fatti; è ciò che ci lega alla terra e alle altre creature. La carne di Gesù va accolta e contemplata in ogni fratello e sorella, in ogni creatura”. Di qui un’esortazione: “Ascoltiamo il grido della carne, sentiamoci chiamare per nome dal dolore altrui. Il comandamento che abbiamo ricevuto fin da principio è quello di un amore vicendevole. Esso è scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi legge”. Ireneo, maestro di unità, “ci insegna a non contrapporre, ma a collegare. C’è intelligenza – ha precisato il Papa – non dove si separa, ma dove si collega. Distinguere è utile, ma dividere mai. Gesù è la vita eterna in mezzo a noi: lui raduna gli opposti e rende possibile la comunione”. “Siamo pellegrini di speranza, perché fra le persone, i popoli e le creature occorre qualcuno che decida di muoversi verso la comunione. Altri – l’auspicio conclusivo del Pontefice – ci seguiranno”.

“Rivolgo un caloroso saluto a tutti voi che partecipate al Giubileo dello sport e all’incontro internazionale ‘Lo slancio della speranza’, promosso dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Il tempo che trascorrerete insieme in questi giorni vi offrirà una preziosa opportunità per riflettere sul rapporto tra l’attività sportiva e la virtù della speranza”. Così Papa Leone XIV, durante l’udienza giubilare di questa mattina in basilica vaticana, salutando i pellegrini di lingua inglese e i partecipanti al Giubileo dello sport che si svolge oggi e domani. “A pensarci bene – ha osservato il Pontefice –, lo sport è animato dalla speranza, nel senso che implica la tensione verso un obiettivo, il costante impegno a migliorare le proprie prestazioni e l’apprendimento del lavoro di squadra. Allo stesso tempo, le nostre speranze più profonde ci sfidano a fare del mondo dello sport un’arena in cui valori autenticamente umani e cristiani possano essere esercitati e comunicati agli altri per la costruzione di un mondo migliore”. Di qui l’incoraggiamento, “nello spirito di questo Giubileo”, ai partecipanti all’incontro internazionale e al Motoraduno internazionale, “ciascuno a modo suo, ad essere ‘missionari di speranza’, impegnandosi a realizzare una cultura di sempre maggiore solidarietà, accoglienza e fraternità”.

“Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro. È dovere di tutti i Paesi sostenere la causa della pace, avviando cammini di riconciliazione e favorendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per tutti”. Lo ha detto Papa Leone XIV lanciando un accorato appello per la pace al termine dell’udienza giubilare. “Anche in questi giorni – ha esordito il Papa -, in effetti, giungono notizie che destano molta preoccupazione. Si è gravemente deteriorata la situazione in Iran e Israele. In un momento così delicato, desidero rinnovare un appello alla responsabilità e alla ragione”. “L’impegno per costruire un mondo più sicuro e libero dalla minaccia nucleare – ha scandito il Pontefice – va perseguito attraverso un incontro rispettoso e un dialogo sincero, per edificare una pace duratura, fondata sulla giustizia, sulla fraternità e sul bene comune”. Giovanna Pasqualin Traversa, Sir 14

 

 

 

 

 

Papa Leone XIV: "Apriamo porte, colleghiamo mondi e ci sarà speranza"

 

Papa Leone XIV ha ripreso oggi le udienze giubilari. Ai fedeli il Papa propone il tema della speranza, collegata alla figura di Sant’Ireneo di Lione. Di Marco Mancini

Città del Vaticano. Papa Leone XIV ha ripreso oggi le udienze giubilari, interrotte per la malattia e la morte di Papa Francesco. Ai fedeli presenti nella Basilica Vaticana il Papa propone il tema della speranza, collegata alla figura di Sant’Ireneo di Lione.

“L’anno giubilare - ha spiegato - collega più radicalmente il mondo di Dio al nostro. Sperare è collegare. Uno dei più grandi teologi cristiani, il vescovo Ireneo di Lione, ci aiuterà a riconoscere come è bella e attuale questa speranza”.

Ricordiamo - ha aggiunto - che “il Vangelo è stato portato in questo continente da fuori. E anche oggi le comunità di migranti sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le accolgono. Il Vangelo viene da fuori. Ireneo collega Oriente e Occidente. Già questo è un segno di speranza, perché ci ricorda come i popoli si continuano ad arricchire a vicenda”.

“Ireneo - ha proseguito ancora Leone XIV - ha un tesoro ancora più grande da donarci. Le divisioni dottrinali che incontrò in seno alla comunità cristiana, i conflitti interni e le persecuzioni esterne non lo scoraggiarono. Al contrario, in un mondo a pezzi imparò a pensare meglio, portando sempre più profondamente l’attenzione a Gesù. Diventò un cantore della sua persona, anzi della sua carne. Riconobbe, infatti, che in Lui ciò che a noi sembra opposto si ricompone in unità. Gesù non è un muro che separa, ma una porta che ci unisce. Occorre rimanere in lui e distinguere la realtà dalle ideologie”.

“Anche oggi - è il monito del Pontefice - le idee possono impazzire e le parole possono uccidere. La carne, invece, è ciò di cui tutti siamo fatti; è ciò che ci lega alla terra e alle altre creature. La carne di Gesù va accolta e contemplata in ogni fratello e sorella, in ogni creatura. Ascoltiamo il grido della carne, sentiamoci chiamare per nome dal dolore altrui. Il comandamento che abbiamo ricevuto fin da principio è quello di un amore vicendevole. Esso è scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi legge. Ireneo, maestro di unità, ci insegna a non contrapporre, ma a collegare. C’è intelligenza non dove si separa, ma dove si collega. Distinguere è utile, ma dividere mai. Gesù è la vita eterna in mezzo a noi: lui raduna gli opposti e rende possibile la comunione. Siamo pellegrini di speranza, perché fra le persone, i popoli e le creature occorre qualcuno che decida di muoversi verso la comunione. Altri ci seguiranno. In ognuna delle nostre città torniamo a costruire ponti dove oggi ci sono muri. Apriamo porte, colleghiamo mondi e ci sarà speranza”. Aci 14

 

 

 

 

 

Leone XIV: “la carità è il più grande comandamento sociale”

 

Leone XIV, nel messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, afferma che "lavoro, istruzione, casa, salute sono le condizioni di una sicurezza che non si assicurerà mai con le armi". "Gli ospedali e le scuole dovrebbero far parte delle politiche pubbliche di ogni paese, ma le guerre e le disuguaglianze lo impediscono". Segni di speranza sono "le case famiglia, le comunità per i minori, i centri di ascolto e di accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari" – di M. Michela Nicolais

“Gli ospedali e le scuole sono istituzioni create per esprimere l’accoglienza dei più deboli ed emarginati. Dovrebbero far parte ormai delle politiche pubbliche di ogni Paese, ma guerre e diseguaglianze spesso ancora lo impediscono”. A lanciare il grido d’allarme è Leone XIV, nel messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, che si celebra l 16 novembre sul tema “Sei tu, mio Signore, la mia speranza” (Sal 71,5). “La speranza nasce della fede, che la alimenta e sostenta, sul fondamento della carità, che è la madre di tutte le virtù. E della carità abbiamo bisogno oggi, adesso”, l’appello del Papa: ”Non è una promessa, ma una realtà a cui guardiamo con gioia e responsabilità: ci coinvolge, orientando le nostre decisioni al bene comune”, perché “chi manca di carità non solo manca di fede e di speranza, ma toglie speranza al suo prossimo”.

”La carità rappresenta il più grande comandamento sociale”, scrive il Pontefice a proposito del “dovere di assumersi coerenti responsabilità nella storia, senza indugi”.

“La povertà ha cause strutturali che devono essere affrontate e rimosse”, l’invito del Papa: “Mentre ciò avviene, tutti siamo chiamati a creare nuovi segni di speranza che testimoniano la carità cristiana, come fecero molti santi e sante in ogni epoca”.

“Sempre più, segni di speranza diventano oggi le case famiglia, le comunità per minori, i centri di ascolto e di accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari”, l’omaggio di Leone XIV: “quanti segni spesso nascosti, ai quali forse non badiamo, eppure così importanti per scrollarsi di dosso l’indifferenza e provocare all’impegno nelle diverse forme di volontariato!”.

“Lavoro, istruzione, casa, salute sono le condizioni di una sicurezza che non si affermerà mai con le armi”, il monito del Papa, secondo il quale “di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di impoverimento, c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi”: “Incontriamo persone povere o impoverite ogni giorno e a volte può accadere che siamo noi stessi ad avere meno, a perdere ciò che un tempo ci pareva sicuro: un’abitazione, il cibo adeguato per la giornata, l’accesso alle cure, un buon livello di istruzione e di informazione, la libertà religiosa e di espressione”.

“Aiutare il povero è questione di giustizia, prima che di carità”, spiega il Pontefice, auspicando che il Giubileo “possa incentivare lo sviluppo di politiche di contrasto alle antiche e nuove forme di povertà, oltre a nuove iniziative di sostegno e aiuto ai più poveri tra i poveri”.

“I poveri non sono un diversivo per la Chiesa”, vanno posti al centro della pastorale, in quanto possono diventare testimoni di “una speranza forte e affidabile, proprio perché professata in una condizione di vita precaria, fatta di privazioni, fragilità ed emarginazione”. Non contano “sulle sicurezze del potere e dell’avere”, al contrario le subiscono e ne sono spesso vittime.

“Tutti i beni di questa terra, le realtà materiali, i piaceri del mondo, il benessere economico, seppure importanti, non bastano per rendere il cuore felice”, perché “la più grave povertà è non conoscere Dio”, scrive Papa Leone soffermandosi sulla lezione che i poveri danno a ciascuno di noi. “Le ricchezze spesso illudono e portano a situazioni drammatiche di povertà, prima fra tutte quella di pensare di non avere bisogno di Dio e condurre la propria vita indipendentemente da Lui”, il monito a commento delle parole di Sant’Agostino: “Tutta la tua speranza sia Dio: sentiti bisognoso di Lui, per essere da Lui ricolmato. Senza di Lui, qualunque cosa avrai servirà a renderti ancora più vuoto”. “La peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale”, la citazione dell’Evangelii gaudium di Papa Francesco: “L’immensa maggioranza dei poveri possiede una speciale apertura alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede”. Sir 13

 

 

 

 

 

Il Messaggio del  Papa per la IX Giornata Mondiale dei Poveri

 

Città del Vaticano. Il Messaggio del Santo Padre Leone XIV per la IX Giornata Mondiale dei Poveri (che sarà celebrata domenica 16 novembre 2025) oggi, nella memoria di “Sant’Antonio di Padova, Patrono dei Poveri” (così cita il documento), è stato reso noto dalla Sala Stampa Vaticana. 

“In mezzo alle prove della vita, la speranza è animata dalla certezza, ferma e incoraggiante, dell’amore di Dio, riversato nei cuori dallo Spirito Santo. Perciò essa non delude e San Paolo può scrivere a Timoteo: «Noi ci affatichiamo e lottiamo, perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente». Il Dio vivente è infatti il «Dio della speranza», che in Cristo, mediante la sua morte e risurrezione, è diventato «nostra speranza». Non possiamo dimenticare di essere stati salvati in questa speranza, nella quale abbiamo bisogno di rimanere radicati”. Con queste parole di speranza si apre il Messaggio che Papa Leone XIV ha scritto in occasione della IX Giornata Mondiale dei Poveri. 

“Il povero può diventare testimone di una speranza forte e affidabile, proprio perché professata in una condizione di vita precaria, fatta di privazioni, fragilità ed emarginazione”, continua. Il povero, infatti, “non conta sulle sicurezze del potere e dell’avere; al contrario, le subisce e spesso ne è vittima. La sua speranza può riposare solo altrove. Riconoscendo che Dio è la nostra prima e unica speranza, anche noi compiamo il passaggio tra le speranze effimere e la speranza duratura”. Ed è a questo punto che il povero ha “Dio come compagno di strada”, perché “le ricchezze vengono ridimensionate”.  

Il papa, poi, sottolinea che “la più grave povertà è non conoscere Dio”. Cita papa Francesco quando in Evangelii gaudium scriveva: “La peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale. L’immensa maggioranza dei poveri possiede una speciale apertura alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede”.  Un punto fermo è che “tutti i beni di questa terra, le realtà materiali, i piaceri del mondo, il benessere economico, seppure importanti, non bastano per rendere il cuore felice. Le ricchezze spesso illudono e portano a situazioni drammatiche di povertà, prima fra tutte quella di pensare di non avere bisogno di Dio e condurre la propria vita indipendentemente da Lui”. 

Nel Messaggio si legge, poi: “La speranza cristiana, cui la Parola di Dio rimanda, è certezza nel cammino della vita, perché non dipende dalla forza umana ma dalla promessa di Dio, che è sempre fedele. Perciò i cristiani, fin dalle origini, hanno voluto identificare la speranza con il simbolo dell’àncora, che offre stabilità e sicurezza”. E aggiunge: “La speranza cristiana è come un’àncora, che fissa il nostro cuore sulla promessa del Signore Gesù”.  Papa Leone XIV ribadisce poi che “la nostra vera patria è nei cieli”. E, dunque, “la città di Dio, di conseguenza, ci impegna per le città degli uomini. Esse devono fin d’ora iniziare a somigliarle”.

Poi, una frase assai forte, che fa riflettere: “Chi manca di carità, invece, non solo manca di fede e di speranza, ma toglie speranza al suo prossimo”. L’invito alla speranza, inoltre, porta con sé “il dovere di assumersi coerenti responsabilità nella storia, senza indugi”. Poi, lo sguardo del pontefice, si posa sul sociale: “La povertà ha cause strutturali che devono essere affrontate e rimosse. Mentre ciò avviene, tutti siamo chiamati a creare nuovi segni di speranza che testimoniano la carità cristiana, come fecero molti santi e sante in ogni epoca”. Fa riferimento all’impegno degli Stati per “gli ospedali e le scuole” che “sono istituzioni create per esprimere l’accoglienza dei più deboli ed emarginati. Essi dovrebbero far parte ormai delle politiche pubbliche di ogni Paese, ma guerre e diseguaglianze spesso ancora lo impediscono. Sempre più, segni di speranza diventano oggi le case-famiglia, le comunità per minori, i centri di ascolto e di accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari: quanti segni spesso nascosti, ai quali forse non badiamo, eppure così importanti per scrollarsi di dosso l’indifferenza e provocare all’impegno nelle diverse forme di volontariato!”.

Ribadisce, poi, che “i poveri sono al centro dell’intera opera pastorale. Non solo del suo aspetto caritativo, ma ugualmente di ciò che la Chiesa celebra e annuncia”. Un riferimento al Giubileo: “Quando la Porta Santa sarà chiusa, dovremo custodire e trasmettere i doni divini che sono stati riversati nelle nostre mani lungo un intero anno di preghiera, conversione e testimonianza. I poveri non sono oggetti della nostra pastorale, ma soggetti creativi che provocano a trovare sempre nuove forme per vivere oggi il Vangelo”. E ricorda: “Promuovendo il bene comune, la nostra responsabilità sociale trae fondamento dal gesto creatore di Dio, che dà a tutti i beni della terra: come questi, così anche i frutti del lavoro dell’uomo devono essere equamente accessibili. Aiutare il povero è infatti questione di giustizia, prima che di carità”. Di Antonio Tarallo, Aci 13

 

 

 

 

 

 

Concistoro. Frassati, Acutis, Longo e altri nuovi santi

 

Nel Concistoro Ordinario Pubblico, Papa Leone XIV ha annunciato le date delle canonizzazioni di otto beati, tra cui Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, previsti il 7 settembre, e altri sei il 19 ottobre 2025. Le loro biografie raccontano una santità vissuta in contesti e epoche diverse: missionari, martiri, laici, fondatrici. Una Chiesa che riconosce la santità nel quotidiano, nell’evangelizzazione e nella carità concreta. Un invito a incarnare il Vangelo come dono di sé, oggi – di Riccardo Benotti

Nel Concistoro Ordinario Pubblico celebrato questa mattina in Vaticano, Papa Leone XIV ha stabilito le date di canonizzazione per otto beati, provenienti da storie e Paesi diversi, uniti da una testimonianza luminosa e attuale. Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis saranno canonizzati il 7 settembre; Ignazio Choukrallah Maloyan, Peter To Rot, Vincenza Maria Poloni, Maria del Monte Carmelo Rendiles Martínez, Maria Troncatti, José Gregorio Hernández Cisneros e Bartolo Longo il 19 ottobre. Profili diversi, accomunati da un cammino di dedizione e fede fino al dono totale di sé.

Ignazio Choukrallah Maloyan

Nato a Mardin, nell’attuale Turchia, nel 1869, Ignazio Choukrallah Maloyan fu ordinato sacerdote nel 1896 e divenne arcivescovo armeno cattolico di Mardin nel 1911. Durante il genocidio armeno, fu arrestato insieme al suo clero e, di fronte alla richiesta di abiura, confermò pubblicamente la sua fede. Sopportò torture e vessazioni, prima di essere ucciso l’11 giugno 1915. Il suo martirio rimane segno di fedeltà incrollabile nei periodi più bui della storia.

Peter To Rot

Catechista laico della Papua Nuova Guinea, Peter To Rot nacque a Rakunai nel 1912. Fin da giovane si dedicò con generosità all’annuncio del Vangelo e al servizio della sua comunità. Durante l’occupazione giapponese nella Seconda guerra mondiale, si oppose pubblicamente alla poligamia e continuò la catechesi in clandestinità. Arrestato e incarcerato per la sua fedeltà al matrimonio cristiano, morì martire nel 1945. La sua figura rappresenta la forza della fede vissuta nella quotidianità e il valore della famiglia cristiana.

Vincenza Maria Poloni

Nata a Verona il 26 gennaio 1802, Luigia Francesca Maria Poloni, conosciuta come Vincenza Maria, visse fin da giovane una profonda attenzione ai poveri e agli ammalati della sua città. Nel 1840, con Charles Steeb, fondò l’Istituto delle Sorelle della Misericordia di Verona, dedicando la propria vita all’assistenza dei bisognosi, degli emarginati e dei malati, in un’epoca segnata da carestie ed epidemie. Con uno stile semplice e concreto, si fece carico delle sofferenze altrui, formando generazioni di religiose al servizio silenzioso e fedele. Morì a Verona l’11 novembre 1855.

Maria del Monte Carmelo Rendiles Martínez

Venezuelana, nata a Caracas nel 1903, crebbe in una famiglia numerosa e affrontò fin da bambina la sfida di una disabilità fisica (era priva del braccio sinistro). Sentì presto la vocazione religiosa e nel 1965 fondò la Congregazione delle Serve di Gesù, con l’obiettivo di rispondere alle nuove necessità della società e della Chiesa. Diresse la congregazione con sapienza e dedizione, impegnandosi nell’educazione e nell’assistenza ai più deboli. Morì il 9 maggio 1977, lasciando un segno indelebile nella Chiesa del Venezuela.

Maria Troncatti

Nata a Corteno Golgi, in provincia di Brescia, nel 1883, entrò giovanissima tra le Figlie di Maria Ausiliatrice. Durante la Prima guerra mondiale fu infermiera presso l’ospedale militare di Varazze, dove maturò un grande senso di servizio e di abnegazione. Nel 1922 partì come missionaria in Ecuador tra la popolazione Shuar, dove per quasi cinquant’anni fu infermiera, educatrice e madre spirituale. Capace di operare anche interventi chirurgici di fortuna, si impegnò nell’evangelizzazione, nella promozione umana e nel dialogo con le culture locali. Morì in un incidente aereo in Ecuador il 25 agosto 1969.

José Gregorio Hernández Cisneros

Nato nel 1864 a Isnotú, in Venezuela, studiò medicina a Caracas e si perfezionò in Europa, tornando poi in patria. Fu un medico amato da tutti per la sua generosità: curava gratuitamente i poveri e non negava mai il suo aiuto a chi ne aveva bisogno. Profondo credente, fu anche scienziato e docente universitario. Morì nel 1919 in un incidente stradale mentre si recava da un malato. È venerato in tutto il Venezuela come esempio di fede vissuta nella quotidianità, nell’accoglienza e nella solidarietà verso gli ultimi.

Pier Giorgio Frassati

Nato a Torino nel 1901, crebbe in una famiglia della buona borghesia. Fin da ragazzo unì l’impegno sociale e politico all’amore per la montagna e per la preghiera. Terziario domenicano, fu membro attivo dell’Azione Cattolica e della Conferenza di San Vincenzo, dedicando il tempo libero ai poveri della città, che aiutava personalmente. Studente di ingegneria, visse la fede in modo semplice e gioioso, lasciando un esempio di santità “moderna” e alla portata di tutti. Morì a soli 24 anni, nel 1925, a causa di una poliomielite fulminante.

Bartolo Longo

Nato a Latiano, in provincia di Brindisi, nel 1841, si trasferì a Napoli per studiare giurisprudenza. Attratto per un periodo da esperienze lontane dalla fede, attraversò una profonda crisi spirituale prima di ritrovare il senso del Vangelo e divenire terziario domenicano. Si stabilì a Pompei, dove dedicò la sua vita alla diffusione della preghiera del Rosario, alla costruzione del santuario e alla promozione di opere sociali a favore di orfani e famiglie in difficoltà. La sua vita fu segnata da ostacoli e incomprensioni, ma il suo cammino resta un segno di conversione e di carità operosa. Morì nel 1926.

Le canonizzazioni fissate per il 2025 consegnano alla Chiesa testimoni di tempi e volti diversi, ma uniti da una comune vocazione al dono di sé. I nuovi santi ricordano che la santità può fiorire ovunque: nel nascondimento di una corsia d’ospedale, nel martirio silenzioso, nella missione tra i popoli, nell’impegno per la giustizia e la carità. La loro eredità spirituale rimane un invito aperto: vivere il Vangelo ogni giorno, lasciando che la speranza si traduca in gesti concreti e condivisi. Sir 13

 

 

 

 

Francoforte. La chiesa Sant’Antonio della Mci festeggia i 125 anni

 

Domenica 15 giugno, nella ricorrenza di Sant’Antonio da Padova, si festeggeranno i 125 anni della consacrazione della Antoniuskirche, la chiesa della comunità cattolica italiana di Francoforte Centro.Chiesa St. Antonius: Savignystraße 25,60325 Frankfurt am Main, ore 10:00.

La chiesa di S. Antonio è sede delle comunità cattoliche italiana (Francoforte Centro, don Matteo Laslau, parroco) e croata e fa parte della parrocchia del duomo.

La celebrazione eucaristica sarà presieduta da pfr. Johannes zu Eltz, parroco della parrocchia del duomo S. Bartolomeo e già decano di Francoforte fino al 2024, quando la diocesi ha abolito i distretti.

Le comunità cattoliche croate e italiana della chiesa di S. Antonius fanno parte della parrocchia del Duomo.

Breve storia della chiesa

I lavori per la Antoniuskirche iniziarono nel 1899, nel quartiere di Westen. In quell’epoca intorno al centro di Francoforte si stavano sviluppando nuovi quartieri, fra cui Westend, e non c’erano ancora chiese. La chiesa principale fino al 2017 era il duomo S. Bartholomäus.

La chiesa fu costruita su iniziativa della landgravia Anna von Hessen (nata in Prussia) che si era convertita al cattolicesimo. Fu costruita nel 1899-1900 in stile neogotico sotto la direzione dell’architetto berlinese August Menken.

La chiesa dedicata a Sant’Antonio da Padova venne consacrata il 26 maggio 1900.

La chiesa subì pesanti bombardamenti il 22 marzo 1944 e bruciò. Dopo la guerra fra il 1947 e il 1949 fu ricostruita e altri lavori di restauro proseguirono nel 1963.

Di pregio sono l’organo, il secondo per grandezza a Francoforte, dopo quello del duomo, le vetrate del coro (1958) sui misteri del Rosario e l’altare gotico (XV sec.) con la rappresentazione della Vergine Maria.

Tre delle quattro campane originali furono confiscate e fuse nel 1942. Solo nel 1999, nel centenario della chiesa, sono state aggiunte tre campane. L’impianto campanario conta nuovamente quattro campane con la seguente disposizione: Carolus do‘, Antonius re‘, Maria fa‘, Josef sol‘. Del-mci.de 13

 

 

 

 

 

Ecco perché Sant’Antonio è così amato nel mondo

 

La sua festa, le iniziative, il legame con Padova. Padova si prepara a festeggiare il suo santo, Sant’Antonio. Un'intervista al Direttore del Centro studi antoniani - Di Veronica Giacometti

Città del Vaticano. Padova si prepara a festeggiare il suo santo, Sant’Antonio. Una festa molto sentita, piena di partecipazione, che unisce la città dal punto di vista spirituale, ma anche culturale e civile. Sant’Antonio è un santo venerato in Italia dal Nord al Sud, ma anche nel mondo. Sono tanti gli aspetti che lo rendono un santo speciale e amato. Tante sono le grazie che ogni giorno dispensa. E molti si rivolgono a lui con gesti di profonda devozione. Ne abbiamo parlato con Padre Luciano Bertazzo, Direttore del Centro studi antoniani della Basilica del Santo.

Il 13 giugno è la festa di Sant’Antonio a Padova. Come vi state preparando a questa festa?

È una festa che costituisce un vero appuntamento per la città di Padova. Che riconosce in Antonio certamente il suo protettore, ma anche un punto di riferimento ideale, da sempre. Da vari anni è in corso in particolare il “Giugno Antoniano”, una serie di manifestazioni religiose, culturali, spirituali, musicali a cui partecipano molte attività e società della città di Padova, veramente è una sinfonia di voci che costituiscono il tessuto operativo e connettivo della città di Padova. Il Giugno Antoniano inizia addirittura a novembre, con una serie di manifestazioni che vengono via via programmate e culminano con il mese di Giugno. Ogni giorno ci sono una o più manifestazioni che coinvolgono Camposampiero dove Antonio ebbe il poi il desiderio di morire a Padova. Poi non possiamo non parlare della Tredicina di Sant’Antonio, che inizia il 31 maggio. Ogni giorno vediamo qui la presenza di una diocesi del Triveneto o di gruppi e associazioni, con la presidenza di un vescovo o molte volte c’è il Cardinale Zuppi da Bologna, con la sua calda umanità. 

Ci sono delle novità da segnalare quest’anno nella Basilica del Santo, anche per il Giubileo?

La Basilica del Santo è una delle chiese giubilari ed è stato istituito un itinerario all’interno della Basilica, in 12 tappe all’interno del depliant e tappa per tappa vivere il Giubileo. Un depliant fatto molto bene, dove viene esplicata la dimensione del “pellegrinaggio”. C’è una sorprendente presenza di pellegrini, sul nostro sito Sant’Antonio.org è segnalato giorno dopo giorno il numero dei visitatori che passano di qui, sono tantissimi. La Basilica tutto l’anno ha la sua affluenza, ma un revival significativo lo ha durante la Tredicina e le domeniche successive.  È un misto anche perchè Padova è patrimonio Unesco in quanto è la città con il maggior numero di affreschi, anche grazie alla Basilica del Santo. Questo con il Giubileo ha contribuito notevolmente sul numero di pellegrini e visitatori.

Perché Sant’Antonio è ancora così amato in tutto il mondo?

Questa è una bella domanda. Il cuore del fenomeno antoniano. Il Centro studi Antoniani ha studiato ripetutamente il motivo di questa devozione universale. La presenza geografica, la presenza dei francescani, Antonio è un santo bipolare, non in senso psichiatrico, ma nel senso che c’è il Sant’Antonio della storia, il predicatore, che ha avuto molta documentazione, sviluppo… pensare che con 4 studiosi stiamo eleborando una nuova biografia di Sant’Antonio in considerazione di tutto questo…. E poi c’è Sant’Antonio come il santo della devozione popolare, quello che lo rilancia nell’aspetto devozionale. Tutte le correnti missionarie della Spagna lo supportano come il santo della devozione popolare. Rappresentato come un giovane con il Bambino, con tutte le ricadute emotive, il santo delle cose perdute! Sono appena usciti due testi in Portogallo che raccolgono tutte le leggende popolari in Portogallo. Antonino, come lo chiamano in Portogallo e al Sud. La devozione ne ha fatto un vero fenomeno. Si è tentato di comprendere questo fenomeno anche con delle inchieste sociologiche ed è uscito fuori che Antonio è un santo importante per persone non credenti o poco credenti perché appartiene all’orizzonte della fede trasmessa dalla famiglia. E soprattutto, cose interessante, per famiglie di cultura medio-alta. Per il Brasile Antonio era il protettore degli schiavi quando scappavano. Ci sono tantissimi culti anche ai Caraibi. Hanno fatto una mostra interessantissima su Sant’Antonio presente anche nella pubblicità.

Il 13 giugno è festa non solo a Padova. Anche in tutta Italia. Sappiamo che Sant’Antonio è passato anche per il Sud ed è molto amato anche lì…

Ad Afragola c’è un santuario antoniano molto importante. Poi c’è un altro santuario nel Sud dove c’era una statua di Sant’Antonio che lacrimava. Nel sud è una presenza consolidata. Un elemento interessante che dobbiamo considerare è il pellegrinaggio che si fa con la reliquia di sant’Antonio. Molto interessante perché c’è una ricezione evangelica incredibile, non è folclore, ma preghiera, evangelizzazione. I vescovi hanno capito la funzione pastorale che può avere questo pellegrinaggio. Questo parte dalla basilica e arriva al sud in nome di Antonio. Quest’anno poi c’è un altro fenomeno: “I cammini di Sant’Antonio, c’è quello famoso da Milazzo a Padova. Quest’anno ci sarà anche l’evento “ricordando Antonio in Francia”, un pellegrinaggio che parte alla fine di giugno per 1300 chilometri. Attraversa le Alpi, la Pianura Padana, con soste e luoghi di accoglienza.

Ha qualche testimonianza legata alle grazie di Sant’Antonio?

A Padova è un fenomeno continuo di grazie. Toccare la pietra verde dove è sepolto Antonio è un’emozione. Quello che si nota è questa affluenza silenziosa, di lacrime, gioia. La devozione della Basilica sta tutta nell’accarezzare quella pietra verde… aci 13

 

 

 

 

 

FISC e Pontificia Università della Santa Croce insieme per un corso all’avanguardia sull’Intelligenza Artificiale

 

ROMA - Un nuovo importante accordo è stato siglato tra la Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC), rappresentata dal Presidente Mauro Ungaro, e la Pontificia Università della Santa Croce (PUSC), con la firma del Decano della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale, Daniel Arasa.

L’intesa prevede la progettazione e l’attivazione del corso online (MOOC) “Intelligenza Artificiale per Comunicatori e Giornalisti: Visione d’Insieme”, rivolto agli oltre 1.000 giornalisti che lavorano e collaborano con i giornali diocesani in tutta Italia.

Il corso è stato proposto e seguito dal Segretario nazionale FISC, Simone Incicco, e condiviso con l’intero Esecutivo della Federazione, che ha accolto con entusiasmo l’iniziativa, riconoscendone il valore strategico per l’aggiornamento professionale del comparto.

A dirigere il percorso formativo sarà il Prof. Giovanni Tridente, Direttore della Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce e Professore Associato di “Analisi dell'informazione” e “Intelligenza artificiale applicata alla Comunicazione”.

Grazie alla sua competenza accademica e alla visione concreta, il corso offrirà contenuti attuali e di immediata applicazione.

Il corso coinvolgerà anche altri docenti della Facoltà di Comunicazione della stessa Santa Croce.

Organizzato in quattro moduli - dalla storia dell’IA agli aspetti etici, fino alle applicazioni concrete nel giornalismo - il corso fornirà strumenti teorici e pratici per comprendere e utilizzare l’Intelligenza Artificiale nel mondo della comunicazione.

Attraverso video-lezioni, forum live e interazioni con i docenti, i giornalisti avranno modo di approfondire le conoscenze su un tema cruciale per il presente e il futuro della professione. Al termine del percorso sarà rilasciato un attestato di partecipazione da parte dell’Università.

“Un’iniziativa che si inserisce perfettamente nella missione della FISC – commenta il presidente Mauro Ungaro – di accompagnare i giornalisti cattolici in un percorso continuo di aggiornamento professionale e culturale, per essere protagonisti del cambiamento con competenza e spirito critico.”

Il Decano Daniel Arasa sottolinea: “L’Università si impegna da sempre nella formazione dei comunicatori a livello internazionale, e questo progetto con la FISC rappresenta un ulteriore passo nel mettere il sapere al servizio delle comunità e dei media.”

Il corso prenderà il via entro settembre 2025, inizialmente riservato gratuitamente agli iscritti FISC. A partire da gennaio 2026 sarà disponibile anche al pubblico internazionale in italiano, inglese e spagnolo. Fisc 13

 

 

 

 

Ragazzi con disabilità: Juppiter, al via la carovana europea “Back Home”

 

Ha preso il via questa mattina da Piazza del Viminale, “Back Home”, la carovana europea promossa da Juppiter di Salvatore Regoli in occasione del Giubileo della speranza. Di Gigliola Alfaro   

Dopo l’esperienza di “Destinazione Capo Nord”, il gruppo torna in cammino, attraversando l’Europa da Londra a Roma lungo l’antico tracciato della via Francigena. Un percorso simbolico di oltre 3.000 chilometri che parla di pace, bellezza, fraternità, libertà e uguaglianza. Da Piazza del Viminale, alla presenza del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e del vice direttore generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie, prefetto Carmine Belfiore, la carovana è partita con 37persone, a bordo di 8 autovetture Audi della concessionaria L’Automobile Roma, insieme alle guide dell’Associazione nazionale autieri d’Italia e al presidente Gerardo Restaino, con la collaborazione di Sport e Comunità, la benemerita del Coni presieduta da Claudio Ciampi. Scortati da una Lamborghini Urus della Polizia di Stato, con a bordo un medico specializzato e due agenti della Stradale, attraverseranno il cuore dell’Europa da nord a sud, toccando Inghilterra, Francia, Svizzera e Italia, con soste significative in18 città e 3 capitali europee. Belfiore, nel rimarcare la vicinanza della Polizia di Stato alla carovana di Juppiter, ha sottolineato l’importanza delle numerose iniziative di prossimità avviate sul territorio. “L’impegno profuso dai poliziotti in iniziative come quella odierna – ha detto – trova la sua ricompensa nelle emozioni, nella gratitudine e nei legami umani che si creano con il mondo giovanile anche della disabilità”. Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, nel suo intervento ha ribadito: “È emozionante oggi essere qui, in questo luogo, perché ha la simbolica valenza dell’abbraccio, l’abbraccio grande di questa piazza, l’abbraccio unico che ci donate con quello che di straordinario fate ogni giorno. Grazie a Salvatore, grazie a tutti i ragazzi di Juppiter. La Regione Lazio è al vostro fianco, buon viaggio”.

“Abbiamo sempre pensato che fossero i più forti ad aiutare i più fragili. In questo viaggio è vero il contrario: sono proprio le fragilità a diventare la guida per tutti. Il rovesciamento di prospettiva è il cuore di Back Home: non siamo noi a portare loro, ma loro a portare noi. È un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, dove la diversità non è qualcosa da colmare, ma un dono da accogliere”, ha concluso Salvatore Regoli, presidente dell’Associazione Juppiter. Due gli ambasciatori italiani che i ragazzi incontreranno: a Londra e a Parigi, grazie alla collaborazione del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e al ministro Antonio Tajani, che ha ospitato alla Farnesina la presentazione della carovana. Cinque ragazzi con diverse abilità saranno il cuore pulsante di questo viaggio: in un sorprendente rovesciamento di prospettiva, saranno infatti loro a prendersi cura di quattro adolescenti tra i 12 e i 18 anni. Un cammino in cui la fragilità non è un limite, ma una risorsa educativa, una chiave per la scoperta e la crescita reciproca. Back Home è un pellegrinaggio laico che vuole parlare ai giovani e alle comunità. Ogni tappa sarà un’occasione di incontro, dialogo e riflessione. “I giovani hanno bisogno di vivere avventure positive”, ricorda don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, dalla quale Juppiter trae ispirazione e questa carovana lo è a pieno titolo: un cammino che trasforma la fragilità in risorsa e l’esperienza in crescita. L’iniziativa si svolge sotto l’alto patrocinio del Parlamento europeo e coinvolge numerose istituzioni pubbliche e private. Un viaggio che è molto più di un attraversamento geografico: è un ritorno alle radici, un invito a riscoprire l’Europa della solidarietà e della speranza. Sir 12

 

 

 

 

Leone XIV al Clero di Roma: "Camminiamo insieme"

 

Il Clero della Diocesi di Roma in udienza dal papa in aula Paolo VI in Vaticano - Di Antonio Tarallo

Città del Vaticano. Il Clero della Diocesi di Roma incontra il suo Vescovo, Papa Leone XIV. Grande emozione da parte di tutti i presenti all’udienza che si è tenuta stamane nell’aula Paolo VI. Emozione che si percepisce già dal saluto che il cardinal Baldassare Reina, Vicario Generale per la Diocesi di Roma e Arciprete della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, ha rivolto al pontefice. Dopo aver presentato i numeri della Diocesi di Roma (il clero romano è composto da 809 sacerdoti, mentre i diaconi permanenti sono 149) Reina si sofferma sul “carettere” di questi numeri, volti ed esperienze del clero romano: “Il suo presbiterio, Santo Padre, è un presbiterio generoso, con un forte senso di appartenenza e con una passione pastorale molto marcata. Di fronte alle difficoltà reagisce in maniera positiva; schietto nel riconoscere i problemi o le criticità, con uno spiccato senso dell’umorismo e sempre pronto a ripartire per il bene della chiesa e delle singole comunità”. E aggiunge: “Non siamo esenti dai condizionamenti culturali di questo tempo complesso e spesso ci interroghiamo su come reagire rispetto alle tante spinte che ci arrivano da ogni dove”.

Un affetto, quello del Clero della Diocesi di Roma, ricambiato dallo stesso papa Leone XIV che saluta tutti “con affetto e amicizia”. Prima di tutto, rigrazia per la “vita donata a servizio del Regno, per le vostre fatiche quotidiane, per tanta generosità nell’esercizio del ministero, per tutto ciò che vivete nel silenzio e che, a volte, è accompagnato da sofferenza o da incomprensione”. Poi, anche papa Leone XIV descrive la situazione del clero a Roma, sottolineando che “la nostra è una Diocesi davvero particolare, perché tanti sacerdoti arrivano da diverse parti del mondo, specialmente per motivi di studio; e questo implica che anche la vita pastorale – penso soprattutto alle parrocchie – sia segnata da questa universalità e dalla reciproca accoglienza che essa comporta”.

Fa riferimento, partendo proprio da questo variopinto panorama della situazione della Diocesi, all’unità e alla comunione. Bisogna essere uniti perché “il Signore sa bene che solo uniti a Lui e uniti tra di noi possiamo portare frutto e dare al mondo una testimonianza credibile”. E poi, c’è il riferimento alla comunione, altra parola chiave del discorso del papa. Una comunione che a Roma - secondo papa Leone - è “favorita dal fatto che per antica tradizione si è soliti vivere insieme, nelle canoniche come nei collegi o in altre residenze. Il presbitero è chiamato ad essere l’uomo della comunione, perché lui per primo la vive e continuamente la alimenta”. Ma evidenzia anche gli ostacoli che possono essere presenti: “Sappiamo che questa comunione oggi è ostacolata da un clima culturale che favorisce l’isolamento o l’autoreferenzialità. Nessuno di noi è esente da queste insidie che minacciano la solidità della nostra vita spirituale e la forza del nostro ministero”. Raccomnda di vigilare su questo problema. Anche perché non si è indenni, molte volte, da una sorta di “stanchezza che sopraggiunge perché abbiamo vissuto delle fatiche particolari, perché non ci siamo sentiti compresi e ascoltati, o per altri motivi”. E a queste problematiche, papa Leone risponde con queste parole: “Io vorrei aiutarvi, camminare con voi, perché ciascuno riacquisti serenità nel proprio ministero; ma proprio per questo vi chiedo uno slancio nella fraternità presbiterale, che affonda le sue radici in una solida vita spirituale, nell’incontro con il Signore e nell’ascolto della sua Parola”. E’ la Parola ad essere “linfa”: solo se ci si nutre da essa, allora “riusciamo a vivere relazioni di amicizia, gareggiando nello stimarci a vicenda”.

Papa Leone XIV, per questi motivi, auspica di “camminare insieme” perché  ciò “è sempre garanzia di fedeltà al Vangelo; insieme e in armonia, cercando di arricchire la Chiesa con il proprio carisma ma avendo a cuore l’essere l’unico corpo di cui Cristo è il Capo”. Ma, papa Leone XIV fa anche riferimento alla esemplarità che vuol dire “trasparenza della vita”: “Ve lo chiedo con il cuore di padre e di pastore: impegniamoci tutti ad essere sacerdoti credibili ed esemplari! Siamo consapevoli dei limiti della nostra natura e il Signore ci conosce in profondità; ma abbiamo ricevuto una grazia straordinaria, ci è stato affidato un tesoro prezioso di cui siamo ministri, servitori”.

Esorta tutti i sacerdoti a lasciarsi attrarre ancora “dalla chiamata del Maestro, per sentire e vivere l’amore della prima ora, quello che vi ha spinto a fare scelte forti e rinunce coraggiose. Se insieme proveremo ad essere esemplari dentro una vita umile, allora potremo esprimere la forza rinnovatrice del Vangelo per ogni uomo e per ogni donna”. E poi enuncia alcune sfide: “Siamo preoccupati e addolorati per tutto quello che succede ogni giorno nel mondo: ci feriscono le violenze che generano morte, ci interpellano le disuguaglianze, le povertà, tante forme di emarginazione sociale, la sofferenza diffusa che assume i tratti di un disagio che ormai non risparmia più nessuno. E queste realtà non accadono solo altrove, lontano da noi, ma interessano anche la nostra città di Roma, segnata da molteplici forme di povertà e da gravi emergenze come quella abitativa”. Ricorda a tutti che “il Signore ha voluto proprio noi in questo tempo pieno di sfide che, a volte, ci appaiono più grandi delle nostre forze. Queste sfide siamo chiamati ad abbracciarle, a interpretarle evangelicamente, a viverle come occasioni di testimonianza. Non scappiamo di fronte ad esse!”, così continua il pontefice. Fa, allora riferimento ad alcuni “santi sacerdoti” come don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, “profeti di pace e di giustizia” e, poi, anche a don Luigi Di Liegro “che, di fronte a tante povertà, ha dato la vita per cercare vie di giustizia e di promozione umana”. Infine, esorta ad “attingere alla forza di questi esempi per continuare a gettare semi di santità nella nostra città”. Aci 12

 

 

 

 

 

Continua il dialogo tra la Santa Sede e le Autorità cinesi

 

Oggi la nomina del Vescovo Ausiliare di Fuzhou. "Tale evento costituisce un ulteriore frutto del dialogo tra la Santa Sede e le Autorità cinesi"

Città del Vaticano. “Si apprende con soddisfazione che oggi, in occasione della presa di possesso dell’Ufficio di Vescovo Ausiliare di Fuzhou da parte di Monsignor Giuseppe Lin Yuntuan, il suo Ministero episcopale viene riconosciuto anche agli effetti dell’ordinamento civile. Tale evento costituisce un ulteriore frutto del dialogo tra la Santa Sede e le Autorità cinesi ed è un passo rilevante nel cammino comunionale della Diocesi”.

Questa è la dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, sulla presa di possesso dell’Ufficio di Vescovo Ausiliare di Fuzhou da parte di Mons. Giuseppe Lin Yuntuan.

Il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede di oggi pubblica infatti anche la notizia della nomina. “Oggi, mercoledì 11 giugno 2025, ha avuto luogo il riconoscimento agli effetti civili e la presa di possesso dell’Ufficio di S.E. Mons. Giuseppe Lin Yuntuan, che il Santo Padre, nel quadro del dialogo relativo all’applicazione dell’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, ha nominato, in data 5 giugno 2025, Vescovo Ausiliare di Fuzhou (Provincia del Fujian, Cina).

Monsignor Giuseppe Lin Yuntuan è nato a Fuqing (Fujian) il 12 marzo 1952. Dal 1979 al 1983 ha frequentato il Seminario Diocesano di Fuzhou. È stato ordinato sacerdote il 9 aprile 1984. Dal 1984 al 1994 e, ancora, dal 1996 al 2002 ha ricoperto l’Ufficio di Parroco in varie Parrocchie della Diocesi.

Nel 1985 ha anche svolto l’incarico di insegnante nel Seminario Diocesano. Dal 1994 al 1996 e, poi, dal 2000 al 2003 ha svolto l’incarico di Vice-Direttore della Commissione Economica diocesana. Nel medesimo tempo, per diversi anni, è stato Delegato episcopale. Dal 2003 al 2007 ha ricoperto l’Ufficio di Amministratore diocesano, mentre nel periodo successivo, fino al 2013, ha coadiuvato l’Amministratore Apostolico della circoscrizione in qualità di suo Delegato. In seguito, dal 2013 al 2016, ha svolto il Ministero di Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 28 dicembre 2017. Aci 11

 

 

 

 

Migrazioni. Firmato il Protocollo tra Ministero dell’Interno e CEI

 

Valorizzare le migrazioni legali destinando iniziative di accoglienza e di inclusione ai migranti che ne hanno diritto. È questo l’obiettivo del Protocollo di intesa tra il ministero dell’Interno e la Conferenza Episcopale Italiana, firmato oggi, 11 giugno, al Viminale dal Ministro Matteo Piantedosi e dal Cardinale Presidente Matteo Zuppi.

Attraverso intese tra Prefetture ed Enti ecclesiastici territoriali saranno promosse attività dedicate a richiedenti asilo e rifugiati, e in generale ai cittadini stranieri in condizioni di vulnerabilità.

Per favorire una maggiore sinergia di azione e di intenti, sarà inoltre istituito un Tavolo tecnico permanente per individuare e monitorare le iniziative più adeguate.

Il Ministro Piantedosi ha sottolineato: “Con la firma di oggi rafforziamo un modello di accoglienza che coniuga solidarietà e legalità, valorizzando il ruolo fondamentale delle realtà ecclesiali sui territori. È responsabilità di chi governa un Paese stabilire regole di ingresso e politiche migratorie ed è altrettanto doveroso garantire tutela ai più vulnerabili e a chi fugge da guerre e persecuzioni. Confido che il Tavolo tecnico sia uno strumento operativo fondamentale per rendere ancora più efficace il lavoro sui territori”.

“Questo Protocollo è frutto di un lavoro di dialogo e confronto con il Ministero, di cui ringrazio il Ministro Piantedosi. La firma odierna sottolinea e conferma la collaborazione con le istituzioni e il grande ruolo delle comunità ecclesiali per l’accoglienza e l’integrazione, contrastando l’illegalità con la legalità. Questo Documento rappresenta infatti un ulteriore passo per garantire diritti e doveri sicuri ai migranti, che non sono mai solo numeri o braccia, ma persone che hanno bisogno di politiche lungimiranti di integrazione. Da anni, le Diocesi italiane sperimentano e dimostrano che è possibile tenere insieme la richiesta di sicurezza, il desiderio di solidarietà e l’esigenza di andare incontro ai bisogni di chi è costretto a scappare dalla propria terra. La questione riguarda tutti, istituzioni e comunità: è in gioco il futuro per loro e per la nostra società”, ha affermato il Cardinale Zuppi. Cei 11

 

 

 

 

 

Diocesi di Rottenburg-Stoccarda: pellegrinaggio delle MCI al santuario mariano di Zwiefalten

 

Kempten. Scrive la Signora Pina Baiano, Segretaria della Missione Cattolica Italiana di Kempten, e Segretaria organizzativa del locale Circolo ACLI: il 9 giugno   scorso, Lunedì di Pentecoste, un piccolo gruppo della Missione Cattolica Italiana di Kempten, ci siamo recati in Pellegrinaggio a Zwiefalten, per andare a venerare la Vergine Maria nel bellissimo Santuario di Nostra Signora, insieme ad altre centinaia di pellegrini provenienti da ben 35 Missioni Cattoliche Italiane della Diocesi di Rottenburg-Stoccarda.

Guidati dal nostro Rettore, Padre Bruno Zuchowski, siamo partiti da Kempten con un piccolo bus messoci a disposizione dal Decano Bernhard Hesse della chiesa di St. Anton, dove ogni sabato vengono celebrate le sacre funzioni per la Comunità di Kempten e dintorni. Arrivati a destinazione ci siamo incontrati con una famiglia di Augsburg. Purtroppo noi della nostra zona non eravamo in tanti data la coincidenza con le vacanze scolastiche di Pentecoste. Da Napoli era presente il Vescovo Ausiliare Michele Autuoro che ha tenuto una magnifica Omelia. Le offerte dei fedeli sono state destinate a un progetto di assistenza in Uganda, appoggiato dal Vescovo e da due Missionari della Diocesi di Rottemburg-Stoccarda. Tutto bellissimo il proseguo dell'incontro: veramente una splendida giornata. Nel grande tendone allestito a due passi dal Santuario ci siamo pure incontrati con il Gruppo della Missione Cattolica Italiana di  Ulm e Neu-Ulm e con il  suo Rettore, Don Giampiero Fantastico, che, con regolarità sostituisce nella S. Messa prefestiva –quando concordato– il nostro Padre Zuchowski. Mentre consumavamo il pranzo con leccornie portate da casa e con diverse pietanze in vendita nel tendone, si sono esibiti con danze c canti folcloristici diversi gruppi facenti parte delle varie comunità presenti.  Non sono mancati anche dei divertenti balli di gruppo moderni. Particolarmente simpatiche le esibizioni di alcuni bambini.

Del nostro gruppo che ha lasciato l'incontro verso le 17:00, –oltre alle persone già nominate– ricordiamo inoltre: il nostro instancabile Ignazio Romano, la Signora Maria Mangano, i Signori Perri, i Signori Basta di Sonthofen e i Coniugi Carella, validi collaboratori di Padre Bruno, che è anche Rettore della Missione Cattolica Italiana di Augsburg. Fernando A. Grasso, dip 11

 

 

 

 

 

Leone XIV. Appunti di un cronista in Vaticano. Vita e visione di un Papa agostiniano

 

Un racconto a due voci per capire l’uomo, il Papa e il tempo che stiamo vivendo. Il libro di Anthony Muroni e Sebastiano Catte per Com.Unica libri

Roma, giugno 2025 – Un Conclave inaspettato, un Papa che viene dall’America profonda, un giornalista che si muove tra le navate silenziose di San Pietro, mentre il mondo attende un nome. È da qui che nasce Leone XIV. Appunti di un cronista in Vaticano, il nuovo libro edito da Comunica Libri, che racconta la sorprendente elezione al soglio pontificio di Robert Francis Prevost, il primo Papa statunitense della storia. Un’opera suddivisa in due parti, due sguardi, due livelli di lettura che si intrecciano: da una parte la cronaca viva dei giorni che hanno preceduto e seguito l’elezione, dall’altra la ricostruzione biografica e spirituale di una figura destinata a lasciare un segno profondo nella Chiesa e nel mondo.

Il libro nasce dall’incontro tra Anthony Muroni, giornalista professionista e direttore di Tele Sardegna, già autore di un libro dedicato a Papa Francesco all'inizio del suo pontificato e Sebastiano Catte, vicedirettore dell'agenzia giornalistica Com.Unica e da sempre attento ai temi della spiritualità contemporanea. Insieme offrono al lettore un racconto unico, accessibile, avvincente. Non un testo per soli addetti ai lavori, ma una narrazione per tutti: credenti e non credenti, appassionati di attualità e osservatori curiosi, lettori in cerca di senso e contesto.

La prima parte del libro è firmata da Anthony Muroni e ha il passo rapido del reportage, il tono sobrio del testimone, la tensione del momento. Nei suoi “appunti” si respira il clima febbrile e sospeso che ha accompagnato la morte di Papa Francesco e le ore che hanno condotto all’apertura del Conclave. Con lo sguardo lucido del cronista e la sensibilità di chi porta con sé le radici della propria terra - la Sardegna - Muroni racconta da dentro, tra i corridoi del Vaticano e le piazze della Roma cattolica, restituendo la complessità e l’umanità di quei giorni con uno stile diretto, asciutto, coinvolgente. Muroni, inviato per l'Unione Sarda anche per il Conclave che elesse al soglio pontificio il Cardinale Jorge Mario Bergoglio, ricorda nelle pagine introduttive che nella precedente esperienza si sentiva spinto dalla voglia di raccontare con precisione quella che era la cronaca di giornate straordinarie. “Oggi, invece – sottolinea - sento che la cronaca non basta. Serve qualcosa di più. Serve uno spazio in cui riflettere, cucire insieme i frammenti raccolti e donare a chi legge non solo il 'cosa è successo', ma anche il 'perché' dietro ogni gesto, parola e decisione.” Nelle pagine del libro non troviamo forzature, né sensazionalismi: solo lo sguardo di chi osserva, ascolta, annota. Si alternano ritratti di cardinali, indiscrezioni ragionate, riflessioni sul futuro della Chiesa e impressioni colte sul campo. E poi l’attimo decisivo: l’elezione di un cardinale poco conosciuto dal grande pubblico, Robert Francis Prevost, missionario agostiniano, figlio spirituale delle periferie del mondo e delle domande profonde dell’uomo contemporaneo.

Nella seconda parte, curata da Sebastiano Catte, il tono cambia ma resta coerente, senza mai perdere l'approccio divulgativo. È qui che emerge il profilo di Leone XIV: dalla giovinezza a Chicago, segnata dalla passione per la matematica e per i Chicago White Sox, al percorso religioso nell’Ordine di Sant’Agostino, fino agli anni vissuti come missionario in Perù, dove ha condiviso la vita quotidiana delle comunità più povere del continente latinoamericano. Catte ricostruisce i momenti chiave del cammino spirituale e umano di Prevost: l’insegnamento accademico, la guida dell’Ordine agostiniano, l’ingresso nei dicasteri vaticani, e infine l’elezione al pontificato con il nome di Leone XIV, in omaggio a una figura antica ma anche come segno di forza e discernimento.

Ne emerge il ritratto di un Papa che unisce rigore e mitezza, razionalità e intuizione, dottrina e passione. Un pontefice capace di parlare a credenti e non credenti, che non teme il confronto con le sfide globali, ma le affronta con il passo dell’uomo di fede e la lucidità del pensatore. È pertanto un libro sul tempo che stiamo vivendo. Un tempo fragile, attraversato da guerre, disuguaglianze, crisi di senso. In questo contesto, la figura di Leone XIV si staglia come un segno di discontinuità e di fedeltà: fedeltà al Vangelo, ma anche alla vita concreta delle persone.

Il libro offre al lettore strumenti per comprendere cosa sta accadendo nella Chiesa e nel mondo cattolico, ma lo fa senza tecnicismi né barriere. Ogni pagina è costruita per includere, per accogliere, per accompagnare. “L’obiettivo non è tanto quello di spiegare tutto - scrive Catte - ma  aprire spazi di riflessione e ascolto, condividere una mappa, una prima guida attraverso i gesti, le parole e i silenzi di un uomo che - da Chicago a Roma, passando per il Perù - ha saputo farsi prossimo, e ora si ritrova, quasi con discrezione, al centro della scena mondiale.”

Scheda del libro. Titolo: Leone XIV. Appunti di un cronista in Vaticano

Autori: Anthony Muroni - Sebastiano Catte. Editore: Comunica Libri

Pagine: 238. Prezzo: €14,50 (cartaceo)  - €5,99 (ebook)

Distribuzione: Su Amazon e in seguito su altri store online e librerie

https://www.amazon.it/LEONE-XIV-cronista-Vaticano-agostiniano/dp/B0FBMCYGC8. ISBN: 79-8-89971-008-7

Per interviste, recensioni o richieste copie saggio:

Comunica Libri. Scrivere a contatti@comunicalibri.org  Dip 11

 

 

 

 

 

Card. Zuppi: “Il territorio entri nelle carceri”

 

Visita questa mattina del card. Zuppi alla Casa circondariale di Marino del Tronto (Ascoli Piceno). "Porta della speranza sulla realtà carceraria" il tema dell'evento che ha permesso di porre attenzione sulle principali problematiche relative alla vita della popolazione dei detenuti afflitta da sovraffollamento, suicidi, diritto alla salute, vuoto affettivo. Il richiamo del cardinale alla speranza attraverso un impegno concreto e sinergico tra società civile e Istituzioni che faccia perno su lavoro, studio e formazione, come via privilegiata all'inclusione e al reinserimento. Di Daniele Rocchi

“Se vogliamo la sicurezza, dobbiamo guardare al futuro. E il carcere non deve mai essere soltanto punitivo, ma deve sempre guardare al futuro, perché solo questo ci dà la vera sicurezza. E in questo campo c’è molto da fare”. Lo ha ribadito il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, facendo il suo ingresso, questa mattina, nella Casa circondariale di Marino del Tronto (Ascoli Piceno), per un incontro con i detenuti organizzato nell’ambito di un convegno sul tema “Giustizia e speranza – Carcere e territorio” promosso congiuntamente dalle diocesi di Ascoli e san Benedetto del Tronto, guidate dal vescovo mons. Gianpiero Palmieri. Al suo ingresso il cardinale è stato accolto dalla direttrice Daniela Valentini e dai rappresentanti delle Istituzioni politiche, amministrative e carcerarie della Regione Marche. Nel piazzale un enorme dipinto di un veliero, “Libera”, con un gabbiano, a fare da sfondo a questa visita tanto attesa dai circa 150 detenuti della Casa, l’unica delle Marche a ospitare anche detenuti psichici.

Segnali preoccupanti. “Ci sono tanti segnali che da anni sono preoccupanti – ha spiegato Zuppi – pensiamo soprattutto ai suicidi nelle carceri che sono l’evidenza di un malessere che nasce anche dalle condizioni difficili in cui vivono i detenuti, da problemi anche psichiatrici, certamente, e questo deve indurre a garantire delle strutture più efficienti”. “I detenuti – ha rimarcato il presidente della Cei – sono i fratelli più piccoli di Gesù. Ero carcerato, sei venuto o non sei venuto a visitarlo. E la visita non è soltanto timbrare il cartellino ma è farsi carico, è, appunto, visitare”. A riguardo il presidente della Cei ha voluto ringraziare le tante realtà di volontariato legate alla Chiesa che operano nelle carceri. Ma non è abbastanza. Sicuramente dobbiamo fare di più”.

“Il carcere non è un’isola che non ha niente a che vedere con la nostra realtà, ma è dentro la nostra realtà”.

Concetto ripreso e ribadito anche da mons. Palmieri nel suo saluto di apertura di convegno. Il cardinale ha incontrato privatamente i detenuti, ha raccolto le loro voci, li ha ascoltati, ma nulla ha fatto trapelare della loro conversazione. Ma ha voluto parlare, quasi in risposta, di umanizzazione del carcere: “Più la si umanizza e più si prepara un futuro migliore per tutti – ha ripetuto -. La giustizia deve essere sempre liberativa, riparativa. Se resta solo punitiva è pericolosa. Pericolosa non solo per chi la subisce, perché diventa condanna senza speranza, ma anche per chi l’ha subita come vittima”. Parole raccolte anche da Rosa D’Arca, dell’Associazione Vic (Volontari in carcere) e da Giancarlo Giulianelli, Garante regionale delle Marche per i diritti della persona. Sovraffollamento, suicidi, diritto alla salute, vuoto affettivo, sono stati alcuni dei punti ‘dolenti’ sollevati durante l’incontro e su cui Chiesa, Istituzioni, società civile sono chiamate a convergere per offrire soluzioni sostenibili e rispettose delle norme e dignitose per la popolazione carceraria.

Giustizia e speranza. Per il cardinale giustizia fa rima con speranza: “Qualche volta – ha detto Zuppi – pensiamo alla giustizia come l’inferno di Dante. Perdete ogni speranza voi che entrate e chi entra qui dentro, nel carcere, spesso, la speranza l’ha perduta per tanti motivi e per tante sue responsabilità. Invece la si deve ritrovare”.  Questa ricerca deve essere sostenuta dal territorio nel quale insiste il carcere. “Spesso – ha ricordato il presidente della Cei – si parla di carceri modello. Ma perché sono un modello? Perché questo modello non viene copiato da altri istituti di pena?” La risposta del cardinale è stata chiara e netta: “Perché il territorio vi è entrato dentro con il volontariato, con l’imprenditoria, con l’offerta di lavoro”. A Bologna, ha ricordato Zuppi, c’è un carcere dove degli imprenditori hanno impiantato una fabbrica per dare occupazione ai detenuti”. Il lavoro, lo studio, la formazione: sono strumenti di recupero e di integrazione per tanti detenuti”. Stime parlano che solo il 24% della popolazione carceraria lavora, “questo – ha avvertito il presidente della Cei – significa che per il 76% non c’è ancora nulla”.

La speranza in un carcere ha un prezzo e per Zuppi “bisogna investirci perché diventi un progetto, un accompagnamento, una rieducazione, che poi – ha rimarcato – è proprio quello a cui costituzionalmente siamo chiamati”.

Con lo stile di Papa Francesco. Con lo stile indicato da Papa Francesco che per la sua ultima uscita pubblica ha scelto proprio un carcere, quello di Regina Coeli. “È andato lì senza poter parlare, solo per stare lì, per dire ai carcerati, ‘sto con voi’. Per accendere la speranza e sospendere il giudizio che accompagna ogni detenuto”. Sospendere il giudizio, ha precisato il card. Zuppi, “non significa dimenticarsi del passato, di ciò che è accaduto. Assolutamente no. Ma non deve diventare l’ultima parola. Guardare anche al futuro come redenzione”.

Da qui il richiamo al Giubileo il cui tema è proprio la speranza. “Papa Francesco ha voluto aprire la porta del Giubileo dentro il carcere di Rebibbia per indicare a tutti, non soltanto ai detenuti, qual è la porta della speranza.

Propongo ai governi di assumersi iniziative che restituiscano speranza, penso a forme di amnistia volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stessi e nella società, a corsi di reinserimento nelle comunità in vista di un concreto impegno nell’osservanza delle leggi”. Al termine della visita al carcere, il card. Zuppi ha portato i suoi saluti al meeting dei giornalisti che si teneva nello stesso giorno ad Ascoli Piceno per iniziativa delle diocesi del Piceno sul tema “Disarmare le parole” aperto dalla testimonianza del parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli. Sir 10

 

 

 

 

 

Referendum cittadinanza, mons. Perego: “Un segnale negativo del Paese nei confronti degli immigrati”

 

Nessuno dei cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza ha raggiunto il quorum previsto, pari al 50 per cento più uno degli elettori perché l’esito sia considerato valido.

Secondo Eligendo, portale del ministero dell’Interno, l’affluenza è stata complessivamente intorno al 30,6 per cento degli aventi diritto, pari a oltre 14 milioni di elettori che si sono recati alle urne. Sui 4 referendum riguardanti il mondo del lavoro è prevalso nettamente il “sì”, mentre per il referendum sulla cittadinanza i “sì” sono stati il 65,49%.

“È un segnale negativo di un Paese nei confronti degli immigrati. Le nostre città, le nostre imprese, le nostre aziende agricole avranno sempre meno persone immigrate che le ameranno, perché si sono sentiti lasciati fuori dalla città: solo lavoratori e non cittadini”. Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, ha commentato così con Adnkronos l’esito referendario, con particolare riferimento al quesito legato alla cittadinanza che chiedeva ai cittadini di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legali in Italia per potere fare domanda di cittadinanza italiana. “Per il referendum della cittadinanza, il più votato, il doppio dei voti è andato per il sì. L’aspetto interessante è che i giovani sono andati a votare”. D’altra parte, osserva mons. Perego, “dopo due bocciature della riforma, anche questa bocciatura nei confronti di un aspetto della legge della cittadinanza, sta a indicare un ulteriore involuzione nazionalista del Paese”. Migr. on 10

 

 

 

 

 

La Mci San Giuseppe di Karlsruhe in festa mariana tra fede e tradizione

 

Karlsruhe. Si è tenuta come da tradizione domenica 1 giugno, presso la Unserer

Lieben Frau di Karlsruhe, la festa della Madonna. Un evento religioso che chiude con essa il mese di maggio. Un mese che per antonomasia è dedicato alla figura della Beata Maria e che ha visto una cospicua partecipazione di fedeli. La Santa Messa, dedicata alla solennità della Vergine Maria, è stata celebrata dal Vicario missionario Salesiano don Waldemar Massel, entrato nel quarto anno alla guida della Missione Cattolica Italiana San Giuseppe di Karlsruhe, con il ruolo di parroco. Durante la celebrazione, tante sono state le riflessioni fatta dal presule ai fedeli presenti e che ha voluto infondere e rinnovare speranza proprio nel giorno in cui, umanamente, si può sentire la distanza della nostra Beata Vergine Maria, Madre di nostro Signore Gesù, che “sale” e che sembra allontanarsi. Mentre, la chiave per sentirla ancora più vicina e nel cuore, è la fede.

In un momento di raccoglimento e devozione in chiesa, Litanie lauretane, processione, pranzo comunitario rallegrato tra musica, balli e chiuso con il Santo Rosario, la comunità del posto ha salutato l’intensa giornata dedicata alla Madonna. Un gesto simbolico legato al culto mariano locale e che si ripete annualmente in onore della Beata Maria. In un clima accogliente, gioioso e festoso la serata, ha dato spazio anche a un celebrativo compleanno, con tanto di torta a sorpresa a Baracca Nunzio, giunto alla soglia della terza età, commuovendo gli animi della collettività presente, presule, moglie e figli compresi.

La celebrazione della Madonna che in realtà tradizionalmente coinvolge più parti e Paesi, è dedicata per tutto il mese di maggio alla figura di Maria e unisce aspetti sacri e tradizioni popolari sia cattoliche, sia ortodosse. Questa festa, non è solo una festa religiosa ma un momento d’incontro, di ritrovo, di scambio culturale. Capace di unire gli sforzi del volontariato delle Missioni locali, tra queste, riportiamo fedelmente oggi quella fatta dalla Missione Cattolica Italiana San Giuseppe di Karlsruhe. L’evento religioso è preceduto da diverse celebrazioni fatte durante tutto il mese di maggio. La Beata Maria ha sostato inoltre di casa in casa, tra le tante, anche in quella della presidentessa della Missione San Giuseppe di Karlsruhe Francesca Bonfante.   “Anche in questa occasione, c’è stata una grande partecipazione da parte della collettività e questo mi fa piacere. Sono grato inoltre per il prezioso aiuto e per il minuzioso lavoro che svolgono ogni volta sia le tante persone del Gruppo Santa Marta, capitanata da Anna Maria Canfailla, sia quelle del Consiglio pastorale,  capitanata da Francesca Bonfante. Ogni mansione che affido loro, lo mandano avanti con grande impegno, spirito d’iniziativa, profonda spiritualità, ineguagliabile solidarietà e incondizionata armonia…” ci dice entusiasta il Vicario missionario don Waldemar Massel “…tutti loro, nessuno escluso, sono un bene aggiunto e prezioso che non ha eguali nella Missione, per il sostentamento della comunità. Certo, gioendo, non abbiamo dimenticato comunque le persone in diverso tipo di difficoltà. Anche se il culmine della vita di una comunità cristiana è la celebrazione eucaristica, la nostra Mci “San Giuseppe” di Karlsruhe coglie sempre spunti per vivere momenti di fraternità. Altrettanti eventi importanti e Pellegrinaggi sono pronti per essere colmati dalla nostra Comunità di Karlsruhe e circondario, pertanto, le porte della nostra Missione sono aperte a tutti quelli che desiderano farne parte…” prosegue il presule “…colgo l’occasione del vostro intervento Angela, per ricordare la Comunità di alcuni appuntamenti già visibili anche al nostro sito ufficiale  della missione di Karlsruhe e sui nostri social, come quello di domenica 8 giugno 2025 per la Pentecoste a Karlsruhe, con la celebrazione della Santa Messa, ULF ore 11:45, mentre a Rastatt presso la Bernharduskirche ore 18:00; domenica, 15 giugno 2025 Karlsruhe, ULF, ore 11:45 e a Rastatt ore 18:00; martedì, 17 giugno 2025 Karlsruhe, la celebrazione del Manto di San Giuseppe alle ore 19:00; mercoledì, 18 giugno 2025 si terrà a Rastatt ore 19:00 la celebrazione del Manto di San Giuseppe, presso la  Bernharduskirche; domenica, 19 giugno 2025 Karlsruhe, ULF, ore 10:00 Santa Messa e processione del Corpusdomini, assieme alla Comunità tedesca; lo stesso a Rastatt, Santa Messa e processione presso la Sankt  Alexander alle ore 10:00, sempre assieme alla Comunità tedesca; domenica, 22 giugno 2025 Karlsruhe,  Santa Messa, ULF, ore 11:45 e a Rastatt ore 18:00; domenica, 29 giugno 2025 Karlsruhe, Santa Messa, ULF, ore 11:45. Tornando a noi Angela…” termina don Waldemar “…bella giornata, bella festa, bella gente e quindi, come dico sempre: ci auguriamo di ritrovarci sempre in ogni piccola e o grande occasione religiosa e festosa, come di continuare ad incontrarci sempre con quello spirito d’iniziativa in altrettante circostanze anche future; saremo magari un po’ più vecchi anagraficamente parlando ma sempre giovani nello spirito. Grazie a tutti, nessuno escluso!” Premetto che è stata un mese impegnativo, ricco di tante emozioni e conclusa oggi con una giornata piena di amorevoli soddisfazioni. Tutto il mese di maggio, non a caso, è dedicato al definito mese mariano. Ci siamo riuniti e recitato il Santo Rosario ogni lunedì, presso le grotte di Lourdes a Ettlingen, mentre il martedì in chiesa. Nei restanti giorni, la Madonnina, è stata inoltre ospitata anche da diversi fedeli che l’hanno portata in casa e praticato anche lì, in buona compagnia, il Santo Rosario…” ha aggiunto commossa Anna Maria Canfailla, coordinatrice delle feste e capogruppo della Diaconia- Santa Marta della Missione Cattolica Italiana San Giuseppe di Karlsruhe “…questa domenica infine, come hai potuto notare anche tu Angela, con la benedizione del nostro parroco don Waldemar Massel, abbiamo chiuso con gloria il mese mariano. Ringrazio principalmente il nostro don Waldemar Massel, per la fiducia che pone a ognuno di noi e per la forza che ha nel riuscire a mantenere unita la nostra comunità San Giuseppe di Karlsruhe, sia tutti i componenti della nostra Missione, nessuno escluso, che hanno reso possibile tutto questo. Non per ultimo ringrazio la tua emittente TeleVideoItalia.net Angela e tuo marito Dino, sempre pronti ad aderire al nostro invito e che con impegno date input e voce a noi e a quello che facciamo, condividendo le nostre emozioni e divulgando nel mondo le nostre iniziative e opere caritatevoli. W Maria.”

Angela Saieva, TeleVideoItalia.net, dip

 

 

 

 

 

Il Concilio di Nicea segnò l’unità dei cristiani

 

Don Maurizio Girolami: il significato per i cristiani di questo 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea - Di Simone Baroncia

Roma. “Il prossimo anno, i cristiani di tutto il mondo celebreranno i millesettecento anni dal primo Concilio ecumenico, Nicea. Questo anniversario ci ricorda che professiamo la stessa fede e, quindi, abbiamo la stessa responsabilità di offrire segni di speranza che testimoniano la presenza di Dio nel mondo”: così si era espresso a metà dicembre papa Francesco ricevendo una delegazione del Consiglio Metodista mondiale, ribadendo il desiderio di recarsi a Nicea.

Tale proposito era stato espresso da papa Francesco in una lettera autografa indirizzata al patriarca ecumenico, Bartolomeo I, in occasione della festa di sant’Andrea: “Cattolici e ortodossi non devono mai cessare di pregare e lavorare insieme per disporci ad accogliere il dono divino dell’unità. Non dobbiamo perdere di vista la meta ultima a cui tutti aneliamo, né possiamo perdere la speranza che questa unità possa essere realizzata nel corso della storia e in un tempo ragionevole”.

Il suo desiderio è quello di celebrare insieme al patriarca Bartolomeo questo anniversario: “Questo anniversario non riguarderà solo le antiche Sedi che hanno preso parte attivamente al Concilio, ma tutti i cristiani che continuano a professare la loro fede con le parole del Credo niceno costantinopolitano. Il ricordo di quell’importante evento rafforzerà sicuramente i legami già esistenti e spingerà tutte le Chiese a una rinnovata testimonianza nel mondo di oggi. La fraternità vissuta e la testimonianza data dai cristiani saranno un messaggio anche per il nostro mondo afflitto dalla guerra e dalla violenza”.

E nel secondo numero dello scorso anno della rivista della Facoltà teologica del Triveneto, ‘Studia Patavina’, i professori Chiara Curzel e Maurizio Girolami avevano scritto il ‘valore’ del ‘noi’ del Concilio niceno: “A Nicea, però, il soggetto fu il ‘noi’, quella nuova comunità diversificata per luoghi e culture ma accomunata dalla fede condivisa e da questo momento in poi da un condiviso modo di esprimerla e di trasmetterla. Il cammino sinodale che stiamo compiendo in questi mesi ci riconsegna l’importanza di ripartire da questo assunto fondamentale: la fede è un dono dato a una comunità di discepoli e questi insieme credono, insieme celebrano, insieme testimoniano la loro appartenenza a Cristo”.

Partendo da queste sollecitazioni abbiamo chiesto a don Maurizio Girolami, preside della Facoltà teologica del Triveneto, di raccontarci il significato per i cristiani di questo 1700^ anniversario del Concilio di Nicea: “Il primo Concilio ecumenico della Chiesa indivisa fu convocato dall'Imperatore

Costantino che segnò un cambio profondo nel movimento cristiano. Infatti, dichiarando la fede in Cristo una religione lecita come le altre presenti nell’Impero, ha definitivamente chiuso l’epoca delle persecuzioni, sospendendo l’azione statale di contrasto alla presenza cristiana. Tale decisione fece capire che i cristiani non erano più da perseguitare, ma andavano favoriti per la loro capillare presenza in tutti gli strati della società del tempo e il loro impegno religioso e sociale.

Le persecuzioni, tuttavia, non furono così minacciose della vita della Chiesa come invece le divisioni interne, dettate per lo più dai vari protagonismi ecclesiali, già denunciati da Paolo nella prima lettera ai Corinzi, ed dalla mancanza di un’autorità dottrinale centrale che facesse da mediatore tra le varie posizioni teologiche che affioravano or qua or là. La proposta di Ario, presbitero di Alessandria, agli inizi del IV secolo, creò uno sconquasso nel rivedere la formula battesimale ‘al ribasso’, rinunciando, di fatto, a dire che Padre e Figlio e Spirito Santo sono l'unico e medesimo Dio. Poiché la formula battesimale, a partire dal mandato del Risorto (Mt 28,19) è sempre stato il punto di riferimento imprescindibile per la vita cristiana, la proposta ariana andava a toccare un aspetto essenziale che non poteva lasciare indifferenti.

Costantino, convocando a Nicea (oggi Iznik) il primo concilio, cercò di creare le condizioni affinché i capi delle Chiese potessero trovare espressioni di fede condivise, allontanando definitivamente le lacerazioni nel corpo ecclesiale. Ricordare Nicea dopo 1700 implica almeno due aspetti importanti: il primo è l’unità della Chiesa, condizione indispensabile per annunciare l'unico Dio di Gesù Cristo salvatore dell'umanità. Se la Chiesa si presenta divisa, soprattutto sul come professa e vive la fede, la credibilità della sua azione s'incrina. Un secondo aspetto è l’importanza di una formula di fede che ha come sua struttura fondamentale proprio la formula battesimale.

Il Credo che ancora i cristiani recitano ogni domenica, pur ampliato lungo il corso della storia, fu a Nicea per la prima volta codificato perché tutti i cristiani potessero ricordare, non tanto delle frasi a memoria, ma che la sorgente della vita cristiana è il battesimo ricevuto nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Dal battesimo nasce la vita in Cristo, immersa nel mistero della sua Pasqua e in relazione con il dono dello Spirito in cammino verso il Padre. Nicea ha così ribadito un punto essenziale già chiaro nei vangeli”.

Quanto è importante oggi per l’unità dei cristiani questo Concilio?

“Innanzitutto, perché ricorda un evento ecclesiale che ha chiamato tutto il mondo cristiano a trovare un centro di unità attorno alla professione di fede. Va sempre ricordato che la vita cristiana nasce come risposta personale e comunitaria al dono ricevuto in Cristo. Poiché la fede ha una sua intrinseca dimensione ecclesiale, Nicea risulta essere il primo atto ufficiale e pubblico davanti all’autorità imperiale. Alla luce poi della storia bimillenaria della Chiesa, che ha conosciuto tante, troppe, divisioni al suo interno, chiunque tra i credenti abbia passione per il vangelo, sa che questo trova la sua forza nel legame di fraternità che i discepoli di Gesù coltivano tra di loro. Perciò una chiesa divisa è una chiesa debole; una Chiesa che cammina verso l'unità, favorendo non l'uniformità ma il pluralismo che l'unico vangelo è in grado di far splendere da ogni cultura, è una chiesa affidabile, credibile, degna di essere ascoltata e guardata come un punto di riferimento. Nicea sta lì nella memoria della nostra storia a ricordarci che si possono trovare le vie per incontrarsi”. ‘Il Concilio di Nicea è una pietra miliare nella storia della Chiesa. L’anniversario della sua ricorrenza invita i cristiani a unirsi nella lode e nel ringraziamento alla Santissima Trinità e in particolare a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ‘della stessa sostanza del Padre’, che ci ha rivelato tale mistero di amore. Ma Nicea rappresenta anche un invito a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali a procedere nel cammino verso l’unità visibile, a non stancarsi di cercare forme adeguate per corrispondere pienamente alla preghiera di Gesù’. 

Per quale motivo papa Francesco nella bolla giubilare aveva sottolineato che esso è un’importante opportunità?

 “Nonostante cattolici e ortodossi abbiano calendari diversi da diversi secoli, il prossimo 20 aprile 2025 sarà un’occasione del tutto speciale, per celebrare insieme la Pasqua nello stesso giorno. Fin dalla prima apparizione sulla piazza di san Pietro, papa Francesco, presentandosi come vescovo di Roma, aveva fatto capire quanto per lui era importante il rapporto con le chiese apostoliche ortodosse. Gli incontri poi avvenuti con il Patriarca Bartolomeo non avevano fatto che confermare e consolidare questo desiderio così ardente di vivere la fraternità tra Chiese. Il Giubileo, nel segno della speranza, è nella sua matrice biblica un momento di liberazione da ogni forma di schiavitù e oppressione, soprattutto da quella del peccato che divide, separa, impoverisce la vita cristiana.

Vivere Nicea e celebrare la Pasqua assieme con le Chiese apostoliche ortodosse ci aiuta a lavorare ancora più alacremente per togliere di mezzo ciò che ci divide e cercare ciò che ci unisce. A partire dalla comune celebrazione della Pasqua, origine della vita cristiana, potremo trovare nuove vie per ripensare i rapporti tra Chiese e la presenza cristiana in questo nostro mondo afflitto dalle guerre, dagli egoismi, dalla diseguaglianza sociale ed economica, dalle ingiustizie e violenze presenti ovunque in ogni forma. L’anniversario di Nicea, nell’anno Giubilare, grazie anche a questa provvidenziale circostanza di date coincidenti, ci aiuta a cogliere i segni dei tempi e la voce dello Spirito che è principio di unità e comunione. Speriamo che non solo i nostri vescovi, ma tutto il popolo di Dio possa lasciarsi guidare dall'urgenza e dalla necessità di vivere il cammino di fraternità di tutte le chiese cristiane. Sarà forse la testimonianza più efficace nel mondo di cosa significhi vivere da cristiani”.

Quale può essere l’apporto delle facoltà teologiche all’unità dei cristiani?

“Il primo compito di una facoltà teologica è conoscere la ricchezza della tradizione ecclesiale per comprenderla, per poterla esprimere nel linguaggio del nostro tempo e farne vedere la risonanza del perenne vangelo di Gesù, vero e attuale per ogni uomo di ogni tempo. Il lavoro teologico è di fondamentale importanza in un mondo che vive di informazioni, di parole e di discorsi. La teologia, occupandosi del mistero di Dio, ha come sua previo esercizio quella della purificazione del linguaggio perchè non sia banale, non sia ambiguo, non sia solo d’effetto, ma corrisponda il più possibile alla verità del vangelo e alla semplicità dell’umanità di Gesù che ha saputo comunicarsi a tutti. Più si approfondisce il messaggio cristiano più si impara anche a prendere le distanze da ogni forma con la quale il vangelo è giunto a noi: ogni generazione ha cercato il suo proprio modo di dire e vivere il vangelo, senza poterlo esaurire. Anche oggi c’è bisogno che le generazioni presenti e future accolgano la vita in Cristo con le forma con le quale riusciamo a viverlo, ma senza fermarsi ad esse e cercando quella creatività che restituisce ancor di più luce al ricco vangelo di Gesù e a rendere unica ogni esperienza umana. Inculturazione ed esculturazione posso sembrare parole astratte e difficili da comprendere, ma ci dicono che il vangelo di Gesù non può accadere se non in una forma umana precisa, collocata storicamente e geograficamente, e nello stesso tempo che nessuna ‘forma’ storica del vangelo riesce ad esaurirne la sua ricchezza e profondità. Le facoltà teologiche sono ‘al fronte’ per conoscere il vangelo, le culture del passato, le culture vicine e lontane del presente, per dare un linguaggio nuovo, credibile e vivibile dell’unico vangelo”.

In quale modo la facoltà teologica sostiene la sinodalità?

“Il cammino sinodale di questi ultimi anni ha restituito a tutti gli organismi ecclesiali il compito dell’ascolto rispettoso e attivo e il senso della partecipazione responsabile da parte di ciascun credente. L’organizzazione richiesta in ogni facoltà non mette in secondo piano i livelli di autorità, che si strutturano, fondamentalmente, sul rapporto educativo che si instaura tra studente e comunità educante. Pensare ad una comunità accademica in senso orizzontalista, sarebbe un danno innanzitutto per gli studenti e per la qualità della ricerca. La prassi sinodale ecclesiale però ci ha educato un po' alla volta a valorizzare al massimo gli organismi di partecipazione, a dare più peso alla voce degli studenti, ad entrare in dialogo con le fragilità umane, sociali e culturali spesso nascoste, ad ascoltare la vita delle persone nella loro globalità esistenziale, ad essere più rispettosi di ogni cultura umana.

Lo stile sinodale ci permette di dire che la Facoltà non è un servizio, accademicamente qualificato, di cui semplicemente ci si serve per ottenere un qualche titolo, ma diventa una palestra di umanità nella quale si impara che vi è un corpo sociale ed ecclesiale che chiede a tutti partecipazione responsabile per poter mettere tutti nelle condizioni di raggiungere la maturità di Cristo, come dice l’apostolo. Perciò lo stile sinodale, si può dirlo con forza, ha aiutato la Facoltà ad esprimere e vivere la sua vocazione ad essere nella Chiesa un luogo di intelligenza del vangelo capace di comunicarsi a tutti”. Aci 9

 

 

 

 

 

La Curia vaticana si rinnova per servire meglio la Chiesa

 

In occasione del Giubileo della Santa Sede, il card. Gianfranco Ghirlanda chiarisce differenze tra Santa Sede e Stato della Città del Vaticano e riflette sulla riforma della Curia. “La diplomazia vaticana non difende interessi, ma promuove la persona umana”, afferma, sottolineando il valore di una Chiesa sinodale e prossima – di Riccardo Benotti

“La diplomazia della Santa Sede ha senso solo se resta al servizio della persona e della pace”. Il card. Gianfranco Ghirlanda, gesuita, canonista e professore emerito alla Pontificia Università Gregoriana, già rettore dell’Ateneo e consultore di numerosi dicasteri vaticani, offre una riflessione articolata e profonda sul significato del Giubileo della Santa Sede, in programma il 9 giugno: un’occasione per rileggere natura, missione e attualità della Curia romana alla luce del Vangelo e della storia.

Eminenza, si fa spesso confusione tra Santa Sede e Stato della Città del Vaticano. Ci aiuta a fare chiarezza?

La Santa Sede, o Sede Apostolica, può designare sia la persona del Papa sia la Curia romana, a seconda dei contesti. È fondamentale distinguere la Santa Sede, intesa come centro di governo della Chiesa, dallo Stato della Città del Vaticano, che fu istituito con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929 per garantire al Pontefice la piena libertà nell’esercizio del suo ministero. Già nel 1871 lo Stato italiano promulgò la legge delle guarentigie, un atto unilaterale che cercava di regolare i rapporti con la Santa Sede, ma che fu rifiutato da Pio IX perché subordinava il Papa all’autorità italiana. Solo nel 1929, con un accordo bilaterale si giunse a una regolazione definitiva. È la Santa Sede, non lo Stato vaticano, ad avere soggettività giuridica internazionale e a intrattenere rapporti diplomatici.

Il centralismo romano è spesso oggetto di critica. Come risponde a questa osservazione alla luce di Praedicate Evangelium?

La struttura concreta del governo ecclesiale varia nel tempo, adattandosi ai mutamenti storici, pur conservando inalterati i principi fondamentali rivelati. Praedicate Evangelium si colloca nella prospettiva di una maggiore decentralizzazione, già auspicata dal Concilio Vaticano II. Tuttavia, la sua piena attuazione richiede tempo.

La funzione del governo centrale, affidata alla Santa Sede, è quella di custodire l’unità della fede, dei sacramenti e della morale.

Questo ruolo deve però armonizzarsi con l’autonomia e la responsabilità pastorale delle Chiese particolari, affidate ai vescovi. La sinodalità, promossa con decisione da Papa Francesco, è una via concreta per rafforzare questa armonia. Il recente Sinodo, costruito a partire dalle parrocchie, ne è un esempio eloquente.

Come evitare la contrapposizione tra centro e periferia…

È indispensabile non contrapporre le due dimensioni, ma riconoscerne la coessenzialità. Le Chiese particolari non sono semplici articolazioni amministrative della Chiesa universale, né i vescovi meri funzionari del Papa. Hanno una consistenza di diritto divino, al pari della Chiesa universale. Allo stesso modo, una visione esclusivamente locale rischia di ridurre la Chiesa universale a una federazione di Chiese indipendenti, prospettiva teologicamente errata. Il vero equilibrio consiste nel riconoscere che la Chiesa è al tempo stesso universale e particolare.

Quando si enfatizza un solo aspetto a scapito dell’altro, si compromette la visione cattolica della comunione ecclesiale.

Quali sfide concrete intravede nell’attuazione di Praedicate Evangelium nella vita quotidiana della Curia?

Come accade con ogni testo legislativo, la validità e l’efficacia di una riforma si verificano nel momento della sua attuazione. Praedicate Evangelium dovrà essere applicata con gradualità, tenendo conto delle necessarie correzioni e degli assestamenti che emergeranno dall’esperienza. Questo è un passaggio fisiologico e sano nel processo di riforma.

Qual è l’origine del ruolo internazionale della Santa Sede?

La Santa Sede ha acquisito rilevanza internazionale per la sua natura spirituale. Fin dal IV secolo, con il riconoscimento della libertà religiosa al cristianesimo, la Chiesa ha iniziato a stabilire rapporti con l’autorità imperiale.

Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, essa rimase l’unica forza unitaria nel caos politico, assumendo gradualmente un ruolo sempre più visibile anche sul piano internazionale.

Dal V secolo compaiono figure come gli apocrisari, rappresentanti del Papa presso le autorità civili. Nei secoli successivi si sviluppano gli Stati pontifici, i legati missi e, nel XV secolo, le prime nunziature. La storia ha attribuito alla Santa Sede una funzione diplomatica, radicata però nella sua missione spirituale: promuovere la pace, difendere i diritti umani, tutelare la dignità della persona.

La diplomazia vaticana ha caratteristiche peculiari.

La definirei una diplomazia umanitaria. Non è orientata alla tutela di interessi di potere, ma alla promozione della persona umana. In questo senso, la Santa Sede ha il compito, a volte scomodo, di denunciare le violazioni dei diritti fondamentali, ovunque esse si verifichino. L’esperienza maturata nei secoli è preziosa, ma deve restare sempre a servizio del Vangelo.

È più difficile esercitare questa funzione senza gli strumenti tipici di uno Stato?

Indubbiamente, ma è proprio questa condizione che esalta la specificità della missione. La Santa Sede è chiamata ad agire nel mondo, senza lasciarsi mondanizzare. È qui che entra in gioco il discernimento. Come insegna Sant’Ignazio, i mezzi devono restare mezzi. Se diventano il fine, si perde la coerenza evangelica. Quando strumenti mondani prendono il sopravvento, la Chiesa rischia di smarrire la propria identità, finendo per difendere prestigio e potere anziché la persona umana. Questo sarebbe un grave fallimento della sua missione.

La definizione di Santa Sede

La Santa Sede è un soggetto di diritto internazionale distinto dallo Stato della Città del Vaticano. Intrattiene relazioni diplomatiche con oltre 180 Stati, partecipa come osservatore permanente presso le Nazioni Unite e stipula trattati internazionali. A differenza degli Stati, il suo ruolo si fonda sulla missione spirituale del Papa quale pastore della Chiesa universale. Lo Stato della Città del Vaticano, invece, è nato con i Patti Lateranensi del 1929 per assicurare l’indipendenza del ministero petrino.

Santa Sede, Vaticano e Curia romana: le differenze

La Santa Sede è il governo centrale della Chiesa, guidato dal Papa e dalla Curia romana. Lo Stato della Città del Vaticano è l’entità territoriale, minima ma sovrana, che garantisce al Papa piena libertà e indipendenza. La Curia romana è l’insieme dei dicasteri che coadiuvano il Papa nel suo servizio alla Chiesa universale. Solo la Santa Sede possiede personalità giuridica internazionale e rappresenta ufficialmente la Chiesa nei rapporti con gli Stati. Sir 9

 

 

 

 

 

Papa Leone XIV, il Vento dello Spirito apra le frontiere del cuore

 

L'omelia del Pontefice nella Solennità di Pentecoste - Di Angela Ambrogetti

Città del Vaticano. "Siamo davvero la Chiesa del Risorto e i discepoli della Pentecoste soltanto se tra di noi non ci sono né frontiere e né divisioni, se nella Chiesa sappiamo dialogare e accoglierci reciprocamente integrando le nostre diversità, se come Chiesa diventiamo uno spazio accogliente e ospitale verso tutti". Papa Leone XIV parte da Benedetto XVI per la riflessione sulla Pentecoste.

Nella messa in Piazza San Pietro, assolata e affollata, che celebra la solennità ma anche il Giubileo dei Movimenti Papa Leone cita Papa Benedetto: "La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo".

E spiega cosa significa "aprire le frontiere". Lo Spirito Santo è dono di amore, la presenza del Signore che "scioglie le nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi" è una sfida al "rischio di una vita che si atrofizza, risucchiata dall’individualismo". E Dio "ci apre all’incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all’incontro con il Signore educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince – secondo le stesse parole di Gesù appena proclamate – che solo se rimaniamo nell’amore riceviamo anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio ospitale".

Perché, dice il Papa "è triste osservare come in un mondo dove si moltiplicano le occasioni di socializzare, rischiamo di essere paradossalmente più soli, sempre connessi eppure incapaci di “fare rete”, sempre immersi nella folla restando però viaggiatori spaesati e solitari".

Invece "lo Spirito trasforma anche quei pericoli più nascosti che inquinano le nostre relazioni, come i fraintendimenti, i pregiudizi, le strumentalizzazioni. Penso anche – con molto dolore – a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio. Lo Spirito Santo, invece, fa maturare in noi i frutti che ci aiutano a vivere relazioni vere e buone".

Lo Spirito ci insegna al fraternità, "infrange le frontiere e abbatte i muri dell’indifferenza e dell’odio, perché “ci insegna ogni cosa” e ci “ricorda le parole di Gesù” (cfr Gv 14,26); e, perciò, per prima cosa insegna, ricorda e incide nei nostri cuori il comandamento dell’amore, che il Signore ha posto al centro e al culmine di tutto. E dove c’è l’amore non c’è spazio per i pregiudizi, per le distanze di sicurezza che ci allontanano dal prossimo, per la logica dell’esclusione che vediamo emergere purtroppo anche nei nazionalismi politici".

Cita Papa Francesco e conclude: " Invochiamo lo Spirito dell’amore e della pace, perché apra le frontiere, abbatta i muri, dissolva l’odio e ci aiuti a vivere da figli dell’unico Padre che è nei cieli. Fratelli e sorelle, è la Pentecoste che rinnova la Chiesa e il mondo! Il vento gagliardo dello Spirito venga su di noi e in noi, apra le frontiere del cuore, ci doni la grazia dell’incontro con Dio, allarghi gli orizzonti dell’amore e sostenga i nostri sforzi per la costruzione di un mondo in cui regni la pace Maria Santissima, Donna della Pentecoste, Vergine visitata dallo Spirito, Madre piena di grazia, ci accompagni e interceda per noi". Aci 8

 

 

 

 

P. Anselm Grün: “Un Papa che sa dove andare, forte nei valori e vicino agli altri”

 

Per padre Anselm Grün, Leone XIV esprime uno stile di guida sobrio e profondo: non cerca visibilità, ma ascolta e custodisce: “È un Papa che sa dove andare, forte nei valori e vicino agli altri”. Essenzialità, umiltà e cura definiscono l’inizio di questo nuovo pontificato – di Riccardo Benotti

“Papa Leone XIV non ha cercato visibilità. Ha scelto la presenza discreta”. Per padre Anselm Grün, monaco benedettino e autore di riferimento per il mondo spirituale contemporaneo, il nuovo Pontefice sta indicando una direzione chiara: fare spazio all’essenziale.

“In ogni autentica forma di autorità, il sapersi fare da parte è un atto salutare”, osserva. È nel silenzio, spiega, che si impara ad ascoltare ciò che conta. Da lì nascono parole capaci di toccare davvero, oggi più che mai, in un tempo travolto da troppe parole.

Padre Grün, nei primi giorni del pontificato, Leone XIV ha scelto una forma di comunicazione trattenuta: silenzio profondo, poche parole, gesti semplici ma espressivi. Si può parlare di una “spiritualità del farsi da parte”?

Papa Leone non ha voluto rappresentare sé stesso. È stato semplicemente presente. Il farsi da parte è qualcosa di salutare per ogni autorità. Si percepisce che non si mette al centro, ma nella quiete si apre all’ascolto di ciò che è essenziale. E da quel silenzio emergono parole che riescono a toccare davvero le persone. Proprio queste parole sobrie rappresentano un messaggio importante per noi oggi, perché viviamo sommersi da una valanga di parole.

Il nome scelto non veniva utilizzato da oltre un secolo. Evoca forza interiore, vigilanza, ma anche continuità e tradizione ecclesiale. Che significato spirituale può avere oggi un nome così carico di storia?

Il nome Leone esprime coraggio e chiarezza. Il leone sa ciò che vuole. È anche simbolo di lealtà e di attenzione alle relazioni. L’immagine del leone è dunque adatta a un Papa che sa dove vuole andare, che è capace di portare avanti ciò che ritiene giusto, ma che al tempo stesso dà grande valore al rapporto con le persone.

Se guardo alla storia, penso a due pontefici: Leone Magno, che fu un grande teologo e al tempo stesso affrontò con coraggio il re degli Unni Attila, offrendo anche un segnale politico. E poi Leone XIII, che scrisse la prima enciclica sociale. La giustizia in un mondo globalizzato è certamente una preoccupazione anche per il nuovo Papa.

Tra le parole più frequenti in questo primo mese c’è la “cura”: verso l’altro, la comunità, la creazione. Lei ha scritto testi importanti sull’arte del prendersi cura, come via spirituale e umana. Riconosce in questa insistenza del Papa un’intuizione autentica per la guida spirituale oggi?

La cura per le persone – ma anche per la natura – nasce dall’amore per ciò che vive. E si esprime in una profonda compassione. Prima viene la compassione per ogni essere vivente. Se provo compassione per qualcuno, cerco anche di prendermene cura nel miglior modo possibile. Compassione e cura sono oggi atteggiamenti fondamentali per chiunque eserciti un ruolo di guida. Se il Papa vive questi valori, allora è un riferimento credibile per tutte le figure di responsabilità, anche in politica o nell’economia.

Il nuovo Papa ha vissuto fin da subito gesti quotidiani e fraterni, privi di retorica: celebrazioni semplici, pranzi con gli agostiniani, attenzione concreta alla vita condivisa. Nella sua esperienza monastica e pastorale, quanto è importante che una guida spirituale riconosca e sostenga la quotidianità vissuta insieme?

Chi guida non dovrebbe elevarsi al di sopra delle persone, né chiudersi in una torre d’avorio. Deve condividere la vita quotidiana con gli altri. Solo così può capire davvero di cosa hanno bisogno. Un compito fondamentale di ogni guida è generare comunità.

Il Papa, come pontefice, è il costruttore di ponti. Oggi è essenziale costruire ponti tra le persone, tra i popoli, tra le diverse correnti nella Chiesa e nella società.

Papa Leone ha chiaramente compreso questa missione e l’ha già cominciata a incarnare nei primi passi del suo pontificato.

Lei ha scritto che ogni vera autorità spirituale nasce dall’umiltà, non dalla volontà di comandare. In questo primo mese ha riconosciuto in Papa Leone XIV i segni di un’autorità interiore fondata sull’umiltà?

Per san Benedetto, l’umiltà è l’atteggiamento fondamentale del cellerario, cioè di chi guida l’economia del monastero. Ma è essenziale anche per l’abate: deve essere sempre consapevole delle proprie fragilità. L’umiltà ci preserva dal bisogno di metterci in mostra e dal sentirci superiori agli altri. È ciò che ci permette di vivere la responsabilità come servizio.

Servire significa risvegliare la vita nelle persone, far emergere ciò che è già in loro.

Quando il potere è esercitato in spirito di umiltà, diventa una benedizione. Ma il potere contiene sempre anche il rischio di essere usato per schiacciare gli altri e innalzare sé stessi. Papa Leone, nel suo modo di esercitare il ministero, mostra questa umiltà. Per questo possiamo confidare che il suo servizio sarà una benedizione per molte persone e anche per la nostra casa comune.

Chi è Anselm Grün

Nato il 14 gennaio 1945 a Junkershausen con il nome di Wilhelm Grün, padre Anselm Grün è monaco benedettino dell’abbazia di Münsterschwarzach, in Baviera, dove vive tuttora. Dopo gli studi teologici a Sant’Anselmo, a Roma, ha conseguito il dottorato nel 1974 e si è specializzato in economia a Norimberga. Dal 1977 al 2013 è stato cellerario dell’abbazia. Ha pubblicato il suo primo libro nel 1979 e nel 1991 ha fondato, con Wunibald Müller, la Recollectio-Haus, centro di accoglienza e discernimento di cui è ancora guida. Nel 2007 ha ricevuto la Croce al merito federale e nel 2011 l’Ordine al merito della Baviera. Con il suo stile essenziale e profondo, è una delle voci spirituali più ascoltate in Europa.

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Il Papa per una data comune della Pasqua tra cattolici e ortodossi

 

L'udienza del Papa ai partecipanti al Simposio Ecumenico dedicato al 1700° Anniversario del Concilio di Nicea - Di Angela Ambrogetti

Città del Vaticano. "Vorrei riaffermare la disponibilità della Chiesa Cattolica alla ricerca di una soluzione ecumenica che favorisca una celebrazione comune della resurrezione del Signore e, di conseguenza, dia maggiore forza missionaria alla nostra predicazione del «nome di Gesù e della salvezza che nasce dalla fede nella verità salvifica del Vangelo»". Papa Leone XIV con questa affermazione ha salutato oggi i partecipanti al Simposio Ecumenico dedicato al 1700° Anniversario del Concilio di Nicea, sul tema “Nicea e la Chiesa del Terzo Millennio: Verso l’Unità CattolicoOrtodossa”, che si chiude oggi all’Università Pontificia San Tommaso d’Aquino - Angelicum.

Per il Papa è chiaro che "il Concilio di Nicea non è solo un evento del passato, ma una bussola che deve continuare a guidarci verso la piena unità visibile di tutti i cristiani." Ed è per questo, dice: "sono convinto che ritornando al Concilio di Nicea e attingendo insieme a questa sorgente comune, saremo in grado di vedere in una luce diversa i punti che ancora ci separano. Attraverso il dialogo teologico e con l’aiuto di Dio, otterremo una migliore comprensione del mistero che ci unisce. Celebrando insieme questa fede nicena e proclamandola insieme, avanzeremo anche verso il ripristino della piena comunione tra noi".

Un pensiero anche alla sinodalità. "Il contributo dei delegati fraterni delle Chiese e delle comunità ecclesiali dell’Oriente e dell’Occidente al recente Sinodo sulla sinodalità,- dice il Papa - tenutosi qui in Vaticano, è stato uno stimolo prezioso per una maggiore riflessione sulla natura e sulla pratica della sinodalità".

La disponibilità al dialogo teologico sulla Pasqua e la ricerca dell'unità per il Papa passano comunque attraverso la preghiera perché "l’unità sarà un dono ricevuto «come Cristo vuole e con i mezzi che Egli vuole» (Preghiera per l’unità di p. Paul Couturier), attraverso l’azione dello Spirito Santo". E conclude con una preghiera tratta dalla tradizione orientale: "O Re Celeste, Consolatore, Spirito di Verità che sei ovunque e riempi ogni cosa; Tesoro di Benedizioni e Datore di vita, vieni e dimora in noi, purificaci da ogni impurità e salva, Benigno, le nostre anime".

Il simposio ecumenico si era aperto con la relazione del Cardinale Koch organizzato dall’Istituto di Studi Ecumenici “Œcumenicum” dell’Angelicum e dall’Associazione Teologica Ortodossa Internazionale (IOTA), in collaborazione con il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e con il contributo di 25 istituzioni accademiche. Più di 250 i partecipanti (ecclesiastici, membri di commissioni di dialogo, ufficiali di organismi ecumenici, studiosi) provenienti dalle maggiori tradizioni cristiane (cattolica, ortodossa, ortodossa orientale, anglicana, luterana, riformata, battista). Al centro la riflessione su come il Concilio di Nicea possa rappresentare un terreno comune per l’unità dei cristiani, su come la sinodalità e il primato possano promuovere la comunione ecclesiale, e la celebrazione comune della Pasqua possa sostenere la riconciliazione tra i cristiani.

Il cardinale aveva ricordato Il Credo del Concilio di Nicea non è solo il risultato di una riflessione teologica, precisa ancora il cardinale Koch, ma l'espressione di uno sforzo da parte dei vescovi verso una formulazione ortodossa e dossologicamente appropriata della fede cristiana. In questa prospettiva, è stato un evento pienamente sinodale e tale deve essere considerato anche l’anniversario che quest’anno si celebra.

Per il dialogo cattolico-ortodosso, ha spiegato Koch, il documento base resta "Conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa: Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità", adottato nell'assemblea plenaria di Ravenna del 2007, in cui c’è la convinzione teologica che sinodalità e primato sono reciprocamente dipendenti, e che questa interdipendenza deve essere realizzata a tutti i livelli della Chiesa - locale, regionale e universale. Aci 7

 

 

 

 

Rondine, il Festival Youtopic per la pace, con Mattarella e mons. Baturi

 

“L’Europa deve essere unita, più efficiente, resistendo agli attacchi che riceve dall’esterno e dall’interno da chi coltiva il desiderio di tornare a una contrapposizione tra nazionalismi”. È la raccomandazione che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha affidato stamani ai circa settemila giovani arrivati al borgo di Rondine con la marcia della pace partita da Arezzo. Il capo dello Stato ha aperto il Festival Youtopic, che ogni anno raduna nella Cittadella della pace sulle colline aretine migliaia di ragazzi e ragazze. Mattarella ha risposto alle domande di Lorenzo e Chiara, due dei ragazzi che frequentano le scuole superiori a Rondine.

La pace, ha affermato Mattarella, è un concetto “espresso nelle nostra Costituzione non solo nel testo, dall’articolo 11 a tutto il suo tessuto normativo, ma anche dal sentimento comune che ha prodotto allora la Costituzione, che è quello di cercare pace e riconciliazione tra i popoli, anche quando si è stati costretti a fare uso delle armi l’obiettivo era sempre quello della riconciliazione tra i popoli, anche in queste contrade”. Il presidente ha anche citato “il nuovo Pontefice che ho visitato in Vaticano portandogli l’affetto dell’Italia”. Mattarella ha parlato quindi del percorso che ha portato all’Europa unita: “Il mondo di pace, il disarmo progressivo e generale con accordi di abbassamento degli arsenali nucleari, è stato stravolto in questi ultimi anni dalle guerre in Europa e intorno all’Europa, dalla volontà di dominio sugli altri popoli, dal desiderio di creare condizioni di vantaggio militare alterando la condizione di equilibrio”.

Al suo arrivo, Mattarella era stato accolto dal presidente e fondatore di Rondine, Franco Vaccari: “Questo luogo – ha detto – è testimone del coraggio dei giovani che provenienti da terre lacerate dalle guerre non si rassegnano alla logica dell’odio e del nemico né all’inevitabilità della guerra. Vivendo insieme giorno dopo giorno, trasformando l’inimicizia ereditata in amicizia, diventano liberi”. Ad accogliere Mattarella anche Alberto, Luciano e Federica, i tre figli di Liliana Segre, insieme al card. Gualtiero Bassetti, al segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, al vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Andrea Migliavacca. Forti, all’arrivo del presidente della Repubblica, gli applausi entusiasti dei tanti giovani, che insieme a Mattarella hanno ascoltato anche le testimonianze di alcuni degli studenti che frequentano i corsi di Rondine, provenienti da diversi Paesi in guerra. Come Bernadette che viene dal Mali, 24 anni: “La guerra – ha raccontato – mi ha rubato l’infanzia, ma non la mia speranza. Oggi sono qui per portare la voce di una gioventù coraggiosa che aspira a una pace autentica”. È stata lei a portare la voce dei tanti studenti che arrivano a Rondine dall’Africa, dai Balcani, dal Medio Oriente, dall’America Latina, dal Caucaso. “A nome dei miei compagni, chiedo di compiere passi importanti per la pace in Ucraina e a Gaza. Smettere di investire nelle armi, condannare i crimini di guerra e ogni forma di odio promuovendo la convivenza e la riconciliazione”.

“Siamo qui per dire il nostro apprezzamento per l’investimento che qui viene fatto per il futuro del mondo, in questo momento buio, attraverso l’educazione”. Lo ha affermato mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, al suo arrivo a Rondine, la cittadella della pace che oggi accoglie il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per l’avvio del Festival YouTopic. Rondine, ha sottolineato mons. Baturi, “vuole umanizzare il mondo educando i giovani a rapporti capaci di vincere le diffidenze, di unire le persone. Questo è un investimento molto serio, un investimento che può cambiare davvero le sorti dell’umanità. Le grandi crisi vengono generate da rapporti malati, da politiche di potere, da pretese inaccettabili”. Per il segretario generale della Cei, “cambiare la mentalità dei giovani significa scommettere sulla possibilità di una pacificazione nella giustizia, nella verità e nell’amore. Questo può cambiare il mondo in un modo che non possiamo misurare nell’immediato ma che siamo sicuri possa essere efficace”. Sir 6

 

 

 

 

 

Leone XIV: “Il carisma è funzionale all’incontro con Cristo”

 

“La vita cristiana non si vive nell’isolamento, come se fosse un’avventura intellettuale o sentimentale" - Di Veronica Giacometti

Città del Vaticano. “Voi rappresentate migliaia di persone che vivono la loro esperienza di fede e il loro apostolato all’interno di associazioni, movimenti e comunità. Perciò desidero anzitutto ringraziarvi per il servizio di guida e di animazione che svolgete. Sostenere e incoraggiare i fratelli nel cammino cristiano comporta responsabilità, impegno, spesso anche difficoltà e incomprensioni, ma è un compito indispensabile e di grande valore”. Lo ha detto Papa Leone XIV ricevendo in Udienza i moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità.

“Nella volontà di associarsi, che ha dato origine al primo tipo di aggregazioni, troviamo una caratteristica essenziale: nessuno è cristiano da solo! Siamo parte di un popolo, di un corpo che il Signore ha costituito. Sant’Agostino, parlando dei primi discepoli di Gesù, dice: Erano diventati certamente tempio di Dio, e non lo erano diventati solo come singoli ma tutt’insieme erano diventati tempio di Dio”, spiega bene Papa Leone citando Sant’Agostino e aggiungendo che “la vita cristiana non si vive nell’isolamento, come se fosse un’avventura intellettuale o sentimentale, confinata nella nostra mente e nel nostro cuore”.

“Ci sono poi le realtà nate da un carisma: il carisma di un fondatore o di un gruppo di iniziatori, oppure il carisma che si ispira a quello di un istituto religioso. Anche questa è una dimensione essenziale nella Chiesa. Vorrei invitarvi a considerare i carismi in riferimento alla grazia, al dono dello Spirito”, sottolinea il Pontefice.

“Dunque, tutto nella Chiesa si comprende in riferimento alla grazia: l’istituzione esiste perché sia sempre offerta la grazia, i carismi sono suscitati perché questa grazia sia accolta e porti frutto. Senza i carismi, c’è il rischio che la grazia di Cristo, offerta in abbondanza, non trovi il terreno buono per riceverla!”, dice il Pontefice.

“Grazie ai carismi che hanno dato origine ai vostri movimenti e alle vostre comunità, tante persone si sono avvicinate a Cristo, hanno ritrovato speranza nella vita, hanno scoperto la maternità della Chiesa, e desiderano essere aiutate a crescere nella fede, nella vita comunitaria, nelle opere di carità, e portare agli altri, con l’evangelizzazione, il dono che hanno ricevuto”, continua il Papa nel suo lungo discorso.

“Unità e missione sono due cardini della vita della Chiesa, e due priorità nel ministero petrino. Pertanto, invito tutte le associazioni e i movimenti ecclesiali a collaborare fedelmente e generosamente con il Papa soprattutto in questi due ambiti”, l’invito del Papa.

Poi il Pontefice parla anche dell’importanza della missione. “La missione ha segnato la mia esperienza pastorale e ha plasmato la mia vita spirituale. Anche voi avete sperimentato questo cammino. Dall’incontro con il Signore, dalla nuova vita che ha invaso il vostro cuore, è nato il desiderio di farlo conoscere ad altri. E avete coinvolto tante persone, dedicato molto tempo, entusiasmo, energie per far conoscere il Vangelo nei posti più lontani, negli ambienti più difficili, sopportando difficoltà e fallimenti. Tenete sempre vivo tra voi questo slancio missionario: i movimenti anche oggi hanno un ruolo fondamentale per l’evangelizzazione”, dice Papa Leone XIV.

Il Papa conclude così: “Il carisma è funzionale all’incontro con Cristo, alla crescita e alla maturazione umana e spirituale delle persone, all’edificazione della Chiesa”. Aci 6

 

 

 

 

 

Udienza. “Nessuno è cristiano da solo”

 

Leone XIV, nella prima udienza ai moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, ha chiesto ai presenti di collaborare con il Papa all'insegna di due parole-chiave: unità e missione. "La Chiesa vi è grata per tutto il bene che fate". L'invito a essere "lievito di unità, di comunione, di fraternità nel mondo così lacerato dalla discordia e dalla violenza" – di M. Michela Nicolais

“Nessuno è cristiano da solo!”. Lo ha esclamato Leone XIV, nella prima udienza ai moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, esortati ad essere “lievito di unità, di comunione, di fraternità nel mondo così lacerato dalla discordia e dalla violenza” e a collaborare con il Papa all’insegna di due parole-chiave: unità e missione. “Siamo parte di un popolo, di un corpo che il Signore ha costituito”, l’esordio del discorso. Poi la citazione di Sant’Agostino, che, parlando dei primi discepoli di Gesù, dice: “Erano diventati certamente tempio di Dio, e non lo erano diventati solo come singoli ma tutt’insieme erano diventati tempio di Dio”.

“La vita cristiana non si vive nell’isolamento, come se fosse un’avventura intellettuale o sentimentale, confinata nella nostra mente e nel nostro cuore”, ha commentato Leone XIV: “Si vive con gli altri, in un gruppo, in una comunità, perché Cristo risorto si rende presente fra i discepoli riuniti nel suo nome”. “Sostenere e incoraggiare i fratelli nel cammino cristiano comporta responsabilità, impegno, spesso anche difficoltà e incomprensioni, ma è un compito indispensabile e di grande valore”, l’analisi del Pontefice: “La Chiesa vi è grata per tutto il bene che fate”.

”Le realtà aggregative a cui appartenete sono molto diverse tra loro, per natura e per storia, e tutte sono importanti per la Chiesa”, ha assicurato Leone XIV: “Alcune sono nate per condividere uno scopo apostolico, caritativo, di culto, o per sostenere la testimonianza cristiana in ambienti sociali specifici. Altre, invece, hanno preso origine da una ispirazione carismatica, un carisma iniziale che ha dato vita a un movimento, a una nuova forma di spiritualità e di evangelizzazione. Nella volontà di associarsi, che ha dato origine al primo tipo di aggregazioni, troviamo una caratteristica essenziale: nessuno è cristiano da solo!”.

“Grazie ai carismi che hanno dato origine ai vostri movimenti e alle vostre comunità – l’omaggio del Papa – tante persone si sono avvicinate a Cristo, hanno ritrovato speranza nella vita, hanno scoperto la maternità della Chiesa, e desiderano essere aiutate a crescere nella fede, nella vita comunitaria, nelle opere di carità, e portare agli altri, con l’evangelizzazione, il dono che hanno ricevuto”.

“Considerare i carismi in riferimento alla grazia, al dono dello Spirito”. I carismi “sono distribuiti liberamente dallo Spirito Santo affinché la grazia sacramentale porti frutto nella vita cristiana in modo diversificato e a tutti i suoi livelli”, ha ricordato Leone XIV, secondo il quale “tutto nella Chiesa si comprende in riferimento alla grazia: l’istituzione esiste perché sia sempre offerta la grazia, i carismi sono suscitati perché questa grazia sia accolta e porti frutto”. “Senza i carismi, c’è il rischio che la grazia di Cristo, offerta in abbondanza, non trovi il terreno buono per riceverla!”, ha esclamato il Pontefice, sottolineando che “i doni gerarchici e i doni carismatici sono coessenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù”, come affermava Giovanni Paolo II.

“Unità e missione sono due cardini della vita della Chiesa, e due priorità nel ministero petrino”, ha spiegato Leone XIV: “Questa unità, che voi vivete nei gruppi e nelle comunità, estendetela ovunque: nella comunione con i pastori della Chiesa, nella vicinanza con le altre realtà ecclesiali, facendovi prossimi alle persone che incontrate, in modo che i vostri carismi rimangano sempre a servizio dell’unità della Chiesa e siano essi stessi lievito di unità, di comunione, di fraternità nel mondo così lacerato dalla discordia e dalla violenza”. 

“La missione ha segnato la mia esperienza pastorale e ha plasmato la mia vita spirituale”, ha rivelato il Pontefice a proposito della seconda parola-chiave: “Anche voi avete sperimentato questo cammino. Dall’incontro con il Signore, dalla nuova vita che ha invaso il vostro cuore, è nato il desiderio di farlo conoscere ad altri. E avete coinvolto tante persone, dedicato molto tempo, entusiasmo, energie per far conoscere il Vangelo nei posti più lontani, negli ambienti più difficili, sopportando difficoltà e fallimenti. Tenete sempre vivo tra voi questo slancio missionario: i movimenti anche oggi hanno un ruolo fondamentale per l’evangelizzazione”. “Tra voi ci sono persone generose, ben formate, con esperienza sul campo”, il patrimonio da far fruttificare: “Mettete i vostri talenti a servizio della missione, sia nei luoghi di prima evangelizzazione sia nelle parrocchie e nelle strutture ecclesiali locali, per raggiungere tanti che sono lontani e, a volte senza saperlo, attendono la Parola di vita”.

“Tenete sempre al centro il Signore Gesù!”, la raccomandazione finale: “Questo è l’essenziale, e i carismi stessi servono a questo. Il carisma è funzionale all’incontro con Cristo, alla crescita e alla maturazione umana e spirituale delle persone, all’edificazione della Chiesa. In questo senso, tutti siamo chiamati a imitare Cristo, che spogliò Sé stesso per arricchire noi. Così, chiunque persegue con altri una finalità apostolica o chiunque è portatore di un carisma è chiamato ad arricchire gli altri, spogliandosi di sé. E questo è fonte di libertà e di grande gioia”. Sir 6

 

 

 

 

Papa Leone XIV, incontro con il presidente Mattarella

 

Il Capo dello Stato ha poi incontrato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato - Di Marco Mancini

Città del Vaticano. Papa Leone XIV ha ricevuto oggi in udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Il colloquio privato tra il Papa e Mattarella è durato poco meno di un’ora.

Il Presidente della Repubblica - accompagnato dalla figlia Laura e dal Ministro degli Esteri e Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani – ha poi incontrato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, e Monsignor Miros?aw Wachowski, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Secondo un comunicato vaticano “durante i cordiali colloqui in Segreteria di Stato è stato espresso compiacimento per le buone relazioni bilaterali esistenti. Ci si è soffermati su temi di carattere internazionale, con particolare attenzione ai conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Nel prosieguo della conversazione sono state affrontate alcune tematiche di carattere sociale, con speciale riferimento al contributo della Chiesa nella vita del Paese”.

Papa Leone XIV ed il Presidente Mattarella si erano già brevemente incontrati lo scorso 18 maggio, al termine della Messa di inizio pontificato celebrata dal Papa sul sagrato della Basilica di San Pietro.

Il Papa ha regalato al Presidente italiano il testo del Messaggio dell’ultima Giornata Mondiale della Pace redatto da Papa Francesco. Aci 6

 

 

 

 

Zuppi, il Papa mancato e il leader involontario della sinistra

 

"La politica è l'arte del possibile, ma la fede è l’arte dell’impossibile." (Václav Havel)

Il conclave e la delusione mancata

Lui doveva essere Papa, almeno secondo la narrativa circolata nei mesi che hanno preceduto il Conclave. Un'ipotesi che aveva infiammato le anime progressiste italiane, pronte a vedere nel cardinale Matteo Maria Zuppi non solo un pontefice, ma una vera e propria svolta ecclesiale. Eppure, al momento cruciale, sono mancati proprio i voti dei 18 cardinali italiani. Una beffa tutta interna al collegio cardinalizio tricolore, che ha costretto Zuppi a convergere su Leone XIV, il compromesso scelto tra le varie correnti.

La sua figura, troppo vicina a un'area culturale e politica ben definita, non ha convinto una parte dell’elettorato cardinalizio, probabilmente timoroso di vedere la Chiesa cattolica troppo identificata con una linea ideologica. Quella stessa vicinanza alla Comunità di Sant’Egidio, che lo ha reso il volto della Chiesa del dialogo e dell'accoglienza, è parsa più una zavorra che un vantaggio nella corsa al soglio di Pietro. Il sogno di un Papa “romano di Roma”, vicino agli ultimi e insieme alla borghesia progressista, si è infranto nella concretezza della geopolitica ecclesiastica.

L’incidente dell’8x1000 e il boomerang politico

Poi è arrivato lo scivolone. Zuppi ha accusato il governo Meloni di voler modificare i criteri dell’8x1000, salvo poi scoprire che il provvedimento era in realtà del governo Conte II, a guida giallorossa. Una gaffe che ha scatenato l’ironia del centrodestra e l’imbarazzo di una parte del clero. Eppure, la sinistra ha fatto subito quadrato, confermando che, nel bene o nel male, Zuppi è ormai percepito come un proprio riferimento morale e simbolico.

Demos, costola politica della Comunità di Sant’Egidio nel Pd, ha difeso a spada tratta il porporato. Anche le Acli si sono schierate al suo fianco, attraverso i propri esponenti territoriali, come Chiara Pazzaglia a Bologna. In Consiglio comunale, accanto al sindaco Matteo Lepore, figura Filippo Diaco, ex presidente delle Acli bolognesi e oggi fedelissimo “zuppiano”. L’episodio dell’8x1000, insomma, ha dimostrato più che un errore tattico: ha rivelato quanto sia forte il legame tra Zuppi e un pezzo rilevante della sinistra sociale e culturale italiana.

L'arcivescovo di Bologna come icona culturale

Da tempo il presidente della CEI è diventato un punto di riferimento per l’Italia progressista. Non solo per il suo stile pastorale sobrio, empatico, vicino alla gente, ma anche per il suo linguaggio inclusivo e per le posizioni su temi scottanti come migrazioni, giustizia sociale e pace. È noto il suo invito all’accoglienza dei migranti, più volte ribadito anche in contesti politici ostili. «Accogliere, accogliere, accogliere» è diventato quasi un suo mantra.

Zuppi ha saputo tenere aperto il dialogo con il centrodestra, almeno fino a un certo punto. Proprio per questo, l’attacco (poi smentito) al governo Meloni ha sorpreso molti. Forse, più che una dichiarazione pensata, è stata l’espressione di una pressione montante: quella della sinistra italiana, che vede in lui un faro in un deserto di leadership credibili. Non a caso, il cardinale sarà tra gli ospiti d’onore della "Repubblica delle Idee", kermesse simbolo dell’area progressista, accanto a Elly Schlein, Giuseppe Conte e Maurizio Landini. Un parterre chiaramente schierato, dove la presenza di un alto prelato in abiti ecclesiastici non sembra più stonare.

Zuppi simbolo (suo malgrado) del “campo largo”

Durante il Conclave, circolavano meme con slogan come “La sinistra riparta da Zuppi”. Una semplificazione social, certo, ma che fotografa bene una dinamica: il cardinale non veste la casacca del Partito Democratico, ma il Nazareno e i suoi alleati lo hanno già arruolato de facto. Per molti, incarna una leadership “altra”, un’autorità morale capace di dare senso e coesione a un’area politica che, da sola, fatica a trovare una voce comune.

Cattolico sociale, massimalista il giusto, abile nel dialogo con mondi diversi – dai centri sociali ai nostalgici della Messa in latino – Zuppi è la sintesi di una Chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa. Una definizione che può far sorridere, ma che rende bene il perimetro fluido in cui il porporato si muove con naturalezza. È la “Chiesa jovanottiana”, dove lo spirito evangelico si mescola all’attivismo sociale e alla retorica dell’inclusione. Una formula che il centrosinistra sogna di fare propria per le prossime elezioni, anche solo per intercettare consenso etico in tempi di crisi identitaria.

Considerazioni finali

La figura di Zuppi è, al tempo stesso, un’opportunità e un paradosso. Opportunità per una Chiesa che cerca di uscire dal recinto dell’autoreferenzialità, aprendo dialoghi reali con il mondo politico e sociale. Paradosso, perché più si espone e più rischia di diventare un simbolo di parte, perdendo quella terzietà che dovrebbe contraddistinguere il ruolo di presidente della CEI.

Zuppi non è un politico, né vuole esserlo. Ma in un’Italia sempre più frammentata, dove la ricerca di figure autorevoli diventa spasmodica, il suo nome finisce inevitabilmente nella mischia. Questo lo rende vulnerabile alle strumentalizzazioni, ma al tempo stesso lo conferma come una delle poche personalità capaci di unire mondi opposti. In tempi confusi, è già molto.

Tuttavia, spingere troppo Zuppi dalla loro parte potrebbe rivelarsi un azzardo pericoloso anche per la sinistra stessa. Sbilanciare e politicizzare eccessivamente una figura che dovrebbe parlare al centro dell’elettorato e non solo alla sua ala più ideologica rischia di ottenere l’effetto contrario. È un po’ come caricare di aspettative una squadra troppo sbilanciata in attacco: si può finire travolti in contropiede, proprio come è successo all’Inter in quella famigerata giornata terminata con un drammatico 5 a 0.

E in politica, come nel calcio, il risultato finale è ciò che resta nella memoria. Ed è quello che conta davvero. Carlo Di Stanislao, dip 5

 

 

 

 

“L’educazione alla custodia del Creato fa parte dell’annuncio del Vangelo”

 

Al termine del Pellegrinaggio giubilare di speranza sulle orme della Laudato si’, promosso dalla Conferenza episcopale campana e che ha attraversato le diocesi più colpite dai problemi ambientali, il presidente della Cec invita a sensibilizzare le coscienze, inserendo questo tema nella predicazione e negli itinerari della fede – Di Gigliola Alfaro

Da Pompei a Napoli, passando attraverso l’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, la diocesi di Nola, di Acerra, di Aversa, di Caserta, di Teano Calvi, di Sessa Aurunca, l’arcidiocesi di Capua e la diocesi di Pozzuoli: sono le tappe che hanno scandito il Pellegrinaggio giubilare di speranza sulle orme della Laudato si’, promosso dalla Conferenza episcopale campana (Cec) per celebrare i dieci anni dell’enciclica sulla cura della Casa comune e gli 800 anni del Cantico delle creature. Per un bilancio dell’iniziativa parliamo con mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Cec.

Eccellenza, com’è andata l’iniziativa?

Gli obiettivi sono stati raggiunti perché il Pellegrinaggio giubilare è stato il punto di arrivo dell’impegno di questi anni, un impegno che risale ad anni lontani, ben prima della Laudato si’. L’enciclica di Papa Francesco nel 2015 ha dato impulso e vigore, ma l’impegno delle nostre Chiese risale almeno a una ventina di anni fa. Il Pellegrinaggio ci ha offerto la possibilità di fare un bilancio del cammino compiuto.

Ora si tratta di continuare il cammino intrapreso, di far crescere ancora di più la sensibilità della gente e dei nostri fedeli alla cura del Creato e di impegnarci in alcuni aspetti: di vigilanza, di denuncia, di formazione delle coscienze, di coordinamento da parte delle nostre Chiese e anche degli altri soggetti che dovrebbero essere impegnati nella questione, come cittadini, istituzioni, movimenti, comitati, Medici per l’ambiente. Il Pellegrinaggio è stato una conferma del cammino compiuto, ma occorre fare ancora tanto. Siamo appena agli inizi di un’opera immane di sensibilizzazione.

Al termine del Pellegrinaggio, il 31 maggio a Napoli, i partecipanti hanno diffuso un messaggio, nel quale, tra l’altro, chiedono a voi la denuncia profetica e sistematica degli scempi ambientali, della collusione, dell’omertà, della corruzione…

Dobbiamo essere ancora più concreti. La denuncia fine a sè stessa è sterile. Occorre collaborare anche con le istituzioni.

La denuncia viene in momenti di crisi, quando le istituzioni – la Regione, i Comuni – vengono meno ai loro compiti. Oggi le istituzioni stanno rispondendo in un certo modo. C’è un bel dialogo con la Regione. Il Governo ha nominato il commissario per le bonifiche. Se le cose non dovessero andare come previsto, noi saremo sempre i primi a tenere alta l’attenzione.

Ci sono anche altre richieste dei pellegrini a voi vescovi, come la creazione di un servizio di Custodia del Creato e l’inserimento delle tematiche ambientali nella vita ordinaria della Chiesa…

Molte diocesi non hanno o hanno solo sulla carta un Ufficio per la cura del Creato. Occorre creare un Ufficio che educhi le nostre comunità, già ci stiamo impegnando su questo. L’altra richiesta è chiedere ai nostri preti di fare entrare questi temi nella predicazione. La Laudato si’ è sconosciuta ancora in gran parte delle nostre comunità. Far entrare l’educazione alla custodia del Creato insieme a quella della giustizia e della pace nelle catechesi ordinarie, nel cammino della prima Comunione, negli itinerari di fede ordinari delle nostre comunità è importante. Questo lo stiamo dicendo già da tanto tempo noi vescovi. Altrimenti, avviene che la sensibilità verso la custodia del Creato, la conoscenza della Laudato si’ diventi appannaggio solo di alcune élite ecclesiali, ma poi di fatto è assente nella moltitudine dei credenti, delle parrocchie. Questo è molto grave: si creerebbero due cammini paralleli, quello “comune” delle parrocchie e quello più particolare dei gruppi Laudato si’ o di altri che hanno la sensibilità verso la cura del Creato. Non mi stanco mai di dirlo: l’educazione alla custodia del Creato non è una cosa a parte dall’annuncio del Vangelo. No, è parte integrante dell’evangelizzazione.

Noi crediamo in un Dio Creatore del cielo e della terra, lo ripetiamo ogni domenica nel Credo, la Bibbia ha pagine stupende sulla Creazione, sul Giardino. Questo tema rientra nell’annuncio del Vangelo, come del resto l’impegno della giustizia. Evangelizzazione e promozione umana, Vangelo e carità. Quella “e” è molto importante, invece c’è ancora separazione tra i due ambiti. Non andiamo lontano quando la fede si riduce solo alle sagrestie e alle cose sacre, ma non entra nel vissuto della gente.

Cosa pensa della proposta di costituzione di un Osservatorio permanente interdiocesano di riflessione, studio, proposte e azioni sulle tematiche socio-ambientali?

Io credo che non sia una questione di strutture, dobbiamo educare le coscienze. Dovrebbe bastare già una struttura: l’Ufficio diocesano per l’educazione alla custodia del Creato. Se già funzionasse quello sarebbe un passo importante. Poi è chiaro che ci sono forme di comunione tra le diocesi: il Pellegrinaggio stesso è stato preparato dai responsabili delle varie diocesi. Da dicembre hanno lavorato insieme per raggiungere questa meta. Questo è un segno di comunione. Costituire un ente lascia il tempo che trova, è importante avere delle forme di comunione, di cammino tra le diocesi.

Ci saranno altri Pellegrinaggi in futuro?

Dobbiamo individuare altre forme di comunione. Nel 2025 il Pellegrinaggio è stato scelto perché siamo nell’Anno Santo. Il Pellegrinaggio è tipico del Giubileo. Non c’è solo il Pellegrinaggio a Roma, il Pellegrinaggio è la metafora della vita. L’importante ora è camminare insieme.

Quanto è diffusa, secondo lei, nella società la consapevolezza che la custodia del Creato è cruciale oggi?

Siamo ancora all’inizio di una crescita di sensibilità. Bisogna insistere fortemente e non sottovalutare che il cammino è tutto in salita, bisogna combattere anche contro la rassegnazione, che è una minaccia costante. Se le istituzioni non provvedono alle bonifiche, è chiaro che la rassegnazione cresce. Bisogna combattere anche contro uno stile di vita di “non educazione”. Non ce la prendiamo solo con le leggi e le istituzioni; anche il singolo cittadino deve rispettare la pulizia del Giardino. Serve una rivoluzione culturale.

La Campania è una regione eterogenea: c’è una grande città come Napoli, cittadine turistiche lungo le coste che si affollano d’estate, tante aree interne dove c’è tanto verde ma anche spopolate: queste diverse situazioni di partenza possono rendere più difficile far crescere in tutta la popolazione campana la sensibilità verso la Casa comune?

Bisogna certamente mettere insieme le diverse anime della Regione, ma se non si riesce è fondamentale che non si faccia di un’area – quella tra Napoli e Caserta – il polo dell’immondizia, salvaguardando le altre zone. Ciò sarebbe nefasto. Per questo è importantissima l’opera educativa in tutta la regione a cui sono chiamate tutte le diocesi, non solo quelle che hanno problemi ambientali. Sir 4

 

 

 

 

Il Papa: “Rimboccati le maniche, perché il Signore è generoso e non sarai deluso”

 

Ancora una volta una parabola su cui soffermarci...Di Veronica Giacometti

Città del Vaticano. Papa Leone XIV anche questo mercoledì mattina torna in Piazza San Pietro per la sua terza Udienza Generale. La giornata calda e assolata non ha fermato i tanti fedeli pronti a salutare il Pontefice e ascoltare la catechesi del Papa su “Gesù Cristo nostra speranza”, incentrando la sua meditazione sul tema “Gli operai nella vigna. E disse loro: Andate anche voi nella vigna”. Ancora una volta una parabola su cui soffermarci.

“A volte abbiamo l’impressione di non riuscire a trovare un senso per la nostra vita: ci sentiamo inutili, inadeguati, proprio come degli operai che aspettano sulla piazza del mercato, in attesa che qualcuno li prenda a lavorare. Ma a volte il tempo passa, la vita scorre e non ci sentiamo riconosciuti o apprezzati. Forse non siamo arrivati in tempo, altri si sono presentati prima di noi, oppure le preoccupazioni ci hanno trattenuto altrove. La metafora della piazza del mercato è molto adatta anche per i nostri tempi, perché il mercato è il luogo degli affari, dove purtroppo si compra e si vende anche l’affetto e la dignità, cercando di guadagnarci qualcosa. E quando non ci si sente apprezzati, riconosciuti, si rischia persino di svendersi al primo offerente. Il Signore ci ricorda invece che la nostra vita vale, e il suo desiderio è di aiutarci a scoprirlo”, spiega bene il Pontefice.

“Anche nella parabola che oggi commentiamo ci sono degli operai in attesa di qualcuno che li prenda a giornata. Siamo nel capitolo 20 del Vangelo di Matteo e anche qui troviamo un personaggio che ha un comportamento insolito, che stupisce e interroga. È il padrone di una vigna, il quale esce di persona per andare a cercare i suoi operai. Evidentemente vuole stabilire con loro un rapporto personale – racconta ancora Papa Leone XIV - come dicevo, si tratta di una parabola che dà speranza, perché ci dice che questo padrone esce più volte per andare a cercare chi aspetta di dare un senso alla sua vita. Il padrone esce subito all’alba e poi, ogni tre ore, torna a cercare operai da mandare nella sua vigna. Seguendo questa scansione, dopo essere uscito alle tre del pomeriggio, non ci sarebbe più ragione di uscire ancora, perché la giornata lavorativa terminava alle sei. Questo padrone instancabile, che vuole a tutti i costi dare valore alla vita di ciascuno di noi, esce invece anche alle cinque. Gli operai che erano rimasti sulla piazza del mercato avevano probabilmente perso ogni speranza. Quella giornata era andata a vuoto. E invece qualcuno ha creduto ancora in loro”, commenta il Papa.

“Ed ecco che l’originalità di questo padrone si vede anche alla fine della giornata, al momento della paga. Con i primi operai, quelli che vanno nella vigna all’alba, il padrone si era accordato per un denaro, che era il costo tipico di una giornata di lavoro. Agli altri dice che darà loro quello che è giusto. Ed è proprio qui che la parabola torna a provocarci: che cosa è giusto? Per il padrone della vigna, cioè per Dio, è giusto che ognuno abbia ciò che è necessario per vivere. Lui ha chiamato i lavoratori personalmente, conosce la loro dignità e in base ad essa vuole pagarli. E dà a tutti un denaro. Il racconto dice che gli operai della prima ora rimangono delusi: non riescono a vedere la bellezza del gesto del padrone, che non è stato ingiusto, ma semplicemente generoso, non ha guardato solo al merito, ma anche al bisogno. Dio vuole dare a tutti il suo Regno, cioè la vita piena, eterna e felice. E così fa Gesù con noi: non fa graduatorie, a chi gli apre il cuore dona tutto Sé stesso.”, spiega bene il Pontefice.

“Alla luce di questa parabola, il cristiano di oggi potrebbe essere preso dalla tentazione divpensare: “Perché cominciare a lavorare subito? Se la remunerazione è la stessa, perché lavorare di più?”. A questi dubbi Sant’Agostino rispondeva dicendo: «Perché dunque ritardi a seguire chi ti chiama, mentre sei sicuro del compenso ma incerto del giorno? Bada di non togliere a te stesso, a causa del tuo differire, ciò ch’egli ti darà in base alla sua promessa. Vorrei dire, specialmente ai giovani, di non aspettare, ma di rispondere con entusiasmo al Signore che ci chiama a lavorare nella sua vigna. Non rimandare, rimboccati le maniche, perché il Signore è generoso e non sarai deluso! Lavorando nella sua vigna, troverai una risposta a quella domanda profonda che porti dentro di te: che senso ha la mia vita?”, conclude infine Papa Leone XIV. aci 4

 

 

 

 

Sostentamento del clero, il card. Zuppi: "La trasparenza è importantissima"

 

A Bologna si celebrano i 40 anni della legge sul sostentamento del clero - Di Marco Mancini

Bologna. “Amministrarci bene è importante, perché ne va anche dalla nostra immagine, perché siamo visti, come siamo in realtà, una cosa sola, perché siamo la Chiesa e quindi abbiamo una responsabilità. Anche nel nostro cammino sinodale è venuta fuori in maniera evidente l’indicazione sulla trasparenza e credo che sia importantissima.”. Lo ha detto il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, intervenendo ieri a Bologna  al convegno dal titolo “1985-2025 – Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Istituto centrale per il Sostentamento del clero nel quarantesimo anniversario dalla legge n. 222/1985.

La legge di 40 anni fa, successiva alla revisione del Concordato, ricorda la Cei, “ha segnato una svolta nei rapporti tra Stato e Chiesa, dando forma a un sistema basato su autonomia, trasparenza e corresponsabilità ecclesiale. L’introduzione del nuovo assetto ha permesso di superare definitivamente l’antico modello della congrua e dei benefici ecclesiastici, promuovendo un sostegno dignitoso e uniforme a tutti i sacerdoti impegnati nel ministero pastorale”.

A margine, il porporato è entrato in polemica con il Governo sulla questione dell’8xmille. “Come Cei – ha spiegato - siamo delusi dalla decisione del Governo di modificare in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8xmille di pertinenza dello Stato. Una decisione che va contro la logica pattizia dell’accordo, creando una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica sia le altre confessioni religiose firmatarie di intese con lo Stato”.

Dal canto suo, Palazzo Chigi ha spiegato che la modifica per chi destina allo Stato l’8xmille la facoltà di scegliere fra 5 tipologie diverse d’intervento di cui parla il Cardinale Zuppi è “stata introdotta dalla maggioranza parlamentare che sosteneva il secondo governo Conte. Nel 2023 il Governo ha semplicemente inserito una sesta finalità, legata alle comunità di recupero dalle tossicodipendenze”. Aci 4

 

 

 

 

 

A Roma finora 5,5 mln pellegrini, previsto 1 mln tra 28/07 e 3/08

 

Presentata indagine Cattolica per il turismo-Ce.R.T.A. su impatto

Roma. "Oltre 5,5 milioni è la stima di pellegrini già arrivati a Roma per il Giubileo della Speranza nei primi cinque mesi del 2025. E se ne attendono 1 milione per il Giubileo dei Giovani e la Giornata Mondiale della Gioventù, prevista tra il prossimo 28 luglio e il 3 agosto". I dati emergono dalla ricerca realizzata da Ce.R.T.A. - Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi sul racconto mediatico del Giubileo della Speranza e su come oggi possa essere inteso un turismo spirituale o religioso. La ricerca, che evidenzia la "rilevanza del Giubileo 2025 per la città di Roma e, più in generale, per il territorio regionale e quello nazionale", è stata presentata oggi a Roma in occasione dell'evento dal titolo 'Giubileo 2025. Pratiche di viaggio spirituale e impatto sui territori', organizzato da Cattolica per il Turismo, con Ce.R.T.A. e Publitalia '80. L'iniziativa si è svolta nella Sala Italia del Centro Congressi Europa dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Le quattro dimensioni del Giubileo - Il Giubileo 2025, che nei suoi primi cinque mesi si allinea al precedente Anno Santo in termini di viaggiatori coinvolti, genera un impatto su "quattro dimensioni diverse e correlate", hanno fatto sapere i ricercatori. Su Roma, con le sue cinque porte sante (le quattro basiliche e quella del carcere di Rebibbia), mete dei pellegrinaggi. Poi, la reticolarità 'fisica' dei territori limitrofi che sono coinvolti per viaggi a vocazione religiosa, spirituale o culturale, nella Regione Lazio ma anche al di fuori di Viterbo e la Tuscia (15% di turisti stranieri nei musei), Napoli (previsti 4 milioni di turisti da Roma), l'Umbria (nel primo trimestre 2025 presenze in crescita dell'8%) e Assisi (218mila presenze)". 

Altra dimensione è la reticolarità tecnologica e 'virtuale': grazie a tools, tra cui la WebApp Cammini della fede, che agevola i cammini dei fedeli, c'è la possibilità di prenotare visite sacre e itinerari turistici in Vaticano tramite web; l'assistente virtuale Julia, che aiuta i pellegrini nella loro visita a Roma, e la possibilità di visitare San Pietro grazie alla realtà virtuale. Infine, la dimensione mediatica del racconto del Giubileo, che "va valutata in un impatto turistico sui territori nel lungo periodo, anche dopo la conclusione dell'Anno Santo".

Giubileo, senso religioso e impatto turistico - Sono dieci le 'cornici di senso' del Giubileo 2025, cioè le varie modalità di declinazione del racconto dell'Anno Santo con cui i media hanno narrato l'evento finora. In particolare, emerge dall'indagine, 'sociale', 'economica', oltre che 'salvifica' e 'identitaria', queste ultime entrambe cornici di senso legate alla natura cristiana e cattolica dell'Anno Santo. Sui media italiani prevalgono le narrazioni 'religiosa', che considera il Giubileo come momento di rilevanza spirituale, 'divulgativa', che lo considera come evento da raccontare e spiegare anche per chi non ne conosce il significato e 'avversativa', che considera l'Anno Santo come evento che impatta sui territori, comportando talvolta anche delle criticità.

Modelli di viaggiatori - La ricerca ha delineato quattro modelli di viaggiatore: la figura dell'eremita, dedito a una vacanza contemplativa e di meditazione, alla ricerca di una connessione tra spiritualità e natura; quella del pellegrino, che intraprende un itinerario di devozione, come rinnovo di fede condiviso con altri; l'entusiasta, che affronta il viaggio come occasione di divertimento; il mindful explorer, che cerca esperienze di esclusività e autenticità, occasioni di contatto privilegiato con i luoghi che incontra.

A novembre 2025 nuovi output della ricerca sul Giubileo - Lo studio proseguirà con un'indagine quantitativa su un campione di viaggiatori italiani ed europei che si sono recati a Roma in vista del Giubileo o che hanno intenzione di farlo: tra gli obiettivi, si analizzeranno il valore e il senso del viaggio spirituale, pesando le quattro figure di 'viaggiatore spirituale', per scoprire connessioni con altre forme di turismo (culturale, enogastronomico, sportivo, green) e mappare luoghi, destinazioni, esperienze del Giubileo ma non solo. I risultati dell'intero lavoro saranno presentati in Università Cattolica a novembre 2025. Agenzia Dire 4

 

 

 

 

 

La geopolitica conciliare di Leone XIV

 

Che ruolo giocherà Leone XIV nella geopolitica globale e nella difesa dei diritti umani? Per capirlo serve uno sguardo a un passato recente. La Chiesa cattolica si trovava nella necessità drammatica di fare fronte a questa sfida. In Europa dell’Est c’era il problema parallelo della pressione del comunismo; poi, dopo il 1989, anche lì sono arrivati in forze i pentecostali e altri gruppi fortemente proselitisti. La lezione di san Giovanni Paolo II, secondo cui l’essenziale del Concilio era la nuova evangelizzazione, è nata in questi contesti e lì è stata compresa più rapidamente. Oggi Leone XIV la ripropone, naturalmente con il suo stile proprio. Non avendo partecipato al Concilio, sente forse come meno viva la preoccupazione di quale sia l’ermeneutica con cui va interpretato, mentre Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI erano stati protagonisti in prima persona del Concilio e delle successive discussioni; e questo, paradossalmente, lo rende più libero di vivere la lezione evangelizzatrice del Concilio. 

Uscire e evangelizzare: il dialogo con gli ortodossi

Giovanni Paolo II ha tracciato la via del Concilio inteso soprattutto come momento di annuncio e di evangelizzazione, e Benedetto XVI l’ha difesa contro possibili deviazioni, non solo «di sinistra» – per usare un brutto ma comprensibile gergo politico – ma anche «di destra». Leone XIV, in continuità con Francesco, attua il Concilio soprattutto nell’invito a «uscire» e a evangelizzare, senza continuare a parlarsi addosso, ciascuno nella propria sacrestia, in riunioni autoreferenziali. Tutto il resto del Magistero di Leone XIV ruota intorno a questo nucleo centrale. 

Papa Francesco era molto interessato all’ecumenismo, come i suoi predecessori, e condivideva con san Giovanni XXIII, che era stato nunzio in Bulgaria, e con Benedetto XVI lo speciale interesse per le Chiese ortodosse. A un Papa polacco, per ragioni storiche che riguardano la Polonia, che si è sempre percepita come baluardo di latinità contro l’espansione ortodossa che partiva dalla Russia, il dialogo con gli ortodossi riusciva oggettivamente meno facile. C’è però una forte continuità con i predecessori quando sentivamo Francesco affermare, e lo faceva spesso, che il vero ecumenismo non va confuso con il relativismo e con il sincretismo. Un avvicinamento che ha portato allo storico abbraccio a Cuba tra Francesco e il patriarca di Mosca. 

Ermeneutica della discontinuità e ermeneutica della continuità

Il nodo fondamentale sono le due ermeneutiche che, diceva Benedetto XVI, hanno litigato fra loro per l’interpretazione del Concilio: ermeneutica della discontinuità e della rottura da una parte, ermeneutica della riforma nella continuità dall’altra. Queste ermeneutiche, diceva sempre Benedetto XVI, non si applicano solo al Concilio ma a tutta la vita della Chiesa. Oggi le vediamo all’opera nel modo di leggere il Magistero di Francesco prima e di Leone XIV ora. C’è chi ha letto la sua «Chiesa povera per i poveri» e riformatrice secondo un’ermeneutica della rottura, come se sancisse un taglio netto e un rifiuto del Magistero dei suoi predecessori. È la lettura che hanno fatto di Francesco sia certi progressisti immaturi, come li ha chiamati lo stesso papa Bergoglio, per applaudirlo in un modo capzioso e improprio, sia i cosiddetti tradizionalisti per denigrarlo e denunciarlo come eretico. Il pontefice invece era molto attento a citare spesso, e con particolare attenzione quando enunciava aspetti che potevano sembrare particolarmente innovativi, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che non a caso sono i due autori più citati nell’enciclica Laudato si’. Riferendosi alla Chiesa povera per i poveri, Francesco citava continuamente i suoi predecessori. E naturalmente tutti citano il Vangelo, che alla fine è la vera radice della continuità.

Accettare le riforme proposte per leggerle in un’ottica di continuità

Perciò applicare al Magistero di Francesco prima e di Leone XIV ora l’ermeneutica della riforma nella continuità significa accettare lealmente le riforme che ciascun Papa propone e proporrà, leggendole insieme nella continuità con il Magistero dei suoi predecessori, anche quando questo dovesse essere a prima vista difficile: ma Benedetto XVI ci ha mostrato quanto difficile fosse questo per certi passaggi del Concilio. 

La nozione di misericordia fa parte della tradizione cristiana e del patrimonio del Vaticano II, ma il modo di presentarla di papa Francesco si sarebbe capito difficilmente senza la grande apostola della Divina Misericordia, santa Faustina Kowalska. E qui si rintraccia un altro elemento di continuità, perché la devozione a santa Faustina unisce san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco e Leone XIV. La misericordia non può però essere disgiunta dalla verità e dalla giustizia, proprio per essere credibile e per mantenersi fedeli ai documenti del Concilio. 

Anche qui chi legge Francesco secondo un’ermeneutica della discontinuità e della rottura cerca di separare la misericordia dalla dottrina: sul fronte progressista per proclamare che la dottrina è «scaduta» come se fosse uno yogurt, e sul fronte cosiddetto tradizionalista per sostenere che la misericordia di Francesco prima e di Leone ora nega la dottrina e quindi è eterodossa. Posizioni sbrigative molto più facili rispetto allo sforzo difficile di tenere insieme misericordia e verità, che però corrisponde allo spirito del Vangelo. 

Leone XIV può utilizzare, in tema di Internet e social network, uno straordinario patrimonio costruito con i messaggi per le Giornate mondiali delle comunicazioni sociali da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Questi messaggi contengono alcune delle più raffinate e profetiche analisi delle sfide, le opportunità e i rischi del mondo digitale. Ciascun Papa li legge, li cita, e su queste basi costruisce un vasto programma per evangelizzare i giovani delle generazioni digitali. Giacomo Galeazzi, AffInt 3

 

 

 

 

Leone XIV: Chiesa, "pescatrice di famiglie"

 

Il Messaggio di papa Leone XIV per i partecipanti al Seminario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. La missione della Chiesa per le famiglie di oggi - Di Antonio Tarallo

Città del Vaticano. “Sono lieto che, all’indomani della celebrazione del Giubileo delle Famiglie, dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, un gruppo di esperti si sia riunito presso il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita a riflettere sul tema: Evangelizzare con le famiglie di oggi e di domani. Sfide ecclesiologiche e pastorali. Tale tema ben esprime la preoccupazione materna della Chiesa per le famiglie cristiane presenti in tutto il mondo: membra vive del Corpo mistico di Cristo e primo nucleo ecclesiale a cui il Signore affida la trasmissione della fede e del Vangelo, specialmente alle nuove generazioni”. Con queste parole inizia il Messaggio che papa Leone XIV ha voluto inviare ai partecipanti al Seminario “Evangelizzare con le famiglie di oggi e di domani. Sfide ecclesiologiche e pastorali”, organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Seminario di due giorni che si apre oggi e si chiude domani, 3 giugno. 

Papa Leone XIV cita nel Messaggio Sant’Agostino: “Come in Te abbiamo la sorgente della vita, così nella tua luce vedremo la luce”. Una frase che fa riflettere il pontefice sul tempo presente “caratterizzato da una crescente ricerca di spiritualità, riscontrabile soprattutto nei giovani, desiderosi di relazioni autentiche e di maestri di vita”. Proprio per questa sete è importante, allora, “che la comunità cristiana sappia gettare lo sguardo lontano, facendosi custode, davanti alle sfide del mondo, dell’anelito di fede che alberga nel cuore di ognuno”. Papa Leone XIV riscontra particolarmente urgente, “in questo sforzo, rivolgere un’attenzione speciale a quelle famiglie che, per vari motivi, sono spiritualmente più lontane: a quelle che non si sentono coinvolte, che si dicono non interessate, oppure che si sentono escluse dai percorsi comuni, ma nondimeno vorrebbero essere in qualche modo parte di una comunità, in cui crescere e con cui camminare”.

Il suo sguardo è poi rivolto a tutti coloro che “ignorano l’invito all’incontro con Dio”. Di fronte a questo bisogno, il pontefice lamenta una sempre più diffusa “privatizzazione” della fede che “impedisce spesso a questi fratelli e sorelle di conoscere la ricchezza e i doni della Chiesa, luogo di grazia, di fraternità e d’amore”. Ed è così, allora, che anche se magari possono esserci “sani e santi desideri” in queste persone, molti “cercano sinceramente dei punti di appoggio per salire i sentieri belli della vita e della gioia piena, molti finiscono coll’affidarsi a falsi appigli che, non reggendo il peso delle loro istanze più profonde, li lasciano scivolare di nuovo verso il basso, allontanandoli da Dio e rendendoli naufraghi in un mare di sollecitazioni mondane”. Tra queste persone ci sono genitori e figli, molto spesso “alienati da modelli di vita illusori, dove non c’è spazio per la fede, alla cui diffusione contribuisce non poco l’uso distorto di mezzi in sé potenzialmente buoni – come i social – ma dannosi quando fatti veicolo di messaggi ingannevoli”.

E’ la Chiesa, allora, che ha “desiderio di andare a “pescare” questa umanità, per salvarla dalle acque del male e della morte attraverso l’incontro con Cristo”. Nel Messaggio, inoltre, ricordando san Giovanni Paolo II, viene sottolineata l’importanza del Matrimonio cristiano (contrapposto alla convivenza): i giovani che convivono, avrebbero piuttosto “bisogno di qualcuno che mostri loro in modo concreto e comprensibile, soprattutto con l’esempio della vita, cos’è il dono della grazia sacramentale e quale forza ne deriva”. Come, allo stesso modo, tanti genitori nell’educare alla fede dei figli, “necessitano di comunità che li sostenga nel creare le condizioni affinché questi possano incontrare Gesù”. 

La fede - sottolinea il Messaggio di papa Leone XIV - “è anzitutto risposta a uno sguardo d’amore”, e non “un insieme di precetti da rispettare”: è importante, dunque, presentare ai giovani d’oggi la fede come “esperienza meravigliosa dell’incontro con Gesù, Dio che si dona a noi”. Fa appello ai Vescovi: sono loro che devono farsi “pescatori di famiglie”. Senza però tralasciare il ruolo dei laici che “sono chiamati a lasciarsi coinvolgere in tale missione, divenendo, accanto ai Ministri ordinati, “pescatori” di coppie, di giovani, di bambini, di donne e uomini di ogni età e condizione, affinché tutti possano incontrare Colui che solo può salvare”. 

Una missione che che bisogno della promozione dell’ “incontro con la tenerezza di Dio, che valorizza e ama la storia di ciascuno. Non si tratta di dare, a domande impegnative, risposte affrettate, quanto piuttosto di farsi vicini alle persone, di ascoltarle, cercando di comprendere con loro come affrontare le difficoltà, pronti anche ad aprirsi, quando necessario, a nuovi criteri di valutazione e a diverse modalità di azione, perché ogni generazione è diversa dall’altra e presenta sfide, sogni e interrogativi propri”. Tutto ciò ricondandosì sempre che “Gesù Cristo rimane lo stesso ieri e oggi e per sempre”. Aci 2

 

 

 

 

 

Emilia-Romagna: non solo immigrati. Zuppi: “Siamo inaccoglienti”

 

Non solo immigrati. L’Emilia-Romagna si è collocata nel 2024 al quarto posto delle partenze di Italiani verso l’estero dopo Lombardia, Veneto e Sicilia. L’ultimo dato parla di 265.103 Emiliano-Romagnoli nel mondo di cui oltre 51000 (51.253) dalla città metropolitana di Bologna. Per studiare il fenomeno anche nelle sue ricadute pastorali, si è riunita a Bologna la Consulta Regionale Migrantes dell’Emilia-Romagna, composta dai direttori degli uffici di pastorale migratoria delle diocesi della regione.

All’incontro ha partecipato Delfina Licata della Fondazione Migrantes, curatrice del Rapporto italiani nel mondo, e Gianfranco Coda della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo. Sono circa 80 le associazioni di Emiliano-Romagnoli attive in vari paesi del mondo, soprattutto in Sud America e in Europa.

L’Italia registra l’età media più alta (48 anni e mezzo contro i 44 e mezzo del resto dell’Europa) e il tasso di fertilità più basso (1,24 rispetto all’1,46 in Europa). Intanto quasi la metà degli italiani che hanno lasciato l’Italia hanno meno di 24 anni, soprattutto verso altri paesi europei (UK, Francia e Germania) o verso le Americhe (USA, Brasile e Argentina).

«Siamo inaccoglienti», rileva con una certa amarezza il cardinale Zuppi, in un breve saluto rivolto alla consulta regionale. Il Cardinale ha evidenziato la forte connessione dei fenomeni relativi alla mobilità. «I due meccanismi dell’immigrazione di stranieri e dell’emigrazione degli italiani soprattutto giovani sono molto collegati». Le cause? Redditi bassi, precarietà lavorativa, assenza di welfare. Per questo sempre più Italiani preferiscono metter su famiglia all’estero. L’emigrazione è diventata il nuovo ascensore sociale.

C’è una ferita migratoria che non si risana. Tra affitti troppo alti e costo della vita proibitivo, le nostre città diventano impermeabili a giovani e neolaureati. Un processo che accentua inevitabilmente la desertificazione dei territori, privati delle loro menti più produttive e creative.  Cresce perfino il numero di stranieri immigrati in Italia che, una volta acquisita la nostra cittadinanza, ripartono per altre destinazioni.

Intanto l’Istat registra il fatto che l’85%  dei ragazzi non italiani, residenti nel nostro paese, si sente italiano pur non essendo riconosciuto tale. L’Italia – e in essa la nostra regione – perde appeal, tanto per i giovani italiani, quanto per gli stranieri. Poco o nulla si fa per incentivare percorsi legali di una immigrazione divenuta strutturale, oltre che conveniente, per affrontare tanto i problemi demografici che quelli economici. (Ufficio Migrantes Bologna 1)

 

 

 

 

Il Papa: “Dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli”

 

Giubileo delle famiglie. "Il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna"- Di Veronica Giacometti

Città del Vaticano. Nell’omelia della Messa del Giubileo delle famiglie, dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, di domenica 1 giugno, Papa Leone XIV riprende il Vangelo odierno e sottolinea Gesù che prega per noi. E chiede di essere “una sola cosa”.

“Il Signore non vuole che noi, per unirci, ci sommiamo in una massa indistinta, come un blocco anonimo, ma desidera che siamo uno: Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola. L’unità, per la quale Gesù prega, è così una comunione fondata sull’amore stesso con cui Dio ama, dal quale vengono al mondo la vita e la salvezza. E come tale è prima di tutto un dono, che Gesù viene a portare”, dice Papa Leone XIV in Piazza San Pietro.

Per il Giubileo delle Famiglie, Papa Leone XIV, ha fatto un lungo giro in papamobile per salutare tutti i presenti. Oggi a Roma è una giornata estiva, sole e tanti gradi.

“Ascoltiamo ammirati queste parole: Gesù ci sta rivelando che Dio ci ama come ama sé stesso. Il Padre non ama noi meno di quanto ami il suo Figlio Unigenito, cioè infinitamente. Dio non ama meno, perché ama prima, ama per primo! Ascoltare oggi questo Vangelo, durante il Giubileo delle Famiglie e dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, ci riempie di gioia”, dice il Papa.

“Carissimi, noi abbiamo ricevuto la vita prima di volerla. Non solo. Appena nati abbiamo avuto bisogno degli altri per vivere, da soli non ce l’avremmo fatta: è qualcun altro che ci ha salvato, prendendosi cura di noi, del nostro corpo come del nostro spirito. Tutti noi viviamo, dunque, grazie a una relazione, cioè a un legame libero e liberante di umanità e di cura vicendevole. È vero, a volte questa umanità viene tradita. Ad esempio, ogni volta che s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere. Tuttavia, anche davanti al male, che contrappone e uccide, Gesù continua a pregare il Padre per noi, e la sua preghiera agisce come un balsamo sulle nostre ferite, diventando per tutti annuncio di perdono e di riconciliazione”, rassicura il Pontefice.

 “E non dimentichiamo: dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli”, sottolinea Leone XIV.

Poi il Pontefice fa alcuni esempi: “Penso a Louis e Zélie Martin, i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino; come pure i Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, la cui vita familiare si è svolta a Roma nel secolo scorso. E non dimentichiamo la famiglia polacca Ulma: genitori e bambini uniti nell’amore e nel martirio. Dicevo che si tratta di un segno che fa pensare. Sì, additando come testimoni esemplari degli sposi, la Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società”.

“Il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo”, rimarca Leone XIV. “E voi, figli, siate grati ai vostri genitori: dire “grazie”, per il dono della vita e per tutto ciò che con esso ci viene donato ogni giorno”, consiglia il Pontefice.

“Infine a voi, cari nonni e anziani, raccomando di vegliare su coloro che amate, con saggezza e compassione, con l’umiltà e la pazienza che gli anni insegnano”, questo il consiglio ai nonni. “In famiglia, la fede si trasmette insieme alla vita, di generazione in generazione: viene condivisa come il cibo della tavola e gli affetti del cuore. Ciò la rende un luogo privilegiato in cui incontrare Gesù, che ci vuole bene e vuole il nostro bene, sempre”, dice ancora il Pontefice.

Infine un ricordo ai papà e le mamme, le nonne e i nonni, i fratelli, le sorelle e i figli c”he già ci hanno preceduto nella luce della sua Pasqua eterna, e che sentiamo presenti qui, insieme a noi, in questo momento di festa”. aci 1

 

 

 

 

 

Papst: Sport als Weg des Glaubens

 

Mit einer feierlichen Messe hat Papst Leo XIV. an diesem Dreifaltigkeitssonntag die Heilig-Jahr-Feier der Sportler ausklingen lassen. Bei dem Gottesdienst im Petersdom würdigte das Kirchenoberhaupt den Sport als eine tägliche Schule der Tugend, des Glaubens und der Gemeinschaft, die nicht nur als Training für den Körper, sondern auch als Weg zur Heiligkeit verstanden werden kann.

Silvia Kritzenberger - Vatikanstadt

Mehr als 3.500 Sportler und Sportbegeisterte waren der Einladung der Kirche gefolgt, mit der ihnen gewidmeten Heilig-Jahr-Feier einen Aspekt des menschlichen Lebens zu feiern, der auch dem selbst sportbegeisterten Papst Leo am Herzen liegt.

Wegen der hochsommerlichen Temperaturen in Rom musste die Messfeier zwar in den Petersdom verlegt werden. Die Rompilger erwartete an diesem Wochenende aber dennoch ein buntes Programm: am Samstagvormittag hatten sie bei einer Konferenz zum Thema „Sport und Hoffnung“ die Gelegenheit, Spitzensportler, Vertreter internationaler Sportorganisationen, Sportwissenschaftler und Sportseelsorger zu treffen – und an der zusätzlichen Generalaudienz teilnehmen, zu der Papst Leo die Heilig-Jahr-Pilger in den Petersdom geladen hatte. 

Eindrücke vom Jubiläum des Sports

Auf der zum „Sportler-Dorf“ umfunktionierten historischen „Piazza del Popolo“ waren dann am Nachmittag Informationsstände und verschiedene Aktivitäten geboten – und ab 17 Uhr ging es mit Fackeln und Pilgerkreuz zum Petersplatz, wo die Pilger die Heilige Pforte am Petersdom durchschreiten konnten. Der Samstag klang unter dem römischen Abendhimmel im malerischen Stadtviertel Trastevere aus, wo der Oscar-prämierte Film „Chariots of Fire” – zu Deutsch: Die Stunde des Siegers – gezeigt wurde.

Den Abschluss und Höhepunkt der Heilig-Jahr-Feier bildete die Messfeier mit Leo XIV. am Sonntagmorgen im Petersdom.

In seiner Predigt erinnerte der selbst sportbegeisterte Papst daran, dass es beim Sport nicht nur darum ginge, „eine vielleicht sogar außergewöhnliche körperliche Leistung zu bringen“, sondern „um Hingabe für andere und für das eigene Wachstum.“

Sport als Heilmittel einer individualistischen, digitalisierten und wettbewerbsorientierten Gesellschaft

In unserer von Einsamkeit und Individualismus geprägten Gesellschaft könne der Sport „zu einem wichtigen Instrument der Wiederannäherung und Begegnung werden: zwischen den Völkern, in den Gemeinschaften, im schulischen Bereich und am Arbeitsplatz, in den Familien!“, erklärte Papst Leo und empfahl den Sport auch als wirksames Mittel gegen die „Versuchung, sich in virtuelle Welten zu flüchten“, sowie als Hilfe „einen gesunden Kontakt zur Natur und zum konkreten Leben zu bewahren.“

„In einer wettbewerbsorientierten Gesellschaft, in der scheinbar nur die Starken und die Sieger zu leben verdienen, lehrt der Sport auch, zu verlieren, indem er den Menschen in der Kunst der Niederlage mit einer der tiefsten Wahrheiten seines Daseins konfrontiert: mit der Zerbrechlichkeit, der Begrenztheit, der Unvollkommenheit. Das ist wichtig, denn aus der Erfahrung dieser Zerbrechlichkeit heraus öffnen wir uns für die Hoffnung,“ stellte Papst Leo einen weiteren wichtigen Aspekt der sportlichen Betätigung heraus.

Dass der Sport nicht nur den Körper, sondern auch die Seele formt, erklärte das Kirchenoberhaupt am Beispiel des Jugendvorbilds Pier Giorgio Frassati: Der junge Italiener hatte es verstanden, seine Leidenschaft fürs Bergsteigen mit einem zutiefst gelebten christlichen Glauben zu verbinden und war so zu einem leuchtenden Vorbild für die Verbindung von körperlicher Aktivität und innerem Wachstum geworden.

Wörtlich sagte der Papst: „Es ist kein Zufall, dass der Sport im Leben vieler Heiliger unserer Zeit eine bedeutende Rolle gespielt hat, sowohl als persönliche Praxis wie auch als Weg der Evangelisierung. Denken wir an den seligen Pier Giorgio Frassati, den Schutzpatron der Sportler, der am 7. September heiliggesprochen werden wird. Sein einfaches und leuchtendes Leben erinnert uns daran, dass niemand als Champion geboren wird, so wie niemand als Heiliger geboren wird.“

Heiligkeit sei also ebenso wie sportliche Leistung nicht angeboren, sondern das Ergebnis eines „täglichen Trainings der Liebe, das uns dem endgültigen Sieg näherbringt und uns dazu befähigt, am Aufbau einer neuen Welt mitzuwirken.“

Seine Vorgänger Papst Franziskus, Johannes Paul II. und Paul VI. zitierend, würdigte Papst Leo den Sport als Ort der Erziehung, Gemeinschaft und Evangelisierung, „der ein äußerst nützliches Instrument für die geistige Erhebung des Menschen sein kann, welche die erste und unverzichtbare Voraussetzung für eine geordnete, friedliche und konstruktive Gesellschaft ist“ (Hl. Paul VI., 20. März 1965).

Den Auftrag, der sich aus dieser Vision des Sports als Schule des Lebens und Werkstatt des Friedens ergibt, beschrieb der Pontifex am Ende seiner Predigt wie folgt: „Liebe Sportlerinnen und Sportler, die Kirche vertraut euch eine wunderschöne Aufgabe an: dass ihr in euren Aktivitäten ein Widerschein der Liebe des dreifaltigen Gottes seid – zu eurem eigenen Wohl und zum Wohl eurer Brüder und Schwestern. Lasst euch mit Begeisterung auf diese Mission ein: als Athleten, als Trainer, als Vereine, als Gruppen, als Familien.“

Abschließend formulierte der Papst noch folgende Bitte an die Muttergottes: „Bitten wir sie, unsere Mühen und unser Engagement zu begleiten und diese immer auf das Beste auszurichten, bis zum wichtigsten Sieg: jenem der Ewigkeit, dem „unendlichen Spielfeld”, auf dem das Spiel kein Ende haben und die Freude vollkommen sein wird.“ (vn 15)

 

 

 

 

 

 

Papst beim Angelus: „Sport ist ein Weg, Frieden zu schaffen“

 

Papst Leo XIV. hat am Sonntag beim Mittagsgebet auf dem Petersplatz den Sport als Mittel zur Friedensförderung gewürdigt. Vor Tausenden Pilgern und Sportbegeisterten betonte er: „Der Sport ist ein Weg, Frieden zu schaffen, weil er eine Schule des Respekts und der Loyalität ist, die die Kultur der Begegnung und der Geschwisterlichkeit wachsen lässt.“

Zuvor hatte der Papst eine Eucharistiefeier im Petersdom zum Jubiläum des Sports geleitet. Zum Mittagsgebet begab er sich auf den Petersplatz und fuhr mit dem Jeep durch die Menge, ehe er das Wort an die etwa 30.000 Anwesenden richtete. Leo rief dazu auf, sportliche Aktivitäten auch im Wettbewerb „immer mit dem Geist der Unentgeltlichkeit, mit dem spielerischen Geist im edlen Sinn dieses Begriffs“ zu leben. Im Spiel und in der gesunden Freude gleiche der Mensch seinem Schöpfer, so der Papst.

Zugleich richtete Leo XIV. eindringliche Appelle an die internationale Gemeinschaft angesichts einer Welt, die „so sehr davon bedroht ist, den Weg der Gewalt zu wählen“. Er erinnerte an anhaltende Kämpfe in Myanmar trotz eines erklärten Waffenstillstands. „Ich rufe alle Parteien auf, den Weg des inklusiven Dialogs zu beschreiten, der einzige, der zu einer friedlichen und stabilen Lösung führen kann.“

Blick nach Afrika 

Auch zur dramatischen Lage im nigerianischen Bundesstaat Benue nahm Leo XIV. Stellung. Dort waren in der Nacht auf Samstag, den 14. Juni, wie der Papst sagte mehr als 200 Menschen grausam ermordet worden. „Die meisten von ihnen waren Binnenflüchtlinge, die von der örtlichen katholischen Mission aufgenommen wurden", sagte Leo XIV. „Ich bete für Sicherheit, Gerechtigkeit und Frieden in Nigeria, einem geliebten Land, das so sehr von verschiedenen Formen der Gewalt betroffen ist, und ich bete besonders für die christlichen und ländlichen Gemeinden im Bundesstaat Benù, die unaufhörlich Opfer von Gewalt geworden sind."

Der Papst lenkte den Blick auch auf die Lage in der Republik Sudan mit ihren Episoden der Gewalt seit zwei Jahren. „Ich habe die traurige Nachricht vom Tod des Pfarrers von El-Fasher, Luc Joumou, erhalten, der Opfer eines Bombenanschlags wurde“, sagte Leo XIV. „Ich bete für ihn und alle Opfer und appelliere erneut an die Konfliktparteien, die Kämpfe einzustellen, die Zivilbevölkerung zu schützen und einen Dialog für den Frieden aufzunehmen.“ Die internationale Gemeinschaft müsse ihre Bemühungen verstärken, um wenigstens die dringendste humanitäre Hilfe bereitzustellen.

Zum Abschluss rief der Papst zum Gebet für den Frieden im Nahen Osten, in der Ukraine und weltweit auf. (vn 15)

 

 

 

 

 

Jahrestagung des Cusanuswerks 2025

 

Erzbischof Bentz: „Menschen nicht durch scheinbar einfache Antworten instrumentalisieren“

Mit einem Festvortrag des Philosophen Prof. Dr. Markus Gabriel (Bonn) und einem vom Erzbischof Dr. Udo Markus Bentz (Paderborn) gefeierten Festgottesdienst ist heute (15. Juni 2025) die Jahrestagung der Bischöflichen Studienförderung Cusanuswerk im niederländischen Baarlo bei Venlo zu Ende gegangen. Rund 700 Stipendiatinnen und Stipendiaten diskutierten mit Gästen aus Wissenschaft, Kirche, Wirtschaft, Politik, Kultur und Medien über das Thema Komplexität.

Die Jahrestagung ist die größte Veranstaltung im interdisziplinären Bildungsprogramm des Cusanuswerks und widmete sich dem Jahresthema 2025 „Komplexität“. „Der Eindruck, dass sich die Komplexität des Alltags beständig steigert und unsere Welt im Ganzen dabei komplexer zu werden scheint, ist in hohem Maße abhängig von der akademischen, fachlichen, spirituellen oder individuellen Perspektive. Indem wir uns der Komplexität stellen und uns ihr interdisziplinär nähern, wollen wir die Grundlage für einen produktiven Umgang schaffen. Wo, wenn nicht im Cusanuswerk, wo wir echte Vielfalt und vorurteilsfreien Austausch und Dialog erleben, könnte das gelingen“, so Prof. Dr. Georg Braungart, Leiter des Cusanuswerks.

In seinem Impulsvortrag zeichnete Dr. Marco Wehr, Physiker und Philosoph, das Bild von einer Welt, die wie nie zuvor in der Menschheitsgeschichte zu „einem verwickelten Knäuel des Komplexen“ geworden sei. Gleichzeitig eröffnete er Strategien und Möglichkeiten, mit dieser Situation umzugehen.

„Alles Leben, alle Schönheit, aber auch die Krisen unserer Zeit sind Ausdruck einer überwältigenden Komplexität. Es ist notwendig, zumal in der Begabtenförderung, die Komplexität und Ambiguität der Dinge auszuhalten und zu durchdenken, auch wenn es unbequem ist. Es braucht die Auseinandersetzung mit Komplexität, um die Zukunft verantwortungsvoll mitzugestalten. Mit einfachen Antworten, egal aus welchem ‚Lager‘, lassen sich die großen Probleme in einer vernetzten Welt nicht lösen“, betonte Dr. Thomas Scheidtweiler, Generalsekretär des Cusanuswerks.

Prof. Dr. Markus Gabriel, Lehrstuhlinhaber für Erkenntnistheorie, Philosophie der Neuzeit und Gegenwart an der Universität Bonn, verortete in seinem Festvortrag „Soziale Komplexität als Quelle moralischen Fortschritts“ Komplexität in Bezug auf individuelles Empfinden und Handeln: „Echter moralischer Fortschritt besteht darin, dass wir über Probleme, die wir in den aktuellen Krisenzeiten haben, einmal ganz anders nachdenken: Indem wir auf scheinbar einfache Fragen komplexe Antworten geben.“

In der Eucharistiefeier warnte Erzbischof Dr. Udo Markus Bentz mit Nachdruck davor, komplexe Zusammenhänge unterzubewerten: „Es wundert nicht, dass in den vergangenen Jahren ‚Reduktion‘ nicht nur stilbildend für Kunst und Architektur wurde, sondern auch Trend für das private Zuhause geworden ist: Simplify your life. Arbeit und gesellschaftliches Leben sind komplex genug – Einfachheit dann wenigstens dort, wo man selbstbestimmt gestalten kann. Vielleicht ist das noch der sympathischste Ausdruck einer um sich greifenden Komplexitätsmüdigkeit, die man als gesellschaftliches Phänomen nicht leugnen kann. Ist es eine Folge von Überforderung? Der gefährlichste Ausdruck einer solchen Komplexitätsmüdigkeit ist der ‚Erfolg‘ und die zunehmende Zustimmung zu einer populistischen Reduktion von Komplexität im politischen Kontext, gepaart mit Frust und Aggression“, so Erzbischof Bentz. Christen seien Anwalt in der Gesellschaft dafür, dass „wir der Versuchung einer fundamentalistischen und populistischen Vereinfachung nicht erliegen und Menschen durch scheinbar einfache Antworten instrumentalisiert werden.“ Deshalb müsse es auch im kirchlichen Kontext darum gehen, immer gemeinsam nach der „Wahrheit des Evangeliums für unsere Gegenwart – und wir haben die Wahrheit nur in der Gegenwart – zu suchen: im Hören aufeinander, im Ringen miteinander und im gemeinsamen Unterscheiden.“ Erzbischof Bentz: „Für uns muss ein Suchen nach der Wahrheit bedeuten: die Wirklichkeit der Komplexität und Ambivalenz wahrzunehmen, wie sie ist, und sich – gerade als Christen – nicht in eine Scheinwelt aus der Komplexität hinaus zu flüchten.“Hintergrund. Die Bischöfliche Studienförderung Cusanuswerk ist das Begabtenförderungswerk der katholischen Kirche in Deutschland. Mit staatlichen, kirchlichen und privaten Zuwendungen fördert das Cusanuswerk aktuell rund 2.400 herausragend begabte katholische Auszubildende, Studierende und Promovierende. Cusanerinnen und Cusaner tragen mit fachlicher Exzellenz sowie herausragendem Engagement zum Gemeinwohl bei, ein Leben lang und vielfach in besonders verantwortungsvollen Positionen von Kirche und Gesellschaft, von Wissenschaft, Politik und Wirtschaft. Für die Qualität seiner Leistungen wurde das Cusanuswerk 2025 von der Initiative Ludwig-Erhard-Preis e.V. (ILEP) mit dem Zertifikat „Recognised for Excellence – 5 Star“ ausgezeichnet. Es hat zudem den deutschen Excellence-Preis, Ludwig-Erhard-Preis 2024, erhalten.

Die Jahrestagung fand in Kooperation mit dem Katholischen Akademischen Ausländer-Dienst (KAAD) statt. Dbk 15

 

 

 

 

Leo XIV. an Iran und Israel: „Niemand soll je Existenz des anderen bedrohen“

 

Papst Leo XIV. hat seine Sorge über die Attacken zwischen Israel und Iran bekundet. Eine „sichere Welt ohne nukleare Bedrohung“ brauche respektvolle Begegnung und Dialog, und niemand solle „jemals die Existenz des anderen bedrohen“, sagte der Papst an diesem Samstag im Petersdom bei einer Sonderaudienz zum Heiligen Jahr. Gefragt seien jetzt „Verantwortung und Vernunft".

„In dieser heiklen Zeit möchte ich einen erneuten Appell an Verantwortung und Vernunft richten“, erklärte Leo. Er rief dazu auf, „einen dauerhaften Frieden zu schaffen, der auf Gerechtigkeit, Brüderlichkeit und dem Gemeinwohl“ beruhe. Auch die anderen Akteure der Weltpolitik sieht der Papst in diesem Punkt in der Verantwortung: „Es ist die Pflicht aller Länder, die Sache des Friedens zu unterstützen, Wege der Versöhnung einzuleiten und Lösungen zu fördern, die Sicherheit und Würde für alle garantieren“, so der US-amerikanische Papst.

In der Nacht auf Samstag feuerte der Iran nach Angaben des israelischen Militärs erneut Dutzende Raketen auf Israel ab. Die Attacken waren die Antwort auf eine Großoffensive, die Israel in der Nacht auf Freitag gestartet hatte. Dabei starben nach offiziellen iranischen Angaben Dutzende Menschen. 

Israel ist bisher die einzige Atommacht der Region und nahm mit seinem Großangriff vor allem Irans Nuklearprogramm ins Visier. Teheran ist nach Einschätzung Israels auf einem weit fortgeschrittenen Weg zur Konstruktion von Atombomben. Israel fühlt sich von Iran in seinem Existenzrecht bedroht. (vn 14)

 

 

 

 

Pax Christi warnt vor „Aufrüstungswahn“

 

Statt Kriegstüchtigkeit und Wehrhaftigkeit solle man mit Menschen aus Kriegsgebieten sprechen, die in Deutschland Schutz suchen, fordert die katholische Friedensorganisation „Pax Christi“.

Die deutsche Sektion der internationalen katholischen Friedensbewegung Pax Christi ruft die Menschen dazu auf, einen um sich greifenden „Aufrüstungswahn“ zu stoppen. In einer am Freitag in Berlin veröffentlichten Mitteilung fordert die Organisation gewaltfreie Lösungen für aktuelle Konflikte, meldet die Nachrichtenagentur kna. Die Friedensbewegung bittet: „Steht auf, erhebt Eure Stimme und macht deutlich, dass es genug ist. Dass genug Menschen ihr Leben lassen mussten!“

Man solle mit Menschen aus Kriegsgebieten sprechen, die in Deutschland Schutz suchten. „Sucht nach gewaltfreien Lösungen und sagt Nein zu Kriegstüchtigkeit und Wehrhaftigkeit“, heißt es weiter in dem Appell. Mit Verweis auf die Auseinandersetzungen in der Ukraine und in Nahost schreibt Pax Christi, unzählige Menschen würden in diesen Kriegen getötet. „Der dritte Weltkrieg in Etappen scheint andauernd und unaufhaltsam zu sein“, zitiert die Friedensbewegung den verstorbenen Papst Franziskus. (kna 14)

 

 

 

 

Leo XIV.: Unterscheiden hilft, aber spalten niemals

 

Papst Leo XIV. hat bei einer Heilig-Jahr-Generalaudienz im Petersdom dazu aufgerufen, Einheit zu suchen statt Spaltung zu fördern. „Unterscheiden ist hilfreich, aber spalten niemals“, erklärte er mit Blick auf den Kirchenvater Irenäus von Lyon, dem seine Katechese galt.

Wegen der großen Hitze in Rom war die Audienz kurzfristig vom Petersplatz in den Petersdom verlegt worden, eine Maßnahme, die der Vatikan nur selten trifft. Leo XIV. setzte mit der Audienz eine Reihe von Jubiläumsbegegnungen fort, die bereits Papst Franziskus im Januar begonnen hatte. Jedes Treffen ist einer Facette christlicher Hoffnung gewidmet, diesmal stand das Thema „Hoffen heißt verbinden“ im Zentrum.

„Jesus ist keine Mauer, die trennt, sondern eine Tür, die verbindet“

Leo XIV. stellte den heiligen Irenäus als Vorbild christlicher Einheit vor. Der Theologe des 2. Jahrhunderts habe in einer Zeit innerkirchlicher Konflikte und äußerer Verfolgung nicht aufgegeben, sondern gelernt, tiefer auf Christus zu schauen. „Jesus ist keine Mauer, die trennt, sondern eine Tür, die verbindet“, so der Papst. Irenäus habe verstanden, dass das Evangelium Gegensätze nicht verschärft, sondern sie überwindet.

Auch heute sei diese Haltung nötig. „Ideen können verrückt spielen, Worte können töten“, warnte Leo XIV., ohne Beispiele zu nennen. Was aber alle Menschen „mit der Erde und den anderen Geschöpfen“ verbinde, sei das Fleisch. Der Papst: „Das Fleisch Jesu muss in jedem Bruder und jeder Schwester, in jedem Geschöpf willkommen geheißen und betrachtet werden. Hören wir auf den Schrei des Fleisches, hören wir auf den Schmerz der anderen, der uns beim Namen ruft. Das Gebot, das wir von Anfang an erhalten haben, ist das der gegenseitigen Liebe. Es ist uns ins Fleisch geschrieben, noch vor jedem Gesetz.“

„Das Evangelium wurde von außen gebracht“

Mit Blick auf die Migrationsbewegungen unserer Zeit erinnerte der Papst daran, dass das Evangelium seinerzeit „von außen“ nach Europa gekommen sei – durch Wanderungen, wie sie auch Irenäus selbst unternommen habe. „Das Evangelium wurde von außen gebracht. Auch heute sind es die Migrantengemeinden, die den Glauben in den Ländern, die sie aufnehmen, neu beleben.“

Christliche Hoffnung zeige sich darin, Brücken zu bauen, wo Mauern entstanden seien, Türen zu öffnen, wo Verschlossenheit herrsche. „Kehren wir zurück, Brücken zu bauen, wo es heute Mauern gibt. Öffnen wir Türen, verbinden wir Welten, und es wird Hoffnung geben“, erklärte der Papst.

Zum Abschluss erinnerte Leo daran, dass die Hoffnung der Apostel keine vage Vorstellung gewesen sei, sondern eine konkret erfahrene Wirklichkeit: „Die Apostel haben gesehen, wie in Jesus Himmel und Erde sich verbinden. Mit ihren Augen, Ohren, Händen haben sie das Wort des Lebens empfangen.“ Das Jubiläum, so Leo XIV., sei ein „offenes Tor auf dieses Geheimnis hin“.

An der Audienz im Petersdom nahmen etwa 6.000 Menschen teil. Zum Schluss bekundete Papst Leo XIV. seine Sorge über die Attacken zwischen Israel und Iran. Eine „sichere Welt ohne nukleare Bedrohung“ brauche respektvolle Begegnung und Dialog, und niemand solle „jemals die Existenz des anderen bedrohen“, sagte der Papst. Es brauche jetzt „Verantwortung und Vernunft", auch die internationale Staatengemeinschaft stehe in der Verantwortung. (vn 14)

 

 

 

 

 

Papst: Arme nicht am Rand, sondern im Mittelpunkt der Kirche

 

Papst Leo XIV. hat mit der Botschaft zum IX. Welttag der Armen an diesem Freitag seine erste Botschaft zu einem Welttag veröffentlichen lassen. Darin ruft der neue Pontifex dazu auf, die Armen nicht als Randthema, sondern als Herzstück der christlichen Gemeinschaft zu verstehen. Die Kirche begeht den von Papst Franziskus ausgerufenen Welttag der Armen in diesem Jahr am 16. November 2025.  Von Christine Seuss

Unsere Hoffnung kann letztlich nicht auf menschliche Sicherheiten wie Reichtum, Macht oder Besitz gründen– sondern allein auf Gott. Daran erinnert Papst Leo XIV. in seiner Botschaft zum IX. Welttag der Armen, die an diesem Freitag, dem Gedenktag des heiligen Antonius von Padua, der als Patron der Armen gilt, veröffentlicht wurde. Es ist Leos erste Botschaft zu einem kirchlichen Welttag.

„Die christliche Hoffnung […] ist eine Gewissheit auf dem Lebensweg, weil sie nicht von menschlicher Kraft abhängt, sondern vom Versprechen Gottes, der immer treu ist“, schreibt Papst Leo darin wörtlich. 

„Die schlimmste Armut ist, Gott nicht zu kennen“

Diese Hoffnung zeige sich besonders eindrucksvoll im von „Entbehrungen, Gebrechlichkeit und Ausgrenzung“ geprägten Leben der Armen. Sie könnten zu Zeugen einer tiefen und echten Hoffnung werden, weil sie sich auf Gott verließen, wo ihnen sonst wenig Halt bleibe, so Papst Leo XIV. in seiner Botschaft. Gleichzeitig sei ihre Lebenssituation ein Ruf an die Gesellschaft, den Wert und die Kraft des Glaubens neu zu entdecken: „Die schlimmste Armut ist, Gott nicht zu kennen“, unterstreicht er mit einem Zitat seines Vorgängers Franziskus aus Evangelii Gaudium:

„Die schlimmste Diskriminierung, unter der die Armen leiden, ist der Mangel an geistlicher Zuwendung. Die riesige Mehrheit der Armen ist besonders offen für den Glauben; sie brauchen Gott und wir dürfen es nicht unterlassen, ihnen seine Freundschaft, seinen Segen, sein Wort, die Feier der Sakramente anzubieten und ihnen einen Weg des Wachstums und der Reifung im Glauben aufzuzeigen (EG, Nr. 200)“

„Alle Güter dieser Erde […] genügen nicht, um das Herz glücklich werden zu lassen“

In diesem Zusammenhang erinnerte Leo an „eine Regel des Glaubens und ein Geheimnis der Hoffnung“: „Alle Güter dieser Erde […] genügen nicht, um das Herz glücklich werden zu lassen.“ Im Gegenteil, Reichtümer täuschten oft und führten zu „besonders dramatischen Situationen der Armut“ wie der, dass man meine, Gott nicht mehr zu brauchen.

Glaube, Hoffnung, Liebe

Die christliche Hoffnung, auf die das Wort Gottes verweise, sei vielmehr eine „Gewissheit“ auf dem Lebensweg, gerade weil sie nicht von menschlicher Kraft abhänge. Glaube, Hoffnung und Liebe seien untrennbar miteinander verbunden und stünden – wie die Tradition der Kirche immer wieder bekräftige – in einer fruchtbaren Wechselbeziehung, so Papst Leo XIV. weiter.

„Die Hoffnung erwächst aus dem Glauben […] auf dem Fundament der Liebe, die die Mutter aller Tugenden ist. Und die Liebe ist das, was wir heute, was wir jetzt brauchen.“ „Den Armen zu helfen ist in der Tat eine Frage der Gerechtigkeit, noch bevor es eine Frage der Nächstenliebe ist“

Diese Liebe zeige sich auch im Einsatz für Gerechtigkeit und in der Übernahme von Verantwortung. Armut sei aber kein unausweichliches Schicksal, sondern sie habe Ursachen – oft sei dies strukturelle Ungleichheit, erinnert der Papst: „Den Armen zu helfen ist in der Tat eine Frage der Gerechtigkeit, noch bevor es eine Frage der Nächstenliebe ist.“

Materielle Hilfe allein genüge jedoch nicht. Die Kirche ist gerufen, den Armen nicht nur Brot zu geben, sondern auch das Evangelium, die Sakramente, geistliche Begleitung – kurz: das Zeugnis der Liebe Gottes.

„Die Armen sind keine Zusatzbeschäftigung für die Kirche, sondern vielmehr die am meisten geliebten Brüder und Schwestern, weil jeder von ihnen durch sein Leben und auch durch die Worte und die Weisheit, deren Träger er ist, dazu anregt, mit der Wahrheit des Evangeliums konkret in Berührung zu kommen.“

Ein Aufruf zum Handeln - im Geist des Heiligen Jahres

Mit Blick auf das Heilige Jahr 2025, das Papst Franziskus unter das Motto „Pilger der Hoffnung" gestellt hat, fordert Papst Leo weiter dazu auf, angesichts der Armut nicht gleichgültig zu bleiben:

„Die Armen sind keine Objekte unserer pastoralen Fürsorge, sondern kreative Subjekte, die uns herausfordern, immer neue Wege zu finden, das Evangelium heute zu leben.“

Es brauche konkrete Zeichen der Hoffnung: Initiativen wie Familienhäuser, Anlaufstellen, Bildungsangebote, Tafeln oder Schlafplätze für Bedürftige – große und kleine Werke der Barmherzigkeit, so der Papst, dessen Dikasterium für die Nächstenliebe gemeinsam mit dem Dikasterium für Evangelisierung insbesondere rund um den Welttag spezielle zusätzliche Initiativen für Arme ins Leben ruft.

„Arbeit, Bildung, Wohnung und Gesundheit sind Voraussetzungen für eine Sicherheit, die wir niemals mit Waffen erreichen können“

„Arbeit, Bildung, Wohnung und Gesundheit sind Voraussetzungen für eine Sicherheit, die wir niemals mit Waffen erreichen können“, betont Papst Leo abschließend.

Welttag wird seit 2017 begangen

Leos Vorgänger Franziskus hatte den Welttag der Armen 2017 ins Leben gerufen und ihn seither regelmäßig selbst mit Armen verbracht, beispielsweise durch die Feier einer Messe und mit einem gemeinsamen Mittagessen. Rund um den Welttag organisiert das Dikasterium für die Evangelisierung, gemeinsam mit dem Dikasterium für die Nächstenliebe, für gewöhnlich auch spezielle Dienstleistungen für Arme, darunter auch ein kostenloses Ärztezentrum, beim Vatikan. Damit soll der Welttag, mehr als einen rein symbolischen Akt, auch eine konkrete Mahnung zum Handeln darstellen und daran erinnern, dass die Armen im Mittelpunkt der Kirche stehen – nicht nur als Empfänger von Hilfe, sondern als Menschen, durch die wir Gott selbst begegnen. Der Welttag findet jeweils am 2. Sonntag vor dem 1. Advent statt. (vn 13)

 

 

 

 

Übergangsleiter fürs Bistum Eichstätt gewählt

 

Alfred Rottler (68) leitet ab sofort übergangsweise das Bistum Eichstätt nach dem Rücktritt von Bischof Gregor Maria Hanke vom Pfingstsonntag. Dompropst Rottler wurde am Freitag von den aktiven Mitgliedern des Domkapitels zum Diözesanadministrator gewählt, wie das Bistum Eichstätt am selben Tag mitteilte.

Rottler führt das Bistum demnach nun kommissarisch bis zur Ernennung eines neuen Bischofs durch den Papst. Als Diözesanadministrator habe er nahezu dieselben Rechte und Pflichten wie ein amtierender Diözesanbischof, hieß es. Grundlegende strukturelle oder pastorale Veränderungen dürfe er jedoch nicht vornehmen. Auch seien Rottler keine sakramentalen Handlungen erlaubt, die die Bischofsweihe erforderten, etwa die Weihe von Priestern.

Rottler ernannte Domkapitular Michael Alberter (46) zu seinem Ständigen Vertreter. Alberter war bisher Generalvikar von Bischof Hanke, also dessen Stellvertreter. Mit Hankes Rücktritt war die Amtsvollmacht des Generalvikars erloschen. Als Ständiger Vertreter des Diözesanadministrators wird Alberter nun weiter die Aufgaben in der Leitung des Bischöflichen Ordinariates wahrnehmen, die üblicherweise dem Generalvikar zustehen, wie es hieß.

Rottlers Laufbahn

Bischof Hanke hatte Rottler 2010 zum Domkapitular ernannt, 2019 zum Dompropst. Der Dompropst steht zusammen mit dem Domdekan als „Dignitär" an der Spitze des Domkapitels, wobei dem Dompropst der Ehrenvorrang zukommt. Das Domkapitel ist ein Gremium von Priestern, das die Gottesdienste im Dom mitgestaltet und an der Leitung und Verwaltung der Diözese beteiligt ist.

Rottler stammt aus Schelldorf im oberbayerischen Landkreis Eichstätt. 1983 wurde er zum Priester geweiht. In den Folgejahren amtierte er etwa als Diözesanpräses der Katholischen Landjugendbewegung (KLJB) sowie als Leiter der später in Hauptabteilung Pastoral umbenannten Hauptabteilung Seelsorge/Weiterbildung im Bischöflichen Ordinariat.

Hanke (70) war am Pfingstsonntag überraschend als Diözesanbischof von Eichstätt zurückgetreten. Papst Franziskus hatte dem Bistum zufolge noch vor seinem Tod ein entsprechendes Gesuch des Benediktiners angenommen - für einen damals noch nicht terminierten Zeitpunkt. Nach den geltenden kirchlichen Regularien bieten Bischöfe ihren Rücktritt dem Papst erst mit ihrem 75. Geburtstag an. (kna 13)

 

 

 

 

Heiligsprechung von Acutis und Frassati am 7. September

 

Wie Papst Leo XIV. bei einer Kardinalsversammlung an diesem Freitag verkündet hat, werden die beiden Jugendvorbilder Carlo Acutis und Pier Giorgio Frassati am kommenden 7. September heiliggesprochen. Auch über andere Heiligsprechungen wurde beim aktuellen Konsistorium entschieden.

Sowohl für Carlo Acutis als auch für Pier Giorgio Frassati hatte bereits Papst Franziskus Termine für deren Heiligsprechung festgelegt. Im Fall von Carol Acutis wäre dies der 27. April 2025 gewesen, im Rahmen des Jubiläums der Teenager. Wegen des nur wenige Tage zuvor erfolgten Todes von Franziskus wurde die Jubiläumsveranstaltung umgeplant, auch die Heiligsprechung konnte nicht mehr stattfinden und wurde nach Entscheidung des Kardinalskollegiums, das sich sofort nach dem Tod des Papstes zu ersten Beratungen zusammengefunden hatte, auf ein „unbestimmtes Datum“ verschoben. Pier Giorgio Frassati hingegen wäre am 3. August heiliggesprochen wurden, im Rahmen des in diesem Zeitraum geplanten Jubiläums der Jugendlichen.

Sowohl für Carlo Acutis als auch für Pier Giorgio Frassati hatte bereits Papst Franziskus Termine für deren Heiligsprechung festgelegt. Im Fall von Carol Acutis wäre dies der 27. April 2025 gewesen, im Rahmen des Jubiläums der Teenager. Durch den nur wenige Tage zuvor erfolgten Tod von Franziskus wurde die Jubiläumsveranstaltung umgeplant, auch die Heiligsprechung konnte nicht mehr stattfinden und wurde nach Entscheidung des Kardinalskollegiums, das sich sofort nach dem Tod des Papstes zu ersten Beratungen zusammengefunden hatte, auf ein „unbestimmtes Datum“ verschoben. Pier Giorgio Frassati hingegen wäre am 3. August heiliggesprochen wurden, im Rahmen des in diesem Zeitraum geplanten Jubiläums der Jugendlichen.

Während der Kardinalsversammlung wurde auch über das Datum der Heiligsprechung für weitere Selige entschieden. Die Dekrete für deren Heiligsprechung waren schon durch Papst Franziskus entschieden worden, doch ein Datum stand bislang nicht fest. Sie werden nun am 19. Oktober 2025 durch Papst Leo XIV. heiliggesprochen. Im Einzelnen handelt es sich dabei um

-   Ignazio Choukrallah Maloyan, armenisch-katholischer Erzbischof von Mardin, Märtyrer;

-   Peter To Rot, Laie und Katechist, Märtyrer;

-   Vincenza Maria Poloni, Gründerin des Instituts der Schwestern der Barmherzigkeit in Verona (Sorelle della Misericordia);

-   Maria del Monte Carmelo Rendiles Martínez, Gründerin der Kongregation der „Dienerinnen Jesu”

-   Maria Troncatti, Professschwester der Kongregation der Töchter Mariens, Hilfe der Christen;

-   José Gregorio Hernández Cisneros, Laie;

-   Bartolo Longo, Laie.

Der Mailänder Jugendliche Carlo Acutis (1991 - 2006), dessen Heiligsprechung ursprünglich für den 27. April 2025 geplant worden war, ist weit über Italien hinaus bekannt. Er wird auch als auch als „Cyber-Apostel" bezeichnet, weil er auch im Internet evangelisierte. Besonders verehrte er die Eucharistie. Er starb im Alter von 15 Jahren an Leukämie. Viele Menschen kamen, als Reliquien des Jungen, dessen Heiligsprechung bereits angekündigt worden war, an verschiedenen Stätten unter anderem in Deutschland ausgestellt wurden

Auch der neue Heilige Pier Giorgio Frassati (1901 - 1924) ist nah an der Jugend. Er gilt als Sozialapostel; bereits seit längerem wird er als Patron der katholischen Weltjugendtage verehrt. Frassati, Sohn eines wohlhabenden liberalen Publizisten und Diplomaten in Turin, engagierte sich als Student ohne Wissen seiner Eltern für die Armen und Ausgegrenzten und war unter anderem Mitglied der katholischen Volkspartei. Er starb im Alter von 24 Jahren an den Folgen einer Poliomyelitis, nachdem er sich vermutlich beim Besuch einer an Kinderlähmung erkrankten Familie angesteckt hatte. Seine Seligsprechung erfolgte 1990 durch Papst Johannes Paul II. 

Dekrete schon durch Papst Franziskus entschieden

Ignatius Choukrallah Maloyan, ein armenischer Erzbischof von Mardin, wurde 1915 während des Völkermords an den Armeniern ermordet. Geboren 1869 in der heutigen Türkei, trat er bereits als Jugendlicher ins Kloster ein und wurde 1896 zum Priester geweiht. In seiner Funktion als Erzbischof von Mardin kümmerte er sich intensiv um die Ausbildung des Klerus. Nach der Ermordung von Franz Ferdinand 1914 verschärfte sich die Lage für Armenier in der Türkei drastisch. Am 3. Juni 1915 wurde Maloyan mit 600 weiteren Christen verhaftet. Elf Tage später wurde er hingerichtet, weil er seinen Glauben nicht verleugnen wollte. Papst Johannes Paul II. sprach ihn 2001 selig, nun folgt seine Heiligsprechung.

Ein weiterer zukünftiger Heiliger ist Peter To Rot aus Papua-Neuguinea. Er wurde 1912 geboren und war ein engagierter Katechet. Während des Zweiten Weltkriegs setzte er seinen Glaubensdienst fort, obwohl die japanischen Besatzer ihn verboten hatten. Besonders sein Widerstand gegen die Polygamie brachte ihn in Konflikt mit den Machthabern. Er wurde 1945 verhaftet und im Gefängnis durch Vergiftung ermordet. 1995 sprach Papst Johannes Paul II. ihn selig, jetzt wird er als erster Heiliger Papua-Neuguineas kanonisiert.

Die Venezolanerin Maria del Monte Carmelo, mit bürgerlichem Namen Carmen Elena Rendíles Martínez, wurde 1903 in Caracas geboren. Sie gründete die Kongregation der „Dienerinnen Jesu“, die sich besonders der Bildung und Armenfürsorge widmeten. Nach ihrer Seligsprechung 2018 wird sie nun als erste Heilige Venezuelas verehrt.

Vincenza Maria Poloni, die Gründerin des Instituts der Schwestern der Barmherzigkeit in Verona (Sorelle della Misericordia), die sich insbesondere im Dienst an den Armen und Kranken aufopferte, wurde 2008 seliggesprochen. Sie wurde am 26. Januar 1902 in Verona geboren, wo sie am 11. November 1855 auch verstarb. Sie war eine Vertraute des ebenfalls selig gesprochenen deutschen Priesters Carlo Steeb, mit dem sie das Ordensinstitut der Schwestern der Barmherizigkeit gemeinsam gründete.

Maria Troncatti war eine Professschwester der Kongregation der Töchter Mariens, Hilfe der Christen, geboren am 16. Februar 1883 in Córteno Golgi (Italien) und verstorben am 25. August 1969 in Sucúa (Ecuador).

Der venezolanische Arzt Giuseppe Gregorio Hernández Cisneros wurde am 26. Oktober 1864 in Isnotú (Venezuela) geboren und war bekannt für seine selbstlose medizinische Arbeit. Schon früh engagierte er sich für die Armen und Bedürftigen und wurde daher als „Arzt der Armen" bekannt. Er war Mitglied des Dritten Ordens des heiligen Franziskus und begann 1913 mit der Vorbereitung auf das Priestertum. Während seines Studiums in Rom erkrankte er jedoch an Pleuritis und Tuberkulose, sodass er nach Venezuela zurückkehren musste. Dort widmete er sich vollständig seiner ärztlichen Tätigkeit und betrachtete sie als seine wahre Berufung. Am 29. Juni 1919 verstarb er tragisch bei einem Verkehrsunfall in Caracas, als er auf dem Weg war, einen kranken Patienten zu besuchen. Sein selbstloser Dienst und sein tief verwurzelter Glaube machten ihn in Venezuela zu einer verehrten Figur. Papst Johannes Paul II. sprach ihn am 16. Januar 1986 selig.

Bartolo Longo wurde am 10. Februar 1841 in Latiano (Italien) geboren. Der italienische Jurist und Laie führte zunächst ein weltliches Leben, fand jedoch später durch eine radikale Umkehr seinen Glauben. Er trat dem Laienorden des heiligen Dominikus bei und widmete sein Leben der Förderung des Rosenkranzgebets. Longo war Gründer und Wohltäter des Heiligtums der seligen Jungfrau vom Rosenkranz in Pompeji, das später zu einem bedeutenden Wallfahrtsort wurde. Er setzte sich für die Verbreitung des Glaubens durch Bildung, Gebet und soziale Werke ein. Sein Einsatz für Waisenkinder und Bedürftige machte ihn zu einem Vorbild christlicher Nächstenliebe. Papst Johannes Paul II. sprach ihn am 26. Oktober 1980 selig und würdigte ihn als „Apostel des Rosenkranzes“. Bartolo Longo verstarb am 5. Oktober 1926 in Pompeji. (vn 13)

 

 

 

 

 

 

Eichstätt ohne Bischof: Wie es nach dem Rücktritt weitergeht

 

Gregor Maria Hanke ist zurückgetreten – doch wer folgt ihm nach? Von den strengen kirchlichen Auswahlkriterien über vatikanische Listen bis hin zum Einfluss der Bayerischen Staatsregierung: So läuft die Suche nach einem neuen Bischof in Eichstätt. Von Martin Jarde

Stille im Bischofshaus, kein Mitra-Träger im Gottesdienst, kein bischöfliches Wort zur Lage der Kirche: Zum ersten Mal seit fast 20 Jahren ist der Bischofsstuhl von Eichstätt leer. Gregor Maria Hanke, der das Bistum seit 2006 geleitet hatte, ist zurückgetreten – wegen "innerer Ermüdung", wie er sagt. Nun beginnt eine Übergangszeit, in der vieles weitergeht, aber nichts grundlegend verändert werden darf.

Was passiert während der Sedisvakanz?

Die katholische Kirche spricht in dieser Übergangszeit von einer Sedisvakanz – lateinisch für "leerer Stuhl". Diese beginnt, sobald ein Bischof stirbt oder – wie in Eichstätt – zurücktritt. "Die Vakanz ist am Sonntag, 8. Juni, um 12 Uhr eingetreten", erklärt Pia Dyckmans, Pressesprecherin des Bistums. Seitdem liegt die "die kollegiale Leitung" bei den aktiven Mitgliedern des Domkapitels, einem Gremium erfahrener Geistlicher, das traditionell die engsten Berater des Bischofs stellt.

Das Domkapitel hat am Freitag einen Diözesanadministrator gewählt: Dompropst Alfred Rottler übernimmt vorübergehend die Leitung der Diözese – mit fast denselben Rechten wie ein Bischof, aber begrenztem Gestaltungsspielraum.

Zu seinem Ständigen Vertreter ernannte Rottler Domkapitular Michael Alberter. Der 46-Jährige war seit 2022 Generalvikar unter Bischof Hanke. Als Ständiger Vertreter des Diözesanadministrators werde Alberter laut Mitteilung nun weiter die Aufgaben in der Leitung des Bischöflichen Ordinariates wahrnehmen, die üblicherweise dem Generalvikar zustehen würden.

Wie geht es mit der Bischofswahl weiter?

In der kommenden Zeit bereitet das Eichstätter Domkapitel eine geheime Kandidatenliste vor, die dem Vatikan übermittelt wird. Auch andere bayerische Domkapitel und die Freisinger Bischofskonferenz reichen Vorschläge ein. Jedes Mitglied kann bis zu drei Namen vorschlagen. "Wie viele Kandidaten dort gelistet sein werden, kann nicht gesagt werden", erklärt Dyckmans.

Doch die Listen aus Bayern sind nur ein Teil des Verfahrens. Eine zentrale Rolle spielt der Apostolische Nuntius – der Botschafter des Papstes in Deutschland. Er erstellt nach einem aufwendigen Befragungsprozess seine eigene Dreierliste, die er an die römische Kongregation für die Bischöfe weiterleitet. Dort werden alle Listen und Einschätzungen zusammengeführt und sorgfältig geprüft. Auch die Kongregationen für den Klerus und für die Glaubenslehre werden beteiligt, um mögliche Einwände gegen einzelne Kandidaten zu klären.

Erst dann erfolgt die Abstimmung der vatikanischen Bischofskongregation. Ihr Personalvorschlag geht schließlich an den Papst, der die Entscheidung trifft – unabhängig von allen vorherigen Listen.

Welche Qualifikationen braucht ein Bischof?

Nicht jeder Priester kommt als Bischof infrage. Das Kirchenrecht nennt klare Voraussetzungen: Der Kandidat soll sich durch "festen Glauben, gute Sitten, Frömmigkeit, Seeleneifer, Lebensweisheit, Klugheit sowie menschliche Tugenden" auszeichnen. Zudem muss er mindestens 35 Jahre alt sein, seit fünf Jahren Priester und entweder promoviert oder in Theologie, Kirchenrecht oder Bibelwissenschaft besonders bewandert sein.

Auch ein guter Ruf ist Pflicht. Darüber hinaus spielen die konkreten Herausforderungen im Bistum eine wichtige Rolle. Einschätzungen des päpstlichen Botschafters in Deutschland und sogenannte Quinquennalberichte aus der Diözese liefern dem Vatikan ein detailliertes Bild der kirchlichen Lage vor Ort. Sie sollen dabei helfen, einen Kandidaten zu finden, der wirklich zum jeweiligen Bistum passt.

Was hat Bayern damit zu tun?

In Bayern läuft die Bischofsernennung anders als im Rest Deutschlands. Ein Konkordat mit dem Vatikan aus dem Jahr 1924 räumt dem Papst das alleinige Recht zur Ernennung ein. Nur eines bleibt dem Staat: ein stilles Veto. Bevor der neue Bischof ernannt wird, darf die Bayerische Staatsregierung prüfen, ob politische Einwände bestehen. "In der Praxis ist das nie passiert", betont Staatskanzleichef Florian Herrmann (CSU).

Im übrigen Deutschland schlägt dagegen das jeweilige Domkapitel meist eine Liste mit Kandidaten vor, aus der der Papst auswählt.

Und wie lange dauert das?

Zum Schluss muss auch der Kandidat selbst gefragt werden, ob er bereit ist, das Amt des Diözesanbischofs im Bistum Eichstätt zu übernehmen.

Einen festen Zeitplan gibt es nicht. Es kann Wochen, manchmal Monate dauern, bis der neue Hirte bestimmt ist. Für die Gläubigen im Bistum bedeutet das: Geduld. Br.de 13

 

 

 

 

Papst an Priester: „Nicht fliehen vor Herausforderungen der Zeit“

 

Papst Leo XIV. hat die Priester Roms zu einem „prophetischen Blick“ auf die Herausforderungen der Gegenwart aufgerufen. In seiner ersten Begegnung mit dem Klerus seiner Diözese dankte der Bischof von Rom seinen Priestern für die alltägliche Hingabe und forderte zu exemplarischem und solidarischem Handeln auf.  Von Gudrun Sailer

Leo empfing die Priester, Diakone und Seminaristen in der Audienzhalle und drückte ihnen gleich eingangs seine Wertschätzung aus. Er dankte ihnen insbesondere für ihre Großzügigkeit bei der Ausübung ihres Dienstes und „für all das, was ihr in der Stille lebt und was manchmal von Leid oder Unverständnis begleitet ist“.

Die Herausforderungen für Priester in Rom sind vielfältig, fuhr Papst Leo fort. Tödliche Gewalt, Ungleichheit, Armut und soziale Ausgrenzung seien auch in dieser schönen und mit Kunstwerken gesättigten Stadt präsent. Das Kirchenoberhaupt nannte keine konkreten Beispiele, allerdings erschütterte erst vor wenigen Tagen der Mord an einer möglicherweise obdachlosen Frau und einem Baby in einem Park in Vatikan-Nähe die Öffentlichkeit. Rom sei „von vielfältigen Formen der Armut und schweren Notlagen wie der Wohnungsnot geprägt“, so Papst Leo. „Diese Herausforderungen sind wir gerufen zu umarmen, evangeliumsgemäß zu deuten und als Gelegenheiten des Zeugnisses zu leben. Fliehen wir nicht vor ihnen!“

„Diese Herausforderungen sind wir gerufen zu umarmen, evangeliumsgemäß zu deuten und als Gelegenheiten des Zeugnisses zu leben. Fliehen wir nicht vor ihnen!“

Der Papst ermutigte die Priester, die Zeichen der Zeit nicht nur wahrzunehmen, sondern fruchtbar zu machen: „Der pastorale Einsatz soll für alle eine Schule werden, um zu lernen, das Reich Gottes im Heute einer komplexen und anregenden Geschichte aufzubauen.“

Darüber hinaus lud der Papst seinen Klerus dazu ein, das priesterliche Leben aus einem Geist der Einheit und Freundschaft zu gestalten – und wies auf das besondere Profil der römischen Diözese hin: „Unsere ist eine wirklich besondere Diözese, weil viele Priester aus verschiedenen Teilen der Welt kommen.“ Diese Universalität verlange auch wechselseitige Offenheit im Alltag. Mit Blick auf die priesterliche Gemeinschaft in Rom warnte er vor Isolierung und Erschöpfung und sprach von inneren Hindernissen für die Brüderlichkeit: „Besonders dieses Gefühl von Müdigkeit, das aufkommt, weil wir besondere Mühen erlebt haben, weil wir uns unverstanden oder nicht gehört gefühlt haben.“

 „Ich möchte euch helfen, mit euch mitgehen, damit jeder seine Gelassenheit im Dienst wiederfindet“, erklärte Leo seinen Priestern. Er empfahl ihnen aber auch ausdrücklich, die spirituelle Grundlage ihres Dienstes nicht zu vernachlässigen. Nur aus ihr könne echte Gemeinschaft entstehen.

„En kostbarer Schatz wurde uns anvertraut, und wir sind seine Spender und Diener.“

Er rief die Geistlichen zudem auf, ihr Leben transparent und vorbildlich zu führen. Auch wenn niemand vor Schwächen gefeit sei, so gelte doch: „Uns wurde eine außergewöhnliche Gnade zuteil, ein kostbarer Schatz wurde uns anvertraut, und wir sind seine Spender und Diener.“ Dem Diener sei immer auch Treue abverlangt, so der Papst, der seine Priester vor der Versuchung des Abgleitens in weltliche Versuchungen Roms warnte. Ein Priester müsse sich immer neu vom Ruf Christi berühren lassen – „von jener ersten Liebe, die euch zu starken Entscheidungen und mutigen Verzichten geführt hat“.

Abschließend versicherte Leo dem römischen Klerus seine Verbundenheit und ermutigte, die priesterliche Berufung in der heutigen Zeit mit Einheit, Vorbildlichkeit und prophetischem Geist zu leben. Mit einem Zitat des heiligen Augustinus rief er zur Treue zur Kirche auf: „Liebt diese Kirche, bleibt in dieser Kirche, seid diese Kirche.“ (vn 12)

 

 

 

 

 

Caritas ist für ein Gesellschaftsjahr

 

Caritas-Präsidentin Eva Maria Welskop-Deffaa spricht sich für die Einführung eines verpflichtenden Gesellschaftsjahres für alle Schulabgänger aus, das militärische, zivilgesellschaftliche und soziale Dienste gleich bewertet. Sie warnt vor der Wiederbelebung alter Hierarchien zwischen Wehr- und Ersatzdienst und sieht in einem solchen Konzept eine Möglichkeit zur Stärkung des gesellschaftlichen Zusammenhalts.

In einem Gastbeitrag für die „Frankfurter Allgemeine Zeitung“ (Mittwoch) plädiert sie für eine Beratung aller Schulabgänger bezüglich der Möglichkeiten eines Gesellschaftsjahres. Dieses solle vom Engagement für die äußere, innere und soziale Sicherheit getragen werden, jeweils mit gleicher politischer und gesellschaftlicher Wertschätzung. „Der Wehrdienst, der Dienst im Bevölkerungs- und Zivilschutz und das klassische freiwillige Jahr sind die drei Säulen dessen, was es für eine Zukunft in Frieden und Freiheit braucht“, schreibt Welskop-Deffaa. Die aktuelle Bundesregierung setzt auf einen freiwilligen Dienst junger Menschen bei der Bundeswehr.

Gleichwertigkeit der Dienste und Finanzierung

Welskop-Deffaa betont, das Konzept eines neuen Wehrdienstes müsse als integraler Bestandteil eines freiwilligen Gesellschaftsjahres für alle gestaltet sein. Sie sieht in der Freiwilligkeit eine attraktive Option für den Schutz der Freiheit Deutschlands, vorausgesetzt, Familienministerin Karin Prien (CDU) und Verteidigungsminister Boris Pistorius (SPD) sicherten eine ausreichende Finanzierung aller Freiwilligendienste. Ein staatliches Freiwilligengeld sei notwendig, damit der Sold für Wehrdienstleistende nicht höher ausfalle als für Freiwilligendienstleistende etwa in Altenheimen.

Stärkung des gesellschaftlichen Zusammenhalts

Die Caritas-Präsidentin hebt hervor, dass ein Rechtsanspruch auf Förderung jeder Freiwilligenvereinbarung eingeführt werden sollte. Sie argumentiert, dass viele Fähigkeiten benötigt würden und es von Vorteil sei, wenn möglichst viele junge Menschen in einem Gesellschaftsjahr die Gelegenheit erhielten, ihre Fähigkeiten zu erproben. Weiterhin könnte ein solcher Einsatz den Zusammenhalt der Gesellschaft stärken. „Die aktuelle Bundesregierung hat es jetzt in der Hand, die Verantwortung der Menschen für dieses Land, für seine Sicherheit und für die gesellschaftliche Krisenfestigkeit entscheidend zu fördern.“ (faz 11)

 

 

 

 

 

Papst Leo XIV. ruft zur Hoffnung auf Heilung auf

 

Vor rund 40.000 Pilgern und Besuchern auf dem Petersplatz hat Papst Leo?XIV. bei der Generalaudienz an diesem Mittwoch über die Heilungen Jesu gesprochen. Anhand der biblischen Figur des blinden Bartimäus ermutigte er Gläubige, sich in ihrer Verletzlichkeit Christus zu nähern und den Mut zur Bitte um Hilfe aufzubringen. Von Mario Galgano

Das katholische Kirchenoberhaupt forderte die Gläubigen dazu auf, ihre verletzlichsten und blockierten Lebensbereiche dem Herzen Christi anzuvertrauen und sprach vom Vertrauen auf die heilende Nähe Gottes: „Bitten wir den Herrn voller Vertrauen, unseren Schrei zu hören; bitten wir ihn, uns zu heilen!“

Im Zentrum seiner Überlegungen stand die Begegnung Jesu mit Bartimäus, dem blinden Bettler von Jericho. Diese Figur sei ein Bild für den Menschen in existenzieller Not – ein Mensch, der, so der Papst, „mutterseelenallein“ ist, obwohl sein Name eine Beziehung ausdrücke: Bartimäus – „Sohn des Timäus“. In der jüdischen Tradition sei der Name Ausdruck von Berufung und Würde, doch der Lebenszustand des Bettlers widerspreche dieser Bedeutung. „Er sitzt auf der Straße und braucht jemanden, der ihn wieder auf die Beine bringt.“

Auf innere Fähigkeit besinnen

Leo?XIV. beschrieb Bartimäus als einen Menschen, der sich trotz seiner Blindheit auf seine innere Fähigkeit besinnt: „Er ist ein Bettler, er kann bitten, ja er kann schreien!“ Der Papst betonte: „Wenn du dir etwas wirklich wünschst, dann schreie weiter!“ Der Ruf des Bartimäus – „Sohn Davids, Jesus, hab Erbarmen mit mir!“ – sei in der östlichen Tradition zu einem Gebet geworden, das auch heute noch gesprochen werde.

„Oft ist es gerade unsere vermeintliche Sicherheit, die uns blockiert.“

Der Papst ging auch auf Jesu Reaktion ein: Dieser bleibe angesichts des Schreis stehen und lasse Bartimäus zu sich rufen. Dies sei kein Zeichen von Distanz, sondern ein Akt der Ermutigung. „Gerade das ist der Weg, um Bartimäus' Leben zu reaktivieren: Er fordert ihn auf, aufzustehen.“ Der Blinde muss dazu eine bedeutsame Entscheidung treffen – er wirft seinen Mantel weg, das Symbol seiner Sicherheit. „Oft ist es gerade unsere vermeintliche Sicherheit, die uns blockiert“, so der Papst.

Kein Automatismus

Heilung sei kein Automatismus, betonte Leo?XIV., sondern eine bewusste Entscheidung. Die Frage Jesu – „Was willst du, dass ich dir tue?“ – zeige, dass der Wunsch nach Veränderung nicht selbstverständlich sei. Bartimäus antwortet mit dem griechischen Wort anablepein, das sowohl „wieder sehen“ als auch „aufblicken“ bedeuten kann. Der Papst interpretierte dies als Ausdruck des Wunsches nach Wiederherstellung von Würde: „Um aufzuschauen, muss man den Kopf heben.“

Am Ende der Katechese erinnerte Leo?XIV. daran, dass es der Glaube ist, der rettet: „Jesus heilt uns, damit wir frei werden können.“ Auch wenn Jesus Bartimäus nicht auffordere, ihm zu folgen, schließe das Evangelium mit der freiwilligen Entscheidung des Geheilten, Jesu Weg zu gehen.

„Bringen wir voller Vertrauen unsere eigenen Krankheiten und die unserer Lieben vor Jesus“, rief der Papst abschließend den Gläubigen zu. Auch den Schmerz derer, die sich verloren und ausweglos fühlten, gelte es mitzunehmen. „Lasst uns auch für sie schreien und darauf vertrauen, dass der Herr uns erhört und stehenbleibt.“

An die deutschsprachigen Pilger gewandt sagte Leo?XIV.: „Ich lade euch ein, mit euren Krankheiten des Leibes wie auch der Seele zu Jesus zu kommen – mit demselben Vertrauen, mit dem Bartimäus betete: ‚Herr Jesus Christus, Sohn Gottes, hab Erbarmen mit mir Sünder.‘“ (vn 11)

 

 

 

 

 

 

„Mut aus Nizäa“

 

Bischof Meier würdigt das Erste Ökumenische Konzil als Fundament der heutigen Ökumene

Anlässlich des Namenstags Seiner Allheiligkeit, des Ökumenischen Patriarchen Bartholomaios I., hat die Griechisch-Orthodoxe Metropolie von Deutschland heute (11. Juni 2025) zu ihrem Jahresempfang in die Metropolitankathedrale Agia Trias in Bonn eingeladen. Festredner des Abends war Bischof Dr. Bertram Meier (Augsburg), Vorsitzender der Kommission Weltkirche der Deutschen Bischofskonferenz. In seinem Vortrag unter dem Titel Mut aus Nizäa: Das Erste Ökumenische Konzil und der Dialog der Kirchen heute würdigte er die ökumenische Bedeutung des Konzils von Nizäa (325) und dessen bleibende Inspirationskraft für die Gegenwart.

Der Patriarch sei „zweifelsohne eine der wichtigsten Persönlichkeiten der heutigen Christenheit, nicht nur qua Amt, sondern auch wegen seines unermüdlichen, mutigen, zukunftsweisenden Einsatzes für seine Kirche, für die Ökumene, für eine gerechte, friedliche Gesellschaft und die Bewahrung der Schöpfung“, erklärte Bischof Meier. Man dürfe „sich noch auf den Weg freuen, den Patriarch Bartholomaios gemeinsam mit dem neugewählten Bischof von Rom, Leo XIV., gehen wird, einen Weg, der in Nizäa beginnt.“ 

In seinem Vortrag ging Bischof Meier ausführlich auf den historischen Hintergrund des Konzils ein und hob die Verabschiedung des Glaubensbekenntnisses hervor, „das bis heute zentral für das Leben vieler christlicher Traditionen ist“. Die theologische Bedeutung und ökumenische Relevanz liege in den Stichworten „Christologie, Bekenntnis, Synodalität und Osterdatum“, sagte er. Dabei erinnerte er auch an die theologische Tragweite des Konzils: „‚Homooúsios to Patrí; dem Vater wesensgleich.‘ Welches andere Adjektiv hat wohl die Theologiegeschichte des Christentums so maßgeblich bestimmt?“ Die Proklamation der Göttlichkeit Jesu sei „für den Glauben fundamental; nur auf dieser Basis ist ökumenischer Fortschritt wirklich möglich“. Weiter betonte er: „Eine Ökumene, die Jesus Christus nicht in den Mittelpunkt stellt, wäre unvorstellbar. Es geht um eine christozentrische Ökumene.“

In Anlehnung an das neue Dokument der Päpstlichen Internationalen Theologischen Kommission Jesus Christus, Sohn Gottes, Erlöser sagte Bischof Meier: „Das 1700-jährige Jubiläum von Nizäa zu feiern, bedeutet vor allem, über das Symbolum zu staunen, das uns das Konzil hinterlassen hat, und über die Schönheit dessen, was uns in Christus geschenkt ist – ist doch das Symbolum davon gleichsam eine Ikone in Worten.“ Bekennende Christinnen und Christen zu sein heiße nicht, „uns wie abgeschirmte, realitätsferne und ängstliche Fundamentalisten zu verhalten; hingegen bedeutet es die Bereitschaft und die Freude, energisch und konstruktiv Zeugnis vom Evangelium in der Gesellschaft abzulegen“.

Das Konzil von Nizäa sei zudem „das erste weltweite synodale Ereignis der Kirche Jesu Christi“ gewesen. Es zeige, dass synodales Zusammenwirken über Zeit und Kulturen hinweg eine tragfähige Form kirchlicher Einheit sei. Bischof Meier zitierte dazu Papst Leo XIV.: „Wir wollen eine synodale Kirche sein, eine Kirche auf dem Weg, eine Kirche, die immer den Frieden sucht, die immer die Barmherzigkeit sucht, die immer besonders denjenigen nahe sein will, die leiden.“ Er ergänzte mit den Worten von Papst Franziskus aus seiner Fastenbotschaft 2025: „Gemeinsam zu gehen, synodal zu sein, das ist die Berufung der Kirche. (...) Lasst uns in dieselbe Richtung gehen, auf dasselbe Ziel zu, indem wir einander mit Liebe und Geduld zuhören.“

Mit Nachdruck forderte Bischof Meier eine ökumenische Verständigung auf ein gemeinsames Osterdatum: „Die Zeit ist reif, der Wille ist da: Es wäre schade, würden wir auch diesmal die Chance verpassen, ein für alle Mal ein gemeinsames Osterdatum festzulegen. Möge Gott die Verantwortlichen in unseren Kirchen begleiten, damit sie bald weise Entscheidungen dazu treffen, denn die christliche Welt sehnt sich nach aussagekräftigen Einheitszeichen.“

Zum Schluss dankte Bischof Meier für das großartige ökumenische Zeugnis der Griechisch-Orthodoxen Metropolie von Deutschland und des Metropoliten Augoustinos persönlich: „Möge Gott Sie, lieber Bruder, Ihre Metropolie und Seine Allheiligkeit immer schützen und stärken. Wie schön, dass Patriarch Bartholomaios, der Erste, der Prótos der Orthodoxie, ein großer Diener der Einheit ist.“ Dbk 11

 

 

 

 

Christentum weltweit noch führend. Anteil an Bevölkerung schrumpft

 

Eine neue Studie des Pew Research Center zeigt: Zwar bleibt das Christentum mit 2,3 Milliarden Anhängern die größte Glaubensgemeinschaft der Welt, doch sein Anteil an der Weltbevölkerung ist zwischen 2010 und 2020 zurückgegangen. Gleichzeitig wuchsen Islam und Religionslosigkeit deutlich.

Christen stellen weiterhin die größte religiöse Gruppe weltweit, doch ihr Anteil an der globalen Bevölkerung ist in den vergangenen zehn Jahren gesunken. Das geht aus einer aktuellen Auswertung des renommierten Pew Research Center mit Sitz in Washington hervor, die am Montagabend veröffentlicht wurde. Der Studie zufolge sank der Anteil der Christen zwischen 2010 und 2020 um 1,8 Prozentpunkte auf 28,8 Prozent.

Im gleichen Zeitraum legte der Anteil der Muslime um genau denselben Wert zu und erreichte 25,6 Prozent. Auch die Zahl der Menschen ohne Religionszugehörigkeit nahm zu: Sie stieg um 0,9 Prozentpunkte auf 24,2 Prozent. Damit gehören diese drei Gruppen gemeinsam mehr als drei Viertel der Weltbevölkerung an.

2,3 Milliarden Christen

In absoluten Zahlen wuchs die Zahl der Christen im betrachteten Jahrzehnt um 121,6 Millionen auf 2,3 Milliarden. Allerdings stieg die Weltbevölkerung insgesamt schneller, sodass sich der relative Anteil der Christen verringerte. Im Gegensatz dazu nahm die Zahl der Muslime um 346,8 Millionen zu, womit der Islam im Jahr 2020 rund 2 Milliarden Gläubige zählte. Die Zahl der Religionslosen wuchs um 270,1 Millionen auf 1,9 Milliarden.

Die Untersuchung basiert auf der Auswertung von mehr als 2.700 behördlichen Erhebungen und Umfragen weltweit. Sie weist darauf hin, dass besonders die Abwanderung von Mitgliedern aus christlichen Kirchen zur Zunahme der religiös Ungebundenen beigetragen hat. Innerhalb des Christentums verschob sich zudem der geographische Schwerpunkt: Lebten früher die meisten Christen in Europa, so ist die Mehrheit heute südlich der Sahara in Afrika beheimatet.

Demographische Entwicklung

Die demografische Entwicklung wirkt sich laut Pew auch auf den Islam aus: Eine vergleichsweise junge Altersstruktur und hohe Geburtenraten führen dazu, dass der Anteil der Muslime an der Weltbevölkerung weiter wächst.

In Europa machten Christen im Jahr 2020 noch 67,1 Prozent der Bevölkerung aus – ein Rückgang um 7,6 Prozentpunkte im Vergleich zu 2010. Gleichzeitig stieg der Anteil der Religionslosen um 6,6 Prozentpunkte auf 25,3 Prozent. Der Anteil der Muslime auf dem Kontinent wuchs moderat auf 6,0 Prozent – ein Plus von 0,7 Prozentpunkten.

Besonders deutlich zeigt sich also: Während das Christentum in absoluten Zahlen weiter wächst, verliert es relativ an Boden. Der globale Wandel religiöser Zugehörigkeiten wird auch in den kommenden Jahrzehnten von den dynamischen Entwicklungen in Afrika und Asien geprägt sein. (pm/kna 10)

 

 

 

 

 

Hanke über seinen Rücktritt: „Es war ein langer Weg des Ringens“

 

Nach fast zwei Jahrzehnten im Amt hat der Bischof von Eichstätt, Gregor Maria Hanke, am Pfingstsonntag seinen Rücktritt erklärt. Der Rücktritt sei das Ergebnis eines längeren inneren Prozesses gewesen. Von Mario Galgano

 „Ich darf in den Ruhestand eintreten mit nahezu 71 Jahren“, erklärte Hanke in einer Botschaft an die Gläubigen. „Es war ein langer Weg des Ringens, des Überlegens, des Betens, auch mancher Gespräche, bis es zu dieser Entscheidung kam“, so Hanke. Seit über drei Jahrzehnten habe er eine herausgehobene Verantwortung getragen – zunächst als Abt des Benediktinerklosters Plankstetten, später fast 19 Jahre lang als Bischof von Eichstätt.

Rückkehr zu den Grundlagen

Mit dem Übergang in den Ruhestand verbindet Hanke den Wunsch nach einer Rückkehr zu den Grundlagen des priesterlichen Dienstes. „Ich sehne mich danach, jetzt in die Seelsorge zu gehen, den Menschen nahe zu sein, sie auf dem Weg des Glaubens zu begleiten. Einfach priesterliche Dienste zu tun“, sagte er. Diese Aufgaben möchte er künftig außerhalb des Bistums Eichstätt „in einem Pastoralraum in der zweiten Reihe“ übernehmen.

In seiner Videobotschaft dankte der scheidende Bischof den Gläubigen für die gemeinsame Zeit. „Ich durfte viele schöne Erfahrungen mit Ihnen und bei Ihnen machen, wofür ich dankbar bin“, betonte er. Für die Zukunft der Diözese wünschte er „Gottes reichen Segen“ und rief zur aktiven Mitgestaltung des kirchlichen Lebens auf.

„Ich werde Ihnen im Gebet verbunden bleiben und beten Sie auch für mich“, schloss Hanke seine Abschiedsbotschaft. Seine priesterliche Arbeit will er fortsetzen – nun nicht mehr als Bischof, sondern als Seelsorger unter anderen Bedingungen. (vn/bistum eichstätt 9)

 

 

 

 

„Nicht dafür gemacht, um uns selbst zu kreisen“. Bischof Bätzing predigt zu Pfingsten

 

Der Atem und die Kostbarkeit des Atmens – dieses Bild hat der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Georg Bätzing, heute (8. Juni 2025) in seiner Predigt am Pfingstsonntag in Limburg thematisiert. Leben heiße atmen und atmen heiße leben. Ohne Atem ist es für den Menschen nicht möglich, zu sprechen, zu singen, zu lachen oder zu rufen. „Was unseren menschlichen Leib lebendig hält, dient also darüber hinaus der Pflege unserer Beziehungen und dem sozialen Miteinander“, sagte Bätzing. Er fügte hinzu: „Denn wir Menschen sind nicht dafür gemacht, um uns selbst zu kreisen und unser Dasein zu sichern; sich entfalten, wachsen, kommunizieren und Gemeinschaft erfahren, das macht das Leben erst wirklich lebenswert.“ Auch die Gottesbeziehung lebe davon, mit dem Atem zu Gott zu sprechen, ihn singend zu preisen oder still zu beten.

„Erst wenn wir geboren sind, beginnen wir zu atmen“, betonte Bischof Bätzing. „Der erste und der letzte Atemzug, daran macht man die Lebensspanne eines Menschen fest.“ Gott habe den Menschen aus Erde geformt, aber erst durch den Atem Gottes sei er zu einem Lebewesen geworden, wie es im Schöpfungsbericht der Bibel heißt. „Gott atmet also auch, und indem er uns seine Lebensenergie einhaucht, werden wir lebendig. So sind wir als Ebenbilder Gottes geschaffen. Das gibt uns Würde und Gott-Verwandtschaft.“

Bischof Bätzing machte deutlich, dass das Leben jedoch flüchtig und hinfällig sei. „Gott gibt nicht nur unser Leben, er lässt es auch vergehen. Wenn der letzte Atemzug gehaucht ist, kehren wir zuru?ck zum Staub der Erde. So ist der natu?rliche Vorgang von Werden und Vergehen, der alles Irdische prägt. Und doch regt sich in uns Widerstand, wenn wir daran denken und es selber erfahren.“ Wie ist es möglich, dass Gott etwas, was er liebt, einfach vergehen lasse? „Die Antwort, die im Glauben und in der Theologie auf diese Diskrepanz entwickelt wurde, lautet: Die freie Entscheidung von Menschen, sich von Gott abzusetzen, ohne ihn sein zu wollen, hat den Lebensfaden der Gottesbeziehung gekappt“, so Bischof Bätzing. Der Tod und die Auferstehung Jesu hätten jedoch die erlösende Wende gebracht. „Jesus, der in seinem Sterben den Geist aushauchte, haucht nach seiner Auferstehung den neuen Geist und neues Leben in die Jünger ein. Und so wurde die Kirche geboren.“ Dbk 8

 

 

 

 

Pfingsten auf dem Petersplatz: Papst ruft zur Öffnung der inneren und äußeren Grenzen auf

 

Unter strahlender Sonne feierte Papst Leo XIV. an diesem Pfingstsonntag eine festliche Messe auf dem Petersplatz. Tausende Gläubige aus aller Welt hatten sich bereits am frühen Morgen versammelt, um an der Feier im Rahmen des Jubiläums der Bewegungen teilzunehmen. Vor Beginn der Messe fuhr der Papst im Papamobil durch die Menge und begrüßte die jubelnden Menschen bis etwa zur Mitte der Via della Conciliazione. Von Mario Galgano

In seiner Predigt erinnerte Papst Leo XIV. an die zentrale Bedeutung des Heiligen Geistes für das Leben der Kirche und jedes einzelnen Gläubigen. Zu Beginn zitierte er den heiligen Augustinus: „Ein freudiger Tag hat uns erleuchtet, […] an dem der Herr Jesus Christus nach seiner Auferstehung verherrlicht durch seine Himmelfahrt den Heiligen Geist gesandt hat.“ Leo XIV. gehört dem Augustinerorden an.

Der Papst rief dazu auf, sich vom Geist Gottes neu erfassen zu lassen – wie ein Sturm, ein Brausen, ein Feuer. Dabei verwies er auf das Geschehen im Abendmahlssaal, das in der Apostelgeschichte beschrieben wird: „Der Heilige Geist besiegt ihre Angst, bricht ihre inneren Fesseln auf, heilt ihre Wunden, salbt sie mit Kraft und schenkt ihnen den Mut, hinauszugehen, um allen Menschen Gottes Taten zu verkünden.“

Gabe des Verstehens

Zugleich betonte Leo XIV. die Aktualität dieser Erfahrung: „Wie Benedikt XVI. sagt: ‚Der Heilige Geist verleiht ihnen die Gabe des Verstehens. Er überwindet den in Babel eingetreten Bruch […] und öffnet die Grenzen.‘“ Für die Kirche bedeute das, sich immer wieder neu zu öffnen – zwischen Völkern, Klassen und Rassen. Niemand dürfe vergessen oder verachtet werden.

„Er führt uns zur Begegnung mit dem Herrn, indem er uns lehrt, seine Freude zu erfahren.“

Ein zentrales Thema der Predigt war die „Öffnung der Grenzen“ – im Inneren des Menschen, in seinen Beziehungen und zwischen den Völkern. Der Papst sprach von einer Welt, die zwar zunehmend vernetzt, aber zugleich von Einsamkeit geprägt sei: „Es ist traurig zu beobachten, wie wir in einer Welt, in der es immer mehr Möglichkeiten zur sozialen Begegnung gibt, paradoxerweise Gefahr laufen, einsamer zu werden.“

Neue Sicht- und Lebensweise

Der Heilige Geist, so Leo XIV., lehre die Menschen eine neue Sicht- und Lebensweise, befreie sie von Verschlossenheit, Egoismus und Angst. „Er öffnet uns für die Begegnung mit uns selbst jenseits der Masken, die wir tragen“, sagte der Papst. „Er führt uns zur Begegnung mit dem Herrn, indem er uns lehrt, seine Freude zu erfahren.“

Auch für zwischenmenschliche Beziehungen sei der Geist Gottes entscheidend: „Wenn die Liebe Gottes in uns wohnt, werden wir fähig, uns unseren Brüdern und Schwestern gegenüber zu öffnen, unsere Starrheit zu überwinden, die Angst vor dem Anderssein zu besiegen.“ Mit deutlichen Worten sprach Leo XIV. auch über den „Willen, den anderen zu beherrschen“, der zu Gewalt führen könne, „wie die zahlreichen Fälle von Femiziden in jüngster Zeit leider zeigen.“

Demgegenüber stellte der Papst die „Früchte des Geistes“, wie sie im Galaterbrief genannt werden: „Liebe, Freude, Friede, Langmut, Freundlichkeit, Güte, Treue, Sanftmut und Enthaltsamkeit.“ Dies sei auch ein Prüfstein für die Kirche: „Wir sind nur dann wirklich die Kirche des Auferstandenen und Jünger von Pfingsten, wenn es unter uns keine Grenzen und Spaltungen gibt.“

Politische Dimension

Schließlich ging Papst Leo XIV. auch auf die politische Dimension des Pfingstfestes ein: Der Geist überwinde das „babylonische Gewirr“ und schaffe „eine vom Geist geschaffene Harmonie“. Er „durchbricht Grenzen und reißt Mauern der Gleichgültigkeit und des Hasses nieder“. Dabei erinnerte der Papst an das zentrale Gebot der Liebe, das „keinen Platz für Vorurteile, für Sicherheitsabstände, […] für die Logik der Ausgrenzung“ lasse – eine Logik, die er auch in politischen Nationalismen wiederzuerkennen meinte.

„Wir sind nur dann wirklich die Kirche des Auferstandenen und Jünger von Pfingsten, wenn es unter uns keine Grenzen und Spaltungen gibt.“

In Anlehnung an eine Predigt seines Vorgängers Franziskus bezeichnete Leo XIV. die gegenwärtige Welt als geprägt von „Zwietracht und Spaltung“, „betäubt von Gleichgültigkeit und niedergedrückt von Einsamkeit“. Dem setzte er den Appell entgegen, den Geist der Liebe und des Friedens zu erbitten: „damit er Grenzen öffne, Mauern niederreiße, Hass auflöse und uns helfe, als Kinder des einen Vaters im Himmel zu leben.“

Zum Abschluss rief Papst Leo XIV. dazu auf, sich dem Wirken des Geistes anzuvertrauen: „Der kräftige Wind des Geistes komme über uns und in uns, er öffne die Grenzen des Herzens, schenke uns die Gnade der Begegnung mit Gott, erweitere den Horizont der Liebe und stärke unsere Bemühungen um den Aufbau einer Welt, in der der Friede herrscht.“ Die Gläubigen bat er, sich unter den Schutz der Gottesmutter Maria zu stellen – „die Frau des Pfingstfestes, die vom Geist besuchte Jungfrau, Mutter voller Gnade“.

Vor der Messe segnete der Papst auf seiner mehr als 20 Minuten dauernden Rundfahrt über den Petersplatz und durch die Via della Conciliazione zahlreiche Kleinkinder. (vn 8)

 

 

 

 

 

Leo XIV. hat Rücktritt von Bischof Gregor Maria Hanke angenommen

 

Zum Pfingstfest hat Papst Leo XIV. den Rücktritt von Bischof Gregor Maria Hanke OSB von der Leitung der Diözese Eichstätt angenommen. Der 70-jährige Benediktiner zieht sich aus dem Bischofsamt zurück, um als einfacher Seelsorger weiterzuwirken.

Der Vatikan hat am Pfingstsonntag, dem 8. Juni 2025, bekanntgegeben, dass Papst Leo XIV. den Amtsverzicht von Bischof Gregor Maria Hanke OSB angenommen hat. Hanke, der seit 2006 das Bistum Eichstätt leitete, hatte seinen Rücktritt bereits vor Ostern eingereicht. Papst Franziskus hatte ihn damals „nunc pro tunc“ – also vorläufig und auf einen später festzulegenden Zeitpunkt – angenommen. Mit dem heutigen Tag wird der Rücktritt wirksam.

 „Am Pfingstsonntag lege ich mein Amt als Bischof in die Hände des Heiligen Vaters zurück“, erklärte Hanke. In einem Schreiben an die Mitarbeitenden des Bistums schildert er seine Beweggründe. Nach mehr als drei Jahrzehnten in kirchlicher Leitungsverantwortung – zunächst als Abt der Benediktinerabtei Plankstetten, später als Bischof – sieht Hanke nun die Zeit gekommen, sich aus dem Amt zurückzuziehen. „Meine Entscheidung hat eine längere Vorgeschichte, die von einem geistlichen Ringen begleitet war“, schreibt der 70-Jährige.

Ein Rücktritt aus geistlicher Überzeugung

Der Wunsch, wieder stärker im unmittelbaren Kontakt mit den Menschen zu stehen, habe ihn zum Schritt in den Ruhestand bewegt. Hanke spricht von einer „Sehnsucht, wieder unmittelbarer für die Menschen da zu sein – als Priester und geistlicher Begleiter“. Zugleich nennt er auch die Belastungen seiner Amtszeit: Missbrauchsfälle, Konflikte in der Leitung der Katholischen Universität Eichstätt-Ingolstadt und ein Finanzskandal hätten ihn persönlich geprägt und zu einer ehrlichen Bestandsaufnahme geführt. „Ich will nicht verhehlen, dass ich nach den vielen Herausforderungen, Skandalen und ungelösten Konflikten eine innere Ermüdung spüre“, heißt es in dem Schreiben.

Besonders berührt habe ihn der Kontakt mit Betroffenen sexuellen Missbrauchs. „Manches in mir hat sich dadurch verändert“, so Hanke. Seine Entscheidung sei auch getragen von dem Wunsch, dem Evangelium neu und unmittelbarer zu begegnen. Dabei beruft er sich auf Impulse von Papst Franziskus: „Er sprach vom Biss des Evangeliums, der spürbar sein soll.“

Ein neuer Lebensabschnitt als Pater Gregor

Künftig möchte Hanke, nunmehr als „Pater Gregor“, in einem Pastoralraum außerhalb der Diözese als Seelsorger wirken. Er wolle Menschen in Glaubensfragen begleiten und sie auf die Sakramente vorbereiten. „Als Seelsorger den Menschen nahe zu sein – das möchte ich in den verbleibenden, hoffentlich rüstigen Jahren meines Lebens als Pater Gregor verwirklichen, ehe ich später in meine klösterliche Gemeinschaft zurückkehre“, kündigte er an.

Dabei verzichtet Hanke auf äußere Zeichen des Bischofsamtes. „Unbeschadet meiner Bischofsweihe möchte ich in Zukunft keine Pontifikalien und Insignien mehr tragen noch Pontifikalfunktionen wahrnehmen, es sei denn, mein Nachfolger bittet mich ausdrücklich darum“, erklärte er. Damit wolle er bewusst Nähe zur kirchlichen Basis ausdrücken.

Dank und Abschied in schlichter Form

Der scheidende Bischof blickt dankbar auf seine Zeit in Eichstätt zurück. In seinem Abschiedsbrief dankt er allen, die ihn im Dienst unterstützt haben, und bittet um Verzeihung, „wo ich Erwartungen nicht erfüllt oder Menschen verletzt haben könnte“. Eine große Abschiedsfeier soll es auf seinen Wunsch hin nicht geben. Stattdessen ist eine schlichte Verabschiedung am Willibaldssonntag, dem 6. Juli 2025, geplant – mit Festgottesdienst, Vesper und einer anschließenden Begegnung.

„Angesichts der gegenwärtigen Lage der Kirche erachte ich einen schlichten Abschied als angemessene Form“, betont Hanke. Der Blick solle sich auf die Zukunft richten – auf das, was für die Ortskirche von Eichstätt nun anstehe.

Der Weg zur Neubesetzung

Mit dem Rücktritt Hankes tritt die sogenannte Vakanz des bischöflichen Stuhls ein. Das bedeutet: Die Diözese ist vorübergehend ohne Bischof. Innerhalb von acht Tagen muss das Domkapitel einen Diözesanadministrator wählen, der vorläufig die Leitung übernimmt. Auch das Amt des Generalvikars endet automatisch mit dem Rücktritt des Bischofs.

In den kommenden Monaten wird das Domkapitel an der Vorbereitung der Ernennung eines neuen Bischofs mitwirken. Der neue Diözesanbischof wird durch den Heiligen Stuhl nach Beratung und Prüfung durch die Römische Kurie ernannt. Ein zeitlicher Rahmen ist für diesen Prozess nicht vorgesehen. (vn/pm 8)

 

 

 

 

 

Zehntausende in Rom zum Jubiläum der kirchlichen Bewegungen

 

Mehr als 70.000 Gläubige aus über 100 Ländern feiern an diesem Pfingstwochenende in Rom das Jubiläum der kirchlichen Bewegungen, Vereinigungen und neuen Gemeinschaften. Im Zentrum des Programms stehen eine Vigil mit Papst Leo XIV. und eine feierliche Eucharistiefeier auf dem Petersplatz. Wir übertragen diese Events live und mit deutschem Kommentar. Mario Galgano - Vatikanstadt

Am Samstag, den 7., und Sonntag, den 8. Juni, findet in Rom das Jubiläum der Bewegungen, Vereinigungen und neuen Gemeinschaften statt. Nach Angaben des Dikasteriums für Evangelisierung werden über 70.000 Pilgerinnen und Pilger aus mehr als 100 Ländern erwartet. Darunter sind größere Gruppen aus Italien, Spanien, Deutschland, Frankreich, Portugal, Polen, der Schweiz, den Vereinigten Staaten, Kanada, Mexiko, Brasilien, Argentinien, Peru, Kolumbien, Großbritannien, den Philippinen und Äthiopien.

Hier hören Sie ein Kollegengespräch zu dem Thema mit Mario Galgano

Das Jubiläum richtet sich an kirchliche Bewegungen, neue Gemeinschaften, Vereinigungen von Gläubigen sowie charismatische und missionarische Gruppierungen. Es ist das erste Mal, dass diese in großer Zahl Papst Leo XIV. begegnen. Unter den teilnehmenden Organisationen sind der Neokatechumenale Weg, die Katholische Aktion, Comunione e Liberazione, die Katholische Gemeinschaft Shalom, die Pfarrzellen der Evangelisierung, Charis International, die Gemeinschaft Sant’Egidio, die Gemeinschaft Neue Horizonte, das Internationale Forum der Katholischen Aktion, die Marianische Jugend, das Werk Mariens – Fokolar, Erneuerung im Geist sowie die Vereinigung der Salesianischen Mitarbeiter.

Start bei den Heiligen Pforten

Das Jubiläum begann am Samstagmorgen mit einer Pilgerfahrt zu den Heiligen Pforten der vier päpstlichen Basiliken. Zwischen 8 und 18 Uhr hatten die Teilnehmer die Gelegenheit zu spiritueller Einkehr an den zentralen Orten des römischen Katholizismus.

Am Nachmittag versammeln sich die Pilger ab 16 Uhr auf dem Petersplatz, um die Gebetsvigil am Vorabend des Pfingstfestes mit Papst Leo XIV. zu erwarten. Im Vorfeld der Vigil treten Musikgruppen und Vertreter von Gemeinschaften aus allen Kontinenten auf. Die eigentliche Vorvigil beginnt um 18 Uhr. Ein Chor mit 130 Sängerinnen und Sängern aus verschiedenen Ländern begleitet das Programm musikalisch.

Persönliche Zeugnisse geben dem Abend eine besondere Note: Hussam Abu Sini, ein arabisch-christlicher Israeli, berichtet über seinen Einsatz für den Frieden; Nicola Buricchi spricht als Vater und ehemaliger Drogenabhängiger; Aline Minani, Leiterin einer Friedensschule für Flüchtlingskinder in Goma (Demokratische Republik Kongo), teilt ihre Erfahrungen; und Pedro und Maria Begona Sanchez, ein Missionarsehepaar in der Ukraine, berichten aus ihrem Familienleben mit zwölf Kindern.

Pfingstvigil mit dem Papst

Von 20 bis 21 Uhr leitet Papst Leo XIV. die Pfingstvigil auf dem Petersplatz. Sie umfasst einen Wortgottesdienst, die Erneuerung des Taufversprechens und eine Predigt des Papstes.

Den Abschluss des Jubiläums bildet die Eucharistiefeier am Pfingstsonntag, 8. Juni, um 10:30 Uhr auf dem Petersplatz. Papst Leo XIV. wird der Messe vorstehen. Die Feier ist für alle Pilger zugänglich, eine Eintrittskarte ist nicht erforderlich. Sie können alle Feiern live und mit deutschem Kommentar auf unserer Homepage, YouTube-Kanal, Facebook, Instagram oder Partnersender mitverfolgen. (vn 7)

 

 

 

 

 

 

Leo XIV. ruft zu neuer Einheit von Katholiken und Orthodoxen auf

 

Bei einer Ansprache zum ökumenischen Symposium „Nizäa und die Kirche des dritten Jahrtausends“ hat Papst Leo XIV. zu einer vertieften Zusammenarbeit zwischen der katholischen und der orthodoxen Kirche aufgerufen. Der Papst betonte die bleibende Bedeutung des Konzils von Nizäa für die heutige Suche nach sichtbarer Einheit der Christen. Von Mario Galgano

Papst Leo XIV. hat am Samstagvormittag die Teilnehmerinnen und Teilnehmer des ökumenischen Symposiums „Nizäa und die Kirche des dritten Jahrtausends: Auf dem Weg zur katholisch-orthodoxen Einheit“ im Vatikan empfangen. Die Veranstaltung, die vom 4. bis 7. Juni an der Päpstlichen Universität Sankt Thomas von Aquin stattfand, wurde gemeinsam vom Institut für Ökumenische Studien „Œcumenicum“ und der International Orthodox Theological Association organisiert. Unter den Gästen waren zahlreiche Vertreter orthodoxer und orientalisch-orthodoxer Kirchen, die Papst Leo bereits bei der Messe zur Amtseinführung begleitet hatten.

 „Ich freue mich sehr, heute bei Ihnen zu sein“, sagte der Papst gleich zu Beginn mit einem Hinweis auf seine noch junge Amtszeit. „Ich bin noch keine vier Wochen im Amt – eine Zeit voller Lernprozesse.“ Die Begegnung sei ihm dennoch wichtig, da das Konzil von Nizäa nicht nur ein Ereignis der Vergangenheit sei, sondern ein „Wegweiser zur sichtbaren Einheit aller Christen“.

„Ich bin noch keine vier Wochen im Amt – eine Zeit voller Lernprozesse.“

Der Papst erinnerte daran, dass das Erste Ökumenische Konzil von 325 nicht nur historische Bedeutung habe, sondern auch heute eine gemeinsame theologische Grundlage bilde. Die sogenannte „Glaubensregel der 318 Väter“ sei besonders für die östlichen Kirchen ein zentraler Bezugspunkt. Leo XIV. zitierte dabei ein jüngstes Dokument der Internationalen Theologischen Kommission, das zum 1700. Jubiläum des Konzils erschien: „Was uns eint, ist sowohl quantitativ als auch qualitativ stärker als das, was uns trennt.“

Was die Kirchen verbindet

Ziel sei es, durch das gemeinsame Bekenntnis des Glaubens von Nizäa und durch theologische Dialoge mit Gottes Hilfe ein tieferes Verständnis für das zu entwickeln, was die Kirchen verbindet – und damit auch die Trennlinien in neuem Licht zu sehen.

Ein weiterer Schwerpunkt der Ansprache war die Synodalität. Das Konzil von Nizäa habe einen synodalen Weg eröffnet, der heute weitergegangen werden müsse. Auch die Beiträge orthodoxer und anderer christlicher Delegierter zur jüngsten römischen Synode seien „ein wertvoller Impuls“ gewesen. Die Vorbereitung des Jubiläums von Nizäa 2025 biete die Möglichkeit, synodale Formen der Zusammenarbeit zwischen Christen unterschiedlicher Traditionen praktisch zu erproben, so Leo XIV.

Als dritten Aspekt hob der Papst die Frage des Osterdatums hervor. Schon das Konzil von Nizäa hatte ein einheitliches Datum für das Osterfest anstreben wollen. Heute feierten Christen das zentrale Fest des Kirchenjahres jedoch nicht mehr gemeinsam – was zu pastoralen Spannungen und familiären Spaltungen führen könne. Der Papst bekräftigte die Offenheit der katholischen Kirche für eine ökumenisch abgestimmte Lösung, „die das gemeinsame Zeugnis der Auferstehung stärken“ könne.

Zum Abschluss lud Leo XIV. die Anwesenden ein, sich im Gebet an den Heiligen Geist zu wenden. In einem altkirchlichen Gebet aus der östlichen Tradition bat er um die Gabe der Einheit: „O himmlischer König, Tröster, Geist der Wahrheit, der du überall bist und alles erfüllst, Schatzkammer des Segens und Spender des Lebens, komm und bleibe bei uns, reinige uns von aller Unreinheit und rette unsere Seelen, o Gütiger.“ Mit dem Segen des dreieinen Gottes beendete Papst Leo XIV. seine Ansprache. (vn 7)

 

 

 

 

 

Leo empfängt Italiens Präsident Mattarella im Vatikan

 

Papst Leo XIV. hat am Freitag Italiens Staatspräsident Sergio Mattarella zu einer offiziellen Audienz empfangen. Im Zentrum der Gespräche standen die bilateralen Beziehungen, die weltpolitische Lage und der gesellschaftliche Beitrag der Kirche in Italien. Mario Galgano - Vatikanstadt

Inhaltlich konzentrierten sich die Gespräche auf aktuelle internationale Herausforderungen, insbesondere auf die weiterhin angespannten Lagen in der Ukraine und im Nahen Osten, hieß es nachhier in einer Mitteilung. Der Heilige Stuhl hat sich unter Papst Leo XIV., wie bereits unter seinem Vorgänger Franziskus, wiederholt als Vermittler und Mahner für den Frieden profiliert. Der Papst selbst hatte in seiner letzten Pfingstpredigt betont, dass „die Kirche keine politischen Lösungen anbietet, aber eine moralische Pflicht hat, das Gewissen der Menschheit zu wecken“.

Soziale Fragen

Darüber hinaus wurden soziale Fragen thematisiert sowie „der Beitrag der Kirche zum Leben des Landes“. Dabei dürfte es unter anderem um Themen wie die Betreuung armer und marginalisierter Gruppen, das Engagement katholischer Organisationen im Bildungs- und Gesundheitswesen sowie um bioethische Fragen gegangen sein – Bereiche, in denen die katholische Kirche in Italien eine bedeutende Rolle spielt.

Zufriedenheit

Der Vatikan liegt in Rom und ist damit zur Gänze von italienischem Staatsgebiet umgeben. Beide Seiten hätten „Zufriedenheit über die bestehenden guten bilateralen Beziehungen“ geäußert, hieß es in der Mitteilung. Die Lateranverträge von 1929 und das römische Konkordat von 1984 garantieren nicht nur die Unabhängigkeit der Vatikanstadt, sondern auch die Zusammenarbeit zwischen Staat und Kirche in Italien – etwa in Bildungs-, Kultur- und Sozialfragen.

Nach dem Treffen mit dem Pontifex führte Mattarella ein weiteres Gespräch mit Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin und dem Untersekretär für die Beziehungen zu den Staaten, Monsignore Miros?aw Wachowski; Außenminister Erzbischof Gallagher ist derzeit auf Kuba. Die Gespräche seien in „herzlicher Atmosphäre“ verlaufen, hieß es in der amtlichen Mitteilung.

Mattarella kam in Begleitung seiner Tochter Laura und mehreren Enkelkindern zum Papst. Seiner Delegation gehörte unter anderem auch Italiens Außenminister Antonio Tajani an. Die Audienz dauerte eine knappe Stunde.

Rote Mozzetta

Bei der Audienz trug Leo XIV. Stola und Mozzetta (Schulterumhang), wie auch schon bei der kurzen, amtlichen Begegnung mit dem römischen Bürgermeister Gualtieri am Fuß des Kapitols am 25. Mai. Bei Audienzen mit Staatsoberhäuptern oder Königen ist es üblich, dass der Papst Stola und Mozzetta trägt. Die Stola steht für die Identität des Papstes als Bischof und Priester und ist gemeinsam mit dem Schultermantel Teil des Chorgewandes des Papstes. Johannes Paul II. und Benedikt XVI. trugen beides bei Begegnungen mit Staatschefs oder gekrönten Häuptern, Franziskus trat indessen auch bei diesen Audienzen mit der einfachen weißen Soutane des Papstes auf.  (vn 6)

 

 

 

 

 

Papst Leo XIV.: „Die Charismen sind Sauerteig der Einheit“

 

In seiner ersten offiziellen Begegnung mit Moderatoren kirchlicher Bewegungen würdigt Papst Leo XIV. am Freitagvormittag die Charismen als göttliche Gaben zur Erneuerung der Kirche. Er ruft zu Einheit und missionarischer Dynamik in enger Verbundenheit mit dem Papst auf.  Von Mario Galgano

An diesem Freitag, dem 6. Juni 2025, hat Papst Leo XIV. im Vatikan die internationalen Leiterinnen und Leiter kirchlicher Bewegungen, Vereinigungen und neuer Gemeinschaften empfangen. Die Begegnung fand im Rahmen des jährlichen Treffens statt, das vom Dikasterium für die Laien, die Familie und das Leben organisiert wird. In seiner Ansprache hob der Papst die zentrale Bedeutung der Charismen für das Leben der Kirche hervor und betonte ihre Funktion als „Sauerteig der Einheit, der Gemeinschaft und der Geschwisterlichkeit“.

Leo XIV. würdigte die Vielfalt der geistlichen Bewegungen, die aus apostolischem Engagement oder charismatischen Inspirationen hervorgegangen sind. „Niemand ist Christ allein“, erinnerte der Papst unter Berufung auf Augustinus. Die Gemeinschaft sei der Ort, an dem Christus gegenwärtig werde und aus dem heraus das Evangelium glaubwürdig gelebt und verkündet werden könne.

Gnade Gottes objektiv vermitteln

In Anknüpfung an das Zweite Vatikanische Konzil betonte Leo XIV., dass die Institutionen der Kirche dazu da seien, die Gnade Gottes objektiv zu vermitteln – durch Sakramente, Wortverkündigung und Seelsorge. Die Charismen hingegen würden vom Heiligen Geist frei geschenkt, um diese Gnade in vielfältiger Weise fruchtbar werden zu lassen.

„Christus zieht uns an sich – und so vereint er uns untereinander.“

Der Papst rief die Bewegungen dazu auf, sich besonders für zwei Anliegen einzusetzen: die Förderung der Einheit und die missionarische Verkündigung. „Christus zieht uns an sich – und so vereint er uns untereinander“, sagte er. Diese geistliche Gemeinschaft müsse nicht nur innerhalb der Gruppen, sondern auch in der Kirche insgesamt und im Kontakt mit der Welt gelebt werden. Gleichzeitig rief er die Bewegungen auf, ihre missionarische Kraft zu bewahren: „Bewahrt dieses Feuer! Es ist ein Schatz, der Frucht bringen soll.“

Christus ins Zentrum stellen

Zum Abschluss betonte Leo XIV. die Notwendigkeit, Christus immer ins Zentrum zu stellen. Die Charismen seien kein Selbstzweck, sondern Mittel zur Begegnung mit Christus und zur Vertiefung des Glaubens. „Wer mit anderen ein apostolisches Ziel verfolgt, ist gerufen, sich selbst zu entäußern, um andere zu bereichern“, so der Papst.

Mit einem herzlichen Dank für das Wirken der Bewegungen und unter den Schutz Mariens stellte der Papst die Teilnehmer unter seinen apostolischen Segen – verbunden mit der Hoffnung auf ein baldiges Wiedersehen.

Am Pfingstwochenende werden in Rom mehr als 70.000 Mitglieder geistlicher Bewegungen, kirchlicher Vereinigungen und neuer Gemeinschaften erwartet. Sie kommen aus rund 100 Ländern, vor allem aus Italien, Spanien, Deutschland, den USA, Kanada, Brasilien, Peru, den Philippinen und Äthiopien, wie der Vatikan ankündigte.

Papst leitet Pfingstgottesdienst auf Petersplatz

Papst Leo XIV. wird mit ihnen am Pfingstsonntag einen Gottesdienst auf dem Petersplatz feiern (10.30 Uhr) und dort auch am Samstag ein Abendgebet leiten (ab 20.00 Uhr). Die Evangelisierungsbehörde des Vatikans spricht von einem der wichtigsten Ereignisse des Heiligen Jahres 2025. Wir übertragen das alles Live und mit deutschem Kommentar. (vn 5)

 

 

 

 

Ehrenamtliche als Leiter kirchlicher Bestattungen

 

In der Diözese Rottenburg-Stuttgart werden fortan erstmals Ehrenamtliche die Leitung kirchlicher Bestattungsfeiern übernehmen.

Dafür haben sich sieben Frauen und ein Mann aus ganz Württemberg im Rahmen eines Pilotprojekts neun Monate lang vorbereitet. Bischof Klaus Krämer beauftragte die Ehrenamtlichen bei einem Gottesdienst im Dom St. Martin in Rottenburg am Mittwochabend für ihren künftigen Dienst.

Die Ehrenamtlichen waren von ihren Kirchengemeinderäten und Pastoralteams zur Teilnahme an dem Pilotprojekt vorgeschlagen worden. Die Leitung kirchlicher Bestattungsfeiern durch Pastoral- und Gemeindereferentinnen und –referenten ist in der Diözese Rottenburg-Stuttgart eine seit langer Zeit bewährte Praxis. Der bisherige gemeinsame Dienst von geweihten Amtsträgern und Laien bei Bestattungen wird durch die Beauftragung Ehrenamtlicher nun noch ergänzt.

Neunmonatige Qualifizierung

In ihrer neunmonatigen Qualifizierung beschäftigten sich die Ehrenamtlichen unter anderem mit den Themenbereichen „Trauer“ und „Kommunikation im Todesfall“ und bildeten sich in der Leitung der Liturgie von Begräbnissen fort. Auf ihrem Weg wurden sie vor Ort durch Mentorinnen und Mentoren unterstützt.

Die Diözese Rottenburg-Stuttgart umfasst mit ihren 1020 Kirchengemeinden und rund 1,6 Millionen Mitgliedern den württembergischen Landesteil Baden-Württembergs und ist bundesweit die drittgrößte Diözese. Unter ihrem Dach leisten 24.000 Haupt- und 170.000 Ehrenamtliche Dienst. (bistum rottenburg 5)

 

 

 

 

Der Papst würdigt die Arbeit des Staatssekretariats

 

Der neue Papst bestärkt das vatikanische Staatssekretariat in seiner Rolle, die ihm die Kurienreform seines Vorgängers Franziskus zugewiesen hat.

Es habe eine grundlegende Aufgabe, nämlich die Koordination der vatikanischen Behörden, und leiste „dem Leben der Kirche einen wertvollen Dienst“. Das sagte er bei einer Audienz für das Staatssekretariat an diesem Donnerstag im Vatikan. Leo XIV. machte klar, dass er sich bei seiner Amtsausübung auf das Staatssekretariat stützen will.

„Die Geschichte dieser Institution reicht, wie wir wissen, bis zum Ende des 15. Jahrhunderts zurück. Im Laufe der Zeit hat sie einen immer universelleren Charakter angenommen und sich zunehmend erweitert, wobei sie aufgrund neuer Anforderungen sowohl im kirchlichen Bereich als auch in den Beziehungen zu Staaten und internationalen Organisationen weitere Aufgaben übernommen hat. Derzeit sind fast die Hälfte von Ihnen gläubige Laien. Und es gibt mehr als fünfzig Frauen, sowohl Laien als auch Ordensfrauen.“

„Eine große Gemeinschaft, die an der Seite des Papstes arbeitet“

Diese Entwicklung habe dazu geführt, „dass das Staatssekretariat heute in sich selbst das Antlitz der Kirche widerspiegelt“, lobte der Papst. „Es handelt sich um eine große Gemeinschaft, die an der Seite des Papstes arbeitet: Gemeinsam teilen wir die Fragen, Schwierigkeiten, Herausforderungen und Hoffnungen des Volkes Gottes auf der ganzen Welt.“

Zwei Elemente benannte Leo als wichtig für das Staatssekretariat: Inkarnation sowie Katholizität.

„Wir sind in Zeit und Geschichte verankert, denn wenn Gott den Weg des Menschen und die Sprachen der Menschen gewählt hat, ist auch die Kirche aufgerufen, diesen Weg zu gehen, damit die Freude des Evangeliums alle erreichen und in den heutigen Kulturen und Sprachen vermittelt werden kann. Gleichzeitig versuchen wir, stets einen katholischen, universellen Blickwinkel zu bewahren, der es uns ermöglicht, die verschiedenen Kulturen und Sensibilitäten zu schätzen. So können wir eine treibende Kraft sein, die sich dafür einsetzt, die Gemeinschaft zwischen der Kirche von Rom und den Ortskirchen sowie freundschaftliche Beziehungen in der internationalen Gemeinschaft zu knüpfen. In den letzten Jahrzehnten sind diese beiden Dimensionen – in der Zeit verankert zu sein und einen universellen Blick zu haben – immer mehr zu einem wesentlichen Bestandteil der Arbeit der Kurie geworden.“

Nähe, Dankbarkeit - und eine Mahnung

Er wisse, dass die Aufgaben des Staatssekretariats „sehr umfangreich“ seien und von außen „nicht immer gut verstanden“ würden.

„Darum will ich Euch meine Nähe und vor allem meine lebhafte Dankbarkeit ausdrücken. Danke für die Kompetenzen, die Ihr der Kirche zur Verfügung stellt, für Eure fast immer verborgene Arbeit und für den Geist des Evangeliums, der sie inspiriert. Und gestattet mir, gerade aufgrund dieser Dankbarkeit, Euch eine Ermahnung zu geben, wobei ich mich auf den heiligen Paul VI. beziehe: Dieser Ort darf nicht durch Ehrgeiz oder Feindseligkeiten vergiftet werden; seid vielmehr eine echte Gemeinschaft des Glaubens und der Nächstenliebe, ‚Brüder und Söhne des Papstes‘, die sich großzügig für das Wohl der Kirche einsetzen.“ (vn 5)

 

 

 

 

Organspende – Ausdruck konkreter Nächstenliebe und Mitverantwortung

 

Bischof Overbeck zum Tag der Organspende

Der Tag der Organspende, der am kommenden Samstag (7. Juni 2025) begangen wird, erinnert daran, dass viele Menschen in ihrer Not ihre Hoffnung darauf setzen, ein lebenswichtiges Spender-Organ zu erhalten. Diesen bundesweiten Aktionstag gibt es in Deutschland seit 1983. Dazu erklärt der Vorsitzende der Glaubenskommission der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Franz-Josef Overbeck (Essen): „Die Wartelisten sind lang. Deshalb ist es so hoch willkommen, wenn möglichst viele Menschen sich dafür entscheiden, mittels eines Organspendeausweises ihre Bereitschaft zu dokumentieren, im Falle ihres eigenen Todes, also nach medizinischer Feststellung des Hirntodes, als Organspenderin oder Organspender zur Verfügung zu stehen. In christlicher Sicht ist die Organspende eine Tat der konkreten Nächstenliebe.“

Gleichzeitig erinnert Bischof Overbeck daran, dass man diesen Eingriff in die Integrität des Körpers auch nach dem Tod nicht einfach als Pflicht einfordern könne: „Man darf nicht verschweigen, dass es hier tatsächlich um einen Eingriff geht, der möglicherweise die medizinische Behandlung bereits im Sterbeprozess verändert und der für die Angehörigen oft eine Zumutung bedeutet. Das Trauern um einen geliebten Menschen wird durch die Prozeduren der Organentnahme nicht einfacher. Eine gute Vorbereitung und Begleitung können dabei sehr hilfreich sein. Hier kommt es sicher besonders darauf an, klar und deutlich zu wissen, dass das, was geschieht, im erklärten Sinn des Verstorbenen ist“, so Bischof Overbeck.

Der christliche Glaube an die Auferstehung lebe aus der Hoffnung, dass das Leben des Menschen bei Gott seine Vollendung finde – gerade auch dort, wo es von Krankheit geprägt sei. Bischof Overbeck wörtlich: „Dabei bleibt der Blick nicht beim Leid stehen: Christlicher Glaube ermutigt dazu, Schmerz nicht einfach hinzunehmen, sondern nach Möglichkeiten der Besserung zu suchen. Die Organspende kann ein höchst wertvoller Beitrag dazu sein. Ich meine, das sind gute Gründe für diese konkrete Form der Nächstenliebe.“Hinweis

Die Deutsche Bischofskonferenz hat bereits vor zehn Jahren ein eigenes Dokument der Glaubenskommission zur Organspende Hirntod und Organspende veröffentlicht. Es steht als PDF-Datei zum Herunterladen unter www.dbk.de in der Rubrik Publikationen zur Verfügung und kann auch als Broschüre (Die deutschen Bischöfe, Glaubenskommission, Nr. 41, Bonn 2015) bestellt werden. dbk 5

 

 

 

 

 

Jahresbericht. Angriffe auf Moscheen auf Rekordhoch: Zahl vervierfacht seit 2021

 

175 Übergriffe in nur einem Jahr – laut Ditib erreicht die Gewalt gegen muslimische Einrichtungen ein neues Ausmaß. Die islamische Religionsgemeinschaft fordert mehr Schutz und ein entschlossenes politisches Signal.

Die Türkisch-Islamische Union (Ditib) hat im vergangenen Jahr 175 Übergriffe auf Moscheen in Deutschland erfasst. Die Zahl habe den Rekordwert aus dem Vorjahr mit 137 Übergriffen nochmals übertroffen, erklärte die Ditib-Antidiskriminierungsstelle am Dienstag in Köln. Im Vergleich zum Jahr 2021 habe sich die Zahl der Übergriffe nahezu vervierfacht.

117 Vorfälle waren laut Ditib-Bericht verbale Übergriffe wie Beleidigungen, Bedrohungen und Schmähungen in Mails und Briefen. Zudem seien 25 Sachbeschädigungen und Schmierereien, 10 Bedrohungen und sonstige Übergriffe verzeichnet worden. Darunter fielen etwa Vandalismus, Einbruch und Brandstiftung, aber auch verfassungswidrige oder terroristische Kennzeichen.

Einige Vorfälle fallen in mehrere Kategorien. In 84 Prozent der Fälle wurden Islamfeindlichkeit oder antimuslimischer Rassismus als Hintergrund des Übergriffs von der Ditib beobachtet. 96 Prozent der Fälle seien gegen Moscheen der Ditib-Gemeinden gerichtet gewesen. Zekeriya Altug, Leiter der Ditib-Antidiskriminierungsstelle, erklärte: „Muslime dürfen nicht länger als Blitzableiter gesellschaftlicher Spannungen dienen.“

Ditib fordert besseren Schutz muslimischer Einrichtungen

Die zunehmende Polarisierung der öffentlichen Debatte und die Verbreitung rechtsextremer Ideologien würden ein Klima schaffen, in dem solche Angriffe begünstigt würden, hieß es in dem Bericht. Die Ditib forderte einen besseren Schutz muslimischer Einrichtungen und eine konsequentere Strafverfolgung. Zudem sei eine bewusste zivilgesellschaftliche Auseinandersetzung mit antimuslimischem Hass nötig.

Anders als jüdische Einrichtungen erhalten muslimische Gemeinden keine staatliche Unterstützung zum Schutz vor Angriffen. In mehreren Bundesländern werden jüdischen Einrichtungen Mittel in Millionenhöhe zur Finanzierung von Sicherheitsmaßnahmen zur Verfügung gestellt. Zudem gibt es auf Bundes- und Landesebene Beauftragte, um Antisemitismus zu bekämpfen und jüdisches Leben zu fördern. Ein Pendant zu antimuslimischem Rassismus gibt es nicht. Muslime fordern seit Jahren die Einsetzung eines Beauftragten.

Die Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion e.V. (Ditib) ist der Dachverband von mehr als 900 muslimischen Gemeinden in Deutschland. Der Verband ist der türkischen Religionsbehörde Diyanet unterstellt. (epd/mig 5)

 

 

 

 

 

Bonifatiuswerk stellt Bilanz für 2024 vor

 

Mit einem Plus an Spenden habe man im vergangenen Jahr mehr Projekte als zuvor gefördert, berichtet das Bonifatiuswerk in ihrer Jahresbilanz. Die Schwerpunkte der Förderung liegen in den protestantisch geprägten Gebieten Islands und Deutschlands.

Unterstützung in Krisenzeiten: Mit 10,4 Millionen Euro hat das Bonifatiuswerk 2024 Christen in der deutschen, nordeuropäischen und baltischen Diaspora unterstützt. Damit hat sich die Fördersumme im Vergleich zum Vorjahr um fast 750.000 Euro erhöht. Diese Zahlen präsentierte Bonifatiuswerk-Generalsekretär Georg Austen am Mittwoch bei der Vorstellung des Jahresberichtes in Oldenburg. 2024 sei wirtschaftlich ein gutes Jahr gewesen, so Austen; gleichzeitig hätte man die inhaltliche und pastorale Ausrichtung an die aktuellen Herausforderungen angepasst.

In einer Umbruchszeit für die Kirchen erlebe man Ermutigendes in den sozialen und karitativen Initiativen des Hilfswerks, sagte Austen. „Die Erträge aus Spenden und Kollekten haben unsere Erwartungen übertroffen“, betonte Geschäftsführer Ingo Imenkämper.

Unterstützung in protestantisch geprägten Regionen

Weihbischof Wilfried Theising, Vorsitzender des diözesanen Bonifatiuswerkes im Bistum Münster, bedankte sich bei dem Hilfswerk für die geleistete Unterstützung. Das Bonifatiuswerk sei für die katholische Kirche ein wichtiger und zuverlässiger Partner.

„Das Bonifatiuswerk unterstützt Bistümer und Gemeinden, wenn sich Situationen verändern und wir neue Antworten auf die Fragen der Menschen brauchen“. Vor allem in den protestantisch geprägten Regionen Ost- und Norddeutschlands leiste das Hilfswerk zum Beispiel mit der Förderung katholischer Kitas einen wichtigen Beitrag fürs Gemeinwesen“, sagte der Weihbischof.

Im Bereich Bauhilfe habe das Bonifatiuswerk 2024 insgesamt 87 Projekte mit mehr als 2,7 Millionen Euro gefördert. Ein besonderes Projekt ist im isländischen Selfoss gestartet, wo eine neue Kirche mit Gemeindezentrum und Priesterwohnung entstehe. Ende 2025 sollen die Bauarbeiten abgeschlossen sein; der Neubau wird vom Bonifatiuswerk mit 437.000 Euro gefördert, vom Diaspora-Kommissariat der deutschen Bischöfe mit 563.000 Euro.

„Die Schwestern brauchen unsere Solidarität“

Im isländischen Hafnarfjördur unterstützt das Werk ein weiteres Großprojekt: Man wolle das dortige Karmelitinnenkloster barrierefrei erweitern. Aktuell leben dort 13 Karmelitinnen; die Gemeinschaft wachse jedoch: „Die Schwestern brauchen unsere Solidarität“, so Austen. In diesem Jahr stellt das Bonifatiuswerk eine Sonderförderung von 500.000 Euro für das Modellprojekt zur Verfügung. Außerdem habe man 2024 Projekte zur Kinder- und Jugendhilfe und Verkehrshilfe gefördert.

Bonifatiuswerk-Präsident Manfred Müller erklärte, dass sich das Hilfswerk für den Glauben und die Solidarität von Anfang an als Netzwerker, Brückenbauer und Impulsgeber verstanden habe. „Wir wollen die Kirche als einen offenen, einladenden und evangelisierenden Ort gestalten, Atemräume des Glaubens unterstützen und innovative Wege gehen“, sagte Müller. Austen betonte bei der Vorstellung des Finanzberichtes, dass sich das Hilfswerk intensiv mit pastoralen Fragen rund um den Kirchenaustritt auseinandersetzen wolle.  (pm 4)

 

 

 

 

 

Papst: Gott ist die Antwort auf die Sinnsuche unseres Lebens

 

In seiner Katechese an diesem Mittwoch erinnerte Leo XIV. daran, dass uns Gott immer mit offenen Armen erwartet und es nie zu spät ist, auf seinen Ruf zu antworten. Junge Menschen, die den Sinn ihres Lebens noch nicht gefunden haben, forderte der Papst auf, ihn beim Herrn zu suchen, der sie „nicht enttäuschen wird.“  Von Silvia Kritzenberger

In der dritten Generalaudienz mit Papst Leo zum Thema „Jesus, unsere Hoffnung“ ging es um das Gleichnis vom Gutsbesitzer, der bis zum Ende des Tages Arbeiter für seinen Weinberg sucht (Matthäus 20, 1-16). Ein Gleichnis, das uns zeigt, dass kein Mensch bedeutungslos ist, und keine Lebensphase zu spät, um auf den Ruf Gottes zu antworten.

„Manchmal haben wir nämlich den Eindruck, keinen Sinn in unserem Leben zu finden: Wir fühlen uns nutzlos, unfähig, genau wie die Arbeiter, die auf dem Marktplatz darauf warten, dass ihnen jemand Arbeit gibt. Aber manchmal vergeht die Zeit, das Leben geht an uns vorbei, und wir fühlen uns nicht wahrgenommen, nicht geschätzt. Vielleicht sind wir zu spät gekommen, andere waren vor uns da, oder Sorgen haben uns anderswo aufgehalten,“ sagte der Papst vor etwa 35.000 Gläubigen auf dem Petersplatz.

Der Leistungsdruck in unserer schnelllebigen Welt...

In unserer schnelllebigen Welt, die von Leistungsdruck und Konkurrenz geprägt ist, könne es leicht passieren, dass man sich nicht anerkannt fühlt. Der Marktplatz, auf dem die Arbeiter auf eine Anstellung warten, bringt das zentrale Lebensgefühl vieler Menschen auf den Punkt: das Warten, das Hoffen, das Gefühl, übersehen zu werden. Und hier komme die beeindruckende Gestalt des Gutsbesitzers ins Spiel, „der um jeden Preis das Leben eines jeden von uns wertschätzen möchte“, und auch kurz vor Ende des Arbeitstags noch einmal losgeht, um Arbeiter anzuwerben, führte der Papst weiter aus.

„Die Arbeiter, die auf dem Marktplatz zurückgeblieben waren, hatten wahrscheinlich schon jede Hoffnung verloren. Der Tag schien verloren. Doch da war jemand, der noch an sie glaubte. Was für einen Sinn hat es, Arbeiter nur für die letzte Stunde des Arbeitstages einzustellen? Was für einen Sinn hat es, nur eine Stunde lang zu arbeiten? Und doch, auch wenn es scheint, als könnten wir im Leben nur wenig bewirken – es lohnt sich immer! Es gibt immer eine Möglichkeit, einen Sinn zu finden, denn Gott liebt unser Leben.“

Für Gott ist es gerecht, dass jeder hat, was er zum Leben braucht

Am Ende nimmt das Gleichnis eine unerwartete Wendung: Alle Arbeiter, egal wann sie begonnen haben, erhalten den gleichen Lohn – einen Denar. Die Arbeiter der ersten Stunde fühlen sich betrogen. Doch Jesus lasse den Gutsbesitzer antworten: „Was ist gerecht? Für den Weinbergbesitzer, also für Gott, ist es gerecht, dass jeder hat, was er zum Leben braucht,“ so Papst Leo.

„Die Erzählung sagt uns, dass die Arbeiter der ersten Stunde enttäuscht sind: Sie können die Schönheit der Geste ihres Herrn nicht erkennen, der nicht ungerecht, sondern einfach großzügig war, und nicht nur auf die Verdienste, sondern auch auf die Bedürfnisse geachtet hat. Gott möchte allen sein Reich schenken, also ein erfülltes, ewiges und glückliches Leben. Und so handelt Jesus auch mit uns: bei ihm gibt es keine Rangordnung; allen, die ihm ihr Herz öffnen, schenkt er sich selbst ganz und gar.“

Es geht nicht um Verdienste, sondern um Barmherzigkeit

Es ginge also nicht um Verdienst, sondern um Barmherzigkeit. Nicht um Gleichmacherei, sondern um Fürsorge und Liebe. Die jungen Menschen, die sich heute oft schwertun, einen Sinn in ihrem Leben zu sehen, erinnerte der Papst daran, dass nur Gott die Antwort ist.

„Zögert nicht, krempelt die Ärmel hoch, denn der Herr ist großzügig, und er wird euch nicht enttäuschen! Wenn ihr in seinem Weinberg arbeitet, werdet ihr eine Antwort auf jene tiefgehende Frage finden, die ihr in euch tragt: Was ist der Sinn meines Lebens?“

Abschließend richtete das Kirchenoberhaupt noch folgenden Appell an seine Zuhörer: „Liebe Brüder und Schwestern, lasst uns nicht mutlos werden! Bitten wir den Herrn auch in den dunklen Momenten des Lebens – wenn die Zeit vergeht, ohne uns die Antworten zu geben, die wir suchen –, daran, wieder zu uns zu kommen und uns dort zu begegnen, wo wir auf ihn warten. Er ist großzügig, er wird bald kommen!“ (vn 4)

 

 

 

 

Bischöfe lösen Gremium zur Missbrauchsaufarbeitung auf

 

In einem bundesweit einmaligen Vorgang haben die zuständigen Bischöfe die gemeinsame Kommission zur Aufarbeitung sexuellen Missbrauchs im Erzbistum Berlin sowie den Bistümern Dresden-Meißen und Görlitz, IKA, aufgelöst. Nach dem Rücktritt weiterer Mitglieder des Gremiums hätten sie beschlossen, die Amtszeit der verbliebenen Mitglieder der IKA zum 31. Mai zu beenden, gab das Erzbistum Berlin diesen Dienstag im Internet bekannt.

Die Bischöfe folgten mit der Auflösung der IKA, „der vielfach vorgetragenen Bewertung, dass eine weitere Zusammenarbeit in dem gegebenen Rahmen trotz aller Bemühungen nicht möglich zu sein scheint“, heißt es in der Mitteilung auf der Internetseite des Erzbistums Berlin. 

Zu den Hintergründen verweisen die Bischöfe demnach in einem Schreiben an die verbliebenen Mitglieder auf den jüngsten Jahresbericht der Kommission vom November sowie ein „Minderheitsvotum der Betroffenenvertreter zum Jahresbericht der IKA 2023 / 2024“ vom 2. Februar 2025. „Darin werden die anhaltenden kommunikativen Probleme geschildert und wird die Arbeit als dysfunktional beurteilt" - heißt es auf der Seite des Erzbistums Berlin.  

„Die Bischöfe bedauern diese Entwicklung ausdrücklich und danken den Mitgliedern für ihre Arbeit. Sie fühlen sich dem Anliegen der Aufarbeitung weiterhin verpflichtet und wollen sorgfältig prüfen, wie diese Aufarbeitung konstruktiv fortgeführt werden kann“

Bedauern bei Bischöfen und Betroffeneninitiative

„Die Bischöfe bedauern diese Entwicklung ausdrücklich und danken den Mitgliedern für ihre Arbeit. Sie fühlen sich dem Anliegen der Aufarbeitung weiterhin verpflichtet und wollen sorgfältig prüfen, wie diese Aufarbeitung konstruktiv fortgeführt werden kann", endet die kurze Mitteilung des Erzbistums Berlin.

Auch die Betroffeneninitiative Eckiger Tisch bedauerte die Auflösung. Zugleich sagte der Sprecher der Initiative, Matthias Katsch, der Katholischen Nachrichten-Agentur (KNA), das dürfe nicht das Ende der Aufarbeitung in den drei Bistümern sein. Es brauche auch weiterhin eine unabhängige Aufarbeitungskommission. Wichtige Anliegen seien noch nicht oder nur unzureichend angegangen worden. Eine solche Kommission solle konkret Missbrauchsfälle anhand vorhandener Akten des jeweiligen Bistums aufklären und dabei Betroffene anhören. Eine weitere wichtige Aufgabe sei es, die betroffenen Pfarrgemeinden, in denen es in der Vergangenheit Missbrauch durch Kleriker gegebenen habe, in den Aufarbeitungsprozess einzubeziehen. Es wäre von Anfang an besser gewesen, statt eines bistumsübergreifenden Gremiums jeweils eigene Untersuchungskommissionen in den Bistümern Berlin, Dresden-Meißen und Erfurt zu bilden, so Katsch.

Hintergrund. Die sogenannte Interdiözesane Kommission zur Aufarbeitung sexuellen Missbrauchs (IKA) konstituierte sich am 10. Mai 2023. Zuständig für die IKA sind Erzbischof Heiner Koch (Berlin) sowie die Bischöfe Wolfgang Ipolt (Görlitz) und Heinrich Timmerevers (Dresden-Meißen); zudem war die Katholische Militärseelsorge, die ihren Sitz in Berlin hat, ebenfalls mit im Verbund. Die neun Mitglieder wurden von Landesregierungen, Bistümern und einem Beirat von Missbrauchsbetroffenen benannt. Das Gremium war nicht Teil kirchlicher Strukturen und arbeitete weisungsfrei.

Aufgabe der Kommission war es, das Ausmaß sexualisierter Gewalt in den beteiligten Bistümern sowie die kirchlichen Rahmenbedingungen, die Missbrauch fördern, zu ermitteln sowie zu bewerten und auf wirksame Präventionsmaßnahmen hinzuwirken. Ferner sollten Betroffene ermutigen werden, von ihren Erfahrungen zu berichten. Grundlage für die Berufung der Kommission ist eine Vereinbarung der katholischen Deutschen Bischofskonferenz und des damaligen Missbrauchsbeauftragten der Bundesregierung, Johannes-Wilhelm Rörig aus dem Jahr 2020. Entsprechende Aufarbeitungs-Kommissionen wurden seitdem in allen katholischen Bistümern Deutschlands eingerichtet. (pm/kna 3) 

 

 

 

 

Leo XIV. ruft zu einer „Mission des Mitgefühls“ auf

 

Mit seinem ersten Gebetsanliegen als Papst lädt Leo XIV. die Welt ein, neu vom Herzen Jesu zu lernen. Im Zentrum im Monat Juni steht nicht eine Meditation, sondern ein Gebet – persönlich, innig und missionarisch. Leo XIV. setzt ein klares Zeichen: Die Kirche soll hinausgehen – bewegt vom Mitgefühl. Von Mario Galgano

„Herr, ich komme heute zu Deinem barmherzigen Herzen“ – so beginnt das erste Gebetsvideo von Papst Leo XIV. für den Monat Juni. Es ist mehr als ein Anliegen – es ist ein Gebet, ein innerer Weg, ein Ruf an alle Gläubigen, aus der persönlichen Beziehung mit Jesus Kraft zu schöpfen und sich verwandeln zu lassen. Der neue Stil ist spürbar: Wo sein Vorgänger Franziskus in persönlich verdichteten Meditationen sprach, erhebt Leo XIV. das Gebet selbst zur zentralen Ausdrucksform seines Petrus-Dienstes.

Das monatliche Gebetsanliegen des Papstes – verbreitet über das weltweite Netzwerk „Das Gebet des Papstes“ – hat in der Ära Leo XIV. ein neues Gesicht bekommen. Für Juni lautet es: „Dass die Welt im Mitgefühl wachse.“ In einer Zeit globaler Spannungen, Kriege, sozialer Ungleichheiten und wachsender Einsamkeit erinnert der neue Pontifex an die heilende Kraft der inneren Christusbeziehung – und an den Trost, der aus ihr erwächst.

Beten als Sendung

Papst Leo XIV. legt den Akzent bewusst auf eine missionarische Spiritualität. Es geht nicht nur um Trost für das eigene Leben, sondern um eine Verwandlung, die in Bewegung setzt: „Sende uns aus dieser Begegnung in die Mission, eine Mission des Mitgefühls für die Welt“, betet er. Der Papst sieht das Herz Jesu nicht nur als Quelle persönlicher Heilung, sondern als Ursprung einer Dynamik, die in die Welt hinausführt – zu den Leidenden, Armen und Verlorenen.

Sein Gebet ist durchdrungen von biblischen Bildern: Jesus, der „Mitgefühl über die Kleinen und Armen ausgießt“, der „sich von allen Formen der Armut berühren ließ“, der „uns ohne Maß mit seinem göttlichen und menschlichen Herzen geliebt hat“. Damit knüpft Leo XIV. an die mystische Herz-Jesu-Verehrung an, wie sie besonders in der französischen und lateinamerikanischen Frömmigkeit verankert ist – zugleich aber öffnet er diese Tradition für die Gegenwart: nicht als Rückzug in Innerlichkeit, sondern als Sprungbrett für soziale Verantwortung.

Ein Papst der Herzensbildung

Bereits bei seinem ersten Auftritt auf der Mittelloggia des Petersdoms war deutlich geworden, dass Papst Leo XIV. das Evangelium von innen her erneuern will. Sein Ruf „Friede sei mit euch“ – ein Echo auf die Erscheinung des Auferstandenen – war eine Einladung zur Versöhnung. Nun setzt er mit dem Gebetsanliegen für Juni nach: Die Kirche der Zukunft wird nur dann glaubwürdig sein, wenn sie ein Herz hat – ein Herz für die anderen, besonders für die, die sonst übersehen werden.

„Verändere, forme und verwandle unsere Pläne“, heißt es im Gebet. Das ist mehr als eine spirituelle Bitte – es ist ein pastorales Programm. Der neue Papst fordert nicht weniger als eine Umkehr: von einem selbstbezogenen Christentum hin zu einer Kirche, die sich von Jesus formen lässt und die Welt mit seinem Blick sieht – nicht verurteilend, sondern mitfühlend. (vn 3)

 

 

 

 

 

Aufarbeitungsbericht in Essen mit gemischter Bilanz

 

Lob und Kritik: Die Aufarbeitungskommission für Missbrauch im Bistum Essen hat ihren ersten Jahresbericht vorgelegt. Die Experten sehen Fortschritte, aber auch Verbesserungsbedarf.

Die Unabhängige Kommission zur Aufarbeitung sexualisierter Gewalt (UAK) zog eine gemischte Jahresbilanz: Einerseits gebe es Fortschritte, heißt es in dem am Montag vorgestellten Bericht für 2024. Die Diözese habe die Ansprechstelle für Betroffene neu organisiert und sei aufgeschlossen für eine Aufarbeitung.

Verbesserungsbedarf

Zugleich gebe es Verbesserungsbedarf, etwa bei der Transparenz gegenüber Betroffenen. „Wir erleben eine konstruktive Bistumsleitung und engagierte Mitarbeitende, wir sehen aber in Einzelfällen auch Überforderung und Ratlosigkeit“, so der Vorsitzende der UAK Essen, Ludger Schrapper.

Die im Oktober 2023 eingesetzte UAK soll die Aufarbeitung sexualisierter Gewalt in der Diözese weiter vorantreiben. Die acht Kommissionsmitglieder wurden von der NRW-Landesregierung, dem Betroffenenbeirat im Bistum Essen und der Diözese selbst entsandt. Das Gremium geht zurück auf eine Vereinbarung zwischen dem Missbrauchsbeauftragten der Bundesregierung und der Deutschen Bischofskonferenz.

Arbeit zunächst bis Ende 2026. Die UAK wird nach eigenen Angaben ihre Arbeit zunächst bis Ende 2026 fortsetzen und nachverfolgen, wie die Empfehlungen aus der im Februar 2023 vorgestellten Missbrauchsstudie für das Bistum Essen umgesetzt werden. Zudem werde sie weiterhin konkrete Einzelfälle durch Sichtung von Akten überprüfen. (kna 2)

 

 

 

 

 

Papst Leo XIV. setzt auf neuen missionarischen Einsatz für und von Familien

 

Papst Leo XIV. ruft Kirche und Laien zu einem neuen missionarischen Einsatz auf: Familien sollen neu für den Glauben gewonnen und selbst zu „Fischern“ gemacht werden. Besondere Aufmerksamkeit gelte jenen, die sich fern oder ausgeschlossen fühlen. Von Mario Galgano

Der Papst äußerte sich anlässlich eines zweitägigen Workshops des Dikasterium für die Laien, die Familie und das Leben, der am Dienstag in Rom zuende geht. „Ich bin erfreut, dass sich nach dem Jubiläum der Familien, Kinder, Großeltern und Senioren eine Gruppe von Fachleuten versammelt hat, um über das Thema Mit den Familien von heute und morgen evangelisieren nachzudenken“, schreibt Papst Leo in seinem Grußwort. Das Thema spiegele die „mütterliche Sorge“ der Kirche für alle christlichen Familien wider, die „lebendige Glieder des mystischen Leibes Christi“ und erste Orte der Glaubensweitergabe seien. 

In seiner Botschaft verweist der Papst auf die „tiefe Sehnsucht nach dem Unendlichen“ im Herzen jedes Menschen – eine Sehnsucht, die Eltern dazu berufe, ihre Kinder mit der Vaterschaft Gottes vertraut zu machen. In einer Zeit wachsender spiritueller Suche, besonders unter jungen Menschen, sei es für die Kirche umso wichtiger, die „Hüterin des Glaubensdurstes“ zu sein, der in jedem Herzen lebe.

Familien begleiten

Besonderes Augenmerk verdiene, so der Papst, die Begleitung jener Familien, „die sich fern fühlen", die sich also nicht gemeint oder ausgeschlossen fühlten, die sich aber nach Zugehörigkeit sehnten. Allzu oft werde ihnen durch eine wachsende „Privatisierung des Glaubens“ der Zugang zu den Schätzen der Kirche – Ort der Gnade, der Geschwisterlichkeit und der Liebe – verwehrt. Diese Menschen, „obwohl sie gute und heilige Wünsche haben“, suchten nach Halt – doch wenn ihnen niemand begegne, falle ihr Suchen auf „falsche Stützen“ zurück, die sie nur noch weiter von Gott entfernten.

Papst Leo XIV. kritisiert den Einfluss illusorischer Lebensmodelle, die besonders über soziale Medien verbreitet würden, die Jugendlichen ein Leben ohne Raum für den Glauben suggerierten. Auch deshalb sehe sich die Kirche als „Retterin der Menschheit“, die eine Begegnung mit Christus ermöglichen wolle – besonders für jene, die sich heute für das Zusammenleben statt für das Sakrament der Ehe entscheiden. Diese bräuchten Menschen, „die ihnen konkret und verständlich – vor allem durch ihr Lebensbeispiel – zeigen, was die Gnade des Sakraments bedeutet.“

Eltern unterstützen

Ebenso seien Eltern bei der religiösen Erziehung auf Gemeinschaften angewiesen, „in denen jene Liebesgemeinschaft Wirklichkeit wird, die letztlich in Gott selbst gründet“. Dabei dürfe die christliche Glaubensweitergabe nicht als moralistische Pflicht erscheinen: „Der größte Fehler, den wir als Christen machen können“, so Leo XIV. in Anlehnung an Augustinus, „ist, die Gnade Christi nur als Vorbild zu verstehen, nicht aber als das Geschenk seiner selbst.“

Deshalb ruft der Papst besonders die Bischöfe als Nachfolger der Apostel dazu auf, „das Netz auszuwerfen“ und sich zu „Fischern von Familien“ zu machen. Auch die Laien seien gerufen, sich als „Fischer von Paaren, Jugendlichen, Kindern, Frauen und Männern aller Lebenslagen“ zu engagieren. Jeder Getaufte sei „lebendiger Stein“ zum Aufbau der Kirche, zur „geschwisterlichen Gemeinschaft, zur Harmonie im Geist und zum Miteinander der Verschiedenen“.

Missionarische Bemühungen

Leo XIV. bittet darum, sich dem missionarischen Bemühen der ganzen Kirche anzuschließen: „Suchen wir jene Familien, die sich nicht von selbst nähern!“ Und: „Lasst euch nicht entmutigen durch schwierige Situationen.“ Der Papst betont, dass das Evangelium auch dort Frucht bringe, wo familiäre Wunden bestehen. Es gelte, „dem Samen Raum zu geben“ und auch verdorrte Bäume nicht zu übersehen.

Nicht vorschnelle Antworten seien gefragt, sondern „Nähe, Zuhören und das gemeinsame Suchen nach Wegen“, auch offen für neue Kriterien, weil „jede Generation ihre eigenen Herausforderungen, Träume und Fragen mitbringt“. Inmitten all dessen aber bleibe Christus „derselbe – gestern, heute und in Ewigkeit“.

Zum Abschluss bittet Papst Leo XIV. den Heiligen Geist um Leitung im Unterscheiden und Handeln. „Helfen wir den Familien, mutig auf Christi Ruf zu hören!“ Er versichert sein Gebet und erteilt allen Teilnehmenden des Seminars den Apostolischen Segen. (vn 2)

 

 

 

 

 

Papst: Familie, ein Ort des Glaubens und der Liebe

 

Am 7. Sonntag der Osterzeit hat Leo XIV. mit 45.000 Menschen aus aller Welt auf dem Petersplatz in Rom den Gottesdienst zur Heilig-Jahr-Feier der Familien, Kinder, Großeltern und Senioren gefeiert. In seiner Predigt hob der Papst die Bedeutung der Familie als Ort der Liebe, des Glaubens und der Weitergabe christlicher Werte hervor. Von Silvia Kritzenberger

„Sobald wir geboren wurden, waren wir, um leben zu können, auf andere angewiesen, allein hätten wir es nicht geschafft: Es war jemand anderes, der uns gerettet hat, indem er sich unser angenommen hat, um unseren Körper wie um unseren Geist. Wir alle leben also dank einer Beziehung, d. h. einer freien und befreienden Bindung der Menschlichkeit und der gegenseitigen Fürsorge,“ stellte Papst Leo in seiner Predigt auf einem gut gefüllten Petersplatz fest. „Es ist wahr, dass diese Menschlichkeit manchmal verraten wird. Jedes Mal, zum Beispiel, wenn man sich auf die Freiheit beruft, nicht um Leben zu schenken, sondern um es zu nehmen, nicht um zu helfen, sondern um zu verletzen.“

Der Herr habe gewollt, dass wir eins seien, also „eine Gemeinschaft bilden, die auf der Liebe gegründet ist, mit der Gott liebt und aus der Heil und Leben in die Welt kommen,“ ,sagte der Papst und bekräftigte, dass „aus den Familien heraus die Zukunft der Völker entsteht“.

Warum die Welt von heute den Bund der Ehe braucht

In einer Zeit, in der soziale Bindungen und familiäre Strukturen unter Druck stehen, stelle die Kirche die Ehe in den Mittelpunkt als „Bund“, der nicht nur menschliche Beziehungen stärkt, sondern auch eine spirituelle Dimension hat, gab Leo weiter zu bedenken.

„In den letzten Jahrzehnten haben wir ein Zeichen erhalten, das uns mit Freude erfüllt und zugleich zum Nachdenken anregt: Ich meine damit die Ehepaare, die selig- und heiliggesprochen wurden, und zwar nicht getrennt, sondern gemeinsam, als Ehepaare. Ich denke etwa an Louis und Zélie Martin, die Eltern der heiligen Theresia vom Kinde Jesus. Ich möchte auch an die seligen Luigi und Maria Beltrame Quattrocchi erinnern, die als Familie im letzten Jahrhundert hier in Rom lebten. Und vergessen wir nicht die polnische Familie Ulma: Eltern und Kinder, vereint in der Liebe und im Martyrium. Ich sagte, dass dies ein Zeichen ist, das zum Nachdenken anregt. Ja, indem uns die Kirche diese Ehepaare als vorbildliche Zeugen vor Augen stellt, sagt sie uns, dass die Welt von heute den Bund der Ehe braucht, um die Liebe Gottes zu erkennen und anzunehmen und um mit seiner einigenden und versöhnenden Kraft jene Mächte zu überwinden, die Beziehungen und Gesellschaften zersetzen.“

Ein Zitat aus der Enzyklika Humanae vitae

Das Eheleben spiele also eine wichtige Rolle als Zeichen göttlicher Liebe in einer zunehmend zersplitterten Welt, so der Pontifex. „Die Ehe ist kein Ideal, sondern der Maßstab für die wahre Liebe zwischen Mann und Frau: einer Liebe, die ungeteilt, treu und fruchtbar ist. Diese Liebe lässt euch ein Fleisch werden und befähigt euch, nach dem Bild Gottes Leben zu schenken.“ Mit diesem Zitat aus der Enzyklika Humanae vitae von Paul VI. betonte Papst Leo den Wert des Familienlebens, dessen gelebte Liebe nicht nur ein hohes Gut, sondern auch eine Aufgabe und ein Zeugnis sei – ein Zeugnis, das heute mehr denn je gebraucht werde.

Eltern und Kindern legte er folgenden Rat ans Herz: „Deshalb ermutige ich euch, für eure Kinder kohärente Vorbilder zu sein, indem ihr euch so verhaltet, wie ihr wollt, dass sie sich verhalten, indem ihr sie zur Freiheit durch Gehorsam erzieht und indem ihr stets das Gute in ihnen sucht wie auch nach Möglichkeiten, es zu fördern. Und ihr, Kinder, seid euren Eltern dankbar: „Danke“ zu sagen für das Geschenk des Lebens und für alles, was uns damit jeden Tag geschenkt wird, ist die erste Weise, um Vater und Mutter zu ehren.“

Danke sagen für das Geschenk des Lebens

Die Großeltern und Senioren rief der Papst dazu auf, mit „Weisheit und Mitgefühl, mit der Demut und der Geduld, die die Jahre lehren“, über ihre Lieben zu wachen. Ihr Beitrag sei unverzichtbar, wenn es darum gehe, den Glauben weiterzugeben. Wörtlich sagte der Papst: „In der Familie wird der Glaube zusammen mit dem Leben von Generation zu Generation weitergegeben: Er wird wie das Essen am Tisch und die Zuneigung des Herzens geteilt.“

Abschließend erinnerte Leo XIV. noch an all jene, die „uns bereits in sein ewiges österliches Licht vorausgegangen sind“ – Eltern, Großeltern, Geschwister, Kinder. „Das Gebet des Sohnes Gottes, das uns auf unserem Weg Hoffnung schenkt, erinnert uns auch daran, dass wir eines Tages alle uno unum sein werden: eins in dem einzigen Erlöser, umfangen von der ewigen Liebe Gottes,“ schloss die Predigt des Papstes, der dem Augustinerorden angehört und dessen Wappen den Wahlspruch trägt: In Illo uno unum (In dem Einen sind wir eins). (vn 1)

 

 

 

 

 

Giro d’Italia im Vatikan: Papst grüßt Radsportler

 

Was diesen Sonntagnachmittag in Rom stattfand, war eine absolute Premiere: zum ersten Mal führte eine Etappe des weltbekannten Radrennens „Giro d’Italia“ durch die Vatikanstadt. Die noch von Papst Franziskus gewollte Initiative war als symbolische Etappe auf dem „Marianischen Weg“ durch den Vatikan gedacht. Silvia Kritzenberger - Vatikanstadt

Zum ersten Mal in der 108-jährigen Geschichte des Radrennens wurde ein Teil der Schlussetappe in die Vatikanischen Gärten verlegt – wo Papst Leo einen kurzen Gruß auf Italienisch und Englisch an die Radsportler richtete und ihnen seinen Segen erteilte.

Die Sonderrunde der 159 Radsportler aus 23 Mannschaften und 29 Nationen durch die päpstlichen Gärten fand auch zu Ehren von Papst Franziskus statt, der am 21. April verstorben ist.

Um die Kolonnaden des Petersdoms bogen die Radsportler am Petrus-Tor in den Vatikan. Auf dem Platz der römischen Protomärtyrer wurden Sie von Papst Leo empfangen, der folgendes Grußwort an sie richtete: 

„Guten Tag! Willkommen im Vatikan!

Es ist mir eine Freude, euch auf dieser letzten Etappe des Giro d'Italia begrüßen zu dürfen. Ich hoffe, dass es für euch alle ein wunderschöner Tag wird. Vergesst nicht, dass ihr Vorbilder für junge Menschen auf der ganzen Welt seid. Der Giro d'Italia ist sehr beliebt, und das nicht nur in Italien. Der Radsport ist sehr wichtig, wie der Sport im Allgemeinen. Ich danke euch für alles, was ihr tut, ihr seid wirklich Vorbilder. Und ich hoffe, dass ihr, so wie ihr gelernt habt, auf euren Körper zu achten, auch euren Geist pflegt und immer auf den ganzen Menschen achtet: Körper, Geist, Herz und Seele. Gott segne euch. Euch allen alles Gute!“

Beim Gästehaus Santa Marta, in dem Papst Franziskus gewohnt hat, ging es dann in Richtung Quadratischer Garten – vorbei an den Vatikanischen Museen und an einem Stück der Berliner Mauer.

Das Fragment wurde Johannes Paul II. in Anerkennung seiner Verdienste um den Fall der Berliner Mauer geschenkt. Daneben befindet sich eine Marmortafel mit den prophetischen Worten des Papstes aus seiner Antrittsrede 1978: „Habt keine Angst! Öffnet, ja reißt die Tore weit auf für Christus! Öffnet die Grenzen der Staaten, die wirtschaftlichen und politischen Systeme, die weiten Bereiche der Kultur, der Zivilisation und des Fortschritts seiner rettenden Macht! Habt keine Angst!”

Danach ging es weiter zur Lourdes-Grotte und zum Hubschrauberlandeplatz am höchsten Punkt. In relativ engen Serpentinen führte der Weg wieder hinunter, vorbei am Vatikan-Bahnhof und am Kloster Mater Ecclesiae, in dem Benedikt XVI. seine letzten Jahre verbrachte. Danach ging es wieder in Richtung von Papst Franziskus' früherem Wohnsitz Santa Marta und dann durch das Perugino- Tor aus dem Vatikan hinaus.

Die Strecke war etwa 3,5 Kilometer lang und wurde ohne Zeitmessung gefahren: Eine Ehrenrunde im Heiligen Jahr – zu Ehren des Papstes und als Zeichen der Verbindung von Sport, Spiritualität und Weltkirche.

Der eigentliche Start der letzten Etappe des Giro d’Italia erfolgte erst nach dem Verlassen des Vatikanstaats, und führte dann durch Rom.

Ein Treffen mit einem langjährigen Freund

Vor dem Treffen mit den Radsportlern stand für Papst Leo am heutigen Sonntag noch ein Freundschaftsbesuch auf dem Programm - im internationalen Kolleg Santa Monica, wo er mit einem langjährigen Freund zu Mittag aß: Generalprior Alejandro Moral, der seinen 70. Geburtstag feiern kann. (vn 1)